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    L'oratorio:

    ambiente di riferimento

    e di irradiazione

    Luc Van Looy

    In R. 11 si afferma che «l'oratorio è un ambiente educativo che si apre, con slancio missionario, ai ragazzi e ai giovani».
    È una delle caratteristiche più evidenti dell'oratorio salesiano, che per nascita e per lunga tradizione è «la parrocchia dei senza parrocchia» e va oltre i confini di tipo territoriale e giuridico.
    Cosa comporta per noi salesiani il fatto che la Chiesa si apre ai giovani in maniera organica, intelligente e coraggiosa? Abbiamo qualche apporto originale da offrire come salesiani?
    Don Luc Van Looy ci offre una riflessione con la sua sensibilità tipicamente «missionaria» e ci indica alcune componenti fondamentali e alcune caratteristiche specifiche dell'ambiente oratorio.

    L'oratorio si definisce meglio con la parola «presenza» o «ambiente» piuttosto che con «opera» o «istituto», perché intrinsecamente contiene qualcosa che non si lascia inquadrare o inscatolare.
    L'aspetto regolamentare è necessario e importante, me è in funzione non tanto dell'ordine istituzionale, quanto di quello relazionale tra le persone. I contratti vigenti dell'oratorio funzionano tra persone alle quali si vuole offrire la libertà necessaria per svilupparsi e formarsi.
    La flessibilità operativa che esiste nell'oratorio è dovuta alla costante necessità di reagire e rispondere alle reali situazioni delle persone e dei contesti.
    Anche se l'oratorio segue un progetto educativo e ha linee fondamentali da seguire e obiettivi da raggiungere, il punto di partenza non è il «libro di testo», la materia da assimilare. Si parte dalle persone dei ragazzi e dei giovani, accompagnandole nella crescita e rispondendo ai loro bisogni.
    Di per sé l'oratorio può dare l'impressione di essere un po' disordinato per chi non conosce la dinamica interna, ma allo stesso tempo è un mezzo efficace per superare il pericolo di una istituzionalizzazione che può togliere la «passione» dal contesto educativo. L'oratorio richiede la fusione dí professionalità e di passione, per raggiungere l'ideale profondo delle persone.
    Parla di creatività, di inventiva, di spontaneità, di protagonismo, facendo funzionare persone e attrezzature in un insieme armonico di collegamenti e corresponsabilità. Per capire bene l'ambiente oratoriano ci vogliono allo stesso tempo intuizione ed efficacia, poesia e anche concretezza, calore insieme a una normativa, creatività libera e ordine; ci vuole soprattutto un grande senso di umanità. La «carica» educativa pastorale insieme a una progettazione comunitaria garantiscono l'autentico ambiente dell'oratorio.
    Ora indichiamo alcuni elementi, che per necessità metodologica devono essere separati per poterli presentare, ma che nella realtà sono intrecciati e innestati sul tronco della carità pastorale di Don Bosco. La descrizione lascerà sempre a desiderare, dato che non si può inquadrare una realtà dinamica e complessa; e tuttavia, a mio parere, bisogna continuare a «descrivere» questa realtà senza volerla definire.

