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     Relazione

    dei Circoli minori

    sulla terza parte

    dell'Instrumentum

    laboris 

     

    CIRCOLO "ANGLICUS" (Anglofono) 

    A
    Contro ogni discriminazione 

    Lo Spirito Santo sta ringiovanendo la Chiesa attraverso questo sinodo. Santo Padre, durante la giornata mondiale della gioventù a Cracovia lei ha chiesto più volte ai giovani: «Possiamo cambiare le cose?». E ogni volta la loro risposta è stato un fragoroso “sì!”. Convocando questo sinodo, lei ci ha ricordato che i giovani sono nel suo cuore e nel cuore della Chiesa. Guidato dallo Spirito, lei ci ha condotti per quasi due anni in un “percorso sinodale”, che ci ha portati a questo mese di grazia di discernimento per i vescovi del mondo. In uno strano ribaltamento dei ruoli, sono i giovani qui presenti ad averci accompagnati, aiutandoci a scrutare “i segni dei tempi” e a discernere “alla luce del Vangelo” ciò che lo Spirito Santo sta dicendo alla Chiesa.
    Il nostro gruppo ha ritenuto che questo percorso sinodale non dovrebbe concludersi qui; sotto molti aspetti iniziamo una nuova fase mentre torniamo a casa portando con noi le intuizioni e le idee apprese qui, con il compito di condividerle con le nostre conferenze episcopali, diocesi e parrocchie. Così facendo, potremo cercare di rispecchiare per le nostre Chiese particolari a livello diocesano, regionale e nazionale, la metodologia del “riconoscere”, “interpretare”, “ scegliere”.
    Che cosa ci ha detto lo Spirito Santo durante questo sinodo? È evidente che i nostri giovani sono chiamati alla santità - come persone sposate o singole, come sacerdoti o persone consacrate -. Tutte sono dotate di carismi, attraverso il battesimo e la confermazione, per abbracciare il loro ruolo unico nella nuova evangelizzazione. Se davvero vogliamo apprezzare il loro contributo a livello locale, allora dobbiamo condividere la miglior pratica per sostenere quelle attività pastorali che rafforzeranno il collegamento tra Chiesa e giovani. Dobbiamo fare “uno sforzo in più” per essere presenti nelle complesse realtà delle loro vite. Durante il processo sinodale, ispirati dallo Spirito Santo, abbiamo identificato la necessità di una “opzione preferenziale” per i nostri giovani.
    Il nostro gruppo ha messo in evidenza i seguenti ambiti di azione pastorale:
    1. Risorse pratiche e guida per genitori e nonni come «primi maestri» dei giovani e per la famiglia, che è «la piccola Chiesa», «la scuola di amore e di umanità».
    2. Rinnovato incoraggiamento alle nostre scuole e università cattoliche, per una formazione di qualità degli insegnanti e per cappellanie vive; (dopo tutto, come ha detto Papa Francesco, «educare è un atto di amore, dare vita»).
    3. Un maggior contributo da parte delle donne, delle famiglie e dei giovani leader laici nella formazione in seminario.
    4. Opportunità organizzate per consentire ai giovani di collegarsi con i loro pari e con altri nel corso di pellegrinaggi, incontri ed eventi di pietà popolare.
    5. «Youcat», «Docat», «Kidcat» e altri programmi per sostenere una “catechesi kerigmatica”, che offrano un solida comprensione della fede nell’ambito di un contesto orante di incontro e di amicizia con Cristo nella sua Chiesa.
    6. Opportunità di arte, musica, cori giovanili e sport per dischiudere bellezza, amicizia, appartenenza e lavoro di squadra.
    7. Partecipazione attiva dei giovani nella liturgia, in associazioni, movimenti, comunità cristiane di base e in tutte le attività ecclesiali, anche in ruoli consultivi e decisionali.
    In breve, stiamo parlando di ripensare le parrocchie e le strutture di modo che i giovani vengano sentiti, ascoltati, apprezzati e incoraggiati. L’obiettivo di tale lavoro è di offrire loro, come dice benissimo Christifideles laici, una triplice esperienza di Chiesa: come “mistero”, “comunione” e “missione”.
    Molti di noi sono arrivati a questo sinodo pensando che riguardasse il ministero pastorale verso i giovani, specialmente in considerazione delle molte situazioni difficili che devono affrontare in tutto il mondo: dalla povertà e dalla persecuzione alla violenza e al traffico di esseri umani, la migrazione, la loro vulnerabilità nei social media, le loro compulsioni e dipendenze, il loro disorientamento e il loro desiderio di punti di riferimento stabili, come anche di un senso di direzione e un fine nella vita. Il sinodo ci ha permesso di riflettere su tutte queste cose e su come possiamo andare incontro ai giovani, che a volte sembrano «stanche e sfinite, come pecore senza pastore».
    Ma lo Spirito durante il sinodo ci ha anche ricordato con forza che i giovani non sono semplicemente gli oggetti della nostra evangelizzazione e del nostro ministero pastorale; essi sono anche agenti di evangelizzazione gli uni per gli altri e, di fatto, per tutta la Chiesa. Con una formazione e un accompagnamento adeguati, i giovani possono essere i discepoli missionari che portano la luce della fede ai loro pari e perfino a quanti sono molto lontani dalla Chiesa. Come ha affermato questo sinodo, sono i protagonisti, chiamati e sostenuti dallo Spirito per essere, a proprio titolo, partecipanti attivi nella nuova evangelizzazione.
    Come volontari, in patria e all’estero, possono essere discepoli missionari tra i poveri, agenti di azione sociale, sostenitori della protezione della vita, costruttori di una civiltà dell’amore, collaboratori nell’ecumenismo e nella riconciliazione, apostoli per i giovani migranti, leader e avvocati nell’affrontare questioni gravi come la schiavitù e il traffico di esseri umani, nonché custodi della nostra casa comune. La chiamata alla santità di questi giovani “protagonisti” comprende l’invito a trasformare dal suo interno la società temporale - il loro mondo di media, politica, autostrade digitali, affari, commercio e assistenza sanitaria - con i valori del Vangelo e dell’amore misericordioso di Dio.
    Il nostro gruppo ha discusso ampiamente le sfide e le questioni riguardanti la visione che la Chiesa ha del corpo e della sessualità umana. A tale riguardo abbiamo proposto un modo al paragrafo 197 che cerca di presentare la visione, l’insegnamento e l’antropologia belli e tuttavia difficili della Chiesa riguardo al corpo, alla sessualità, all’amore e alla vita, al matrimonio e alla castità. Al tempo stesso ribadiamo che la Chiesa si oppone alla discriminazione nei confronti di qualsiasi persona o gruppo, e anche la sua insistenza sul fatto che Dio ama ogni giovane, proprio la Chiesa!
    Santo Padre, durante la sua recente visita in Irlanda ha visitato il santuario di Nostra Signora di Knock, Regina d’Irlanda, e vi ha pregato. Quasi quarant’anni fa, Papa san Giovanni Paolo II lì aveva detto: «Ogni generazione, con la sua mentalità e caratteristiche proprie, è come un nuovo continente da conquistare a Cristo».
    Il sinodo ha riflettuto sulle realtà concrete di questo nuovo continente, come anche di questa nuova generazione di giovani. Durante gli interventi in aula e attraverso i dibattiti nei circoli lo Spirito ci ha rivelato che la risorsa più grande per conquistare a Cristo questa nuova generazione, questo nuovo continente, sono i nostri giovani stessi. Perché dovrebbe stupirci questa cosa, dal momento che tra i figli di Jesse, Dio scelse Davide, il più giovane, il pastorello, effondendo su di lui con forza il suo Spirito? Perché dovremmo meravigliarci se Dio scegliesse ancora una volta i più giovani tra i suoi fedeli come suoi “paladini” per affrontare le sfide del gigante “Golia” del mondo attuale?
    Attraverso questo sinodo Dio ci ha aperto gli occhi per farci vedere che sono i nostri giovani gli strumenti che ha scelto. Sono corresponsabili con tutti noi per cambiare il mondo. Dobbiamo fare attenzione a non intralciare l’opera di ringiovanimento dello Spirito Santo! Al contrario, il nostro ruolo è di agevolarla, di assicurare che i giovani siano formati e accompagnati nell’amore di Cristo da guide e accompagnatori autentici, che siano formati nella preghiera e in una solida catechesi, sfidati a uscire dai loro ambienti sicuri per incontrare i loro pari nelle periferie, e rafforzati dalla testimonianza di giovani santi e martiri per sopportare le battute d’arresto, le critiche e perfino la persecuzione per la loro fede.
    Mentre questo sinodo volge al termine, potremmo chiedere ancora una volta, come ha fatto Papa Francesco a Cracovia, “Possiamo cambiare le cose?”. Il sinodo ci ha aiutato, per grazia dello Spirito Santo e con la gioia contagiosa e il sostegno dei nostri giovani, a rispondere fiduciosi: “Certamente sì!”. 

     

    B
    Nuovi modelli di formazione 

    Chiediamo che la stesura del testo finale sia disponibile nella nostra lingua per aiutarci a continuare a dedicarci al processo sinodale. 

    Prospettiva generale
    Il concetto della Chiesa evangelizzata ed evangelizzatrice dovrebbe fare da cornice e orientare la struttura della terza parte. In questo spirito, suggeriamo che un terzo capitolo (adattato) possa essere adeguato come primo capitolo di questa parte.
    Raccomandiamo poi che la parte terza venga organizzata in quattro capitoli:
    - chi siamo;
    - che cosa dobbiamo fare;
    - presso chi siamo inviati;
    - quali devono essere le nostre priorità.
    Cristo e l’evangelizzazione devono includere molti altri articoli. Questa reticenza non è d’aiuto ed è inadeguata.
    La parte terza contiene molte sezioni che non riguardano lo scegliere e l’agire. L’uso di un numero inferiore di parole non l’indebolirebbe, ma anzi la rafforzerebbe. 

    Formazione
    Cappellanie - La spiegazione del ruolo e degli obiettivi delle cappellanie deve essere rafforzata nei suoi molteplici contesti: ospedali, scuole, università cattoliche, università laiche e così via. Inoltre, il lavoro del cappellanato il più delle volte è svolto, e con grande efficacia, nell’ambito di un lavoro di gruppo.
    Formazione nei seminari - Abbiamo discusso a lungo della formazione nei seminari. Tra i punti sollevati c’è stata la necessità di formare i futuri leader della Chiesa per accompagnare gli altri. Sono stati proposti nuovi modelli di formazione, più esperienziali e incentrati sulla comunità.
    Il ministero per e con i giovani - Il documento necessita di una sezione sulla formazione dei ministri per i giovani come anche sulla natura e gli obiettivi del ministero dei giovani. Una tale sezione potrebbe descrivere come vengono reclutati, formati, sostenuti e accompagnati nel loro lavoro, con i giovani, nel loro ministero dei giovani. Suggeriamo che il nostro piano pastorale per il ministero dei giovani sia intenzionale, comprensivo, focalizzato, programmato e sostenuto da risorse.
    Raccomandiamo fortemente che la Chiesa fornisca strutture pastorali per la responsabilità, l’ambiente sicuro, il controllo regolare e la formazione permanente di quanti accompagnano i giovani. 

    Servire quanti sono in difficoltà
    Guerra - Il paragrafo sulla guerra e sui suoi effetti è troppo debole alla luce di quanto abbiamo ascoltato in aula. Gli effetti percepiti da coloro che sono coinvolti nella guerra sono profondi e traumatici. Essi hanno bisogno di sapere che non sono stati dimenticati, che la Chiesa ricorda, si preoccupa e sta cercando di fare qualcosa. Gli effetti delle guerre e dei conflitti si sentono per generazioni.
    Migrazione - Anche la migrazione va trattata in maniera più comprensiva. In aula abbiamo ascoltato che è anch’essa una questione importante. Le quattro parole di Papa Francesco potrebbero essere molto utili: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati”. Occorre inoltre promuovere il diritto a rimanere.
    Persecuzione religiosa - Occorre affrontare le difficoltà sperimentate da cattolici attraverso la persecuzione. Nel nostro circolo minore abbiamo sentito parlare con forza delle persecuzioni vissute dai cattolici in alcune aree. 

