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    Le visioni non cristiane

    della società

    Carlo Caffarra


    Carissimi giovani, vorrei questa sera aiutarvi a capire un poco che cosa sta accadendo oggi attorno a voi; più precisamente in quale società voi siete chiamati a vivere.
    Perché è importante questa catechesi? Ce lo fa capire S. Paolo quando scrivendo ai cristiani di Roma, dice: "non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente" [12,2]. E quale è la mentalità di questo secolo? Quale è la visione che oggi domina nella società contemporanea? Questa sera noi cercheremo di rispondere a queste domande, così che siate sempre più in grado di "discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto".

    1. La società come coesistenza di individui

    Il primo pilastro che regge la visione non cristiana della società oggi prevalente è la visione individualista dell’uomo: la definizione di uomo come individuo. È questo un punto fondamentale su cui dobbiamo riflettere seriamente.
    Muoviamoci lentamente. Che nessun uomo possa vivere senza gli altri è un’ovvietà. A diversità di molti animali che o al momento della nascita o poco dopo bastano a se stessi, l’uomo in realtà ha sempre bisogno di altri. L’essere associato con altri fa parte delle più elementari esperienze umane.
    Questo fatto può essere spiegato in due modi assai diversi, perché possiamo rispondere in due modi alla seguente domanda: che cosa spinge l’uomo ad associarsi con gli altri? Una delle due risposte possibili è la seguente: è il bisogno che l’uno ha dell’altro per raggiungere la propria realizzazione. Senza esserne consapevole, ciascuno di fronte all’altro è come se dicesse: "come mi è utile che tu ci sia: meno male che ci sei!".
    Vorrei che rifletteste bene su questo punto: vi aiuto a farlo con un esempio. Se voi in una giornata afosa d’estate avete una grande sete e passate davanti ad una gelateria, il gelato diventa per voi qualcosa di importante perché ne avete bisogno: l’importanza [del gelato] è determinata dal bisogno [di avere un refrigerio]. Passando in una gelida giornata invernale, il gelato non assume nessuna importanza. Questo esempio è assai significativo, perché ci aiuta a scoprire una verità assai importante riguardante la nostra vita: in un rapporto di utilità o di uso il valore dell’oggetto è misurato dal bisogno di chi lo riceve. Nessuno ha mai costruito una fabbrica di frigoriferi in Alaska o di impianti termici nei paesi dell’Equatore! Ed ora ritorniamo al nostro argomento.
    Se gli uomini si associano in quanto l’uno ha bisogno dell’altro, il valore di ciascuno è misurato dal bisogno dell’altro: tanto vali quanto servi, quanto cioè sei funzionale al bisogno di un altro. E se uno non serve [più] a nessuno, come è il caso del bambino, dell’anziano o del malato terminale, anzi in qualche modo è di peso? Non avendo [più] alcun valore, deve essere abbandonato a se stesso, alla sua sorte.
    Se il rapporto viene pensato e realizzato in questo modo, quale figura assumerà e come si configurerà? Poiché ciascuno desidera incontrare l’altro in ordine alla propria utilità, inevitabilmente l’incontro assumerà la figura, si configurereà come un contratto in cui si considera il dare e l’avere, in modo che alla fine i conti tornano in parità. Le relazioni fra le persone non vanno oltre gli interessi individuali; non legano i partner con lacci dai nodi indissolubili; non li gravano di obblighi nel momento in cui l’interesse per la relazione verrà meno.
    Certamente, è chiaro ormai che in questa società non si può più sognare che ci sia solo la voce dell’"avere" senza quella del "dare". Tuttavia si va verso una configurazione della società nella quale tutto sembra negoziabile, contrattabile: non esiste più uno "zoccolo duro" che non possa essere oggetto di contrattazione.
    Mi sembra di poter dire che i nostri rapporti sociali si configurano sempre maggiormente come convergenze di interessi estranei e a volte opposti. Nulla di più.

    2. La regola di utilità

    È perché oggi i rapporti sociali sono impostati secondo questo modello che vivete spesso una profonda esperienza di incertezza, di difficoltà nell’inserirvi dentro alla società, di essere quasi costretti a venire a patti anche in ciò che la vostra coscienza morale vi dice che non è negoziabile. Ritorneremo nelle catechesi seguenti su questo tema. Vorrei ora aiutarvi a capire la dimensione etica – si fa per dire – della vita associata secondo quella visione individualista di cui vi parlavo nel numero precedente.
    Nella società in cui vivete siete spesso confrontati con una conseguenza pratica di quell’individualismo di cui vi parlavo prima: l’utilitarismo. Vi aiuto ancora una volta a capire questa "proposta di vita" che continuamente vi viene offerta, partendo da un’esperienza molto semplice.
    Se fate un po’ di attenzione a voi stessi, voi vedete che potete impostare i rapporti vostri con un altro in uno dei seguenti tre modi. Il primo modo è quello di chi pensa: "come mi è utile che io ti abbia incontrato, che tu ci sia!"; il secondo modo è quello di chi pensa "come mi piace l’averti incontrato, che tu ci sia!"; il terzo modo è quello di chi pensa: "come è bello l’esserci incontrati, che tu ci sia!". C’è una diversità essenziale fra i primi due e il terzo. I primi due modi vedono e considerano l’altro in funzione di se stessi e quindi è tendenzialmente orientato all’uso della persona altrui. Il terzo modo invece afferma, vuole la persona dell’altro in sé e per sé: ne vede l’intrinseco valore e ne gode.
    Ciascuno di questi tre modi è governato da una norma fondamentale. Il primo modo dalla norma utilitaristica: "stai con l’altro fino a quando ti è utile"; il secondo dalla norma edonista: "stai con l’altro fino a quando ti piace"; il terzo dalla norma personalista: "ama l’altro come te stesso".
    Ascoltate come il S. Padre descrive la prima modalità che chiamiamo appunto "rapporto utilitarista".
    "L’utilitarismo è una civiltà del prodotto o del godimento, una civiltà delle "cose" e non delle "persone"; una civiltà in cui le persone si usano come le cose. Nel contesto della civiltà del godimento la donna può diventare per l’uomo un oggetto, i figli un ostacolo per i genitori, la famiglia una istituzione ingombrante per la libertà dei membri che la compongono… Quale è il pericolo [per la persona umana]? È la perdita della verità su se stessa, a cui si unisce la perdita della libertà e, conseguentemente, dello stesso amore" [lettera alle famiglie (1994)13; EV14/231-232].
    Prima di chiudere devo fare una precisazione. Che ci siano dei rapporti fra le persone che si propongano il raggiungimento di un proprio utile, è un fatto inevitabile e giusto. Il "guasto umano" comincia quandosi pensa che non possa esistere nessun rapporto interpersonale che non sia governato dalla norma utilitaristica; quando si organizza ogni rapporto sociale secondo questa norma; quando anche dove la norma utilitaristica è ammissibile, la si applica fino a degradare la persona da soggetto ad oggetto.

    Conclusione

    Come avete potuto constatare … non è stata una catechesi molto entusiasmante. Tuttavia, se il S. Padre vi ha ricordato le parole di Gesù: "voi siete la luce del mondo" è necessario che conosciate bene "il mondo" in cui siete chiamati ad essere luce. Come esserlo? come rinnovare intimamente l’edificio sociale in cui vivete? Nelle prossime catechesi, le prossime quattro, cercheremo di rispondere a questa grande domanda: costruire un edificio sociale la cui pietra angolare sia Cristo.

    Catechesi ai giovani
    Cattedrale di Ferrara, 16 novembre 2002


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