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    16. L'esilio

    fabris16


    Nonostante il trauma dello sradicamento dalla propria terra e i disagi del trasferimento attraverso il deserto, la vita in terra di esilio non è di tipo schiavistico.

    1. Storia dell'esilio

    Nella storia biblica l'esilio rappresenta un periodo di oltre cinquant'anni - dal 597 al 538 - in cui una parte degli abitanti del regno di Giuda, in seguito a varie deportazioni, ha vissuto in Mesopotamia. Il re dell'impero neobabilonese Nabucodonosor II, dopo la caduta di Ninive, capitale del regno assiro nel 612, nella sua politica di dominio nel Vicino Oriente annette il regno di Giuda con la sua capitale Gerusalemme fino all'arrivo di Ciro, re dei medi-persiani nel 539. La deportazione babilonese riguarda i rappresenanti della classe dirigente - politici, militari e intellettuali - degli operai specializzati (fabbri e falegnami). Sommando le varie carovane di deportati dal 597 al 581 si va da un minimo di 5.000 ad un massimo di 10.000 persone deportate nelle regioni meridionali della Mesopotamia tra il Tigri e l'Eufrate.
    Nonostante il trauma dello sradicamento dalla propria terra e i disagi del trasferimento attraverso il deserto, la vita in terra di esilio non è di tipo schiavistico. A parte il trattamento privilegiato riservato al re Ioiachín e ad alcuni membri della corte, i deportati possono inserirsi nella vita sociale ed economica del paese, dedicandosi soprattutto all'agricoltura, all'attività edilizia e ai servizi (amministrazione e commercio). Alcune famiglie raggiungono un relativo stato di benessere come risulta dai documenti di contratti con nomi ebraici del periodo persiano. I deportati godono di una certa libertà e possono riunirsi attorno agli “anziani”, come attesta il profeta Ezechiele che ha seguito la prima carovana di deportati del 597.

    2. Esperienza spirituale dell'esilio

    L'esperienza dell'esilio mette a dura prova la fede del popolo dell'elezione e dell'alleanza che vede crollare le istituzioni tradizionali: la terra, il tempio, la monarchia. La terra, dono di Dio e compimento della promessa fatta ai padri, è il punto di arrivo del primo esodo e il segno della fedeltà di Dio all'alleanza con il popolo liberato. La deportazione fuori dalla terra rappresenta la crisi del rapporto con il Dio dei padri. Il re Sedecia, figlio di Giosia, viene deportato in Babilonia dopo avergli ucciso i figli davanti agli occhi e averlo accecato (2Re 25,5-7). Il tempio è distrutto e profanato; gli arredi sacri trasferiti come bottino di guerra in Babilonia (2Re 25,13-17). Tutto rappresenta il crollo dei simboli tradizionali di identità.
    Anche se il ricordo della liturgia del tempio rimane nel cuore degli esiliati essi possono riunirsi il sabato in assemblee di preghiera dando così avvio alla futura liturgia sinagogale. L'ascolto della parola, la preghiera e la lode al Signore prendono il posto dei sacrifici del tempio. Su questo sfondo si può capire che l'idea del ritorno nella terra dei padri, dopo oltre una generazione, non attirerà i figli o nipoti dei primi deportati. Alcuni profeti si impegneranno per per promuovere e incoraggiare il rientro in patria degli esiliati (Secondo-Isaia, Aggeo, Zaccaria).
    Dispersi in mezzo a una cultura e società straniera gli ebrei esiliati ne adottano il calendario e alcuni modi di pensare. In un contesto di privazione delle sicurezze tradizionali i deportati sono costretti a riscoprire la propria identità attingendo alle sorgenti spirituali profonde: la parola di Dio, la memoria storica e i segni di appartenenza religiosa. In questo periodo si riscopre e valorizza la parola profetica e si costituisce il nucleo dei “libri profetici”. Si rilegge la storia a partire dall'Esodo fino all'ingresso nella terra nel quadro di un nuovo orizzonte teologico: lo schema dell'alleanza (tradizione deuteronomistica). L'accento è posto sulla gratuità della salvezza e sulla fedeltà di Dio che è in grado di far ripartire la storia, dopo la rovina a causa della infedeltà all'alleanza da parte del popolo e soprattutto dei capi di Israele e di Giuda. Nello stesso contesto si riscoprono i segni della nuova identità e appartenenza religiosa: il sabato e la circoncisione. In breve nel crogiuolo dell'esilio nasce la Bibbia e prende avvio quella esperienza religiosa che si chiamerà “giudaismo”.


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