Attesi dal suo amore
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    Incontrare Dio

    nella celebrazione

    dei sacramenti

    Cinque passi per un cammino

    CSPG - Roma

    1. La ricerca del messaggio nascosto delle cose

    L'uomo, servendosi della sua intelligenza, del suo corpo e degli strumenti che ha inventato lungo i secoli per prolungare e potenziare l'intelligenza e la corporeità, manipola continuamente il mondo in cui vive e lo trasforma secondo un suo disegno personale. Questa manipolazione e trasformazione del mondo sono sempre più profonde, rapide, complesse. Nonostante le molte perplessità circa gli esiti, l'uomo riconosce che in esse realizza la sua avventura nella storia.
    Prima tuttavia di essere manipolatore del mondo in cui vive, l'uomo è un grande «lettore» dell'universo e di ogni forma di vita. Egli è consapevole che la sua avventura può compiersi nella storia se si impegna anzitutto a «leggere» quel che vede e decifra i messaggi nascosti dentro le cose, la natura, la vita.
    Con un'immagine si può dire che l'uomo, per leggere e comprendere la vita, deve costruirsi delle «reti» e con queste pescare in un mare dalle acque profonde per ricavarne il nutrimento necessario.
    L'insieme di queste reti costituisce il linguaggio umano, che può essere visto come un insieme di «codici segreti» da applicare ai messaggi nascosti della natura. Chi si avvicina alla realtà senza un linguaggio, senza un «codice segreto», non riesce a vederci niente. La realtà rimane un ammasso caotico e informe di cose, situazioni, storie personali. Chi invece è in possesso di un codice e lo usa, viene in possesso di messaggi preziosi e informazioni decisive per decifrare la vita e trasformarla a beneficio dell'uomo.
    Le cose della vita allora sono mute per chi, con pazienza e intelligenza, non si è fabbricato un «codice interpretativo», o meglio per chi non ha appreso i codici e i linguaggi che l'uomo nella storia ha elaborato per entrare in contatto con la realtà.
    Le cose cominciano a parlare, a raccontare del mistero della vita, non appena le si avvicina con un codice e linguaggio. È un lavoro molto delicato.
    C'è il rischio di sbagliare codice, far dire alla realtà quel che vuole l'uomo, stravolgere il messaggio nascosto dietro le cose. In questo caso si cade in una lettura «ideologica» della realtà, non rispettosa di come stanno le cose.

    COLLOQUIO

    Signore dell'universo,
    tu mi hai messo in mezzo alle cose,
    agli oggetti, alla natura,
    ai tanti fatti della vita, belli o brutti che siano.
    Cosa vuol dire questo scorrere di cose, fatti, persone?
    C'è un qualche messaggio nascosto da individuare?

    Io credo, Signore, che tu hai posto un messaggio dentro le cose
    e accetto di vivere per decifrarlo, per comprenderlo fino ad arrivare alla fonte di ogni messaggio.
    Non permettere, mio Dio,
    che io riduca le cose a cose senza vita e significato.
    Aiutami a intuire il tuo misterioso alfabeto

    perché sappia parlare la tua lingua,
    intuire i tuoi pensieri e amare con il tuo cuore.

