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    La persona umana e la sua educabilità. Il contributo della Pastorale ‘educativa’ per la scuola


    La persona umana

    e la sua educabilità

    Il contributo della Pastorale ‘educativa’ per la scuola

    Giorgio Infantino *


     

    Premessa

    La scuola svolge un importante ed insostituibile ruolo, non solo come luogo preposto all’educazione e alla formazione, ma come laboratorio/fucina e spazio educativo nel quale si accomunano vissuti ed esperienze di varia natura, in cui molteplici narrazioni si intersecano generando a loro volta nuove storie, nuovi vissuti. è lo spazio, il contesto privilegiato della relazione e dell’incontro nel quale non solo prende forma l’apprendimento attraverso l’acquisizione dei contenuti e delle conoscenze, ma si costruiscono e si intersecano rapporti tra i membri della comunità scolastica, con i quali si impara a comunicare e a cooperare. La scuola rappresenta, altresì, lo spazio formativo in cui l’interazione educativa si presenta in tutta la sua complessità e l’ascolto, nell’ambito di questo spazio, riveste un ruolo preponderante, soprattutto quello attivo, perché non solo potenzia e supporta l’apprendimento, ma facilita la comunicazione tra pari e con i docenti/educatori. L’interazione educativa non riguarda quindi solo un aspetto dell’educazione, ma rappresenta il centro dell’educazione stessa: l’esperienza umana «dell’incontro» che avviene tra persone e si realizza nel rapporto interpersonale dei soggetti coinvolti.
    Un sistema scolastico si prefigura come uno spazio inclusivo nel quale sussistono numerose esperienze, ed in cui è necessario esperire nuove forme di rapportarsi per corrispondere ai diversi bisogni di ciascuno. Se la molteplicità è arricchimento potenziale dell’ambiente educativo è allora necessario provare a dare risposte adeguate alle richieste e ai bisogni formativi che in itinere vanno affiorando, anche con metodi innovativi. La scuola è interpellata dunque a rispondere ai bisogni peculiari degli allievi, perché ad essa compete una ‘funzione educativa’ specifica, in grado di dare risposte motivanti che attivino un desiderio di crescita per costruire un futuro solido e speranzoso; è chiamata, altresì, ad adempiere una ‘funzione aggregativa’ che promuova la socializzazione, l’integrazione, la valorizzazione dell’altro con le sue risorse, il rispetto e l’attenzione dei differenti bisogni e abilità, offrendo spazi di relazioni significative che facilitino la qualità dei rapporti e la convivenza, in modo da potenziare lo sviluppo globale dei discenti nel loro percorso di vita.
    Se compito inderogabile dell’Istituzione scolastica è organizzare itinerari di formazione efficaci e condivisi, nonché progettare interventi educativi e didattici in contesti relazionali non improvvisati ma pianificati, è pur vero che il percorso non può essere esclusivamente di tipo cognitivo, ma deve tener conto anche dell’aspetto emotivo; solo così si potrà consolidare l’identità personale di ogni discente e promuoverne l’integrazione sociale. Un’esperienza interpersonale e comunitaria così strutturata è fondamentale per maturare capacità di confronto e di dialogo anche – aspetto non secondario ‒ attraverso la verifica della propria condotta.
    È dentro questa cornice di valori che trova spazio il contributo della ‘Pastorale per la scuola’, per essere presenza/segno di testimonianza, discernimento e servizio in un’ottica volta non solo al presente, ma anche al futuro, in una costante attuazione di responsabilità educativa di tutta la comunità cui rivolgersi con uno sguardo nuovo ed un atteggiamento più duttile.