    1. Due parole chiave

    loro uno spazio dove stare insieme e trovarsi tra amici. Si ritrovano e accolgono continuamente nuovi amici in una struttura adatta.
    I giovani cercano un punto di riferimento, non solo a livello dello stare insieme, ma anche per trovare criteri per la vita. Hanno bisogno di togliersi la paura della vita, di rinforzare le loro convinzioni deboli e verificare i criteri di condotta con le esperienze di altri.
    Importante, a questo punto, è che l'adulto stia in mezzo a loro in modo amichevole, e li assista nella ricerca degli elementi cui riferirsi.
    Il riferimento conduce anche a elementi culturali, storici, familiari, perché incorpora l'insieme della «memoria» che vive una parte dell'umanità in un determinato posto. La realtà multicolore e la provenienza tanto variegata dei giovani nei nostri ambienti ci dicono che dobbiamo insistere con urgenza su alcuni punti fondamentali ai quali i giovani devono riferirsi: in fin dei conti si giunge a riferirsi alla verità sull'uomo, sul creato e su Dio; e questa si comunica attraverso modelli di vita, testimonianza e credibilità. Don Bosco assicura la validità del riferimento attraverso la carità pastorale.
    In fine è vitale ricordarci che il punto reale di riferimento per i giovani dell'oratorio sono le persone che ci stanno al centro. La validità di questo riferimento dipenderà dalla credibilità di queste persone.
    Il titolo suggerisce l'esame delle parole «riferimento» e «irradiazione». Si intravede perciò il «va e viene» di un rapporto tra presenza oratoriana e servizio. L'oratorio occupa un posto centrale-popolare in un territorio e il contenuto dell'intervento dell'oratorio è determinato dal territorio. L'uno appartiene all'altro e rispetta l'altro: l'oratorio fa riferimento al territorio, ma il secondo non può ormai più immaginarsi senza il primo. Un continuo dialogo crea una vicendevole interdipendenza.

    1.1. «Riferimento»

    L'oratorio è una presenza di libera adesione o partecipazione, che entra nel settore «tempo libero» per i ragazzi e i giovani. Offre

    1.2. «Irradiazione»

    L'oratorio non è un ente a sé stante, chiuso in se stesso. Al contrario è una presenza che significa «grazia» per il territorio, perché vuol raggiungere tutti con quel tocco di bontà e di beneficienza adatto a ciascuno.
    Coinvolge le persone, le strutture, gli organismi esistenti sul territorio, dando il proprio contributo. Il dono specifico e prezioso che la presenza oratoriana offre è il sistema educativo come incorporazione sistematica della bontà verso le persone. Presto il popolo si accorge che qui capita qualcosa.
    Inserendosi nel contesto si cerca di coinvolgere gente del luogo nelle varie iniziative e nelle attività. Particolarmente giovani animatori ricevono con questo un'occasione di esprimere il loro idealismo.
    L'irradiazione dell'oratorio non ha spazi prestabiliti, è piuttosto un generatore di iniziative sempre nuove, che porta sempre più lontano. I sogni «missionari» di Don Bosco sono una prova della volontà di raggiungere tutti e non lasciarsi incatenare da nessuno: in realtà si spinge sempre più ín là con i suoi progetti.
    L'irradiazione è legata non solo alla presenza-programma, ma a tutte le persone che vengono contagiate dal centro salesiano. Gli stessi oratoriani si impegnano a far conoscere lo stile e coinvolgere sempre più persone. Le famiglie, i gruppi, gli organismi accolgono in grado diverso la mentalità educativa che parte dall'ambiente oratoriano nel territorio. Permea così gradualmente, in cerchi concentrici, lo specifico dell'oratorio in tutto il tessuto del territorio.
    Dunque è «missionario», propone un programma di vita ed entra con i propri valori all'interno della realtà umana.