    Altre questioni
    Giovani che provano attrazione per persone dello stesso sesso - Abbiamo discusso della questione dei cattolici che provano attrazione per persone dello stesso sesso o che sperimentano disforia di genere. Suggeriamo una sezione a parte per la questione, e anche che l’obiettivo principale della stessa sia l’accompagnamento pastorale di tali persone, che segua le linee del capitolo pertinente del Catechismo della Chiesa cattolica.
    Il ruolo dei giovani nell’ecumenismo e nel dialogo interreligioso - Nei modi da noi proposti abbiamo citato i numerosi luoghi in cui lo si può osservare e alcuni punti in cui lo si può inserire nel testo.
    Il sacramento della confermazione - Raccomandiamo che nel documento finale vengano evidenziati il sacramento della confermazione e il suo ruolo.
    Altri temi - Abbiamo proposto modi anche su: entrare nell’ambiente digitale; media, teatro, arte e sport; giovani la cui vita è caratterizzata da malattia o disabilità; amicizia; impegno politico e sociale; ministero in parrocchia, nella scuola, nell’università e nel posto di lavoro; servire i giovani che vivono nelle aree rurali.
    Il ruolo dell’uditore - I nostri dibattiti sono stati arricchiti dagli uditori, e mentre proseguiremo le nostre deliberazioni terremo presente ciò che avete detto. Grazie per la vostra sincerità, la vostra amicizia, la vostra devozione al Signore e alla sua Chiesa, come anche per la vostra dedizione al compito da affrontare. Siamo molto grati. 

     

    C
    Porte aperte ai giovani 

    Esaminando la terza parte abbiamo constatato che era intesa come una fase di “scelta”, ma abbiamo trovato molto poco che potesse assomigliare a dei suggerimenti concreti per l’azione.
    Un altro punto debole è che salta da un approccio positivo che sottolinea che i giovani sono parte della Chiesa a un altro che sembra domandarsi che cosa la Chiesa può fare per i giovani. I due approcci sono incoerenti.
    Un altro punto è che la II Parte era volta ad aiutarci a interpretare i dati della I Parte, ma non riusciamo a vedere come tale principio si possa applicare al testo della III Parte.
    Come andare avanti?
    Una sessione di riflessione ci ha portato a individuare tre “modi principali” che devono servire da fondamento per qualsiasi paragrafo individuale relativo all’azione.
    1. In sostanza è Gesù stesso, con la sua persona e la sua vita, il nostro “paradigma d’azione” generale. Ogni singola voce relativa all’azione deve riportare a Lui.
    2. Mentre noi offriamo suggerimenti, le Chiese particolari dovranno identificare le azioni concrete da svolgere in base alle circostanze. Suggeriamo di rivolgere un forte invito alle Conferenze episcopali a raccogliere i risultati del sinodo e a impegnarsi in un processo di riflessione analogo nei propri ambiti, includendo nelle loro deliberazioni anche chi non è vescovo, come ha fatto questo sinodo.
    3. Il sinodo e il documento che ne risulterà non sono la fine di un processo, bensì l’inizio. Abbiamo percepito una speciale unzione al sinodo, una “fiamma” rinnovata. Quando le conferenze inizieranno la prossima fase di riflessione, suggeriamo che lo facciano anche loro in un modo che incoraggi i gruppi regionali, le diocesi, le parrocchie e le famiglie a compiere a loro volta un processo di discernimento, affinché la “fiamma” si diffonda.
    Abbiamo riflettuto su molti altri punti d’azione, ma invece di proporli come modi, è possibile trovarli qui come esempi di come il nostro modo n. 1 (“Gesù come paradigma d’azione”) può essere attuato in modo concreto.
    Porre Gesù al centro
    Partendo dal principio che Cristo “rivela l’uomo (homo) a se stesso”, prendiamo lo stesso Gesù quale ermeneutica per questa III Parte.
    1. Gesù è il protagonista della nostra salvezza. A sua volta, egli ci invita in una relazione personale con lui. Lo accettiamo come Signore (immagine biblica: Giovanni 13), e ciò ci apre alla ricezione dello Spirito Santo. Quest’ultimo, a sua volta, ci chiama suoi amici (immagine biblica: Giovanni 15).
    2. Il kèrigma deve essere annunciato in modo tale che l’opera di Cristo sia compiuta e intesa così da comprendere anche la grandezza dell’invito che ci rivolge. Il Vangelo deve essere proclamato non come un fardello, bensì come una chiamata alla pienezza della libertà, della gioia e della pace. La conversione che giunge da questa chiamata iniziale è continua: vogliamo mantenere gli occhi fissi su Cristo per evitare di sprofondare tra i flutti (immagine biblica: Pietro che cammina sulle acque).
    - La proclamazione kerigmatica deve essere accogliente, anche (e specialmente ) verso coloro che potrebbero sentirsi esclusi (le comunità stesse dovrebbero dimostrare calore, gentilezza, luoghi di relazione).
    - Esprimere gli insegnamenti più difficili (per esempio sulla sessualità) non solo come regole, ma mostrando anche i valori che sono alla base.
    - Una catechesi kerigmatica che parte dal concetto: “inizia dalle domande”.
    - I leader religiosi devono essere formati specialmente nel costruire ponti e creare relazioni.
    3. Per molti la relazione personale con Cristo è mediata dalla Chiesa. Gli scandali, come anche gli atteggiamenti e gli approcci pastorali che portano a una testimonianza contraria devono essere purificati. La Chiesa può e deve riformarsi così da essere un ambiente davvero sicuro e affidabile.
    - Abbiamo bisogno di strumenti di buon governo nelle nostre istituzioni per renderle (e farle percepire come) affidabili.
    - Dobbiamo essere visibilmente proattivi nell’affrontare questi scandali (e quelli futuri).
    4. Gesù è il nostro modello. Con lo Spirito Santo, siamo chiamati a incarnare i suoi attributi nella nostra vita di discepoli. È questo il principio che sta dietro alla chiamata alla santità. Questo “processo di incarnazione” è necessariamente graduale ed esige una formazione spirituale e accompagnamento.
    - Formazione nella direzione spirituale, renderla disponibile, tenendo presente che le guide spirituali dovrebbero essere icone del Cristo vivente.
    5. Cristo era giovane quando ha compiuto la sua missione in terra. Nel corso della sua vita è dovuto “crescere in sapienza” (cfr. Luca 2, 52). Non è una sorta di difetto nell’incarnazione, bensì la dimostrazione che “crescere in sapienza” è di fatto una parte benedetta dell’essere umani. Accompagnare i giovani non significa “trovare più ministri”. È un compito sacro, parte del processo permanente di incarnare Cristo nella Chiesa.
    Come logica conseguenza dobbiamo evitare di confondere l’età fisica con la maturità. Cristo era giovane, ma non immaturo (immagine biblica: possiamo pensare qui a Paolo e Timoteo).
    - Disegnare un percorso per la formazione, evidenziando i modi in cui possiamo favorire la crescita dei giovani nella leadership e lo sviluppo delle qualità. Il fine dovrebbe essere quello di inculcare virtù, abitudini, capacità e qualità che possano favorire la loro maturità intellettuale, umana, spirituale e affettiva.
    - Occorre dare ai giovani opportunità per essere guide in base alla loro maturità e capacità effettiva, non a una maturità stereotipata basata solo sull’età.
    6. Dal punto di vista spirituale, l’incontro più perfetto con Gesù è nell’Eucaristia. Ci invita alla conversione costante nella nostra vita, sia individualmente sia come comunità. È anche un “servizio divino”, in quanto è Cristo che viene a servirci, guarirci e rafforzarci. Si tratta di una forma di mistagogia (in modo costante, veniamo “iniziati” più in profondità al mistero di Cristo e scopriamo la pienezza di vita).
    - Un invito a migliorare l’attuale celebrazione (ars celebrandi), specialmente nella predicazione e nella musica, di modo che i partecipanti sentano l’azione di Cristo nella liturgia. Una dose maggiore di gioia.
    - Nelle nostre liturgie non dovremmo dimenticare le persone disabili (accertarci che siano inclusi mostra l’unità del Corpo di Cristo!).
    7. La grazia dell’Eucaristia si estende oltre la conclusione della celebrazione. Come fece con i suoi discepoli inviandoli due a due, così Gesù manda in missione anche noi (Luca, 10, 1-11). Il passaggio tra destinatari di cure pastorali e collaboratori nella cura pastorale fa parte del processo di maturazione. Non dobbiamo aspettare che i giovani siano “pronti”, come per magia, a unirsi agli “adulti” prima di iniziare a essere attivi. Essi possiedono lo Spirito Santo, e impegnarsi nella missione (con l’accompagnamento di un collaboratore nella missione) fa parte del processo di crescita.
    - Occorre dare una formazione agli accompagnatori, e, in essa, quanti vengono accompagnati devono essere formati come parte della loro formazione.
    - Utilizzo degli anni di volontariato come opportunità di formazione.
    8. Parte dell’“incarnare Cristo” è l’accettazione della croce. Lui l’ha presa su di sé e ci ha espressamente chiamati a «prendere la nostra croce e seguirlo» (cfr. Marco, 8, 34). Il significato originale della parola “martire” è “testimone”. Come discepoli che vengono inviati, dobbiamo “testimoniare” in parte anche attraverso la rinuncia a noi stessi alla quale siamo chiamati (ovvero a portare la nostra croce), pure se questo non porta al martirio del sangue (o perfino se lo fa).
    - Il ricorso ai testimoni è una parte potente della proclamazione e della formazione.
    9. La missione alla quale veniamo inviati da Gesù è espressa nella nostra vocazione specifica. Vivere la nostra vocazione comporterà sempre una qualche misura di rinuncia di sé, poiché altrimenti cercheremmo di mantenere “aperte tutte le porte vocazionali”. Questa rinuncia fa parte della crescita in maturità (immagine biblica: la vocazione di Geremia).
    - Accertarci di presentare un quadro completo della vocazione, che non faccia sconti alle vocazioni specificatamente religiose, ma che non faccia sconti nemmeno alle altre vocazioni.
    - Aiutare le persone a scoprire i loro talenti, dare loro piattaforme per utilizzarli.
    - Aiutare ad alimentare la speranza per la vocazione al matrimonio (cfr. Amoris laetitia).
    - Collegare la vocazione al concetto di lavoro, poiché è lì che la maggior parte delle persone cerca la propria vocazione.
    10. Riconosciamo che Gesù s’identifica con i più poveri e indifesi (immagine biblica: Matteo, 25). Pertanto il nostro servizio non è soltanto una forma di “umanitarismo cristiano”, bensì un servizio a Cristo stesso. E molti di coloro che sono poveri e vulnerabili (con i quali Cristo si identifica di più) sono anche giovani.
    - Cura per il creato.
    - Servizio ai migranti, ai rifugiati, alle persone internamente dislocate.
    - Traffico di esseri umani.
    - Servizio nella scena politica, per la giustizia e la pace.
    - Consulenza a chi è ferito.
    - Cura per le persone malate, detenute.
    - Assistenza alle famiglie che vivono in circostanze difficili, gravidanze di giovani e madri single.
    Educazione. Estendere l’accesso (per esempio attraverso il sostegno finanziario).
    11. Questa “incarnazione di Cristo” deve essere vissuta anche dalle comunità intermedie come i piccoli gruppi, le comunità religiose, i movimenti, le parrocchie, le diocesi, le conferenze episcopali, e così via. Non possiamo tener conto solo del livello individuale o universale della Chiesa: sono i livelli intermedi quelli in cui spesso avviene davvero questa “incarnazione”.
    - Rete di contatti (dentro e fuori dalla Chiesa).
    - Dare a noi stessi gli strumenti istituzionali per vivere e operare come un unico corpo.
    - Presenza di giovani nei consigli/forum pastorali (parrocchiali, diocesani, conferenza episcopale).
    - Consigli/centri per i giovani.
    - Dicastero per i giovani che possa coordinare le tematiche riguardanti i giovani già presenti negli altri dicasteri, ma non in maniera collegata.
    - Tutti gli organismi di dibattito devono ricevere una nuova formazione nei metodi di discernimento, non solo in quelli decisionali.
    - Lavorare in modo ecumenico.
    - I nostri organismi ecclesiali intermedi potrebbero ricorrere a un anno della gioventù per aiutare i giovani in questo processo di conversione.
    - Le guide spirituali nella Chiesa hanno bisogno di formazione su questo nuovo approccio alla formazione, inclusione e leadership dei giovani.
    - Il posto delle donne nella leadership: attualmente si sta consentendo alle donne di dare il massimo contributo possibile nel servizio come membri del corpo?
    - Multiculturalismo, diversità nella Chiesa.
    - Giornate della gioventù regionali con una partecipazione internazionale. 

