Misericordia
Il Padre
che ci aspetta sempre
A cura di Maria Rattà
L’amore misericordioso e fedele di Dio Padre
* Il Creatore del cielo e della terra, l'unico Dio che è la sorgente di ogni essere, questo unico "Logos" creatore, questa ragione creatrice, sa amare personalmente l'uomo, anzi lo ama appassionatamente e vuole essere a sua volta amato. Questa ragione creatrice, che è nello stesso tempo amore, dà vita perciò a una storia d'amore con Israele, il suo popolo, e, di fronte ai tradimenti del popolo, il suo amore si mostra ricco di inesauribile fedeltà e misericordia, è l'amore che perdona al di là di ogni limite.
(Benedetto XVI, Discorso, 19 ottobre 2006)
* Dio proclama il proprio nome! Lo fa alla presenza di Mosè, con il quale parlava faccia a faccia, come con un amico. E qual è questo nome di Dio? Ogni volta è commovente ascoltarlo: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà" (Es 34,6). Sono parole umane, ma suggerite e quasi pronunciate dallo Spirito Santo. Esse ci dicono la verità su Dio: erano vere ieri, sono vere oggi e saranno vere sempre; ci fanno vedere con gli occhi della mente il volto dell’Invisibile, ci dicono il nome dell’Ineffabile. Questo nome è Misericordia, Grazia, Fedeltà.
(Benedetto XVI, Omelia, 17 maggio 2008)
La fragilità umana attira la misericordia di Dio
* Chi “teme" Dio "non ha paura". Il timore di Dio, che le Scritture definiscono come "il principio della vera sapienza", coincide con la fede in Lui, con il sacro rispetto per la sua autorità sulla vita e sul mondo. Essere "senza timor di Dio" equivale a mettersi al suo posto, a sentirsi padroni del bene e del male, della vita e della morte. Invece chi teme Dio avverte in sé la sicurezza che ha il bambino in braccio a sua madre (cfr Sal 130,2): chi teme Dio è tranquillo anche in mezzo alle tempeste, perché Dio, come Gesù ci ha rivelato, è Padre pieno di misericordia e di bontà.
(Benedetto XVI, Angelus, 22 giugno 2008)
* È proprio la nostra piccolezza, la nostra debole natura umana, la nostra fragilità che diventa appello alla misericordia del Signore perché manifesti la sua grandezza e tenerezza di Padre aiutandoci, perdonandoci e salvandoci. E Dio risponde al nostro appello, inviando il suo Figlio, che muore e risorge per noi; entra nella nostra fragilità e opera ciò che da solo l’uomo non avrebbe mai potuto operare: prende su di Sé il peccato del mondo, come agnello innocente, e ci riapre la strada verso la comunione con Dio, ci rende veri figli di Dio.
(Benedetto XVI, Udienza Generale, 30 gennaio 2013)
* Il nostro Padre non si stanca mai di amare e i suoi occhi non si appesantiscono nel guardare la strada di casa, per vedere se il figlio che se n’è andato e si è perduto fa ritorno. Possiamo parlare della speranza di Dio: nostro Padre ci aspetta sempre, non solo ci lascia la porta aperta, ma ci aspetta. Lui è coinvolto in questo aspettare i figli. E questo Padre non si stanca nemmeno di amare l’altro figlio che, pur rimanendo sempre in casa con lui, tuttavia non è partecipe della sua misericordia, della sua compassione. Dio non solo è all’origine dell’amore, ma in Gesù Cristo ci chiama ad imitare il suo stesso modo di amare: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
(Francesco, Omelia, 28 marzo 2014)
Il "sì" del Padre, dalla Croce del Figlio fino a oggi
* È nel mistero della Croce che si rivela appieno la potenza incontenibile della misericordia del Padre celeste. Per riconquistare l’amore della sua creatura, Egli ha accettato di pagare un prezzo altissimo: il sangue del suo Unigenito Figlio. La morte, che per il primo Adamo era segno estremo di solitudine e di impotenza, si è così trasformata nel supremo atto d’amore e di libertà del nuovo Adamo.
(Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2007)
* La «seconda Lettera ai Corinzi inizia con una delle preghiere di benedizione più alte del Nuovo Testamento. Suona così: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio” (2Cor 1,3-4). il modo di agire di Dio - ben diverso dal nostro - ci dà consolazione, forza e speranza perché Dio non ritira il suo “sì”. Di fronte ai contrasti nelle relazioni umane, spesso anche familiari, noi siamo portati a non perseverare nell’amore gratuito, che costa impegno e sacrificio. Invece, Dio non si stanca con noi, non si stanca mai di avere pazienza con noi e con la sua immensa misericordia ci precede sempre, ci viene incontro per primo, è assolutamente affidabile questo suo “sì”.
(Benedetto XVI, Udienza Generale, 30 maggio 2012)