    1.3. Un ambiente «da creare»

    Il CG23 insiste sulla necessità di creare un ambiente tipico dove può fiorire l'opera salesiana. «L'ambiente oratoriano non è primariamente una specifica struttura educativa, ma un clima che caratterizza ogni opera salesiana. I raporti improntati alla confidenza e allo spirito di famiglia, la gioia e la festa che si accompagnano alla laboriosità e al compimento del proprio dovere, le espressioni libere e molteplici del protagonismo giovanile, la presenza amicale di educatori che sanno fare proposte per rispondere agli interessi dei giovani e suggeriscono nel contempo scelte dí valori e dí fede, ne costituiscono le caratteristiche principali» (CG23 100).
    La creazione di questo ambiente coinvolge tutta la comunità salesiana e tutti coloro che partecipano alla realizzazione della missione oratoriana della presenza.
    La missione di Don Bosco è affidata a chi vuol bene ai giovani e si dedica a portarli a Cristo, e per questo cercano di interessare sempre più persone di varie competenze, dando loro l'opportunità di collaborare nella misura e nel grado possibili.
    Creare ambiente è compito di tutti, educatori ed educandi, ognuno a suo livello e con le sue capacità. Si tratta di far sentire tutti a casa propria e far stare tutti bene, procurando un insieme di elementi che portano ad una crescita umana continua.
    La forza tipicamente di Don Bosco è . l'orientamento «positivo», cercando gli aspetti positivi nel giovane e aiutando tutti a vivere l'entusiasmo, la gioia, la felicità e la determinazione di crescere in santità. A questo scopo di creare un ambiente educativo verso la santità non vanno sottovalutati diversi aspetti che possono anche apparire banali o secondari: aspetti materiali come colori, posizioni di mobili, luce, decorazioni, ecc, ma più importanti sono gli elementi che indicano un clima di rapporti, come il modo di salutare, di interessarsi l'uno dell'altro, l'organizzazione della vita comune, la programmazione, i giochi, le competizioni, l'entusiasmo di chi vince e l'accettazione di chi perde, la premiazione per chi ha fatto del bene o ha buoni risultati, ecc.
    Due sono forse gli aspetti che maggiormente influiscono sull'insieme: il modo amichevole e semplice nel comportamento degli amici e l'ordine dignitoso e semplice dell'ambiente fisico. Queste sono cause del sentirsi a casa propria da parte dei giovani e degli adulti nell'oratorio, per cui si sente dire: «questi sono i miei fratelli, questa è casa mia».

    2. Componenti fondamentali

    Don Bosco ha aperto l'oratorio per tutti i giovani, proponendo loro una varietà di attività lungo tutto il giorno. Estese le attività, originalmente domenicali, a tutta la settimana e introdusse la scuola, il lavoro, la catechesi e le preghiere come anche il tempo libero nelle occupazioni oratoriane. Per capire la realtà oratoriana conviene prestare attenzione ad alcune componenti fondamentali, separandole da quelle che le caratterizzano ulteriormente.
    Il punto culminante dell'oratorio di Valdocco, il quale funziona ancora come «criterio permanente» (C. 40) di tutte le attività oratoriane, era attorno agli anni 1875. I giovani erano presi da una grande varietà di attività; i collaboratori interni ed esterni erano moltissimi e lo slancio missionario dava coronamento all'entusiasmo di tutti. L'oratorio di Don Bosco era diventato punto di interesse per molti e i giovani si sentivano protagonisti non solo delle attività interne, ma si lanciavano come evangelizzatori ed educatori di tutti i giovani del mondo, con la spedizione dei primi missionari in Patagonia. Tutti sentivano questa operazione come propria e si caricavano di entusiasmo per il bene dei popoli lontani. •
    Ecco alcune componenti determinanti dell'oratorio.

    2.1. Il direttore

    Anche se per l'osservatore rapido l'oratorio era un luogo di tantissima attività, í giovani ci venivano per cercare Don Bosco. Attraverso le varie occupazioni scoprivano la persona centrale che dava loro fiducia e li accoglieva in questa atmosfera propria. Tutti i responsabili subalterni funzionavano «in accordo» con il direttore dell'oratorio.
    La caratteristica del direttore è quella dell'educatore-pastore. Accoglie, scruta e accetta, offre cittadinanza e propone un cammino di crescita accettabile per ognuno dei destinatari. Il direttore comunica affetto e benevolenza, perdono e impulso, direzione personale e fiducia nel proprio saper fare del giovane. C'è il modello del dialogo con Bartolomeo Garelli che mostra la ricerca del punto positivo o della qualità esistente nel giovane, dal quale Don Bosco vuole partire per il suo cammino educativo con lui.
    È il punto centrale di una serie di cerchi concentrici, coinvolgendo persone, esperienze, attività e movimenti per il buon andamento della crescita personale e dell'insieme di tanti giovani che si riferiscono all'oratorio. Anche se il direttore ha tanti giovani nel suo oratorio, si guarda bene di perdersi in un ruolo amministrativo, perché i ragazzi hanno diritto alla sua attenzione particolare e individuale, mentre i gruppi esistenti contano sul suo incoraggiamento continuo (cfr. CG23 252).
    È lui il creatore principale dell'ambiente, è in lui che convergono compiti e progetti, è a lui che i giovani affidano i loro piani, le loro preoccupazioni e paure ed è lui che si interessa a tutto ciò che capita nella vita del giovane e nel suo contesto.
    La sua capacità di coinvolgere molti con un senso di corresponsabilità è il primo segreto del buon andamento dell'oratorio.