    Il concetto di educabilità

    Il ‘tempo’ nella scuola è pertanto il tempo che ogni alunno dedica a se stesso, alla sua formazione ed educazione, per conoscersi e ri-conoscersi. È il tempo della paideia, che è il fine stesso dell’educazione: complessiva, integrale, circolare. L’obiettivo dell’educazione è, dunque, formare la persona: un sistema aperto, dinamico, di relazione, condivisione e arricchimento reciproco.
    Se l’obiettivo principale dell’educazione è la persona, la Pastorale e la scuola condividono un obiettivo comune: la centralità della persona umana e la sua educabilità.
    È l’uomo un soggetto educabile? Per trovare una risposta a questo quesito si farà riferimento al testo curato da G. Chiosso, ‘Elementi di pedagogia. L'evento educativo tra necessità e possibilità’, La Scuola, Brescia 2002.
    Proprio partendo dal principio che l’uomo sia un soggetto educabile la vita viene concepita come uno spazio di cambiamento e di trasformazione. L’educazione, infatti, ha senso unicamente se il movimento di vita dell’uomo è aperto al cambiamento (Cfr. Ib., 43-44).
    La ricerca sulle ragioni dell’educabilità ‒ secondo il Chiosso ‒ ha il suo inizio da quel percorso lungo il quale l’uomo prende forma come essere umano. È nella dimensione del ‘prendere forma’, definita dai confini della progettualità, che il soggetto in-formazione sente, pensa, immagina, gioisce…vive. Qual è però la sua meta? Quale la direzione di significato di questo prendere forma? Nella dimensione del ‘prendere forma’, l’uomo è pensato come un essere verso la formazione di se stesso, come quel soggetto il cui divenire è in ragione della costruzione della propria identità ontologica. La formazione svelerebbe la forma più profonda dell’uomo, presentandosi essa stessa come forma ‘interiore’ ed ‘essenziale’. L’uomo sarebbe, dunque, la sua continua formazione (Cfr. Ib., 48-50).
    L’educazione ha potuto e può tutt’ora presentarsi come ‘fatto’ della storia perché l’uomo, essendo un soggetto in-divenire, è definito dal tempo. L’uomo, di fatto, è tempo. Passato, presente e futuro sono già luoghi dell’avanzamento, delle sue ripetizioni e delle sue trasformazioni che permettono la formazione di sé. Nel tempo della formazione ciascuno diviene ciò che è, assumendo la propria (personale) forma. Ogni uomo non è contenuto nella fissità di un’identità pre-confezionata, già decisa; al contrario, l’uomo si deve fare. L’atto del farsi rappresenta la gestione tutta umana del tempo futuro: facendosi, l’uomo non esegue ma progetta se stesso. L’essere in-divenire non è altro, dunque, che un essere in-formazione verso il compimento della propria identità, e questa formazione è esercizio di sé. È nella forma temporale di un far-si progettuale che si fondano le ragioni dell’educabilità umana. In questa dimensione temporale del ‘prendere forma’, l’educabilità si configura come la forma stessa dell’uomo, il suo modo di essere in quanto essere in-formazione (Cfr. Ib., 52-56).
    Farsi educare significa dunque scegliere consapevolmente di lasciarsi ‘incontrare’, ‘illuminare’, ‘condurre’, condividendo i pesi che rendono gravoso il cammino per essere introdotti verso orizzonti di vita, di luce e di speranza. In un processo educativo così globale e complesso, anche il docente/educatore nella relazione col discente apprende, e i ruoli, pur essendo sempre definiti, permettono questa ambivalenza: chi insegna alla fine a sua volta apprenderà.
    Il Chiosso allarga ulteriormente la prospettiva spiegando che, per il soggetto in formazione, l’educabilità è pensabile come l’attesa delle proprie possibilità, poiché essa non si limita a constatare e a indicare i margini dell’intervento educativo, ma si configura come una vera e propria proposta di valore. Ogni soggetto in-formazione infatti va posto nelle condizioni di trovare nel fine dell’educazione un’indicazione che sostenga l’unitarietà dell’essere umano e il suo valore universale. Per l’autore, la finalità dell’educazione si manifesta come un processo graduale che si svolge lungo il percorso dell’esperienza umana che culmina nella capacità di vivere secondo virtù. Pertanto il soggetto in-formazione non solo è un essere che prende una forma, ma è un essere chiamato a prendere la propria forma, in quanto deve misurarsi con una realtà nella quale agiscono vincoli, norme, tradizioni, persone, situazioni. L’uomo, mediante l’esercizio del prendere forma, diviene un uomo vero (autentico e fedele), giusto (impegnato), libero (autonomo e responsabile). L’uomo educato è, in sostanza, un soggetto in grado di scegliere e di decidere per il bene. Di fronte a questa capacità di scelta prende forma l’educazione del carattere, concepito come tratto essenziale che marca l’unicità di ogni singolo individuo e che costituisce il fondamento, poi l’unitarietà e infine l’integralità di una identità chiamata a riconoscersi e affermarsi in ogni suo pensiero, sentimento o azione (Cfr. Ib., 83-112).
    Lungo l’intera sua formazione il soggetto non dovrà comunque pensare solo a se stesso, ma guardare all’altro e prendersene cura, mostrando la pienezza e l’interezza del suo essere in ogni gesto del suo agire. Il fine dell’educazione gioca quindi le sue possibilità in ogni singolo atto che conferma l’unità tra il soggetto, le sue azioni e il mondo dei valori, compiendola come ordine interiore, coerenza, autonomia e fedeltà. (Cfr. Ib., 113).

