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    Sfide pastorali

    sulla famiglia

    Giannino Piana

    L'editrice Queriniana di Brescia ha pubblicato di recente, nella prestigiosa collana Giornale di teologia, la relazione che il card. Walter Kasper ha tenuto a Roma in occasione del concistoro straordinario dello scorso febbraio. L'importanza di tale relazione è nota: si tratta del documento destinato a fornire la base teologica per la discussione pastorale del sinodo straordinario dei vescovi dell'autunno 2014 e di quello ordinario del 2015, entrambi dedicati ad affrontare le Sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell'evangelizzazione.
    La riflessione di Kasper prende anzitutto avvio da una rapida analisi dei cambiamenti intervenuti nell'ambito della famiglia negli ultimi decenni, risalendo alle cause economiche e socioculturali che li hanno prodotti e che sono alla base della crisi che essa oggi attraversa. L'ambivalenza dei processi in corso rende ragione delle ombre e delle luci di tale crisi: da un lato, infatti, le spinte individualiste e la cultura consumista spiegano perché si assista a un sempre più consistente aumento delle convivenze e dei fallimenti matrimoniali; dall'altro, la rivoluzione sessuale e la conquista della parità di diritti da parte della donna provocano un profondo cambiamento di mentalità e di costume, portando l'attenzione su nuovi valori e scavando un solco incolmabile tra le posizioni tradizionali della chiesa e le convinzioni vissute di molti cristiani.

    La centralità del «vangelo del matrimonio»

    Kasper non esita a sottolineare, fin dall'inizio, il disagio che nasce da questa situazione di destabilizzazione e di incomunicabilità e si domanda se la tradizione viva della chiesa non sia giunta a un punto critico e se non si renda perciò necessario continuarla ed approfondirla sotto lo stimolo dei nuovi «segni del tempo». Ma la sua maggiore preoccupazione, derivante anche dalla finalità evangelizzatrice che il sinodo si è data, è costituita dalla considerazione che sembra venire meno, anche tra i credenti, la percezione del «vangelo del matrimonio» che, lungi dall'essere un codice giuridico, è piuttosto - sono parole sue - «la luce e la forza della vita, che è Gesù Cristo». Per questo egli si propone anzitutto di annunciare la bellezza di questo lieto messaggio, ripercorrendo le grandi tappe della rivelazione.
    La rassegna di Kasper prende anzitutto avvio dalla descrizione della famiglia nell'ordine della creazione, che è l'ordine originale della cultura dell'umanità fondato sulla natura dell'uomo. I primi due capitoli della Genesi, i quali contengono antichissime tradizioni dell'umanità, gettano anzitutto le basi sulle quali si costruisce l'identità e la struttura della famiglia: dalla pari dignità dell'uomo e della donna in quanto immagini di Dio alla finalizzazione del loro incontro alla comunione che ha luogo mediante il dono dell'amore reciproco; dalla funzione fondamentale di trasmissione della vita fino alla cura della terra, che rappresenta la missione culturale affidata all'uomo. Nel delineare questa prospettiva ideale Kasper non manca di segnalare peraltro anche le «dure realtà» che connotano, fin dall'inizio, l'esperienza matrimoniale e familiare, ponendole in stretto rapporto con la presenza di strutture di peccato (Gen 3), che spiegano l'alienazione dei rapporti umani e con la natura come conseguenza dell'alienazione dell'uomo da Dio.
    Sono tuttavia soprattutto i testi neotestamentari - da quelli dei sinottici a quelli paolini - a rendere ragione della «novità» cristiana. Matrimonio e famiglia vengono qui inseriti nel contesto del regno, divenendo simbolo concreto dell'alleanza di Dio con gli uomini che si è compiuta in Gesù Cristo, e dunque segno efficace del rapporto che unisce Cristo alla chiesa (Ef 5, 32), e partecipando della stessa realtà del mistero trinitario. La formula di Paolo che parla di un matrimonio «nel Signore» (1 Cor 7, 39) esprime bene il senso e la portata del profondo rinnovamento che investe, nell'ordine cristiano della redenzione, l'intera vita familiare, coinvolgendo i diversi rapporti che in essa si sviluppano e implicando il superamento di ogni forma di differenza che determina subordinazione e discriminazione.