    2. Le cose si rivelano allo scienziato e al poeta

    I linguaggi con cui l'uomo si accosta alla realtà per decifrarla e intuirne i messaggi nascosti sono molteplici. Entro certi limiti, possono essere ricondotti a due grandi gruppi: i linguaggi della scienza (linguaggi scientifici) e i linguaggi della poesia (linguaggi simbolici).
    Lo scienziato e il poeta non sono nemici, anzi possono e devono convivere nella stessa persona. Ogni uomo dev'essere scienziato e poeta insieme. Il linguaggio scientifico e quello simbolico si distinguono per un diverso «codice», una diversa «rete» per pescare, un modo diverso di leggere e interpretare il mondo in cui viviamo.
    Lo scienziato individua e accumula in modo ordinato i messaggi della realtà, e così crea le diverse discipline scientifiche. Pur rispettando il lavoro dello scienziato e il linguaggio con cui egli procede, al poeta questo non basta. Vuole andare oltre, per scoprire nella realtà di ogni giorno e nel mondo costruito dal linguaggio scientifico, un messaggio ulteriore, relativo al senso della vita, al perché dell'avventura umana nella storia, al perché della gioia e della sofferenza, dell'odio e dell'amore. Si diventa poeti quando si riesce a intuire, nascosti nella vita di ogni giorno, dei «simboli», cioè fatti, situazioni, esperienze che permettono a chi li vive di comunicare con il tutto della vita. Questo «tutto della vita» è, in effetti, talmente denso e misterioso, che è impossibile individuarlo e decifrarlo. Rimane sempre invisibile, inconoscibile, non rappresentabile. Solo scavando nei simboli si entra in contatto con questo tutto.
    Chi ha la pazienza di rintracciare simboli nella propria storia e nella storia dell'umanità e li racconta a se stesso e agli altri è un poeta, un mistico, un contemplativo, un «profeta» che aiuta ad accedere al senso ultimo della vita.
    Non basta che i fatti accadano o che le esperienze abbiano luogo. Fino a che non esiste un uomo che con il linguaggio della poesia «perfora» in profondità questi fatti e esperienze, non ci sono simboli, non c'è poesia della vita.
    Oggi è certamente necessario che ci siano scienziati. Ma è decisivo anche che ci siano dei poeti, dei contemplativi. Anzi solo uno scienziato contemplativo sarà capace di lavorare al futuro dell'umanità.

    COLLOQUIO

    Signore, vorrei avere tre «anime»:
    l'anima dello scienziato,

    l'anima del poeta,
    l'anima del mistico.
    Vorrei avere un'anima da scienziato
    per decifrare il creato
    perché collabori con l'uomo,
    nel rispetto reciproco, per un mondo più umano.
    Vorrei avere un'anima da poeta per afferrare il bello,
    il fascino, la paura, le emozioni

    che suscitano cose e persone.
    Vorrei avere un'anima da mistico
    per vedere l'invisibile.
    Per credere in te, mistero del mistero
    che sono la vita, i fatti e le persone.

    Per amare te, amore nascosto
    che per amore hai creato me, le cose, la vita.

    3. Le cose diventano simboli attraverso il «racconto»

    Come si formano i simboli nella vita dell'uomo? Come il poeta è creatore di simboli?
    Poeta è colui a cui capita di vivere, a contatto con fatti, persone e situazioni, una esperienza indicibile. Quell'esperienza concreta e singola gli permette di comunicare con il tutto della vita. In quel momento folgorante il poeta compie un viaggio verso profondità misteriose dell'esistenza. Al ritorno egli crea una poesia o un racconto, che narrano la esperienza vissuta intimamente in quel momento. La concreta situazione, la esperienza soggettiva di contatto con il tutto della vita, la poesia e il racconto finale: tutto questo è simbolo, la esperienza simbolica del poeta.
    Da quel momento, anche altri possono rivivere la sua esperienza simbolica, se nell'identica situazione fanno propria la poesia o il racconto del poeta. Se non si crede al racconto del poeta e non si diventa poeti come lui, non si entra nel mondo dei simboli, cioè a contatto con il mistero profondo della vita.
    Lungo i secoli l'umanità ha elaborato innumerevoli racconti simbolici. Sono raccolti nella letteratura dei popoli e nei libri sacri di ogni religione. Chi fa suoi i grandi racconti religiosi dell'umanità, diventa capace di immergersi nella vita, soprattutto in situazioni come la nascita, la morte, l'amore tra uomo e donna, fmo a sperimentarvi una misteriosa, intima e coinvolgente comunione con Dio. In questo caso nascita, morte e amore fra uomo e donna sono vissuti come simboli religiosi.
    I simboli, allora, non sono le situazioni in sé, ma l'esperienza che si vive immedesimandosi in loro, alla luce di un racconto sul mistero della vita a cui intimamente si crede. Credere nel «racconto» è un gesto coraggioso, in quanto si accetta come determinante per la propria esistenza l'evento che ha dato origine allo stesso racconto.
    Senza aderire a un qualche «racconto» della tradizione religiosa dell'umanità e quindi senza esperienze simboliche, la nostra esistenza quotidiana si impoverisce.
    Per questo oggi per molti uomini la nascita e la morte sono certo fatti importanti, ma non simboli perché non illuminati da un racconto religioso dell'umanità. Pur importanti, vissuti con gioia o dolore, questi fatti non introducono l'uomo d'oggi al cuore dell'esistenza, fino all'incontro con il mistero della vita e del suo creatore.