    Rapporto tra Scuola e Pastorale per la scuola: un binomio pedagogico complementare alla luce dei recenti Documenti

    In questi ultimi decenni sono stati redatti una serie di documenti assai significativi che comprovano, di fatto, la dedizione premurosa che la Chiesa ha mostrato e continua a mostrare fattivamente verso il mondo della scuola.
    Già nel 1975 Paolo VI con l’Esortazione apostolica sull'evangelizzazione nel mondo contemporaneo ‘Evangelii nuntiandi’ nei paragrafi nn. 18-19 offriva chiari riferimenti interpretativi e spunti di riflessione per tradurre la prassi pastorale in luogo di evangelizzazione autentica, capace di raggiungere tutti gli strati dell'umanità:

    Evangelizzare, per la Chiesa, è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell'umanità, è, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa […]. Ma non c'è nuova umanità, se prima non ci sono uomini nuovi […]. Lo scopo dell'evangelizzazione è appunto questo cambiamento interiore e, se occorre tradurlo in una parola, più giusto sarebbe dire che la Chiesa evangelizza allorquando, in virtù della sola potenza divina del Messaggio che essa proclama, cerca di convertire la coscienza personale e insieme collettiva degli uomini, l'attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l'ambiente concreto loro propri […]. Raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza.

    Successivamente nel documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ‘Il laico cattolico testimone della fede nella scuola’, del 15 ottobre 1982, nel paragrafo n. 13, si afferma chiaramente che «la scuola esercita una funzione sociale insostituibile poiché fino ad oggi si è rivelata come la risposta istituzionale più importante della società al diritto di ogni uomo all'educazione e quindi alla realizzazione di se stesso e come uno dei fattori più decisivi per la strutturazione e la vita della società stessa».
    Giovanni Paolo II, a venticinque anni dalla conclusione del Concilio e dalla pubblicazione del Decreto sull'attività missionaria ‘Ad gentes’, a quindici anni dall'Esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’, nel 1990 promulga la Lettera enciclica ‘Redemptoris missio’ circa la permanente validità del mandato missionario. Nel paragrafo n. 2 proclama «l'urgenza dell'evangelizzazione missionaria è che essa costituisce il primo servizio che la chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità nel mondo odierno»; mentre il n. 20 definisce che

    La chiesa è sacramento di salvezza per tutta l'umanità, e la sua azione non si restringe a coloro che ne accettano il messaggio. Essa è forza dinamica nel cammino dell'umanità verso il regno escatologico, è segno e promotrice dei valori evangelici tra gli uomini.[1] A questo itinerario di conversione al progetto di Dio la chiesa contribuisce con la sua testimonianza e con le sue attività, quali il dialogo, la promozione umana, l'impegno per la giustizia e la pace, l'educazione e la cura degli infermi, l'assistenza ai poveri e ai piccoli.

    Grande rilievo assume il contributo del Sussidio proposto dall’Ufficio nazionale della CEI per l’educazione, la scuola e l’università del 6 giugno 1990 – ‘Fare pastorale della scuola oggi in Italia’ – che considera «un incontro necessario» tra Chiesa e scuola. Il paragrafo n. 15 afferma che «l'atteggiamento radicale che orienta l'impegno della Chiesa e dei credenti per la scuola è dunque il servizio, che si propone nelle forme di una dedizione attiva e creativa, di una stima sincera e di un genuino rispetto dei processi e dei contenuti che rendono la scuola idonea a promuovere il pieno sviluppo della persona». Servizio, dedizione, stima e rispetto sono i termini che contraddistinguono la logica della Pastorale per la scuola. Viene puntualizzato ulteriormente che «La Chiesa perciò, […] intende offrire il proprio impegno per l'educazione in questa logica di servizio, pronta a collaborare con ogni uomo di buona volontà perché la scuola sia ciò che deve essere, attuando pienamente la propria vocazione». È nella logica del servizio che viene richiamata la ‘vocazione educativa’, che accomuna tante figure che operano fattivamente nel mondo della scuola. I cristiani ‒ viene ancora ribadito ‒ «assumono il mondo della scuola in atteggiamento di condivisione, rispetto e responsabilità». Nel paragrafo n. 23 il Sussidio specifica ancora più chiaramente il concetto di ‘Pastorale’ in questi termini: «La pastorale è presenza della Chiesa nella storia ed esprime la pienezza di realtà e di vita con cui essa tende alla realizzazione della sua missione di salvezza nel mondo. […] La pastorale si definisce come l'insieme di tutto ciò che la comunità ecclesiale compie per attuare la sua missione nel mondo, sotto la guida dei Pastori». Il paragrafo n. 24 invece connota il senso della pastorale della scuola come

    l'interesse per l'uomo dispiegato dalla Chiesa nella scuola e secondo i dinamismi e le modalità tipiche della scuola. Esso è anzitutto in funzione dell'educazione, che rappresenta il motivo più profondo dell'interesse pastorale per la scuola. La scuola non è infatti una istituzione qualsiasi, destinata a produrre beni o servizi materiali: la sua finalità è quella di promuovere con lo sviluppo educativo la formazione dell'uomo in quanto tale, attraverso l'offerta e l'assimilazione dei beni culturali.