     

    D
    Delicato equilibrio tra accoglienza e sfida 

    È stata una grande gioia partecipare agli animati e illuminanti dibattiti del circolo minore inglese D ed è un privilegio riferire al sinodo il frutto delle nostre riflessioni sulla terza parte dell’Instrumentum laboris.
    Ancora una volta riteniamo che sarebbe saggio fare riferimento alla narrativa dei discepoli sulla strada di Emmaus nell’iniziare la terza parte. Dopo aver camminato insieme a degli amici e insegnato loro, Gesù spezza il pane e poi, per usare la bella immagine di von Balthasar, «scompare dentro la missione della Chiesa». Con tutti i loro doni, la loro energia e il loro entusiasmo, i giovani oggi vengono inviati a portare Cristo al mondo, a essere, con le parole di Teresa d’Avila, mani, piedi, occhi e orecchie del Signore. Partono come inviati del messia crocifisso e risorto e pertanto come portatori di un messaggio di amore svuotato di sé.
    Un secondo tema collegato che ha suscitato il profondo interesse del nostro gruppo è la chiamata alla santità. Sia dall’assemblea sinodale sia dalle nostre conversazioni è emerso chiaramente che i giovani bramano la santità di vita e desiderano una formazione concreta che li aiuti a seguire il cammino di santità. A tale riguardo, abbiamo ritenuto che una sezione sulle virtù potrebbe essere un’aggiunta utile al documento. Le virtù classiche, sia cardinali sia teologali, devono essere insegnate e vanno incoraggiate le abitudini che servono a inculcarle. È un tema che sta molto a cuore a Papa Francesco, poiché lo sviluppa in modo più ampio nel settimo capitolo di Amoris laetitia. Lì il Santo Padre specifica anche che la famiglia è il luogo privilegiato in cui avviene questa formazione fondamentale nella santità. Pensiamo che tale concetto dovrebbe essere sviluppato anche nel nostro documento. Infine, riteniamo che i giovani debbano essere istruiti in maniera specifica nella preghiera, nella lettura meditativa della Scrittura e nella partecipazione attiva ai sacramenti.
    Da ciò deriva direttamente un terzo tema, poiché la santità, come ha insegnato chiaramente il Vaticano II, è visibile nel mondo; si manifesta nell’impegno a santificare la sfera secolare. Soprattutto i giovani devono ascoltare gli inviti a diventare grandi avvocati cattolici, grandi medici cattolici, grandi giornalisti cattolici, grandi imprenditori cattolici, e così via. Devono essere incoraggiati a opporsi ai governi corrotti e oppressivi, ad affrontare le disfunzioni della società che costringono tanti a migrare dai paesi natali, a contrastare la colonizzazione ideologica, a trovare i cammini di pace, a sostenere pratiche commerciali che diano potere ed elevino i poveri. Nulla di tutto ciò deve essere visto come un fardello, bensì come una chiamata a un’avventura spirituale.
    In quarto luogo, nel nostro gruppo ha trovato grande risonanza la questione della liturgia. Da un lato riconosciamo che molti giovani, in diverse parti del mondo, possono vedere la liturgia come noiosa e lontana dalla vita. In alcuni contesti culturali ciò ha portato i giovani ad abbandonare la Chiesa cattolica per abbracciare il culto più vivace offerto nelle Chiese pentecostali. D’altro lato, molti dei cattolici più giovani danno testimonianza dello straordinario potere della liturgia di trascinarli dentro un senso del trascendente. Ribadiamo con forza i paragrafi dell’Instrumentum laboris che fanno riferimento alla preghiera di Taizé, alla pratiche devozionali e alla musica sia classica sia contemporanea che avvicina le persone a Dio e le evangelizza. Alcuni del nostro gruppo hanno insistito sul fatto che dobbiamo migliorare la nostra catechesi relativa alla liturgia, insegnando ai giovani che cosa è la messa e come esattamente parteciparvi. Altri hanno affermato che forse abbiamo posto troppo l’accento sulla dimensione orizzontale della liturgia a scapito di quella verticale. Il risultato è che molti giovani apprezzano la messa come una sorta di festa a tema religioso e non come un incontro con il Dio vivente.
    In quinto luogo, riteniamo che la parte sui media digitali come mezzo di evangelizzazione andrebbe particolarmente evidenziata e ampliata. Nella maggior parte dei paesi occidentali, il gruppo religioso che cresce più rapidamente è quello dei “nones”, vale a dire di coloro che non hanno nessuna affiliazione religiosa. Negli Stati Uniti, il 25 per cento si riconosce tale, e tra questi la percentuale di chi ha meno di trent’anni sale a 40. Per eserciti di giovani, Gesù è una figura fittizia di un antico mito, Dio è una superstizione sopravvissuta di un’epoca pre-scientifica e la religione è semplicemente una fonte di conflitto e di violenza. La maggior parte dei “nones” sono nella migliore delle ipotesi indifferenti alla religione, in quella peggiore sono ostili a essa. Tuttavia, per una sorta di miracolo della divina provvidenza, con i social media abbiamo uno strumento per raggiungere questi giovani non affiliati che mai metterebbero piede nelle nostre chiese o parteciperebbero a uno qualunque dei nostri programmi catechetici o spirituali. Un video postato su YouTube o Facebook è disponibile permanentemente, 24 ore al giorno, sette giorni su sette - e riesce a insinuarsi negli angoli più remoti e perfino in quelli più ostili del mondo contemporaneo -. Riteniamo che un modo particolarmente fecondo sia quello di creare materiale ciò che identifichi semina verbi nella cultura sia popolare sia elevata. Sarebbe saggio che i vescovi attrezzassero sia il clero sia i laici per impegnarsi nel mondo dei social media per fini evangelici. Specialmente i giovani, che hanno le capacità digitali nel sangue e nelle dita, dovrebbero essere preparati per questo ministero.
    Un sesto motivo che ha attirato la nostra attenzione è l’esempio pratico del lavoro di questo sinodo. Comprendendo pienamente che le risorse della Chiesa, sia finanziarie sia del personale, sono limitate, riteniamo che le conferenze episcopali locali e i vescovi delle diocesi dovrebbero rendere l’evangelizzazione e la responsabilizzazione dei giovani una priorità. In alcune parti del mondo, ciò potrebbe significare che è essenziale la catechesi dei giovani, mentre in altre potrebbe tradursi nel fornire opportunità economiche. Sarebbe saggio, pensiamo, sostenere sinodi locali per i giovani in diverse diocesi, regioni o nazioni. A ogni modo, non possiamo assolutamente permettere che il nostro lavoro di queste ultime settimane rimanga un’astrazione.
    Infine, abbiamo dedicato molto tempo a riflettere sul tema dell’atteggiamento di accoglienza e di inclusività della Chiesa. Riconosciamo in pieno e con entusiasmo che la Chiesa di Gesù Cristo va incontro proprio a tutti nell’amore. Come il Signore sul cammino di Emmaus, i discepoli fedeli di Gesù accompagnano anche coloro che stanno percorrendo la via sbagliata. Le braccia del colonnato del Bernini in piazza San Pietro, che si aprono al mondo intero, simboleggiano meravigliosamente il desiderio di farvi entrare tutti. È per questo che non si dovrebbe far sentire nessuno non amato o trascurato per via del genere, dello stile di vita o dell’orientamento sessuale. Tuttavia, come precisa san Tommaso d’Aquino, amare significa «volere il bene dell’altro». Ed è per questo che l’amore autentico non esclude in alcun modo l’invito alla conversione, al cambiamento di vita. Di fatto, nel vangelo di san Marco, praticamente la prima parola che esce dalle labbra di Gesù è metanoiete (convertiti, capovolgi la tua vita). Gesù trova le persone dove stanno, ma non le lascia mai dove sono; invece le chiama a largo, nella pienezza dell’amicizia con lui. Parte del genio pastorale del cattolicesimo è proprio il mantenimento di questo delicato equilibrio tra accoglienza e sfida. 


    CIRCOLO "GALLICUS" (Francofono) 

    A
    Ripartire dalla famiglia 

    Il numero 137, che apre la terza parte dell’Instrumentum laboris, ci ricorda la sua aspirazione: «Si tratta di concentrarsi sulla determinazione della prospettiva, dello stile e degli strumenti più opportuni per permettere alla Chiesa di adempiere alla propria missione nei confronti dei giovani: aiutarli a incontrare il Signore, sentirsi da Lui amati e rispondere alla sua chiamata alla gioia dell’amore». Questa chiamata alla gioia dell’amore, se abbiamo ben compreso l’Instrumentum laboris, non è altro che la chiamata alla santità che la Chiesa vuole rivolgere ai giovani attraverso questo sinodo: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5, 48).
    In questi due ultimi giorni abbiamo scoperto la santità in azioni: testimonianze commoventi ci hanno raccontato la determinazione dei giovani, in molti paesi, a restare fedeli a Cristo e a prendere seriamente il suo Vangelo: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16, 24). Alcuni, nella persecuzione, si rifiutano di rinnegare la loro fede e arrivano fino al dono della propria vita. Altri non sopportano la corruzione, le violazioni dei diritti dell’uomo e del creato, e s’impegnano, concretamente, affinché le cose cambino e si costruisca il regno.
    Queste testimonianze c’incoraggiano: quando i giovani incontrano il Signore, fanno l’esperienza del suo amore per essi e rispondono alla sua chiamata, e quindi sono pronti a mettere al suo servizio il desiderio di verità e di giustizia che li caratterizza. Noi siamo qui, nel cuore del sinodo e della sua terza parte: che cosa possiamo fare concretamente affinché i giovani si mettano in cammino nella sequela di Cristo?
    1. Molti lo hanno sottolineato nei loro interventi e alcuni giovani lo hanno appena testimoniato: la famiglia è il punto di partenza del cammino che conduce all’incontro con Cristo. La pastorale dei giovani non può essere dunque pensata indipendentemente dalla pastorale familiare. A seconda dei paesi, le famiglie incontrano tutte delle difficoltà. Non sono tutte uguali e spesso sono la conseguenza del contesto sociale e politico, ma pensiamo che ci sia lì una sfida importante per la crescita umana e spirituale dei bambini e dei giovani. Sarebbe stato quindi interessante se fossero state invitate al sinodo famiglie (genitori e figli) e giovani coppie che avrebbero potuto testimoniare il modo in cui cercano di vivere il sacramento del matrimonio e l’educazione dei figli.
    2. Dobbiamo favorire l’inserimento dei giovani in comunità fraterne, gioiose e raggianti dove possano incontrare testimoni di Cristo capaci di conquistare la loro fiducia. Bisogna integrarli in queste comunità (comunità di base, parrocchie, movimenti, etc.) affidando loro responsabilità vere, all’interno di gruppi diversificati. A volte vi faranno l’esperienza dell’insuccesso, ma questo, quando è accompagnato, è sempre fonte di progresso. I giovani hanno molti talenti che sono indispensabili per le comunità: dominano la realtà digitale e sono capaci di farne il luogo di una nuova inculturazione della parola di Dio, e hanno le parole per giungere ai coetanei e annunciare loro Cristo. Hanno il gusto delle sfide e l’energia per portare avanti progetti.
    3. I giovani devono poter essere partner della missione di una Chiesa che è la loro famiglia e nella quale sono attesi, addirittura sperati, per partecipare alla sua vita e alla sua missione! Una “Chiesa-famiglia” in cui i più grandi sono anche in grado di orientarli nel loro cammino di vita, rendendo testimonianza del loro percorso umano e spirituale, rileggendo con loro, alla luce della fede, il loro cammino, e invitandoli a riporre in Dio la loro fiducia. A tale proposito la storia della piroga che ci è stata raccontata è molto interessante: i più giovani remano perché hanno la forza e l’anziano guida la navigazione perché ha la saggezza. In campo concreto, questa Chiesa-comunione di cui i giovani voglio essere parte attiva e a cui ogni membro apporta i suoi doni e i suoi talenti per l’annuncio del regno di Dio, incontra molte resistenze. È senza dubbio uno dei punti su cui noi pastori dovremo impegnarci. Uno di noi ha detto: «Si tratta di mettere in pratica il concilio Vaticano II; ridando ai laici, in particolare ai giovani, il loro posto nella Chiesa. Se daremo loro tutto il loro posto, allora ritroveremo il nostro».
    4. L’impegno per la giustizia. Abbiamo parlato molto dall’inizio del sinodo di una «opzione preferenziale per i poveri e i giovani». Perché mettere in una stessa opzione «poveri e giovani»? Sarebbe interessante rifletterci sopra, guardando come ciò spinge tutta la Chiesa a mobilitarsi per la giustizia: molti giovani sono in effetti poveri perché sono spesso le prime vittime dell’ingiustizia. Ma questo binomio situa anche i giovani in prima linea nell’impegno sociale accanto ai poveri. Sono allora chiamati a trascinare con sé tutta la Chiesa, il che non è privo di conseguenze per la pastorale dei giovani.
    5. L’incontro con Cristo non può prescindere da un’educazione integrale dei giovani. Nelle precedenti relazioni è stato già ricordata la necessità di far entrare i giovani nell’intelligenza della fede attraverso la scoperta e l’approfondimento del kerygma e della parola di Dio. Vorremmo insistere su tre altri punti:
    a) La dimensione spirituale. La vita di un giovane dai 16 ai 30 anni non è lineare. È caratterizzata da successi, fallimenti, da tappe decisive e felici, come il superamento di un esame, un primo impiego, la creazione di una coppia o di una famiglia... È importante permettere ai giovani di vivere spiritualmente tutti questi momenti, ossia di discernere nello Spirito santo il cammino che Dio apre loro. È altresì necessario che trovino accompagnatori competenti che li aiutino a farlo e che dispongano delle risorse spirituali necessarie.
    b) Le esigenze evangeliche. L’incontro con Cristo e il desiderio di seguirlo invitano a condividere il suo stile di vita: povertà, castità e obbedienza alla volontà del Padre, e questo qualunque sia la nostra condizione di vita. Il che riguarda i rapporti con i beni materiali, ciò che guida le nostre scelte di vita, i rapporti umani... Non è evidente per i giovani, pur se appassionati di Cristo e del suo Vangelo, adottare un simile stile di vita mentre le nostre società li invitano piuttosto a fare il contrario. Come possiamo aiutare i giovani a scoprire la bellezza di una vita donata nella spoliazione di sé e nell’apertura a Dio e ai fratelli?
    c) La formazione alla dottrina sociale della Chiesa. La vocazione dei battezzati è di essere, nel centro del mondo, come «il lievito nella pasta» (Mt 13, 33). Abbiamo ascoltato il desiderio dei giovani d’impegnarsi nelle strutture politiche, economiche e sociali per far diminuire la corruzione, le ingiustizie e per preservare la «nostra casa comune». La dottrina sociale (presentata ai giovani nel Docat) è la recente enciclica Laudato si’ costituiscono un tesoro, ma sono ancora molto poco conosciute e vanno quindi promosse.
    Per concludere, facciamo tre considerazioni:
    1. La terza parte elenca, un po’ a mo’ di catalogo, orientamenti e mezzi per accompagnare i giovani. Per organizzare meglio questo capitolo e iscriverlo in una prospettiva ecclesiologica, questi orientamenti e mezzi potrebbero essere classificati secondo le tre grandi missioni della Chiesa: la testimonianza della fede (kerygma-martyria), la celebrazione della fede (liturgia), il servizio ai fratelli (diakonia).
    2. Per rendere il documento finale più concreto, si ritiene necessario riprendere alcune proposte pratiche come, per esempio, l’idea di una piattaforma di scambio di programmi prodotti dai media cattolici.
    3. La dimensione digitale. 