    COLLOQUIO

    Io credo, Signore,
    che tutto è segno misterioso,
    di un grande racconto d'amore.
    Io credo, Signore, che tutto è racconto del gioco che tu vuoi giocare
    con noi nella vita.
    Io credo, Signore,
    che le cose e i fatti sono gioco
    se vissuti come dono fra l'uomo e l'uomo.
    Che io sappia giocare, Signore, e non solo intuire e conoscere
    le regole di questo misterioso gioco.


    4. Il Vangelo racconta di Gesù come simbolo della vita umana

    Il cristiano è colui che vive alla luce dell'esperienza personale di Gesù di Nazaret e dei racconti della sua storia, oggi raccolti nei vangeli. Una storia realissima, concreta, che si è svolta nelle coordinate dello spazio e del tempo. Gesù non è una creazione mitica. Proprio per questo egli si pone come norma assoluta dell'agire concreto e storico dell'uomo.
    Ciò che dai vangeli traspare è che Gesù si è trovato immerso in situazioni umanissime che lo «rilanciavano» verso l'oltre, verso il mistero di Dio. Gesù vive in prima persona esperienze indicibili che presenta come luogo dove si compie la venuta definitiva di Dio e del suo regno nella storia. I suoi discepoli, nei racconti evangelici, non fanno che raccogliere questa misteriosa esperienza.
    La vita di Gesù nel suo insieme si rivela come il grande simbolo della storia. L'incontro tra umano e divino in Gesù è il grande simbolo dell'incontro tra Dio e l'uomo.
    Ogni fatto di rilievo della vita di Gesù diventa così un simbolo, luogo dove lui per primo e i credenti nel suo racconto dopo di lui, intuiscono la ricchezza infinita della esistenza e il dialogo intimo che vi si svolge con il Dio misterioso, ineffabile, invisibile.
    Ma sono soprattutto l'esperienza di morte e risurrezione di Gesù a diventare i grandi simboli dell'umanità. Nell'esperienza di Gesù morto e risorto il credente di oggi, sollecitato dallo Spirito e confortato dai vangeli, afferra e gratuitamente partecipa del senso ultimo della vita e della avventura umana nella storia.
    In forza dell'esperienza unica e irripetibile di Gesù, il credente riesce a decifrare le sue esperienze e viverle come luoghi in cui si compie quel misterioso incontro con Dio che Gesù ha vissuto. Egli riconosce che senza l'esperienza di Gesù, le sue esperienze rimangono povere, confuse, indecifrabili. La scienza e la poesia, pur importanti per vivere, non gli bastano. Per questo fa suo il racconto della vita di Gesù di Nazaret.
    Il credente ama quel racconto, vi si immerge con calore, vi si rifugia nei momenti di sofferenza. Così fa rivivere il racconto di Gesù di Nazaret. Nascono altri racconti sulla vita ispirati e alimentati da quello di Gesù.

    COLLOQUIO

    Signore Gesù, eccomi davanti a te a contemplarti
    per rivivere il mistero della tua vita.