    Il Sussidio sopracitato offre piste di riflessione e categorie metodologiche assai utili per progettare itinerari di fede e studiare nuovi percorsi che siano idonei a rendere praticabile e attiva la Pastorale ecclesiale: non avulsa dalla realtà, ma incarnata nell’hic et nunc dell’«oggi» storico di Dio che in Cristo continua la sua opera di salvezza. La Chiesa, infatti, prosegue nel tempo la sua missione evangelizzatrice, mediante un’azione pastorale che si fa prassi, sotto l’egida dello Spirito della Pentecoste: parte dall’uomo e si mette a servizio dell’uomo. La Pastorale per la scuola non si fonda su un assemblaggio di idee, ma per sua natura è azione, un luogo teologico, rivelativo, è un’ecclesiologia in atto, ecco perché ‒ come dichiarano i vescovi nell’introduzione ‒ «dedicarsi alla scuola riveste ancora più valore».
    Molto significativa e incisiva risulta a questo riguardo la lettera del 1995, pubblicata dalla Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la cultura, la scuola e l’università della CEI, (a cura di), ‘Per la scuola. Una lettera agli studenti, ai genitori, a tutte le comunità educanti’ ove al paragrafo n. 4, è affermato:

    Siamo pienamente convinti che centrale sia la necessità di dare una consistenza sempre più limpida e decisa alla funzione educativa della scuola, attraverso una progettualità globale che animi tale funzione. […] Proponiamo il riferimento a un'idea di scuola per la persona e di scuola delle persone, cioè a uno spazio relazionale, nel quale alcuni soggetti personali concorrono alla costruzione di identità personali libere e consapevoli, tramite una proposta culturale seria e ricca di significati validi e condivisi.

    Nel paragrafo n. 6 il documento asserisce:

    Crediamo invece che la scuola possa adempiere al suo servizio alla persona, anzitutto ponendosi come spazio intenzionale di comunicazione interpersonale. […] La comunicazione sarà tanto più costruttiva quanto più saprà abbracciare - nei modi culturali propri della scuola - tutte le dimensioni della persona, sottolineandone le attese più profonde ed esplicitando quei significati che facilmente vengono trascurati dalla mentalità corrente: la ricerca della verità, la comprensione dell'identità e della dignità propria delle persone, l'educazione alla responsabilità e alla solidarietà, il senso religioso.

    Il paragrafo n. 10 della lettera aggiunge un altro spunto alla nostra riflessione:

    L'anima e l'energia di ogni progetto per la scuola sono le persone che operano in essa o che, nella comunità civile, esprimono compiti e responsabilità attinenti alla vita del mondo scolastico. Con tali persone vorremmo ora poter dialogare direttamente, offrire un contributo alla maturazione di una coscienza sempre più collaborativa.

    Sempre nello stesso anno, l’Ufficio Regionale per la Cultura, l’Educazione, la Scuola e l’Università della Conferenza Episcopale Siciliana, pubblica il seguente documento: ‘Per una pastorale scolastica in Sicilia’. Nel paragrafo n. 2 considera il senso della pastorale scolastica in questi termini:

    La pastorale scolastica è l’opera di liberazione e di apertura alle prospettive evangeliche con cui i soggetti del processo educativo, all’interno della scuola, in sintonia con l’intera comunità ecclesiale, di cui sono membra vive, valorizzano il senso umano e cristiano del patrimonio culturale a loro affidato e si impegnano a cercare nelle forme della loro convivenza l’occasione per una reale esperienza comunitaria, in vista della crescita integrale della persona.

    Il medesimo paragrafo approfondisce ulteriormente il tema dichiarando che

    a realizzare concretamente la pastorale scolastica devono essere innanzi tutto i soggetti del processo educativo, in particolare gli studenti e gli insegnanti. I primi sono i principali protagonisti dell’educazione, che non si riduce, come la pura e semplice istruzione, a una trasmissione di conoscenze e di abilità da chi le possiede già (il docente) a chi non le possiede ancora (alunno), ma, come il termine stesso dice, nella sua etimologia (in latino e-ducere, condurre fuori), implica il movimento opposto, dall’interiorità del ragazzo verso l’esterno, sia pure con l’aiuto, con l’accompagnamento, dell’educatore. Educare significa lasciare che una personalità sbocci, fornendole i contenuti e i punti di riferimento di cui essa ha bisogno per crescere armoniosamente.