     

    B
    Soggetti e non destinatari 

    Le riflessioni e gli scambi dei membri del circolo francofono B hanno riguardato i seguenti punti.
    1. Proposte di un percorso ecclesiale nella sequela del Signore Gesù.
    Il numero 137 dell’Instrumentum laboris precisa gli obiettivi della terza parte del documento. Si tratta di determinare gli orientamenti, di definire lo stile e di proporre gli strumenti che possono permettere alla Chiesa di aiutare i giovani a incontrare il Signore Gesù, a sperimentare il suo amore e a rispondere alla sua chiamata nella gioia del dono gratuito di sé.
    Per raggiungere questi obiettivi, l’Instrumentum laboris propone come via la conversione pastorale e missionaria.
    Ma ci chiediamo: questa conversione pastorale e missionaria è possibile senza una conversione interiore e profonda nello Spirito? In altre parole, la conversione strutturale o istituzionale è possibile senza una vita di unione più intensa con il Signore Gesù nello Spirito?
    Di fatto ci sembra che la condizione preliminare per il successo della conversione pastorale e missionaria sia la crescita nella vita interiore e nella perfezione della libertà nello Spirito.
    D’altra parte la conversione pastorale e missionaria appare come un’esigenza della sequela comune di Cristo. È per seguire meglio insieme il Signore Gesù e testimoniare la sua risurrezione che questa conversione pastorale e missionaria è necessaria e urgente.
    Inoltre, i giovani non sono gli unici beneficiari di questa conversione pastorale e missionaria che mira al rinnovamento di tutta la Chiesa. Quindi, prima di rivolgersi ai giovani, non sarebbe necessario mostrare che tutti i membri della Chiesa sono chiamati a camminare insieme nella sequela del Signore Gesù e a procedere nella vita di grazia? Il termine sinodo non significa proprio camminare insieme?
    2. Proposta della spiritualità missionaria della Chiesa «in uscita».
    Ai numeri 138 e 139 l’Istrumentum laboris, fondandosi sul magistero di Papa Francesco, propone il concetto della Chiesa «in uscita» come nuova visione ecclesiologica. Ce ne rallegriamo. Suggeriamo quindi che si elabori la spiritualità della Chiesa «in uscita» e si definisca il metodo missionario di una tale Chiesa. Appare inoltre urgente e necessario educare tutta la Chiesa, e soprattutto gli agenti di pastorale, a questa nuova spiritualità missionaria e aiutarli a padroneggiare il metodo missionario della Chiesa «in uscita». Altrimenti il concetto di Chiesa «in uscita» rischia di restare un concetto puramente intellettuale.
    Di fatto, come afferma san Giovanni Paolo II nella lettera enciclica Redemptoris missio: «L’attività missionaria esige una specifica spiritualità che riguarda, in particolare, quanti Dio ha chiamato a essere missionari» (numero 87).
    3. Proposta di una spiritualità propria dei giovani.
    Nel capitolo terzo intitolato: «Una comunità evangelizzata ed evangelizzatrice», l’Instrumentum laboris presenta una serie di strumenti per accompagnare i giovani. Di fatto riprende gli strumenti tradizionali di santificazione nella Chiesa senza precisare come applicarli ai giovani. Inoltre questo capitolo terzo raggruppa strumenti di santificazione che riguardano i giovani (dal numero 183 al numero 194) e punti pastorali che non si rivolgono direttamente ai giovani ma agli altri membri della Chiesa (numeri 179, 180, 181, 182, 196 e 197). Non si percepisce quindi chiaramente la spiritualità propria dei giovani.
    Allo stesso modo, il titolo di questa terza parte dell’Instrumentum laboris, «Scegliere: cammini di conversione pastorale e missionaria», sembra rivolgersi più ai pastori che ai giovani. In questa parte nessun punto ha come attori i giovani. Ciò potrebbe far pensare che i giovani siano solo i destinatari e non i soggetti della conversione pastorale e missionaria.
    Suggeriamo pertanto che venga elaborato uno stile di vita cristiano proprio dei giovani, che siano definiti gli aspetti fondamentali di una spiritualità della gioventù, per esempio creando un metodo di preghiera per i giovani, una lectio divina da applicare ai giovani, proponendo un rituale di celebrazione eucaristia per i giovani, etc.
    4. Proposta di un numero intitolato: «Il dono del corpo, la grazia dell’affettività e della sessualità».
    Nei numeri 52 e 53 della prima parte, l’Instrumentum laboris parla del corpo, dell’affettività e della sessualità. Nella terza parte queste tematiche non vengono più affrontate chiaramente. Al numero 197 del capitolo terzo ci si accontenta di presentare il caso di alcune categorie e le si ricollega a temi come l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.
    Vorremmo che ci fosse un paragrafo dal titolo «Il dono del corpo, la grazia dell’affettività e della sessualità» e che in tale paragrafo fosse chiarita e attualizzata la dottrina della Chiesa sul corpo, l’affettività e la sessualità, per evitare confusione.
    Ci appare altresì importante approfondire la questione della pastorale e della missione della Chiesa rispetto ad alcune categorie prima di introdurle nel documento.
    5. Proposta di progetto pastorale a due livelli: una pastorale che coinvolge i giovani che sono già nella Chiesa e una pastorale rivolta ai giovani che sono lontani dalla Chiesa.
    In effetti la pastorale e la missione nelle periferie esigono una preparazione particolare, un metodo contestualizzato e attualizzato.
    6. Chiamare alle vocazioni specifiche nella Chiesa.
    Al numero 72 e al numero 211 l’Instrumentum laboris sembra porre sullo stesso piano la preparazione al ministero ordinato e la formazione alla vita consacrata. Sarebbe dunque importante fare due paragrafi: uno dedicato ai futuri sacerdoti e l’altro alla vocazione alla vita consacrata.
    7. Altre proposte: istituzione di consigli per i giovani, a livello della Chiesa universale, a livello delle conferenze episcopali e a livello delle diocesi; promozione e valorizzazione dei carismi, competenze e leadership delle giovani donne nella Chiesa: lo Spirito santo concede carismi tanto agli uomini quanto alle donne nella Chiesa (cfr. 1 Cor 12, 1-11). Perché non invitare le giovani che hanno dei carismi a esercitarli per il bene comune? 

     

    C
    Conversione pastorale e missionaria 

    Il nostro gruppo vorrebbe proporre cinque orientamenti affinché il cammino di conversione pastorale e missionaria della Chiesa nella sua missione con i giovani rafforzi la gioia di vivere con Cristo nella comunione ecclesiale. 

    1. Il nostro primo orientamento è di metodo
    In effetti ci sembra che si debbano prendere in considerazione due criteri per rispondere al compito assegnato a questo terzo tempo della riflessione sinodale: la partecipazione dei giovani all’elaborazione del sensus fidei fidelium dinanzi alle perplessità contemporanee, tenendo conto della diversità dei giovani del mondo e della Chiesa stessa, come pure della diversità dei contesti sociali, culturali ed ecclesiali; l’appello lanciato a tutte le Chiese particolari a proseguire il dialogo rigoroso e costante con i giovani della Chiesa e al di fuori di essa, processo avviato nel presente sinodo, e di stabilire tappe concrete per progredire come comunità ecclesiale nella missione, di cui i giovani saranno chiaramente invitati a essere protagonisti.
    Auspichiamo dunque che le conclusioni di questo sinodo siano l’occasione di associare ogni vescovo, e attraverso di lui, ogni diocesi della Chiesa universale, al processo che abbiamo avuto la grazia di compiere. Auspichiamo che così tale processo si prolunghi. Lo possiamo definire in modo molto semplice:
    - Dobbiamo considerare i giovani come il presente della Chiesa, perché, vivendo il periodo transitorio della gioventù, devono far fronte con una sensibilità senza pari alla complessità dei mutamenti culturali che sono altrettante sfide all’articolazione della dignità di ogni individuo con la dignità delle società umane. Hanno quindi bisogno di sentire la testimonianza della prossimità di Cristo a ognuno e d’imparare a vivere a loro volta la gioia di questo incontro personale con Cristo.
    - Dobbiamo ascoltarli perché sono le esperienze di vita e gli interrogativi della generazione più giovane a rendere il corpo intero capace di trasmissione: ebbene, l’interrogativo che pongono è di sapere come, in tale contesto, la Chiesa può rendere testimonianza dell’amicizia di Dio per il mondo, a cominciare da quanti sono lontani.
    - Dobbiamo individuare i cambiamenti di atteggiamento, di orientamento, di pratiche e di funzionamento delle istituzioni che permetteranno di lanciarsi con i giovani nell’avventura di una conversione pastorale e missionaria che ringiovanirà il volto della Chiesa, perché sprigionerà l’energia di una creatività rinnovata della testimonianza e dell’annuncio del Vangelo di Cristo.
    Suggeriamo che sia messo in atto un modo per seguire e valutare tale processo al quale i giovani parteciperanno nei prossimi tre anni. 

