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    Credere in Gesù

    José A. Pagola

    jesus-disciples

    In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
    (Giovanni 6,24-35)

     

    Il cuore del cristianesimo

    Gli uomini hanno bisogno di Gesù e lo cercano. In lui c'è qualcosa che li attrae, ma non sanno ancora esattamente per quale motivo lo cerchino e a quale fine. Secondo l'evangelista, molti lo fanno perché il giorno precedente ha distribuito loro del pane per saziarne la fame.
    Gesù incomincia a conversare con loro. Ci sono delle cose che conviene chiarire fin dall'inizio: il pane materiale è molto importante. Gesù stesso ha insegnato loro a chiedere a Dio «il pane quotidiano» per tutti, ma l'essere umano ha bisogno di qualcosa di più. Gesù vuole offrire loro un cibo che possa saziare per sempre la loro fame di vita. I suoi interlocutori intuiscono che Gesù sta aprendo loro un nuovo orizzonte, ma non sanno che cosa fare né da dove iniziare. L'evangelista ne riassume gli interrogativi con queste parole: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Vi è in loro un desiderio sincero di farlo, vogliono compiere le opere di Dio, ma, abituati a pensare tutto a partire dalla Legge, chiedono a Gesù quali opere pratiche e osservanze nuove debbano prendere in considerazione.
    La risposta di Gesù va al cuore del cristianesimo: «Questa è l'opera [al singolare!] di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Dio vuole solo che credano in Gesù Cristo, poiché è lui il grande dono che Dio ha inviato al mondo. E questa la nuova esigenza, devono praticare questo, il resto è secondario.
    Dopo venti secoli di cristianesimo, non abbiamo forse bisogno di riscoprire che tutta la forza e l'originalità della Chiesa consistono nel credere in Gesù Cristo e nel seguirlo? La fede cristiana non consiste innanzitutto nel seguire in maniera corretta un codice di pratiche e di osservanze nuove, superiori a quelle dell'Antico Testamento. No! L'identità cristiana consiste nell'imparare uno stile di vita che nasce dal rapporto vivo e fiducioso con Gesù, l'Inviato del Padre. Diventiamo cristiani nella misura in cui impariamo a pensare, sentire, amare, operare soffrire e vivere come Gesù.
    Per essere cristiani oggi sono necessarie un'esperienza di Gesù e un'identificazione col suo progetto che anni fa non si richiedevano per essere un buon praticante. Per sussistere in una società laica, le comunità cristiane hanno bisogno di coltivare più che mai l'adesione a Gesù, il Cristo, e il contatto vitale con lui.

    Come credere In Gesù

    Secondo l'evangelista Giovanni, Gesù sta conversando con la gente lungo la riva del lago di Galilea e dice loro di non darsi da fare per una cosa qualunque, di non pensare solo a un «cibo che perisce». L'importante è darsi da fare avendo per orizzonte «la vita eterna».
    Senza dubbio è così. Ma, qual è l'opera di Dio che bisogna compiere? È questa la domanda della gente: che cosa dobbiamo compiere per realizzare le opere di Dio? La risposta di Gesù è abbastanza sconcertante. L'unica opera che Dio chiede è questa: «Che crediate in colui che egli ha mandato». Che cosa significa?
    «Credere in Gesù» non è solo un'esperienza teorica, un esercizio mentale. Non consiste semplicemente in un'adesione religiosa. È un'«opera» nella quale i suoi discepoli devono impegnarsi per tutta la vita. Credere in Gesù è una realtà da coltivare e per cui darsi da fare giorno dopo giorno.
    «Credere in Gesù» significa configurare la vita a partire da lui, convinti che la sua fu una vita vera: una vita che conduce alla vita eterna. Il suo modo di vivere Dio quale Padre, di reagire sempre con misericordia, il suo impegno per far sorgere la speranza sono i migliori atteggiamenti che l'uomo può assumere a sua volta.
    «Credere in Gesù» significa vivere e darsi da fare per qualcosa di ultimo e decisivo: sforzarsi per un mondo più umano e giusto, rendere più reale e più credibile la paternità di Dio, non dimenticare coloro che corrono il rischio di venire dimenticati da tutti, anche dalle religioni. E tutto ciò sapendo che il nostro piccolo impegno, sempre povero e limitato, è l'opera più umana che possiamo compiere.
    Per questo, disinteressarci della vita degli altri, vivere tutto con indifferenza, rinchiuderci solo nei nostri interessi, ignorare la sofferenza della gente che incontriamo lungo il cammino... sono indizi del fatto che non ci stiamo «dando da fare» per la nostra fede in Gesù.