    Non meno stimolante è poi il ‘rapporto-proposta’ sull'educazione curato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana ‘La sfida educativa’, Ed. Laterza del 2009. Esso è emblematico della profonda riflessione che la Chiesa italiana ha attuato in preparazione al piano pastorale decennale dedicato ai problemi dell'educazione definita come

    un concreto e complesso esercizio di umanità, una sintesi in via di costituzione che ha al suo centro il soggetto-persona inteso come un tutto perché considerato, a sua volta, capace di totalità e quindi di grandi narrazioni. Alla base di un “grande racconto” sta l’idea che l’uomo si caratterizza tra i viventi per uno sguardo su di sé e sull’altro, sul   mondo e sulla storia capace di abbracciare tutta la realtà in unità, attribuendole così un senso.[2]

    Nella prefazione del volume particolarmente illuminante risulta l’intervento del Card. Camillo Ruini, che considera

    l’educazione come un processo umano globale e primordiale, nel quale entrano in gioco e sono determinanti soprattutto le strutture portanti – potremmo dire i fondamentali – dell’esistenza dell’uomo e della donna: quindi la relazionalità e specialmente il bisogno di amore, la conoscenza, con l’attitudine a capire e a valutare, la libertà, che richiede anch’essa di essere fatta crescere ed educata, in un rapporto costante con la credibilità e l’autorevolezza di coloro che hanno il compito di educare.[3]

    Nel terzo capitolo, riguardante la scuola, viene infatti evidenziato che l’insegnante

    non può limitarsi a trasmettere dei saperi. Egli deve mettere in movimento le energie segrete del cuore dei suoi alunni, affinché non si lascino frastornare e rimpicciolire dal gioco delle pulsioni indotte dall’esterno, ma, passando, attraverso le singole conoscenze e le singole esperienze, sappiano guardare con meraviglia e senso critico a ciò che li circonda.[4]

    Il quarto capitolo, dedicato alla Comunità cristiana, sottolinea che

    la formazione degli educatori non può essere una scuola teorica, magari solo per imparare tecniche nuove di animazione o di conduzione del gruppo ‒ che pure hanno un certo valore ‒ ma deve offrire esperienze che consentano di ‘ apprendere’ dalla pratica educativa, per leggervi la ricchezza di umanità e la crescita che essa richiede e suggerisce, invitando così ad un continuo lavoro su di sé. È un profilo formativo che domanda impegno: quello di considerare l’educazione non come una delle tante cose che si fanno in parrocchia, ma come una scelta che trae origine da una vera vocazione. La comunità cristiana ha la responsabilità di tornare a parlare di vocazione educativa, dopo che oggi questo modo esigente e ricco di fondare l’educazione è stato spesso dimenticato.[5]

    La riflessione sull’educazione ha trovato un suo nuovo impulso ancora per iniziativa della CEI quando il cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza episcopale italiana, ha aperto il laboratorio nazionale ‘La Chiesa per la scuola’ svoltosi a Roma il 3 e 4 maggio 2013, con questi termini:

    La Chiesa è per la scuola, perché interessata a una formazione integrale e armonica dell’individuo. Essa, che ha come compito specifico l’annuncio del Vangelo e la crescita dei credenti verso la pienezza della grazia, è al tempo stesso «intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia», e per questo fa sua la questione delicata e fondamentale dell’educazione.[6]

    L’obiettivo è stato quello di coinvolgere non solo la comunità ecclesiale, ma anche la società civile ad avviare una profonda riflessione sull’importanza della scuola come ambiente educativo nel quadro degli orientamenti pastorali del decennio ‘Educare alla vita buona del Vangelo’, in corso in quel periodo. Il lavoro svolto è stato pubblicato dalla Segreteria Generale della CEI nel 2013, nel cui documento, al paragrafo n. 4, vengono declinati alcuni aspetti peculiari relativi la Pastorale per la scuola:

    La Chiesa è per la scuola, perché la Chiesa ha a cuore i ragazzi e i giovani, ha a cuore la famiglia, ha a cuore la società intera. La Chiesa è per la scuola, per tutta la scuola, perché la scuola fa parte […] del bene comune: la scuola è un bene primario che concorre a sostituire quel «capitale umano» che è risorsa fondamentale per il futuro dei giovani e per il futuro della società intera. La Chiesa è per la scuola, perché la missione educativa è questione fondamentale che riguarda tutti, la società, la famiglia, lo Stato, la Chiesa. La Chiesa è per una scuola che sia all’altezza dei tempi che viviamo, una scuola che abbia al suo centro l’educazione dei ragazzi e dei giovani e sia capace di offrire una formazione integrale e armonica. La scuola va quindi sostenuta, valorizzata e rinnovata, perché possa garantire una visione alta della vita e assicurare lo sviluppo di tutte le dimensioni della persona considerata nella sua unità e totalità.