    2. Accordare un’attenzione particolare ai giovani nelle comunità ecclesiali
    In questa fase di prolungamento del processo sinodale, suggeriamo che ogni diocesi abbia a cuore di mostrare concretamente questa opzione per i giovani, promuovendo un’attenzione particolare per la qualità umana, la fede e la gioia delle comunità ecclesiali. È questa la condizione affinché la fede non venga limitata alla sua sola dimensione individuale, ma faccia crescere la capacità di ognuno di essere attore della comunione ecclesiale.
    - Le comunità ecclesiali locali devono essere invitate a sviluppare la loro identità di “famiglia di Dio”, accogliendo i più giovani come membri a pieno titolo, di modo che gli uni e gli altri siano felici e fieri di appartenere alla comunità e di trovarvi una sorta di “ecosistema” della loro maturazione umana, credente e missionaria.
    - Le comunità ecclesiali sono innanzitutto comunità di fede. Perciò questa accoglienza dei giovani darà ampio spazio alla condivisione delle esperienze di fede, nel confronto con le realtà colte in modo spesso diverso dai giovani e dai meno giovani. È anche il motivo per cui si elaboreranno proposte di formazione alla fede, soprattutto di tipo catecumenale, coinvolgendo membri della comunità e privilegiando l’amicizia nella fede condivisa, in occasione della preparazione ai sacramenti, compresi il matrimonio e il suo accompagnamento.
    - Ma una comunità ecclesiale è anche una comunità evangelizzatrice. Pertanto non bisogna esitare a invitare concretamente i giovani ad assumersi la loro parte di responsabilità nei progetti apostolici della loro comunità di appartenenza, privilegiando l’incontro con i più poveri e i più lontani, a cominciare dai giovani al di fuori della Chiesa dei quali quest’ultima vuole imparare a essere vicina e amica. La parte missionaria della vita di fede deve essere parte integrante della trasmissione della fede. Allo stesso modo, l’apprendistato della sinergia tra i diversi gruppi e movimenti è indispensabile per scoprire che dalla missione evangelizzatrice assunta insieme nasce la comunione. Nel momento della loro vita in cui i giovani hanno bisogno di sperimentare l’appoggio di un’identità credente solida, devono essere accompagnati per farlo, a partire della loro diversità, contribuendo a questa comunione. In tal senso, sarebbe bene mettere in atto, in modo sistematico, l’accompagnamento pastorale dei gruppi e dei movimenti dei giovani attraverso équipe pluraliste.
    - Coinvolgere, quando è possibile, i giovani, come veri corresponsabili, nel funzionamento delle istituzioni della comunità, della parrocchia o della diocesi; a tale proposito, riguardo alla Chiesa universale, non sosteniamo la creazione di un nuovo dicastero dedicato ai giovani che rischierebbe di accentuare il loro isolamento, ma piuttosto una pratica più trasversale attraverso il coinvolgimento dei giovani in tutti i dicasteri che affrontano argomenti sui quali la loro esperienza deve esser ascoltata e può essere feconda.
    - Occorre iscrivere questa priorità a favore dei giovani nella scelte di bilancio che verranno fatte, a livello sia parrocchiale sia diocesano. 

    3. Nella comunione della Chiesa bisogna riconoscere davvero il posto delle donne
    I giovani sono oggi particolarmente sensibili al fatto che la Chiesa non rivolga tutta l’attenzione che dovrebbe alla problematica delle donne nel mondo. Da una parte, in alcuni contesti culturali, la donna è ridotta a una condizione minoritaria. Dall’altra, nella Chiesa stessa, sebbene si valorizzino spesso le figure materne, sembra che non ci sia ancora piena consapevolezza del fatto che è giunto il momento di considerare le donne e gli uomini uguali in materia di responsabilità. Riteniamo che la gravità e l’urgenza della questione giustifichi la messa in atto nella Chiesa, senza ulteriori indugi, di una riflessione ampia e approfondita sui cui fondare i cambiamenti profondi e radicali che s’impongono in questo campo. 

    4. Affermare l’urgenza dell’educazione, fermento di comunione
    L’Instrumentum laboris sottolinea in diversi modi l’importanza del mondo dell’educazione per ogni riflessione sulla missione della Chiesa con i giovani. Elenchiamo qui alcuni tratti della “sensibilità educativa della Chiesa” a cui l’opzione per i giovani invita.
    - Il mondo dell’educazione è un ambito di evangelizzazione privilegiato. Al di là di tutto ciò che viene spesso evidenziato a tale proposito (competenza ed eccellenza, formazione integrale della persona, formazione dei futuri attori delle società nell’ispirazione dei valori cristiani), gli ambiti educativi devono essere luoghi privilegiati di testimonianza della vita con Cristo e della proposta di assaporare questa esperienza della gioia unica di un incontro con Lui.
    - Questi ambiti sono inoltre un’opportunità unica per apportare un contributo alla missione della Chiesa di “prolungare la familiarità di Cristo” con gli uomini. In tal senso, la missione educativa deve sempre inscriversi in sinergia con la vita delle famiglie e la testimonianza di fede della Chiesa, e ciò deve ispirare i programmi di formazione degli insegnanti, le proposte di formazione umana fatte agli studenti, il dialogo delle istituzioni educative con altre istituzioni o movimenti ecclesiali. Devono essere ambiti d’integrazione della propria umanità credente per ognuno.
    - Pensiamo che la formazione alla vita affettiva e alla sessualità debba trovare un posto di rilievo nei programmi.
    - Alcune tematiche, che sono citate in modo ricorrente, come quelle che determinano i mutamenti profondi del mondo contemporaneo, quali la realtà del mondo digitale, la questione ecologica, la politica sociale, il pluralismo culturale e religioso, dovrebbero essere oggetto di un’attenzione particolare nell’elaborazione dei programmi specifici degli ambiti educativi della Chiesa dal punto di vista del dialogo della fede con questi nuovi contesti. 

    5. Promuovere l’impegno dei laici nell’“inculturazione della Dottrina sociale della Chiesa”, per servire la comunione umana
    Le comunità ecclesiali devono essere luoghi in cui si articolano l’esperienza della vita di fede, individuale e comunitaria, e il modo in cui ognuno prova le eventuali tensioni tra la fede e le pratiche di nuovi saperi. Devono pertanto essere luoghi in cui si promuova il “dialogo” tra i membri della comunità, per radicare e stimolare la delucidazione teologica dei nuovi saperi. In questa prospettiva, i giovani hanno di nuovo un posto privilegiato nella comunità, sia quelli che sono portatori di queste conoscenze innovative, sia quelli che sono testimoni dalle “periferie” di queste correnti dominanti (giovani che vivono in campagna, poco istruiti, esclusi...).
    Ebbene, l’ascolto dei giovani ha messo in evidenza quanto sia importante per loro discernere come attingere alla loro esperienza di fede per instaurare un dialogo con le loro realtà culturali, e in particolare negli ambiti in cui si stanno verificando profondi cambiamenti dei punti di riferimento nell’agire, dei sistemi di valori per ispirare le scelte, e delle rappresentazioni dell’umano e del mondo per identificarsi e contribuire al bene di tutti. Ci sembra dunque che i giovani chiedano due cambiamenti di atteggiamento. Il primo è di non enunciare prima di tutto regole e punti di riferimento, ma di dare sempre la priorità all’invito ad ancorare la propria vita all’esperienza personale e comunitaria della fede. Il secondo è di sviluppare per quanto possibile il dialogo della fede della Chiesa con i nuovi paradigmi culturali, non privilegiando gli interventi dei religiosi su questi temi, ma formando i giovani della Chiesa, che ne sono gli attori, a sapere e a osare rendere conto della speranza che è in loro. È così che, pian piano, cambierà l’immagine della Chiesa di Cristo amica del mondo.
    Riguardo alla dottrina sociale della Chiesa, vorremmo sottolineare ancora una volta la sensibilità di molti giovani per le situazioni di grave ingiustizia, gli squilibri sociali, le fratture culturali, lo sfruttamento umano. Alcuni ne sono essi stessi vittime. Molti di loro sperano che l’annuncio del Vangelo sia realmente e intrinsecamente legato alla lotta per la giustizia, la pace e la trasformazione del mondo: anche in questo caso dare ai giovani un posto di spicco nel cuore della Chiesa corrisponde a offrire a quest’ultima la possibilità di un rinnovamento del suo zelo evangelizzatore. 


    GRUPPO "ITALICUS" (Italiano) 

    A
    Il miracolo della moltiplicazione dei pani 

    Il circolo italiano A propone anche per questa III sezione dell’Instrumentum laboris una icona biblica di apertura: la moltiplicazione dei pani. In essa appare chiara la centralità di Gesù, che diversi padri chiedono sia maggiormente sottolineata. Gesù guarda la folla che lo segue e che ora non ha da mangiare. Prende quindi l’iniziativa, si rivolge ai discepoli e chiede loro di provvedere. Essi sono dubbiosi, anzi rassegnati e impotenti. È emblematico che sia un ragazzo che mette nelle mani di Gesù quel poco che ha perché il miracolo si compia. Questa scena evangelica contiene un chiaro incoraggiamento a fare conto sulla disponibilità dei giovani, a non lasciarsi paralizzare dalla sproporzione fra il poco che si ha e la vastità dei bisogni: è il Signore che ricava molto dal nostro poco, in favore del popolo.
    Dovremo essere umili per accettare questa logica evangelica e coraggiosi per aprire ai giovani la strada di questa generosità, rinsaldando in essi la convinzione che hanno qualcosa di prezioso da offrire con cui il Signore può «fare miracoli». La Chiesa ha bisogno di questa generosità dei suoi giovani per rendere disponibili a tutti i doni della forza e della tenerezza del Signore che sostengono i popoli.
    La terza parte dell’Instrumentum laboris enumera molti modi e occasioni per il coinvolgimento dei giovani, con il rischio tuttavia di un lungo elenco senza priorità. Il circolo ritiene vitale che le molteplici vie indicate si raccolgano attorno agli elementi essenziali che formano la vita della Chiesa. Si tratta di elementi fondanti, ovviamente già presenti nella Chiesa, ma che debbono uscire dall’inerzia e ritrovare freschezza per una più vitale e profonda alleanza tra la Chiesa e le nuove generazioni. Sono emersi in particolare quattro punti nodali per essere Chiesa “della fede” realmente ospitale e formativa, non semplicemente preoccupata della propria struttura istituzionale o della propria utilità funzionale nei confronti della trasmissione della fede. 

    Il primato dell’ascolto del Vangelo
    Restituire vitalità e freschezza al primato dell’annuncio evangelico significa imprimere all’evangelizzazione la forma del racconto della storia di Dio con gli uomini. La parte più preziosa della rivelazione è il fatto che Dio frequenta la loro storia e accompagna la loro vita. Tutta la rivelazione ha questa forma. Nel Vangelo questa frequentazione della storia quotidiana degli uomini da parte di Dio può essere presa alla lettera, decifrando l’azione e la parola di Dio che si rendono visibili in Gesù. Questa storia si ripete a ogni generazione, con le speciali intonazioni della vita collettiva e personale degli interlocutori di ogni epoca. La sfida è raccontare dove e come agisce Dio in questa storia alla quale noi apparteniamo. È questa la difficile, ma affascinante, arte del discernimento. Ogni Chiesa locale è chiamata a trovare la propria narrazione della presenza e dell’azione del Signore, mediante lo Spirito, nel contesto della propria storia e della propria cultura. 

    Ministero dell’amore per i poveri
    La seconda sottolineatura riprende quanto Gesù stesso rispose alla richiesta dei discepoli del Battista: l’amore per i poveri è il segno visibile che il regno di Dio è arrivato sulla terra. Indirizzare i giovani verso questo appello alla prossimità verso i poveri, li pone immediatamente sulla via del samaritano che i padri della Chiesa hanno identificato anzitutto con Gesù. Lui - il vero «buon» Samaritano - è «la via della salvezza». È la via che anche noi oggi dobbiamo percorrere. Non si tratta perciò di riorganizzare il sistema del volontariato o di una sussidiarietà del welfare. La missione cristiana è essenzialmente testimonianza della prossimità salvifica di Dio per ogni uomo: ascolto della Parola e moltiplicazione dei pani sono profondamente correlati. I poveri sono un luogo teologico: incontrando loro si incontra Dio. La fede che sposta le montagne - proprio come i pani che arrivano a sfamare una folla - si accende in questa prossimità. I poveri ci rendono riconoscibili per il Signore (cfr. Mt 25). I giovani hanno lo slancio necessario per giocarsi quello che hanno, in questa partita. Non dobbiamo essere reticenti su questo punto. Ed è qui - nella prossimità ai poveri - che i giovani cattolici possono creare un’alleanza con gli altri giovani cristiani, con quelli appartenenti alle altre religioni e anche con chi non crede. È un grande compito per questa nuova generazione: solo partendo dai poveri si può sognare e realizzare un mondo giusto. 