    2.2. L'oratorio «abbraccia» tutto il territorio

    La presenza salesiana vuol essere risposta a tutta la realtà complessa del contesto nel quale si inserisce. Avrà bisogno di articolarsi in modi diversi. Questo non solo richiede capacità di risposte e di dare spazio a persone e situazioni diverse, ma suppone una visione globale e una conoscenza profonda della realtà.
    Si può considerare il territorio da due punti di vista: sociale ed ecclesiale. L'oratorio presterà attenzione ad ambedue, cercando di integrare i vari aspetti della vita di tutti nell'impegno educativo ed evangelizzatore. In un territorio siamo «casa dei giovani» con un desiderio- di giungere ai problemi e alle necessità dei più bisognosi.
    Ciò suppone:
    a) che le persone che rappresentano l'oratorio abbiano una visione-conoscenza delle necessità e cerchino di captare l'attenzione delle persone che «per natura» non si avvicinano a strutture o ambienti di questo tipo. Ci vuole un «istinto» per investigare sulle persone che hanno bisogno dell'oratorio, e poi il coraggio di avvicinarle;
    b) che l'oratorio non sia un ambiente che si chiude in se stesso. Invece si crea un interscambio vitale e perpetuo tra territorio e oratorio. Attraverso questo dialogo sí cerca di rispondere con proposte adeguate alle necessità e alle situazioni dei giovani e della gente.
    Il territorio è composto, spesso complicato e ... conflittuale. Convivono tante forze e c'è da tener conto di tante sensibilità. Per questo la creazione dell'ambiente adatto è una cosa delicata e richiede una conoscenza approfondita della realtà, osservata e studiata dalla comunità salesiana con le persone che collaborano. Il contesto conosce movimenti e organismi, ha strutture e abitudini, si riferisce a una storia e alla cultura del popolo. Tutti questi elementi diventano propri dell'oratorio come partecipante della vita della zona. Spesso esistono sullo stesso territorio altre strutture di chiesa (parrocchie, gruppi e movimenti) o proposte di tipo religioso (altre chiese cristiane, sètte...); questa realtà ci obbliga a un'attenzione di maggior delicatezza nei confronti delle persone che sono sottoposte naturalmente alle varie correnti coesistenti.
    In concreto l'oratorio troverà modo e facilità di «abbracciare» il territorio se chi si trova al centro dell'oratorio si mantiene in contatto con le persone e le istituzioni della zona e se la struttura fisica dell'oratorio rimane disponibile per le attività e iniziative della zona. È espressione di una vera solidarietà impegnata, che apre la strada verso la formazione umana e cristiana dei membri della società e della Chiesa.