    Proprio il citato documento ‘Educare alla vita buona del Vangelo’ Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 costituisce un riferimento assai importante per approfondire la nostra riflessione. In essi infatti viene dedicata un’attenzione specifica al campo educativo, ponendo al centro dell’azione pastorale il tema dell’educazione e quindi l’educabilità della persona. «È tempo di discernimento». È il titolo che introduce il paragrafo n. 7, nel quale si evidenzia in maniera incisiva che «l’opera educativa della Chiesa è strettamente legata al momento e al contesto in cui essa sitrova a vivere, alle dinamiche culturali di cui è parte e che vuole contribuire a orientare». Non a caso viene richiamata la ‘Gaudium et spes’ n. 4: «Bisogna, infatti, conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico». Nel medesimo paragrafo viene segnalato anche il metodo: «Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche».
    Il documento dei vescovi sottolinea inoltre, al n. 46, che

    la scuola si trova oggi ad affrontare una sfida molto complessa, che riguarda la sua stessa identità e i suoi obiettivi. Essa, infatti, ha il compito di trasmettere il patrimonio culturale elaborato nel passato, aiutare a leggere il presente, far acquisire le competenze per costruire il futuro, concorrere, mediante lo studio e la formazione di una coscienza critica, alla formazione del cittadino e alla crescita del senso del bene comune.

    L’attenzione al tema si riscontra ancora in un importante ‘Dossier’ a cura di E. Diaco ‒ Direttore dell'Ufficio Nazionale della CEI per l'educazione, la scuola e l'università ‒ avente come argomento ‘La Chiesa e la scuola. Un rapporto che viene da lontano e che vuole rinnovarsi alla luce delle nuove sfide pastorali, culturali, educative’, pubblicato nel 2018 su “Note di Pastorale Giovanile” 52(2018)08, 7-52, in cui vengono delineati gli elementi costitutivi della Pastorale della scuola.
    L’articolo redatto da E. Diaco, ‘Chiesa in uscita… nella scuola. Introduzione al dossier’, presente nel Dossier sopraindicato, nelle pagine 10-12, chiarisce che

    sotto il nome di “pastorale della scuola” occorre ricomprendere un impegno che si articola in diverse direzioni e che fa capo a una pluralità di soggetti: diocesi, parrocchie, famiglie, istituti religiosi, associazioni, movimenti e altre realtà. […]  La pastorale della scuola è attenzione e impegno per la scuola. Ciò significa conoscerla in profondità, saperne vedere gli aspetti ambigui e deficitari ma senza mai perdere il senso del suo grande valore sociale, della sua legittima autonomia e allo stesso tempo del suo bisogno di non essere lasciata sola nel compito educativo che le è proprio”. Poiché “Compito della pastorale della scuola è promuovere vocazioni educative, suscitarle e sostenerle, specialmente in un contesto in cui il loro riconoscimento appare sempre meno frequente.

    L’articolo stimola altresì una nuova profonda e attenta riflessione su Chiesa e scuola in questi termini:

    Guardando alla realtà attuale, emerge proprio la necessità di aggiornare la riflessione teologico-pastorale sul rapporto tra la Chiesa e la scuola, e dunque sulla specifica azione pastorale verso di essa […]. Ciò non può prescindere dall’inserirsi nel cammino di rinnovamento pastorale in corso, identificato dall’efficace definizione di Papa Francesco di «Chiesa in uscita». Per la pastorale della scuola, così come per il più ampio impegno per l’evangelizzazione della cultura e dell’educazione, si tratta di ritrovare uno spazio nuovo all’interno della vita ordinaria delle comunità ecclesiali, non più in chiave di specializzazione o settorializzazione, ma nel contesto di una pastorale «integrata».

    Papa Francesco, a sua volta, nell’Esortazione apostolica postsinodale ‘Christus vivit’ del 25 marzo 2019 ‒ successiva al Sinodo dei vescovi sul tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» ‒ al n. 221, ha voluto ribadire che «La scuola è senza dubbio una piattaforma per avvicinarsi ai bambini e ai giovani. Essa è luogo privilegiato di promozione della persona, e per questo la comunità cristiana ha sempre avuto per essa grande attenzione».
    Non meno significativo è il recente Sussidio ‘Educare, infinito presente. La pastorale della Chiesa per la scuola’, pubblicato il 14 settembre del 2020 dalla Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università della CEI, non a caso, nell’introduzione, si aggancia alla conclusione del decennio sull’educare alla vita buona del Vangelo, precisando che

    ancora la cura per l’educazione si conferma una delle vie essenziali della missione della Chiesa. Essa continua ad appassionarsi della scuola perché la sua vocazione è operare per la salvezza dell’uomo, là dove egli concretamente cresce e si realizza, e le istituzioni scolastiche e formative sono luoghi decisivi affinché ogni persona riconosca, promuova ed esprima la piena verità del suo essere.

    È importante notare come nella stessa introduzione, vengono espresse le coordinate che caratterizzano e definiscono il significato della pastorale nel contesto scolastico:

    A scuola, infatti, si aprono spazi in cui poter ricercare insieme il senso delle cose, comprese la fragilità e la morte. Nelle aule non si trasmettono solo conoscenze, ma valori che siano bussola di riferimento. Insegnando a lavorare insieme, si costruisce l’appartenenza alla comunità; studiando il passato, si abilita a interpretare gli eventi del proprio tempo; aiutando ciascuno a riconoscere e coltivare i propri talenti, si investe in un capitale di competenza, novità, fiducia nel futuro comune.