    Formazione dei discepoli
    Un terzo punto riguarda la formazione dei discepoli che seguono Gesù, ma che sono anche da lui seguiti in vista della loro missione di annunciatori del regno. In questo contesto della formazione il circolo ha formulato l’ipotesi di un tempo definito in cui, riappropriandosi delle dimensioni battesimali, i giovani possano maturare la scelta di seguire il Signore secondo la chiamata che a ciascuno è rivolta. Occorre quindi elaborare una proposta organica da parte delle comunità ecclesiali, per accompagnare le persone in questo percorso di discernimento, nella diversità delle situazioni storiche e culturali locali. 

    L’Eucaristia e la gioia della risurrezione
    Si fa ancora fatica, purtroppo, a considerare l’Eucaristia - e la comunità dell’altare, in genere - come momento della festa pasquale, luogo privilegiato dell’evangelizzazione, della trasmissione della fede, della formazione alla missione. Eppure l’evoluzione della comunità eucaristica, nella Chiesa, è andata proprio in questa direzione: sempre meno esoterica, sempre più ospitale. Restituire all’Eucaristia la sua capacità evangelizzatrice, significa precisamente questo: anzitutto rinsaldare la convinzione di un momento speciale del tempo e dello spazio, in cui si è “toccati” da Gesù, istruiti da Gesù, guariti da Gesù. E in secondo luogo, rendere accessibile ai giovani l’incanto del suo mistero, che ci trasforma. In questa esperienza dello stupore del mistero si può cogliere una istintiva sintonia con il linguaggio musicale, artistico e poetico proprio dei giovani.
    In un mondo tentato di rinchiudersi su se stesso, l’incontro dei giovani con Gesù nell’ascolto della Parola, nella prossimità ai poveri e nel mistero dell’Eucaristia renderà possibile il ripetersi del miracolo della moltiplicazione dei pani per le folle di oggi. 

     

    B
    Sogno e profezia 

    È stato osservato che il testo riflette soprattutto la realtà occidentale, sia nelle analisi contestuali, che nelle questioni sollevate e nelle indicazioni proposte. Tuttavia, mancano anche riferimenti ad aspetti decisivi dell’attuale contesto culturale in Occidente, quali il predominio della tecnica, la sfida dei rapporti fra la fede e la scienza, la situazione diffusa di disorientamento etico, sociale e spirituale.
    L’immagine di Chiesa che sembra sottesa alle riflessioni proposte è quella di una comunità che generi a una solida vita di fede, sinodale e fraterna, dove i giovani siano non solo oggetto preferenziale dell’azione pastorale, ma anche soggetti protagonisti dei processi decisionali. Andrebbe messo in evidenza il primato dell’azione di Dio su tutti gli aspetti della vita ecclesiale, con particolare riferimento all’opera dello Spirito santo, tanto rilevante, quanto ignorata in queste pagine. Anche qui la terza Persona divina resta le divin Méconnu, “il divino Sconosciuto”! L’approccio è comunque chiaramente pastorale e questo fa avvertire ancor più la mancanza di attenzione ad alcuni temi e problemi cui si fa cenno qui di seguito.
    Si apprezza l’intento di ascoltare i giovani, accostandosi ai luoghi dove essi si trovano e alle sfide con cui si confrontano. Eccone alcune fra le più rilevanti: le situazioni di emarginazione, che riguardano in particolare le donne, spesso ancora vittime di un maschilismo duro a morire, ma anche persone affette da dipendenze o persone segnate da sofferenze fisiche o spirituali, davanti alle quali i giovani spesso restano muti e sconcertati, quasi incapaci di reagire attivamente. Speciale attenzione e accompagnamento richiedono le persone con orientamento omosessuale. La sfida del lavoro è dominante, specie in rapporto alle scelte che i giovani devono fare riguardo alla propria preparazione e al proprio futuro, ed è particolarmente drammatica in alcuni contesti la mancanza di possibilità lavorative o l’incorrispondenza fra ciò per cui ci si è preparati e ciò che viene proposto. Decisivo è poi per i giovani il mondo della comunicazione, specialmente digitale, così pervasivo da divenire per i più ambiente vitale non poco condizionante. Le questioni etiche si affacciano all’esperienza dei giovani più di quanto comunemente si creda, ad esempio in rapporto all’esercizio della sessualità, all’esperienza sempre drammatica dell’aborto e a forme di esclusione etnica e sociale ancora molto diffuse. Anche il mondo dell’occultismo esercita sui giovani una influenza da non sottovalutare.
    Rispetto a questo variegato tessuto della vita quotidiana dei giovani la Chiesa si riconosce chiamata al compito prioritario di trasmettere loro il dono della fede: questa trasmissione non potrà realizzarsi senza un’adeguata accoglienza da parte di sacerdoti, comunità cristiane e operatori pastorali, cui segua un cammino di accompagnamento, discernimento e integrazione. Non poche sono le carenze rilevabili in questo ambito: i soggetti ecclesiali comunicano e cooperano poco fra di loro; manca spesso una vera attitudine dialogica; non ci sono sforzi di necessaria inculturazione (ad esempio verso gli immigrati e le loro culture); si ha paura o si fa resistenza a coinvolgere i giovani nel trovare vie educative per i loro coetanei; si frequentano poco forme preziose di accesso al cuore e alla mente dei più, come lo sport in tutte le sue espressioni o la musica, soprattutto se valorizzata nella varietà delle tradizioni culturali, etniche e religiose; si rifugge da un dialogo costruttivo fra fede e ragione e fra fede e scienza. Così, la comunità che dovrebbe essere al tempo stesso evangelizzata ed evangelizzatrice si sottrae in buona parte a questo suo compito originario.
    Circa l’animazione e la riorganizzazione della pastorale andrebbero sviluppate a tutti i livelli relazioni di fraternità: i giovani più impegnati nel cammino di fede chiedono una Chiesa molto più fraterna, relazionale e solidale. Questo anzitutto nelle realtà parrocchiali: in molti casi la parrocchia resta un punto di riferimento importante, sia perché per tanti è il volto concreto della Chiesa che per primo si incontra, sia per la sua inserzione sul territorio e le esperienze di comunione fra diverse situazioni e differenti vissuti umani che consente. I giovani hanno bisogno di strutture in cui possano sentirsi a casa e questo - se avviene in alcune realtà parrocchiali - certamente non avviene in tutte. Un ruolo privilegiato può avere l’oratorio che in molti casi si offre come l’ambiente vivo di incontri, amicizie, condivisioni, sia sportive, che umane e spirituali. Non poche aggregazioni ecclesiali offrono occasioni di appartenenza positiva, con cammini educativi e forme partecipative che coinvolgono i giovani in profondità. Gli itinerari catechistici possono costituire un fattore importante di crescita e di aggregazione, anche se non sempre i catechisti sono preparati a raggiungere un tale scopo e gli strumenti per la catechesi hanno bisogno di essere ripensati in maniera a volte radicale nelle metodologie e nei linguaggi, non di rado datati.
    Una possibilità di crescita peculiare e di apertura anche al dono divino nella fede e nella carità è quella costituita dal servizio: molti giovani se ne sentono attratti, specie se rivolto ai piccoli e ai poveri, e spesso esso costituisce il primo passo verso la scoperta o riscoperta della vita cristiana ed ecclesiale. Una speciale attenzione va data anche ai giovani sacerdoti: essi si trovano nella condizione di “presbiteri”, e cioè per definizione “anziani”, pur condividendo con tutti i giovani tante caratteristiche, dal rapporto naturale col web, alle inquietudini davanti al futuro, alle esigenze a volte pesanti del rapporto con i sacerdoti anziani. Occorre che specialmente i vescovi stiano accanto ai preti giovani, per incontrarli, ascoltarli, sostenerli e incoraggiarli. Il sinodo ricordi a tutti che i sacerdoti giovani sono anzitutto “giovani sacerdoti”! Andrà data particolare importanza alla vita consacrata, che per sua natura è segno e profezia della novità divina per il mondo.
    La domanda che emerge da quanto detto fin qui è relativa all’immagine di Chiesa che tutti dovremmo sentirci chiamati a realizzare con fede a partire dall’oggi e nel prossimo futuro: rispetto alla situazione odierna occorre riconoscere che si avverte un generale bisogno di conversione pastorale, frutto di un lavoro di squadra che porti da una Chiesa nel migliore dei casi impegnata per i giovani, a una Chiesa dove i giovani abbiano spazio ai vari livelli e nei principali processi decisionali, attraverso un discernimento comunitario. Qui però la riflessione si fa sogno e profezia: forse il frutto migliore di questo sinodo sarà quello di incoraggiare il cammino di una Chiesa più conforme al Vangelo, più libera, povera e impegnata con i poveri, un sogno per cui si sia tutti disposti a pagare un prezzo di vita e di amore generoso. Già ai tempi del concilio Vaticano II il cardinale Suenens, che in esso aveva avuto un ruolo rilevante in vista del rinnovamento da operare con coraggio e fiducia, diceva: «Beati quelli che sognano e che saranno pronti a pagare il prezzo più alto perché questo sogno prenda corpo nella vita degli uomini». E un altro profeta conciliare, il vescovo Helder Camara, aggiungeva: «Beati quelli che sognano: porteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato». Giovani, avete coscienza di voi stessi? Quale coscienza del vostro ruolo per tutti noi? Siete pronti a sognare il sogno di Dio e a stimolarci perché anche noi sogniamo con voi? E noi siamo pronti a lasciarci disturbare dai sogni di giovani e a camminare con loro per realizzare questi sogni di novità e di bellezza? Sulla risposta a queste domande si giocheranno i frutti di questo sinodo. L’autunno in cui lo abbiamo celebrato sarà in grado di preparare una nuova primavera?
    Esercitarli per il bene comune? 

     

    C
    Le stelle nel cielo dei giovani 

    La terza parte ci ha posti l’interrogativo circa cosa bisogna scegliere alla luce di quanto abbiamo riconosciuto nella prima parte e interpretato con la fede nella seconda.
    Scelte di Chiesa universale, particolare, familiare, personale...
    Il dibattito ha evidenziato alcuni nuclei operativi/generativi, che il documento finale potrebbe tenere presenti in un orizzonte valido per tutta la Chiesa. Si lascia ai vescovi e alle Chiese particolari il compito di articolarli secondo le caratteristiche più specifiche del mondo giovanile del proprio territorio. 