    La questione dell'indissolubilità

    Nel contesto di questa visione neotestamentaria Kasper inserisce le parole di Gesù sul divorzio (Mt 19, 3-9), sottolineando come esse vadano interpretate alla luce del messaggio sull'avvento del regno di Dio. Il rimando alla volontà originale di Dio, cioè al disegno della creazione, è reso infatti plausibile soltanto dal compiersi del tempo messianico, cioè dall'ingresso nella storia del Figlio di Dio. La possibilità del ripudio, che la legislazione mosaica aveva accordato all'uomo, era dovuta alla «durezza del cuore», conseguenza dello stato di decadenza in cui l'umanità era incorsa; la condizione di redenti propria di coloro che vivono ormai l'esperienza dell'ingresso nel regno è caratterizzata dal dono di un «cuore nuovo», che dà all'uomo la possibilità di una totale adesione al disegno divino.
    La promessa definitiva di alleanza e di fedeltà di Dio, che ha trovato in Cristo la sua piena manifestazione e attuazione, è una sorgente costante di forza che conferisce al vincolo umano solidità e stabilità. Divenuto sacramento, cioè segno reale di partecipazione all'amore divino, il matrimonio acquista un significato nuovo e riceve dalla grazia che gli è propria un potere di guarigione e di santificazione. La famiglia diviene — secondo una formula felice che risale a Giovanni Crisostomo e che il Vaticano II ha ripreso (cfr. Lumen gentium, n. 11; Apostolicam actuositatem, n. 11) - «chiesa domestica», cioè ambito nel quale le persone dei coniugi e dei figli sono chiamate a crescere nel dono reciproco, coltivando una spiritualità della comunione, che si espande all'esterno fornendo un prezioso servizio all'intera comunità degli uomini.
    La dottrina dell'indissolubilità del vincolo matrimoniale, che la tradizione successiva della chiesa, a partire da Agostino, è venuta sviluppando, va dunque inserita nel quadro di questa alta concezione del matrimonio. Kasper non nega che esistano anche radici profonde di ordine umano a giustificazione di tale dottrina: è proprio della dignità dell'essere umano - egli osserva - poter prendere decisioni definitive. Ma risulta evidente che la piena comprensione della radicalità con cui essa è proposta dal vangelo può aversi soltanto nel contesto della fede, cioè laddove si fa propria la logica nuova del regno e si sperimenta il sostegno che viene dall'opera della grazia, che trasforma profondamente il mondo interiore dell'uomo.