    Non basta l'effimero

    Non sono più le religioni o i pensatori a caratterizzare i modelli di comportamento o lo stile di vita. La «nuova società» è sempre più diretta dalla moda consumistica. Si deve possedere l'ultima novità che ci viene offerta, conoscere nuove sensazioni ed esperienze. La logica della «soddisfazione dei desideri» sta impregnando tutto.
    È noto quello che il sociologo francese Gilles Lipovetsky chiama l'«individuo-moda», dalla personalità e dai gusti fluttuanti, senza legami profondi, attratto dall'effimero. Un individuo senza ideali né aspirazioni, preoccupato soprattutto di godere, possedere cose, rimanere in forma, divertirsi e rilassarsi. Un individuo più interessato a conoscere il bollettino meteorologico del fine settimana che il senso della propria vita.
    Non dobbiamo demonizzare questa società. È cosa buona vivere ai nostri giorni, avendo tante possibilità di coltivare le diverse dimensioni della vita. Il male è restare vuoti interiormente, presi solo da «necessità superficiali», smettere di fare il bene per cercare solo il benessere, vivere lontani da tutto ciò che non sia il proprio interesse, cadere nell'indifferenza, dimenticare l'amore.
    Non è superfluo ricordare nella nostra società l'ammonimento di Gesù: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna». Lo stesso Lipovetsky, che nei suoi studi mette tanto in rilievo gli aspetti positivi della moda consumistica, non ha dubbi nel ricordare che «l'uomo attuale è caratterizzato dalla vulnerabilità». Quando l'individuo si nutre solo dell'effimero, resta senza radici e senza consistenza interiore. Qualsiasi avversità provoca una crisi, qualsiasi problema assume dimensioni smisurate. È facile cadere nella depressione o nella mancanza di senso. Senza cibo interiore la vita è in pericolo. Non si può vivere di solo pane, si ha bisogno di qualcosa di più.

    Nostalgia di eternità

    Quando osserviamo che la nostra salute con gli anni si sta deteriorando e che anche noi ci stiamo avvicinando alla fine dei nostri giorni, qualcosa si ribella dentro di noi. Perché si deve morire se nel profondo del nostro essere qualcosa ci dice che siamo fatti per vivere?
    Il ricordo del fatto che la nostra vita si consuma continuamente giorno dopo giorno fa sorgere in noi un sentimento di impotenza e di pena. La vita dovrebbe essere più bella per tutti, più gioiosa, più lunga. In fondo, tutti aspiriamo a una vita felice ed eterna.
    Da sempre l'essere umano ha sentito la nostalgia dell'eternità. Difatti i poeti di tutti i popoli cantano la fugacità della vita, o i grandi artisti cercano di lasciare un'opera immortale ai posteri, o semplicemente i genitori vogliono perpetuarsi nei loro figli tanto amati.
    In apparenza, le cose oggi sono cambiate. Gli artisti affermano di non voler lavorare per l'immortalità, ma solo per la storia. La vita cambia a velocità così vertiginosa che per i genitori è difficile riconoscersi nei propri figli. Tuttavia, la nostalgia dell'eternità continua a essere viva, anche se forse si manifesta in maniera più ingenua.
    Oggi si cerca con tutti i mezzi di fermare il tempo con il culto di ciò che è giovanile. L'uomo moderno non crede nell'eternità, e per questo si sforza di rendere eterno un tempo privilegiato della sua vita attuale. Non è difficile vedere come l'orrore di fronte all'invecchiamento e il desiderio di aggrapparsi alla gioventù portino a volte a comportamenti che rasentano il ridicolo.
    Talvolta ci si prende gioco dei credenti, dicendo che, davanti al timore della morte, si inventano un cielo nel quale proiettare inconsciamente i loro desideri di eternità. E quasi mai si osa criticare quel neo-romanticismo moderno di quanti inconsciamente cercano di insediarsi in una «eterna gioventù».
    Quando l'essere umano cerca l'eternità, non sta pensando di stabilirsi sulla terra in un modo un po' più confortevole per prolungare il più possibile la propria vita. Ciò a cui anela non è la perpetuazione in eterno di quella miscela di gioie e sofferenze, successi e delusioni che già conosce, ma di trovare una vita di qualità definitiva che corrisponda pienamente alla sua sete di felicità.
    Il vangelo ci invita a «darci da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna». Il credente si preoccupa di nutrire quello che c'è di eterno in lui, fondando la propria vita in un Dio che vive per sempre e in un amore che è «più forte della morte».