    Il Sussidio si inserisce dunque in una linea di continuità con quanto era stato indicato nei precedenti documenti e, sempre nell’introduzione, si sottolinea come

    a conclusione del decennio sull’educare alla vita buona del Vangelo, la ‘cura per l’educazione’ si conferma una delle vie essenziali della missione della Chiesa. Essa continua ad appassionarsi della scuola perché la sua vocazione è operare per la salvezza dell’uomo là dove egli concretamente cresce e si realizza, e le istituzioni scolastiche e formative sono luoghi decisivi affinché ogni persona riconosca e promuova la piena verità del suo essere.

    Si rimarca altresì come

    la Chiesa ha a cuore la scuola perché la riconosce come ambiente importante per la formazione della persona e per la qualità umana della società […]. La pastorale per la scuola è lo specchio di una Chiesa che pensa e che cerca, che crede nell’educazione e che vuole mettersi in gioco nel mondo della scuola, in forza del dono del Vangelo e dell’infinito valore di ogni persona umana.

    Tra gli obiettivi che il Sussidio intende prefiggersi vi è infatti quello di favorire la riflessione sui temi urgenti inerenti l’ambito educativo, attraverso l’ascolto, il confronto e la condivisione delle esperienze. Nel terzo capitolo viene precisato infatti che

    progettare la pastorale per la scuola, prima che promuovere iniziative, è prendersi cura delle persone, aiutandole a coltivare una spiritualità dello studio e dell’educazione che si alimenta con l’ascolto della Parola, la vita sacramentale, la preghiera, la comunione ecclesiale. Vivere lo studio e l’insegnamento in questo modo, con competenza e senso di responsabilità, significa essere consapevoli che tutto ciò fa parte della propria vocazione cristiana.

    Alla luce delle considerazioni che emergono dai documenti sopra esposti, occorre precisare che la Chiesa per sua natura, non è depositaria di slogan pubblicitari da diffondere, ma segno tangibile di una ‘Presenza’ da annunciare e testimoniare; ecco perché serve recuperare e potenziare il coraggio dell’annuncio kerygmatico anche nei luoghi educativi: indicare proposte concrete, itinerari pastorali proficui, spazi di dialogo, di scambio e di confronto, per essere presenza profetica, discreta e credibile che generi luoghi di fede e di speranza fecondi e durevoli”.[7]

    Da «una pastorale ‘della’ scuola» a «una pastorale ‘per’ la scuola»

    Un’importante svolta sul tema dell’interesse della Chiesa nella scuola è ben messo in evidenza dall’articolo di E. Lenzi ‘Sussidio pastorale per la scuola. La Cei: studiare, per cercare un senso nella vita’, pubblicato su Avvenire on line il 12 settembre 2020, nel giorno di riapertura ufficiale delle scuole in Italia. Esso presenta in esordio una espressione concisa e lapidaria contenuta nell’introduzione del Sussidio ‘Educare, infinito presente. La pastorale della Chiesa per la scuola’ (cit.): “da una pastorale ‘della’ scuola a una pastorale ‘per’ la scuola”. Sta tutto in questo cambio di preposizione ‒ osserva il giornalista ‒ il senso del nuovo Sussidio che incoraggia tutti a «testimoniare, discernere e servire». Il Sussidio nell’introduzione puntualizza infatti:

    Le parole sono molto importanti; abbiamo perciò scelto di preferire la dizione: pastorale “per la” scuola alla consueta formula: pastorale “della” scuola o pastorale “scolastica”. Le ragioni – continua il documento ‒ sono da ricercare nel desiderio di accentuare la dimensione di servizio e di gratuità propria di questo impegno ecclesiale, che esprime il compito di annunciare il Vangelo e di educare. In secondo luogo, con questa espressione si intende sottolineare che l’attenzione della Chiesa per la scuola, pur necessitando di luoghi e persone espressamente dedicati, non è un settore riservato agli addetti ai lavori, bensì una responsabilità di tutta la comunità. Essa fa pastorale “per” la scuola in una pluralità di occasioni della sua vita ordinaria e in molti altri modi: sostenendo i genitori nel loro compito educativo, formando e accompagnando gli insegnanti, offrendo a ragazzi e giovani itinerari formativi attenti alla loro vita, sviluppando un impegno culturale e una presenza sul territorio che la rendano attenta alle sfide odierne e attrezzata dal punto di vista spirituale e culturale, così che la fede cristiana abbia piena cittadinanza nella scuola e nella formazione, e dunque nell’educazione dell’Italia del nostro tempo.