    2.3. Oratorio: «casa» di tutti

    Già nell'inserimento nel territorio si vede un reciproco «senso di proprietà» e di interdipendenza, ma è necessario entrare un po' più in profondità nella partecipazione di tutti alla vita dell'oratorio.
    Il fatto di cercare di attirare e coinvolgere chi ha maggior necessità fa capire che non ci sono motivi per chiudere le porte a persone di qualsiasi tipo. L'orientamento che si va dando all'opera può funzionare come auto-esclusione da parte di certe persone, ma l'oratorio come tale si dirige verso tutti. L'impostazione dell'opera invita a una complementarietà tra chi presta servizio e chi partecipa alle attività organizzate dal centro.
    L'oratorio si dirige attivamente e programmaticamente a tutti. Questo si vede attraverso una tale varietà di proposte a livello culturale, religioso, sportivo, di tempo libero e sociale, che qualsiasi persona potrà trovare qualcosa di suo interesse. Non solo a livello di attività ma di impegno, c'è chi è passivo e c'è chi propone, c'è chi anima e organizza e chi si lascia guidare.
    Gli interventi di tipo pluriculturale e plurireligioso, di livello diverso e con obiettivi vari invitano a una partecipazione attiva e a un protagonismo dalla parte di molti. È una caratteristica dell'oratorio salesiano che i giovani prendano il ruolo di protagonisti fino ad essere educatori ed evangelizzatori di altri giovani.
    In questo modo ognuno riconosce le sue proprie capacità e le mette a servizio degli altri, si confronta con le linee fondamentali dell'oratorio e le fa proprie, si incorpora nelle strutture e negli organismi che costituiscono l'ingranaggio della società e della Chiesa.
    Nel protagonismo giovanile gli interessi e le inquietudini propri dei ragazzi e dei giovani trovano accoglienza e assimilazione, dando via alla ricerca di risposte adeguate e accettabili da parte loro.
    È tipico dell'oratorio realizzare un modello concreto e realistico di partecipazione, attendendo alla qualità di questa partecipazione e alla crescita personale e comunitaria dei propri membri.

    3. Alcune caratteristiche specifiche dell'ambiente oratoriano

    Una volta collegati gli elementi principali: direttore e comunità, territorio, giovani e ceto popolare, possiamo individuare alcuni aspetti tipici, che ci parlano del clima che si vuole creare nell'oratorio. L'ambiente non consiste tanto in strutture, quanto piuttosto è costituito da valori che rispondono ai giovani e fanno proposte graduali a tutti.

    3.1. Attenzione specifica ai lontani

    Le istituzioni allontanano molti giovani o non li raggiungono nelle varie sfere della loro vita, e molti giovani si sentono in tensione perché la scuola, la Chiesa e la società non rispondono alle loro inquietudini. Hanno il senso di una mancata integrazione nella vita sociale e/o ecclesiale.
    Ci sono perciò «lontani» in senso diverso; chi non riesce a competere con il ritmo della società; chi non sente le strutture varie come punto dí riferimento; chi ha perso la maggior parte dei suoi punti di interesse verso gli altri. Tutto l'insieme dell'oratorio si orienta su quelle persone che si sentono meno integrate e accolte nelle varie strutture del mondo.
    Nella sua fondazione dell'oratorio, o meglio nella ristrutturazione che ne fece, Don Bosco ha voluto dare attenzione prioritaria a questi, cercando un ambiente adatto a questo tipo di ragazzi e giovani nella casa Pinardi e sviluppandola, come oratorio permanente. Il fatto che Don Bosco era «parroco dei giovani senza parrocchia» si collega al suo essere punto di riferimento per i giovani emarginati.
    L'oratorio è dunque «missionario». Lo è non solo nella sua attenzione ai giovani lontani, ma anche nel suo modo di operare e di impostare l'ambiente. L'accoglienza e la ricerca dei punti di interesse di ciascuno sono i primi passi, ma la tendenza concreta è di coinvolgere tutti, nella misura della propria capacità, nell'operazione di far sentire di stare bene in casa e di raggiungere la propria felicità. Intenzionalmente e operativamente i «membri» dell'oratorio vanno alla ricerca di chi ha bisogno del servizio che l'oratorio presta. Mai la «famiglia oratoriana» si chiude in se stessa o rimane felice con i propri membri, invece va alla ricerca di altri ai quali si possa offrire la propria gioia.
    Essendo aperto e missionario, l'oratorio acquista il volto tipico di una piattaforma educativa e pastorale di tutto l'ambiente sociale. Si può immaginare in questo modo la necessità, o la normalità, di attività e iniziative non solo dentro le mura del centro, ma sulle piazze e nelle strade del territorio.