    Suggerimenti per incontrarci con Dio

    Ci sono persone che desiderano sinceramente incontrare Dio, ma non sanno quale via seguire. Senza dubbio, ciascuno deve seguire il proprio percorso personale, e nessuno ci può indicare dal di fuori i passi concreti che dobbiamo fare; vi sono tuttavia dei suggerimenti che possono essere utili a tutti. Eccone alcuni.
    Se cerchi Dio, anzitutto smetti di temerlo. Ci sono persone che, quando sentono nominare Dio, cominciano a pensare alle loro miserie e ai loro peccati. Questo tipo di paura di Dio ti sta allontanando da lui. Dio ti conosce e ti ama. Egli saprà trovare la via per entrare nella tua vita, per quanto questa sia mediocre.
    Non avere fretta. Agisci con calma. Ci sono uomini che per alcuni giorni si muovono molto, pregano, vogliono libri, cercano metodi di preghiera; dopo un po' abbandonano tutto e tornano alla loro vita di sempre. Tu invece, procedi lentamente, scopri con umiltà la tua povertà e il tuo bisogno di Dio. Egli non si trova al termine di chissà quali sforzi, ma ti è vicino e desidera farti vivere.
    Scendi nel tuo cuore e raggiungi le radici più segrete della tua vita. Togliti le maschere. Come potrai andare camuffato incontro a Dio? Non hai bisogno di nascondere le tue ferite né il tuo disordine. Domandati sinceramente: che cosa sto cercando nella vita? Perché non c'è pace nel mio cuore? Di che cosa ho bisogno per vivere con più gioia? In questo modo troverai una via che ti condurrà a Dio.
    Impara a pregare. Può esserti utile cercare un luogo tranquillo e riservare a ciò un tempo appropriato. All'inizio non saprai che cosa fare e potrai sentirti addirittura a disagio: è tanto tempo che non ti fermi davanti a Dio... Cerca nella Bibbia il libro dei Salmi e comincia a pregarne lentamente uno. Soffermati solo su quelle frasi che ti dicono qualcosa. Presto scoprirai che i salmi riflettono le tue sofferenze e le tue gioie, le tue aspirazioni e la tua ricerca di Dio. Quando avrai imparato ad apprezzarli, non li lascerai più.
    Prendi in mano il vangelo. Non è un libro come un altro, vi incontrerai Gesù: egli è la vera via che ti condurrà a Dio. Concediti tempo per leggerlo e gustarlo. Si suole dire che il vangelo è un «regola di vita». E vero, ma innanzitutto è una «Buona Notizia». Medita le parole di Gesù e i suoi gesti: sentirai che qualcosa inizia a muoversi nel tuo cuore. Poco a poco Gesù ti guarirà. Ti insegnerà a vivere.
    Se sei costante e continui ad alimentare la tua vita con questi vangeli che ti conducono a Gesù, un giorno scoprirai quanta verità contengono le sue parole: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».


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