    La pastorale dei divorziati risposati

    A partire da queste premesse dottrinali, Kasper affronta, infine, il problema della pastorale dei divorziati risposati; problema complesso e spinoso, che chiama in causa l'intera attività della chiesa nei confronti della famiglia, dalla preparazione al matrimonio fino all'accompagnamento graduale delle coppie nelle diverse tappe di crescita e nelle loro scelte quotidiane. Le risposte che la chiesa ha dato dopo la celebrazione del Vaticano II sono improntate a una sempre più grande accoglienza con l'offerta di itinerari appositi di riflessione e di forme di inserimento ecclesiale ispirate all'adozione di pratiche extrasacramentali di salvezza. Kasper si chiede se sia questa l'unica strada percorribile, o se non si renda necessario un cambiamento di paradigma, che, partendo dalla considerazione della situazione dalla parte di chi soffre e chiede aiuto, spinga la chiesa ad accettare anche l'ipotesi di accesso alla pratica sacramentale.
    La ricerca di soluzioni in questa direzione non può avvenire secondo paradigmi univoci; deve fare i conti con una molteplicità di situazioni diverse che vanno distinte con cura e che esigono una differenziazione delle modalità di intervento pastorale per rispettare la singolarità di ciascuna persona. Inoltre, trattandosi di situazioni difficili, variamente motivate e nelle quali si danno carichi diversi di responsabilità, tanto in ordine alla scelta della separazione e del divorzio quanto in relazione al nuovo status acquisito, i criteri pastorali ai quali occorre fare appello esigono che si sappia tenere in equilibrio, armonizzandole tra loro, fedeltà al progetto evangelico ed esercizio della misericordia.
    La proposta di Kasper prende in esame. a titolo esemplificativo, due situazioni, peraltro assai frequenti tra coloro che vivono con sofferenza l'impossibilità di accostamento ai sacramenti della penitenza e dell'eucaristia.
    La prima è quella di divorziati risposati soggettivamente convinti della nullità del loro precedente matrimonio, i quali non hanno tuttavia la possibilità di dimostrarlo ricorrendo alla via canonica. Si pensi al caso (oggi piuttosto diffuso) in cui la scelta del matrimonio religioso è stata motivata da ragioni di opportunità familiare o dalla pressione sociale e dove pertanto la mancanza della fede (o il suo scarso approfondimento) comporta che difficilmente vengano acquisite caratteristiche peculiari del matrimonio come l'unità e l'indissolubilità, scarsamente considerate dalla cultura attuale, le quali rimangono tuttavia per la chiesa condizioni necessarie ai fini della sua validità. Kasper ipotizza, in queste circostanze, l'esistenza, accanto a quella giudiziaria, di altre procedure pastorali e spirituali, che non lascino la valutazione della validità al giudizio soggettivo della persona coinvolta, ma coinvolgano la comunità attraverso il ricorso all'esperienza spirituale di un presbitero designato dal vescovo - il penitenziere o un vicario episcopale ad esempio - che, conoscendo direttamente la persona, si assuma la responsabilità del discernimento circa la validità del primo matrimonio consentendo, laddove venga giudicato invalido, l'ammissione del divorziato ai sacramenti.
    La seconda situazione riguarda, invece, quei divorziati risposati che riconoscono la validità del loro primo matrimonio (e che non sono perciò, giustamente, disposti a sottoporsi alla procedura di nullità), ma il cui legame matrimoniale si è irrimediabilmente spezzato e che sono passati a seconde nozze. Rifacendosi al trattamento riservato nella chiesa delle origini ai lapsi e agli adulteri, Kasper sollecita l'adozione di un atteggiamento pastorale che vada oltre il rigorismo e il lassismo e che, dopo un congruo periodo di penitenza - il rimando è qui alla pratica penitenziale canonica concepita nei primi secoli quale seconda tavola di salvezza - renda loro possibile l'accostamento alla comunione eucaristica. Nell'assumere tale posizione Kasper ricorda la presenza nella chiesa delle origini di una prassi di tolleranza pastorale - si pensi al canone 8 del Concilio di Nicea contro il rigorismo dei novaziani e alla posizione di alcuni autorevoli Padri (Origene, Basilio, Gregorio di Nazianzo) - e, osservando come la negazione dei sacramenti ai divorziati risposati rischi di mettere in discussione la stessa struttura sacramentale della chiesa, richiama l'esigenza di dare corso al potere di «legare» e di «sciogliere» (Mt 16, 19; 18, 18; Gv 20, 23) demandato alla chiesa per affrontare alcune situazioni di particolare delicatezza.

    Quali prospettive?

    Il volume della Queriniana riporta in appendice, insieme ad alcune note relative alla prassi della chiesa dei primordi, le considerazioni conclusive di Kasper sul dibattito seguito alla sua relazione e l'indicazione di alcuni passi da compiere in funzione del rinnovamento dell'azione pastorale. La determinazione con cui vengono da Kasper ripresi nella replica alcuni nodi critici lascia intendere che le resistenze al cambiamento si siano fatte sentire all'interno dell'assise concistoriale in modo particolarmente vivace. Il richiamo alla gerarchia delle verità di fede e al principio dell'epikeia o a quello della prudenza (principi che possono in qualche modo esercitare una funzione analoga a quella della oikonomia nella chiesa ortodossa), nonché la sottolineatura che la chiesa non possiede, a proposito della pastorale dei divorziati risposati, una tradizione uni-lineare, sono altrettanti punti fermi ai quali Kasper fa riferimento per rispondere alle obiezioni dei colleghi.
    La necessità di dare risposte corrette e praticabili alle situazioni oggi emergenti, superando le tentazioni del legalismo e del rigorismo e aprendosi con coraggio a una pastorale della verità e della misericordia (mai tra loro disgiungibili) che si traduca sul piano istituzionale nella ricerca di nuove procedure, sembra del resto pienamente confermata da Papa Francesco, il quale ha affermato di aver trovato nel lavoro del cardinal Kasper «una teologia profonda», aggiungendo che questo è «fare teologia in ginocchio». Si tratta di un buon auspicio per i lavori dei prossimi due sinodi dai quali si attendono, da un lato, l'indicazione di presupposti per un'opera di profonda rievangelizzazione della famiglia nel segno della «novità» cristiana; e, dall'altro, l'individuazione di una nuova forma di discernimento spirituale e pastorale delle numerose situazioni irregolari di coniugi, che chiedono alla chiesa di essere compresi ed aiutati a vivere la fede con un pieno inserimento nella vita della comunità cristiana.

    (Rocca, 10/2014, pp. 47-49)


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