    3.2. Educazione secondo lo stile di Don Bosco

    A Don Bosco piaceva chiamare l'oratorio «un giardino di ricreazione», indicando con ciò che ci sono molte attività varie, tra le quali íl tempo libero non ultima per importanza. Tutto però va letto in chiave di educazione, perché l'insieme di tutti gli elementi del sistema preventivo si dirige verso l'educazione integrale e l'evangelizzazione dei giovani e del popolo.
    L'ambiente oratoriano è un ambiente educato, non permette atteggiamenti grossolani. È interessante ricordare l'insistenza di Don Bosco sulle belle maniere, sul non alzare la voce, sulla delicatezza nel tratto, benché nel tempo di ricreazione suggerisca attività e comportamenti tipicamente giovanili, dove si scatenano tutte le energie dei giovani.
    La forza educativa dell'ambiente oratoriano si trova nella con-vergenza della ricreazione, lo studio, il lavoro e la preghiera, in un unico movimento di crescita personale e comunitaria dei giovani.
    Primo aspetto educativo che prevale nell'oratorio è il bene. La ricerca attraverso una varietà di attività e iniziative è sempre in linea del bene dei singoli e del bene comune. Si esprime prima di tutto nel sentirsi accettato e riconosciuto nei punti positivi di ciascuno, nel poter essere se stesso in questo ambiente e vivere le proprie aspirazioni. Questo conduce a una fiducia in se stesso e negli altri.
    In un insieme di spirito di famiglia, di allegria, cordialità e senso della festa, i giovani sviluppano un ottimismo e una visione positiva della vita, che li aiuta a superare l'indifferentismo e il conformismo. Il fatto di sentirsi in famiglia e di fronte a proposte chiaramente orientate verso il bene proprio apre il giovane al senso di responsabilità e del dono di se stesso a favore degli altri. Così non solo prende il beneficio dall'ambiente educativo per la sua propria crescita, ma si fa strumento di educazione per i compagni e per il territorio.

    3.3. Ispirazione cristiana

    La fiducia apre il cammino verso l'accettazione di se stesso, degli altri e del progetto di Dio.
    Anche se l'oratorio di per sé non è un luogo religioso, respira religiosità. Non si vuole negare il senso fondamentale dell'opera salesiana, la quale è, per la sua stessa impostazione e per le persone che ne formano il nucleo centrale, un'opera cristiana.
    Nell'oratorio si presentano, attraverso segni, atteggiamenti, attività specifiche, criteri di condotta, i valori fondamentali dell'uomo, dati fin dal momento della sua creazione. La pedagogia della bontà, espressione dell'amore di Dio verso í suoi è il tenore dominante dell'insieme della realtà oratoriana. Non tanto per l'insegnamento della religione, la catechesi e le funzioni religiose tenute all'interno dell'oratorio o organizzate nel territorio, ma a causa del clima pastorale, l'oratorio si dice cristiano.
    Le beatitudini praticate, il modello del buon pastore al centro, il servizio gratuito e motivato per le persone più bisognose e l'apprezzamento di tutti come figli di Dio, donano a questo ambiente il suo tipico tono evangelico. Questo clima spinge il giovane nelle sue attività varie fino a un livello di realizzazione di se stesso, da raggiungere automaticamente la sfera religiosa che scatena le forze interiori della fede. Il giovane intuisce che l'amore vissuto qui è di origine più nobile di quanto potrebbe suggerire l'aspetto puramente umano. Questo clima evangelico si traduce presto in una opzione di vita a servizio degli altri e apre un cammino di educazione alla fede e di impegno per il Regno.
    L'incontro tra il giovane e l'insieme di questo ambiente e con le persone dell'oratorio fa scoccare l'amicizia dalla quale nasce un impegno spirituale (cf. CG23 159). Senza averlo ricercato, il giovane partecipa alla spiritualità che regge come base l'oratorio, e fa nascere espressioni di santità tipicamente proprie dei giovani. L'oratorio in questo modo propone ai giovani un progetto di vita cristiana, e il giovane lo converte, a modo suo e nella gradualità dovuta, in spiritualità giovanile.