    Nuclei
    Ricerca della felicità nell’ascolto profondo di sé e nell’ascolto della Parola di Dio
    1. Ricerca della felicità nell’ascolto profondo di sé e nell’ascolto della Parola di Dio.
    2. La persona al centro: accoglienza / relazione / conversione / formazione.
    3. Il popolo in cammino: comunità / cuor solo e anima sola / servizio / santità.
    4. La casa comune: il creato da custodire e coltivare.
    Quale icona biblica? Emmaus: «Raccontavano ciò che era accaduto per via come lo avevano riconosciuto all’atto di spezzare il pane» (Luca, 24, 35) - I giovani raccontano la loro storia - lo sconosciuto interpreta con la Scrittura - Insieme vivono/raccontano l’Eucaristia - Raccontano il ritorno alla comunità e l’invio in missione.
    Quale immagine culturale / esistenziale? Accendere/riaccendere “le stelle nel cielo e nella notte dei giovani”. Superare il cielo piatto della cultura dell’indistinto e dell’omologazione; assumendo la saggezza popolare secondo cui il contadino deve guardare la stella per poter arare bene e deve ricordare che “le stelle ti dicono dove sei e dove vai” - «Le stelle brillano nelle loro postazioni. Dio le chiama per nome ed esse rispondono: Eccoci! E brillano di gioia per il loro Creatore» (Baruc, 3, 34-35).
    L’immagine della stella la decliniamo con un decalogo:
    1. La stella della fede - Kerygma e catechesi - «La fede si rafforza donandola» (Redemptoris missio, 2). In cammino con Maria, madre della Chiesa riscopriamo la centralità dell’annuncio e della formazione catechistica - Esposizione del Credo anche con l’arte, la spiritualità, la musica, la letteratura - «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Galati, 2, 20).
    2. La stella del cuore - Itinerari di vita spirituale basati su una “carta dell’alleanza” da suggerire ai giovani che vogliono crescere nella fede in vista del discernimento vocazionale; itinerari scanditi da tappe necessarie per graduare e verificare il cammino di crescita fisica e spirituale; itinerari che approdano alla scelta di un anno di noviziato sociale ed ecclesiale (stile servizio civile) che educa alla corresponsabilità e alla collaborazione - «Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”» (Marco, 10, 21).
    3. La stella della sapienza - Itinerari di formazione sociale: articolare l’apprendimento e la messa in pratica della dottrina sociale della Chiesa «Il Dio affidabile dona agli uomini una città affidabile» (Lumen fidei, 50) - «In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!» (Filippesi, 4, 8-9).
    4. La stella della teologia - Nuova domanda di formazione teologica. Il popolo cristiano, vivendo immerso in un pluralismo di opinioni, chiede percorsi di formazione biblica e teologica fuori delle istituzioni accademiche anche online. «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pietro, 3, 15).
    5. La stella del samaritano - Servizi concreti e generosi. La Chiesa come ospedale da campo e palestra che offre supporti (web, sentimenti ed emozioni, sport, arte, lavoro...) e recuperi (dipendenze da droga, alcool, digitale, gioco, depressioni,...) - (cfr. Luca, 10, 29-37).
    6. La stella dell’esodo. Popolo in cammino in senso geografico (rete mondiale tra giovani delle varie diocesi e comunità religiose) e in senso missionario (stage di servizio reciproco e di evangelizzazione) - «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Giovanni, 13, 35).
    7. La stella della speranza. Circa i giovani migranti promuovere l’aiuto in patria attraverso le Chiese particolari, distinguendolo dall’aiuto a chi esce o vuole uscire affrontando ogni tipo di rischio. - Con il messaggio di Papa Francesco impegnarsi in accoglienza, protezione, promozione e integrazione (intesa anche come interazione) - «Tra voi, però, non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Marco, 10, 43).
    8. La stella di Abramo - Formazione interculturale e interreligiosa delle nuove generazioni. Educazione alla preghiera, alla pace e alla condivisione - «Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”» (Matteo, 2, 1-2).
    9. La stella dell’amore - Formazione pastorale chiara ed esigente di adolescenti, fidanzati e giovani coppie. Tutti gli uomini e le donne sono figli e figlie di Dio: contrastare ogni discriminazione per il colore della pelle o per la religione, per l’identità di uomo e di donna, per le scelte associative e le possibilità economiche e culturali. Distinguere il piano psicologico da quello morale. - «Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone il castigo e chi teme non è perfetto nell’amore» (1 Giovanni, 4, 18).
    10. La stella della Pasqua – Riproporre il giorno del Signore. La forza e la consolazione della liturgia che celebra Gesù crocifisso e risorto di fronte a ogni tipo di fragilità (personale, coniugale, professionale,...) e di fronte all’enigma della morte (di familiari, amici di scuola o lavoro,...) - «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Giovanni, 12, 24).
    «Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino» (Apocalisse, 22, 16). 


    CIRCOLO "GERMANICUS" (Tedesco)

    Ventiquattro proposte concrete ai vescovi 

    Il gruppo di lingua tedesca ha percepito gli interventi sulla terza parte dell’Instrumentum laboris in modi diversi. Qualcuno li ha trovati molto commoventi, spesso arricchenti, e in particolare pieni di speranza, specialmente anche laddove i cristiani sono poveri, dove sono una minoranza, dove vivono in una situazione di guerra o sono perseguitati. Altri hanno percepito una sorta di impotenza nella domanda su come si andrà avanti adesso, dopo tutto quanto si è ascoltato. Che cosa cambierà dopo il sinodo? Esistono forse nuove forme concrete per essere Chiesa con i giovani, i vescovi si impegneranno? Che cosa diranno i vescovi sui temi sempre ricorrenti - le domande di giustizia per le donne, i temi della morale sessuale e degli abusi sessuali nella Chiesa, le questioni dell’impegno politico ed ecologico, della partecipazione dei giovani, di una liturgia che sia invitante anche per i giovani, dell’accesso alla formazione, della migrazione -. Molti interventi hanno rimandato anche alla centralità della relazione con Cristo per l’impegno nella Chiesa e nel mondo e alla necessità di avere qui dei buoni accompagnatori.
    Il gruppo decide quindi di non elaborare nel dettaglio ogni aspetto della terza parte, bensì di proporre singoli modi con chiari accenti.
    - Proponiamo di accogliere nella sua totalità nel documento finale l’intervento del cardinale Vincent Nichols sulla tratta di esseri umani.
    - Inoltre desideriamo, come gruppo, unirci all’appello ai responsabili politici nel mondo fatto nell’intervento del cardinale Cupich.
    Proponiamo inoltre alcuni modi sui seguenti temi:
    - Riteniamo che il ruolo delle donne nella Chiesa nelle responsabilità decisionali e dirigenziali debba essere chiaramente rafforzato.
    - Desideriamo, in un modo apposito, evidenziare ancora una volta dettagliatamente le possibilità offerte dalla “digitalizzazione” per l’evangelizzazione e la partecipazione alle possibilità formative per i giovani, indicando al tempo stesso i rischi che la rete presenta per i giovani.
    - Desideriamo un serio dibattito con i giovani nella Chiesa sui temi della sessualità e delle relazioni.
    - Desideriamo, in un modo apposito, segnalare l’importanza di guidare i giovani, attraverso forme di liturgia e di preghiera, di accompagnamento e d’impegno sociale, al rapporto personale con Cristo.
    - Proponiamo altri modi sulle seguenti tematiche: sulla catechesi attraverso i libri della serie «Youcat», sull’impegno dei giovani in ambito ecologico, sul coinvolgimento dei giovani nella Chiesa, sulla sussidiarietà nella Chiesa, sui movimenti e le associazioni come luoghi dell’essere Chiesa.
    - Infine proponiamo un modo che contiene 24 proposte concrete, come esempi invitanti di come i vescovi possono realizzare materialmente un cambiamento nelle loro diocesi - per la loro vita personale, ma anche nel lavoro per e con i giovani - .
    Ecco otto esempi delle complessive 24 proposte:
    - Il proposito di digiunare regolarmente di persona, di recitare regolarmente novene o sostenere i giovani con una parte delle entrate personali;
    - Il proposito concreto di incontrarsi regolarmente con i giovani, specialmente con quelli meno privilegiati;
    - Il proposito di decidere nuovamente l’opzione per i giovani nella diocesi e di renderlo anche visibile attraverso misure pastorali concrete e uno spostamento delle risorse finanziarie;
    - Il proposito di individuare concretamente le difficoltà dei giovani nella diocesi e di aiutare ad attenuarle (per esempio la povertà nascosta o palese, la tossicodipendenza, la criminalità giovanile, i giovani migranti, le vittime di abusi e violenza);
    - Il proposito di creare centri di consulenza o di sostegno per i giovani, dove possano parlare concretamente di problemi personali, familiari, scolastici, di salute o altri ancora;
    - Il proposito di invitare nella diocesi ordini o comunità religiose che si preoccupano soprattutto dei giovani;
    - Il proposito di invitare a compiere un pellegrinaggio con i giovani;
    - Il proposito di preoccuparsi personalmente in modo più intenso di incontrare e formare i seminaristi.
    Riteniamo infine che il documento conclusivo non possa iniziare senza parole chiare sulla tragedia degli abusi sessuali nei confronti di bambini e giovani. E pensiamo anche che noi vescovi non possiamo ritornare a casa senza il fermo proposito di realizzare anche in questo ambito cambiamenti concreti per una migliore prevenzione e sollecitudine per le vittime. Anche per questo abbiamo presentato un modo. 


    CIRCOLO "HISPANICUS" (Di lingua spagnola) 

    A
    La proposta di un post-sinodo 

    Fin dall’inizio si è osservato che occorreva rendere più agile il lavoro e conferirgli maggiore discernimento, per non dibattere le idee con la testa ma con il cuore.
    La terza parte è la più difficile e quella che abbiamo avuto meno tempo di sviluppare. Abbiamo proposto di elaborare una struttura in cui si ripercorresse tutto il cammino dalla Chiesa a partire dal concilio Vaticano II. A tal fine abbiamo suggerito di mettere tutto in tre capitoli invece che in quattro, che, tenuto conto della proposta di san Giovanni Paolo II per la nuova evangelizzazione, sarebbero:
    1. Una Chiesa in processo di conversione pastorale (ardore);
    2. Una Chiesa sinodale (metodo);
    3. Una Chiesa missionaria in comunione organica (espressione).
    La proposta è stata accettata, e si è anche proposto di fare di essa un modo che è stato votato e approvato all’unanimità.
    Abbiamo quindi commentato la questione cercando di vedere come s’inserivano in essa i diversi temi esposti nelle riunioni generali, in modo da assumere le prospettive, gli stili e il protagonismo dei giovani, e tutto ciò nella prospettiva di una Chiesa in uscita. Sulla stessa linea, abbiamo osservato che occorre anche ripensare la parrocchia, perché sia luogo d’incontro, di ascolto, di comunione e di missione; perciò bisogna pensare a una pastorale meno sacramentale o sacramentilista e al presbiterio e all’episcopato con senso di comunità nell’ottica della Chiesa popolo di Dio.
    Forse potrebbe essere molto significativo se, nell’Eucaristia di chiusura del sinodo, il Santo Padre facesse un segno d’invio come impegno dell’assemblea a mettere in pratica l’esperienza vissuta.
    Abbiamo esaminato a lungo il tema della conversione: di chi? a chi? da dove? verso dove? Conversione non è critica di quel che viene prima come se fosse tutto sbagliato, è cercare il plus del duc in altum, aspirare a essere migliori e a servire di più, e richiede ascolto, uscita, discernimento, accompagnamento. Bisogna tener presente che al centro c’è la persona e che bisogna educare in e per la libertà e in dialogo con le persone diverse, presentando Gesù che è colui che rende attraente la Chiesa.
    Che cosa significa credere nei giovani? Significa invitarli a partecipare, seguendo la pedagogia di Gesù per evangelizzare: lui pregava, sceglieva collaboratori, entrava nelle case, si lasciava invitare, usava aspetti della vita quotidiana per le sue parabole, curava, predicava contro corrente, e ha amato al punto di dare la sua stessa vita, è risorto e vive in mezzo a noi, a Pentecoste ci ha mandato lo Spirito che è fuoco.
    I banchi delle nostre chiese sono vuoti per mancanza di sintonia con la gente e soprattutto con i giovani, per i quali occorre una liturgia più partecipata, con canti, monizioni, offerte. Occorre rivedere le formule di preghiera e di supplica. L’abbandono da parte dei giovani della celebrazione dell’Eucaristia è il primo sintomo della perdita di fede. Abbiamo smesso di parlare il linguaggio attuale e la gente ci capisce sempre meno. Dobbiamo reimparare come parte della conversione pastorale.
    Vivere e strutturare la Chiesa in chiave sinodale vuol dire ascoltarci e dare spazio a tutti. Ma, senza trascurare quelle nuove, dobbiamo rendere effettive le strutture ecclesiali già esistenti, al fine di favorire la corresponsabilità e la collegialità sia nelle diocesi sia nelle parrocchie. Abbiamo anche menzionato la possibilità di tenere, a diversi livelli, un “post-sinodo” che, dopo un po’ di tempo, consenta di contemplare e di valutare l’effettività di quello presente.
    Il circolo si è poi diviso in tre gruppi, secondo le tre parti della proposta, affinché ogni gruppo integrasse in essa i temi già presenti nella proposta attuale e altri che reputava imprescindibili. Al termine ogni gruppo ha presentato la sua proposta alla plenaria. Le proposte sono state esaminate e sottoposte a votazione. Il circolo ha approvato quattro modi. 