    Tu sei stato e sei uomo,
    uomo come me, come tutti a questo mondo.
    Tu sei stato e sei pienamente uomo,

    senza nulla sottrarti della nostra umanità.
    Ma in te io riconosco, più con il cuore che con la mente,
    una presenza indicibile, una vicinanza assoluta

    di Dio ad un uomo.
    Tu sei l'uomo in Dio e Dio nell'uomo.
    Io ti adoro, mio Dio fatto uomo
    e adoro la tua vicinanza ad ogni creatura.
    Io riconosco che in te, Gesù,
    è esploso un grande e nascosto progetto;
    quello di un Dio assolutamente vicino ad ogni uomo,
    di un Dio che invisibilmente si fa presente

    nel volto di ogni uomo.

    5. Le celebrazioni della vita di Gesù mistero di Dio e dell'uomo

    I fatti della vita per un cristiano diventano «simboli», quando chi li vive, illuminato dal racconto evangelico, partecipa di un'esperienza indicibile di comunione con Dio. Così per una coppia di cristiani, il loro amore, alla luce dell'amore di Gesù per la vita e per il regno, diventa luogo di intima esperienza di Dio. Il loro amore, se vissuto in modo evangelico, diventa un simbolo o meglio, come si usa dire nella tradizione cristiana, una realtà sacramentale.
    Normalmente quando si pensa ad un sacramento si pensa alla messa, al battesimo, a qualcosa che avviene in chiesa. Ma i sacramenti sono incontro con Dio e l'incontro con Dio si realizza nella vita quotidiana. Sono sacramenti di incontro con Dio i fatti della vita, dal lavoro all'amore, se i cristiani li vivono come Gesù e li comprendono come lui.
    In chiesa si vive nella pienezza di realtà sacramentale che è la «celebrazione» di uno dei sette sacramenti. Così nel sacramento del matrimonio si celebra un qualcosa (l'amore tra l'uomo e la donna) che avviene nella vita di ogni giorno. Celebrare il matrimonio è riconoscere che l'amore tra l'uomo e la donna, vissuto da cristiani, è luogo di incontro con Dio.
    Celebrare la eucaristia, in questo senso, cosa significa? L'eucaristia è l'esperienza vissuta da Gesù che ha innalzato un «canto di grazie» a Dio Padre dedicando per intero la sua vita per la causa del regno di Dio. La morte in croce, dovuta alla lotta contro le forze del male, è la vera eucaristia di Gesù, il suo più sublime canto di grazie.
    Questo canto di grazie di Gesù al Padre viene ora celebrato nella messa, cioè viene rivissuto nella preghiera attraverso il racconto evangelico e la ripetizione del gesto della cena come gesto riassuntivo della vita di Gesù.
    Ma la messa non è solo celebrazione dell'eucaristia di Gesù. Essa è anche celebrazione della nostra eucaristia quotidiana, cioè di quel canto di grazie a Dio padre che possiamo e dobbiamo innalzare grazie a Gesù, quando viviamo la nostra esistenza secondo quel che ha insegnato Gesù. La vera eucaristia, come ricorda S. Giovanni, è il servizio e l'amore al fratello nel nome del Signore.
    Se alla celebrazione portiamo la vita quotidiana, a nostra volta veniamo trasformati dal parteciparvi. Lo Spirito ci aiuta a penetrare l'intimo legame tra noi e il Cristo fino a ritrovarvi il senso definitivo dell'esistenza, e ci abilita a fare del cammino quotidiano un nuovo canto di grazie a Dio Padre.

    COLLOQUIO

    Sono davanti a te, mio Dio, e prego.
    So di essere davanti a te,

    perché tu hai deciso di essere «con noi»
    e ce lo hai detto per sempre in Cristo Gesù.
    Signore, mio Dio, la tua presenza è indicibile sempre.
    Eppure so che ora, nella preghiera,

    vivo un momento intimo di presenza a te.
    Ne sono consapevole e mi lascio vivere
    della tua presenza qui ora, Dio silenzioso.
    Tu sei sempre presente, eppure so che nell'eucaristia
    la tua presenza si fa immensamente vicina

    nel segno del pane e del vino,
    della parola e dei fratelli insieme.


    T e r z a
    p a g i n A


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