    3.4. Amorevolezza

    L'atteggiamento espressione della carità educativa di Don Bosco è la sua «bontà tradotta in sistema». Non finisce di insistere nel regolamento dell'oratorio sui modi di dolcezza verso i giovani o verso i compagni. Parla di belle maniere, di pazienza, di modi graziosi, del non gridare, non correggere con voce alta, di far correzioni «in privato», ecc. (cf. MB 3, 98-108). Lo «stare sempre allegri», frutto dell'amorevolezza e l'essere «in amicizia con il Signore Risorto» ci plasmano un «cuore oratoriano» che vibra con la irrequieta sensibilità giovanile e con la forza silenziosa ma efficace dello Spirito Santo (cf. CG23 168).
    Senza dubbio il clima di affetto e amorevolezza va collegato con il senso profondo della presenza di Dio nei giovani dell'oratorio. Il «luogo di incontro tra l'educatore e Dio è il giovane» (CG23 95). Questo si intende come la realizzazione dell'amore di Dio per l'umanità nell'incontro tra l'educatore e il giovane, e l'espressione concreta, intelligibile e tangibile sono la dolcezza, l'affabilità e la paternità. Ecco perché il direttore sta al centro come nucleo ispiratore nell'opera oratoriana, come padre, maestro e guida.
    L'amorevolezza si esprime anche nel rispetto per il punto nel quale si trova il giovane, accettandolo e allo stesso tempo «spingendolo» verso uno sviluppo maggiore, fino al limite delle sue capacità.
    Segno determinante dell'amorevolezza è la partecipazione alla vita del giovane e l'invito da parte della comunità oratoriana a partecipare nei momenti più significativi di essa. Accompagnando il giovane e lasciandosi accompagnare da lui, si realizza l'interscambio tra Dio e l'uomo, come ín una attualizzazione dell'incarnazione dell'amore del Padre per tutta l'umanità.

    3.5. Una spiritualità comune

    E doveroso fermarsi un poco su questo aspetto tipico e impegnativo dell'ambiente oratoriano. Parte dall'incontro, da un semplice «vieni con me», da .un sentirsi ben voluto, e conduce fino a un livello profondo di condivisione di valori nella vita. Il giovane continua a scoprire in se stesso capacità e doni che finora non aveva riconosciuto, e molti arrivano a rendersi conto della presenza di una sfera più profonda e spirituale nella vita. I giovani di un'età più avanzata esplicitamente cercano espressioni di spiritualità, sia nella riflessione o nella preghiera-contemplazione, sia nel desiderio di capire e discernere sulle onde interiori che avvertono. Spesso sono guidati verso questo ambito interno attraverso la scoperta della vera amicizia e la comunicazione personale e in gruppo. Molti scoprono í propri sentimenti profondi attraverso un servizio che rendono agli ultimi e i più poveri.
    La scoperta di «terreni nuovi» che finora erano velati, crea la necessità di espressione, di interscambio di idee e «feeling» di trovarsi insieme e cercare di capire. Allora nascono gruppi di spiritualità, scuole di preghiera, incontri tra giovani che hanno riconosciuto elementi comuni in altri giovani. L'oratorio stimola questa crescita e la comunicazione spirituale si articola in vari gruppi, di grado diverso, e favorisce gli incontri tra persone con simili sensibilità.
    La spiritualità giovanile salesiana è espressione dell'ambiente oratoriano, ne è fonte e frutto allo stesso tempo. La spiritualità genera l'ambiente oratoriano e questo, di ritorno, produce e aumenta la spiritualità. Tutto si concentra in graduale consapevolezza della vita cristiana.
    Per esprimere il modo dí vivere una spiritualità, il CG23 dice: «Il giovane impara ad esprimere un modo nuovo di essere credente nel mondo, e organizza la vita attorno ad alcune percezioni di fede, scelte di valori e atteggiamenti evangelici» (CG23 158). In questo modo si esprime la finalità che Don Bosco aveva con il suo lavoro: condurre i giovani a Cristo attraverso una varietà di attività.
    La partecipazione allo spirito missionario dell'oratorio fa fiorire in tutti un senso di solidarietà che si esprime in una grande generosità di vita.
    L'integrazione di attività e movimento interiore fa scoprire e motivare la propria vocazione, domandandosi come deve esprimere in concreto, lungo tutta la vita, questi valori che ha scoperto nell'oratorio.