     

    B
    Valorizzare il ruolo delle donne 

    Il circolo minore Spagnolo B, dopo uno scambio di idee tra i sui membri, ha deciso che, per questa terza parte doveva presentare per l’elaborazione del documento finale orientamenti di fondo e proposte puntuali. È pertanto giunto alle seguenti conclusioni.
    Sarebbe interessante superare il rischio di avvicinarsi ai giovani con prospettive pastorali parziali, che indebolirebbero l’intenzione del nostro lavoro, conformemente alla finalità del nostro sinodo che intende giungere a tutti i giovani, senza eccezioni.
    Per tradurre in realtà il tema del sinodo, «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», ci sono parole chiave come “ascolto” e “accompagnamento”, ad esempio. Un’altra parola reiterata è “testimonianza” (forse la citazione più frequente nel sinodo è stata quella di Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni»).
    I giovani non sono solo destinatari, ma sono anche chiamati a essere protagonisti nella missione della Chiesa; evangelizzare, comunicare la buona novella del Signore. Affascinati da Gesù e con il fuoco dello Spirito Santo, trasmettere la gioia della fede è un impegno personale e comunitario.
    È importante che insieme (giovani e adulti) scopriamo e approfondiamo il kerygma: l’incontro gioioso e stimolante con Cristo morto e risorto.
    I giovani, con la loro forza apostolica e il loro servizio verso quanti soffrono, sono protagonisti dell’annuncio, della missione e della compassione che la Chiesa vive. La sfida più grande è che i giovani che soffrono (poveri) siano anch’essi protagonisti della missione della Chiesa.
    Al n. 173 si fa riferimento al kerygma, ma noi crediamo che debba avere un posto più importante.
    Papa Francesco nella Evangelii gaudium (n. 14) ci suggerisce tre ambiti nella nostra evangelizzazione che ci permettono di assistere tre tipi diversi di destinatari: quelli presenti, quelli lontani e quelli assenti. La sfida è giungere a tutti e tre gli ambiti e non solo a uno di essi.
    Oggi nella Chiesa veniamo invitati a riprendere l’azione di quell’uomo di cui ci parla la parabola del buon samaritano, che lungo il cammino si avvicinò all’uomo ferito. Questo “avvicinarsi” lo fece partecipare al mondo e al dolore dell’altro, lo fece suo, fece suo il suo mondo e la sua storia. Gli diede ciò che aveva e lo lasciò libero. Il cuore giovane sussulta quando scopre che in Gesù c’è misericordia per tutti.
    Oggi la Chiesa deve fare lo stesso con tutti i giovani. E qui, sull’esempio di Papa Francesco, proponiamo un nuovo modo: “prossimizzare” o “approssimarsi”, ossia avvicinarsi a ogni giovane e farlo sentire amato, sentire che possiamo dargli il meglio, la medicina: Cristo, per poi lasciarlo libero. “Prossimizzare” è fare dell’altro un prossimo.
    Dobbiamo assumere un atteggiamento accogliente e cordiale per favorire un’integrazione e un accompagnamento di tutte le persone, includendo quelle con orientamenti sessuali diversi, di modo che possano crescere nella fede e nel vincolo con Dio-amore, fonte di verità e di misericordia, e farlo nell’ambito di una vita comunitaria.
    Valorizziamo il ruolo delle donne nella Chiesa e riconosciamo la pari dignità tra uomo e donna. Così offriamo alla nostra pastorale l’apporto sia femminile sia maschile, che si completano e rendono feconda la vita di tutta la comunità. Per lo stesso motivo, proponiamo una maggiore partecipazione delle donne al discernimento pastorale, collaborando attivamente al processo decisionale.
    Ci sembra inoltre interessante che la continuità tra questo sinodo e quello precedente (Instrumentum laboris, n. 11), abbia anche una espressione pastorale. Quando accompagniamo i giovani affinché scoprano la volontà di Dio nella loro vita, è bene che abbiano l’opportunità di concretizzare la vocazione “fondante” all’amore che hanno ricevuto con un accompagnamento adeguato da parte della Chiesa. La pastorale giovanile propone loro un progetto di vita a partire da Cristo: la costruzione di una casa, di un focolare domestico edificato sulla roccia (cfr. Matteo, 7). Questa casa, questo progetto per molti di loro si concretizzerà nel matrimonio e nella carità coniugale. È pertanto necessario che la pastorale giovanile e quella familiare abbiano una continuità naturale, operando in modo coordinato e integrato tra loro e con le altre pastorali affini (vocazionale e catechetica), per poter accompagnare in maniera adeguata il processo vocazionale.
    Per quanto riguarda le scuole e le università cattoliche, riteniamo sia importante tener conto di alcuni criteri ispiratori indicati nella Veritatis gaudium, in vista di un rinnovamento e un rilancio delle scuole e delle università “in uscita” missionaria, criteri come la contemplazione spirituale, intellettuale ed esistenziale del kerygma, il dialogo a tutti i livelli, l’interdisciplinarità, la promozione della cultura dell’incontro, l’urgente necessità di “creare reti” e l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via (cfr. Veritatis gaudium, n. 4).
    Crediamo necessario che sia contemplato nel documento finale un riferimento concreto al tema della conversione pastorale e personale. Conversione intesa come chiamata costante dello Spirito per l’operato quotidiano della Chiesa (cfr. Apocalisse, 2, 11) e dell’esigenza, che proviene continuamente dalla Parola di Dio, della revisione e del cambiamento (cfr. 1 Tessalonicesi, 1, 9; Atti degli apostoli, 14, 15). Il che presuppone una trasformazione di mentalità, di criteri e di audacia pastorale, che garantisca che il compito evangelizzatore sia pieno di vicinanza, di accoglienza e di compassione. Questo deve permeare tutte le strutture ecclesiali, rinnovandole e anche abbandonando quelle che non favoriscono la trasmissione della fede.
    Proponiamo che si stabiliscano percorsi d’iniziazione e di crescita nella vita di preghiera, che portino a un’esperienza concreto d’incontro diretto e personale con il Signore nella vita quotidiana. Diamo particolare importanza nei giovani alla lettura orante della Parola di Dio (o metodo lectio divina) e all’inserimento di tempi di completo silenzio in cui l’orante possa semplicemente stare alla presenza del Signore senza dar luogo alla riflessione o a pensieri, di modo che nella sua vita pian piano cresca una dimensione più contemplativa.
    Riteniamo necessario che il dicastero corrispondete elabori un orientamento in cui, in modo sistematico e chiaro, si affronti la tematica della sessualità, con argomentazioni antropologiche, accessibili a tutti i giovani, facendo vedere che la virtù della castità è un’affermazione gioiosa, che crea le condizioni per l’amore umano e divino.
    Considerando che per i giovani di oggi non c’è differenza tra il virtuale e il reale, la Chiesa deve accogliere in modo deciso tutto il nuovo che nasce nel mondo della virtualizzazione (come l’intelligenza digitale, big data, e via dicendo). La Chiesa ha inoltre la missione di aiutare gli adolescenti e i giovani vittime della violenza nella rete (pornografia, cyberbullying, etc.), dando sostegno, analizzando il fenomeno, strutturando protocolli, producendo materiali per la sensibilizzazione e la formazione, organizzando eventi e attivando strumenti per la promozione di una cittadinanza digitale responsabile. Parimenti, la Chiesa deve promuovere l’impegno dei governanti e dei colossi del web nella protezione dei minori nella rete.
    Proponiamo altresì la pratica della sinodalità come forma di essere Chiesa, promuovendo la partecipazione di tutti i battezzati e le persone di buona volontà, ognuno secondo la propria età, condizione di vita e vocazione, rendendo effettiva e reale la partecipazione attiva dei giovani in ogni diocesi e ogni conferenza episcopale, e nella Chiesa universale.
    Riguardo alla tematica sui seminari e le case di formazione, proponiamo di rinnovare il modello formativo dei candidati adottando i criteri della nuova ratio fundamentalis in vista della conversione personale e pastorale. 


    CIRCOLO "LUSITANUS" (Portoghese-Brasiliano) 

    Giovani evangelizzatori in rete 

    Nei percorsi di conversione pastorale e missionaria, il circolo ha evidenziato gli aspetti che seguono.
    1. Il bisogno di un cambiamento di mentalità e di atteggiamento che ci ponga all’ascolto di ciò che lo Spirito semina nel cuore dei giovani e ci porti ad adottare il dialogo come stile e come metodo.
    2. L’importanza della comunione come forza per la trasformazione delle strutture, in modo da rispondere alle sfide dei giovani.
    3. Constatiamo che il cambiamento di epoca e la globalizzazione, accanto agli effetti positivi, sta generando una società di feriti che ci sfida a recuperare il profetismo, al fine di promuovere una Chiesa e una società inclusive, per far sì che nessuno resti escluso.
    4. Tra le dimensioni di questo profetismo ci sono anche la solidarietà verso i più bisognosi e la cura della casa comune.
    5. Riguardo al mondo digitale, i giovani devono venir motivati a essere protagonisti nell’evangelizzazione e non essere solo destinatari della Chiesa, poiché sono loro a poter meglio inculturare il Vangelo in questo ambito.
    6. Abbiamo anche concordato che è importante valorizzare e stimolare le molte esperienze di missione giovanile.
    7. Si è anche osservato che le varie espressioni della pietà popolare (per esempio i pellegrinaggi e i santuari) attraggono i giovani e sono manifestazione dell’adesione a Dio, sebbene a volte i giovani abbiano ancora bisogno di fare un cammino di scoperta della dottrina e della morale cristiane: devono quindi essere accompagnati con carità pastorale, perché la pietà popolare “è un modo legittimo di vivere la fede” (Evangelii gaudium, n. 124) e ha una grande “forza evangelizzatrice” (ibidem, n. 122).
    8. Abbiamo sottolineato l’importanza di considerare l’accompagnamento giovanile come un vero processo d’iniziazione alla fede cristiana e alla vita ecclesiale.
    9. La Chiesa è chiamata ad aiutare i giovani ad avere una visione integrale della vocazione, che tenga conto delle dimensioni umana, comunitaria, spirituale, pastorale e sociale.
    10. È stato sollevato un dubbio circa l’espressione “pastorale giovanile vocazionale” (n. 206), constatando che il termine “vocazione” è suscettibile di alcune riserve da parte dei giovani. È preferibile parlare di una pastorale giovanile che abbia un’implicazione vocazionale. Abbiamo inoltre notato che l’Instrumentum laboris non parla tanto esplicitamente della pastorale vocazionale. A tale proposito si è evidenziato il bisogno di non trascurare la promozione di una cultura vocazionale, con particolare attenzione alla vocazione specificatamente religiosa e sacerdotale.
    11. Ampiamente commentato è stato anche il bisogno d’integrazione e di comunione di tutte le forze ecclesiali che lavorano con i giovani - gruppi, congregazioni, movimenti, associazioni, scuole e nuove comunità - e l’esigenza di strutture parrocchiali, diocesane e nazionali che favoriscano il dialogo e la missione.
    12. Si è altresì sottolineato il bisogno di fare scelte coraggiose in vista del rinnovamento della pastorale giovanile, investendo nelle risorse umane e materiali.
    13. Si è discusso della necessità di avere persone completamente dedite alla pastorale giovanile.
    14. Si è ricordato ancora una volta che l’accompagnamento è un tema chiave, e che quindi la cura e la formazione degli accompagnatori meritano un’attenzione speciale.
    15. A livello di Chiesa universale esiste un dicastero che accompagna la pastorale dei giovani. Ciononostante sarebbe opportuno creare un “consiglio” o un “osservatorio” mondiale della gioventù.
    16. Vediamo nel sinodo un’opportunità per manifestare l’opzione preferenziale per i giovani, tradotta in scelte concrete e coraggiose a livello parrocchiale, diocesano, nazionale e internazionale.
    17. È stata ricordata l’importanza di un maggior dialogo e collaborazione tra i diversi organismi della curia romana che, in qualche modo, sono legati al mondo giovanile.
    18. Il circolo ha discusso, elaborato e approvato 25 modi, con i seguenti temi: lettura orante della Parola; opzione preferenziale per i giovani; impegno dei giovani con le proposte del sinodo; rete di appoggio alla pastorale giovanile; attenzione agli ambiti; abitare il mondo digitale; giovani diversamente abili; giovani detenuti; dipendenze e altre fragilità; organizzazione parrocchiale; formazione dei seminaristi; opzioni coraggiose del sinodo; esperienze missionarie giovanili; spazi per i giovani nelle parrocchie; cittadinanza attiva; cura della casa comune; giovani nelle università; sport e svago; attenzione pastorale ai giovani di orientamento omosessuale; imprenditorialità giovanile; strutture di comunione della pastorale giovanile; giovani e pietà popolare; Maria e i giovani; osservatorio della gioventù.

     


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