    4. Ambiente comune in tutte le opere salesiane

    Concludendo è utile ricordare che l'ambiente che si vuol creare non si riferisce solo alle opere chiamate oratorio o centro giovanile; l'oratorio rimane «criterio permanente» per tutte le opere. Non è dunque tanto un «luogo fisico» o un certo tipo di attività che caratterizzano l'ambiente oratoriano, ma è uno «stile» adottato dalla comunità locale. Si realizza a livello comunitario ed è in mano alla stessa comunità di giovani, adulti, attorno alla comunità dei salesiani.
    Un'opera qualsiasi (scuola, parrocchia, casa per giovani poveri, casa di ritiro...) funziona come se fosse oratorio, senza danneggiare i propri obiettivi professionali o specifici, al contrario infondendo negli obiettivi questo stile di felicità e di amicizia che fa di ogni opera una comunità nella quale è bene stare. Ogni opera è così contagiosa per tutto il territorio, anche se per esempio non tutti gli abitanti partecipano alla vita parrocchiale; lo stile oratoriano di far funzionare la parrocchia la rende presente nella vita di tutte le famiglie. Anche se non tutti i giovani del quartiere vengono a questa scuola salesiana, la partecipazione e l'apertura delle strutture scolastiche per la popolazione fa della scuola una «grazia» per tutti gli abitanti.
    L'oratorio (sotto varie forme istituzionali) è presente come una coscienza, come uno stimolo, come catalizzatore delle forze del bene che sono presenti nel territorio e sviluppa insieme a tutti il pensiero della gente, intervenendo a tutti i livelli per il bene di tutti e per la crescita di ognuno.
    Passiamo ora in rassegna alcuni aspetti particolarmente validi per la creazione di un ambiente oratoriano:
    – la persona al centro, dando attenzione agli aspetti positivi e alla crescita;
    – dialogo continuo e aperto con tutto il territorio;
    – accettazione e accoglienza di tutti, amicizia da coltivare in tutti;
    – i «lontani» sono oggetto di particolare premura;
    – nucleo centrale sono i salesiani attorno al direttore;
    – gentilezza, cordialità, ricerca della felicità degli altri;
    – riferimento ai valori umani ed evangelici;
    – respiro spirituale-religioso, in piena libertà di adesione.
    La creazione di un ambiente non si limita al luogo fisico dell'oratorio, permea tutto l'intorno, di modo che si trasforma il clima di tutta una zona, grazie alla presenza dell'opera salesiana, quasi da poter dire che l'ambiente contagioso creato dall'opera salesiana fa, in modo e grado propri, di tutti gli abitanti della zona, degli oratoriani.

    (FONTE: CISI, L'oratorio via per educare i giovani al vangelo della carita. Atti convegno 1992, pp. 73-87)


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

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