    E. Lenzi, nella sua riflessione, spiega il cambio di preposizione richiamando due concetti contenuti nel primo capitolo del Sussidio CEI, che risultano basilari per qualsiasi intervento nella scuola: il primo rileva una premessa imprescindibile, ovvero che «la relazione educativa è il cuore della scuola»; il secondo concetto mette in luce che

    la persona non è solamente destinataria dell’opera educativa, ma è protagonista del proprio cammino di crescita. L’autentico educatore, infatti, è colui che, senza rinunciare ad essere testimone e maestro, sa riconoscere e attivare le migliori facoltà e risorse di ciascuno, aprendo percorsi di libertà e di responsabilità. […] Nella scuola tutto ciò prende la forma di un patto di corresponsabilità, che lega in primo luogo insegnanti ed alunni, ma si estende anche all’intero corpo docente, alle famiglie e alle forze vive del territorio, in un dialogo che riconosce a ciascuno le proprie responsabilità specifiche e pone tutti in rapporto di rispettosa collaborazione”.

    È dunque la ‘collaborazione’ l’approccio auspicato da quel cambio di preposizione ‘per’ che il documento propone.

    Da «una pastorale ‘per’ la scuola» a «una pastorale ‘educativa’ per la scuola»

    Come appare chiaro da quanto finora esposto, la Chiesa ha da sempre riservato una particolare attenzione al mondo dell’educazione e alle istituzioni che la rappresentano. La Pastorale ecclesiale, che offre il suo contributo nel campo educativo, svolge il suo compito secondo un'antropologia indicata dal Vangelo, il cui modello autentico ed esemplare è la figura di Gesù Cristo, Uomo nuovo, perché ‒ come viene precisato dalla Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo ‘Gaudium et spes’, al n. 22 ‒ «Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo […]. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione». Cristo, difatti, non annulla la nostra umanità, ma la potenzia. Si incarna per redimere l’uomo e per completare il progetto della creazione. Al n. 40 si afferma che «La Chiesa, che è insieme “società visibile e comunità spirituale”, cammina con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena ed è come il fermento e quasi l'anima della società umana destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio». Sono aspetti importanti che denotano chiaramente i caratteri fondativi per una Pastorale ‘educativa’.
    La Dichiarazione conciliare sull’educazione cristiana ‘Gravissimum educationis’ è un documento che intendeva richiamare l’attenzione di tutti i battezzati sull’importanza della questione educativa e fornire alcuni orientamenti di fondo in ordine ai problemi educativi. Tale Dichiarazione non aveva lo scopo di dare una risposta esaustiva a tutti i problemi dell’educazione, ma incoraggiava una riflessione più approfondita sui principi dell’educazione cristiana, da applicare alle diverse situazioni locali. Nel proemio viene sottolineata «l’estrema importanza dell’educazione nella vita dell’uomo, e la sua incidenza sempre più grande nel progresso sociale contemporaneo»; aggiunge altresì che la Chiesa, «ha il dovere di occuparsi dell’intera vita dell’uomo, anche di quella terrena, in quanto connessa con la vocazione soprannaturale; essa perciò ha un suo compito specifico in ordine al progresso e allo sviluppo dell’educazione». Tale dichiarazione documenta un passaggio pastorale assai rilevante, da cui si evince l’urgenza di affrontare concretamente il tema dell’educazione coinvolgendo non solo il singolo individuo, ma anche l’intero tessuto sociale in continuo cambiamento. È bene anche richiamare il paragrafo n. 1 della Dichiarazione, che riassume il compito educativo in questi termini:

    La vera educazione deve promuovere la formazione della persona umana […]. Pertanto, i fanciulli ed i giovani, tenuto conto del progresso della psicologia, della pedagogia e della didattica, debbono essere aiutati a sviluppare armonicamente le loro capacità fisiche, morali e intellettuali, ad acquistare gradualmente un più maturo senso di responsabilità, nello sforzo sostenuto per ben condurre la loro vita personale e la conquista della vera libertà […]. Debbono inoltre essere avviati alla vita sociale, in modo che, forniti dei mezzi ad essa necessari ed adeguati, possano attivamente inserirsi nei gruppi che costituiscono la comunità umana, siano disponibili al dialogo con gli altri e contribuiscano di buon grado all'incremento del bene comune.

    Una citazione dalla quale si evince che l’elemento principale da attenzionare, nel processo educativo, è la persona umana con le sue dimensioni. Nel paragrafo n. 2, complementare al precedente, risulta evidente un’altra componente significativa:

    Tutti i cristiani, in quanto rigenerati nell'acqua e nello Spirito Santo, […] hanno diritto a un’educazione cristiana. Essa non mira solo ad assicurare quella maturità propria dell'umana persona […], ma tende soprattutto a far si che i battezzati […] si preparino a vivere la propria vita secondo l'uomo nuovo, nella giustizia e santità della verità, e cosi raggiungano l'uomo perfetto, la statura della pienezza di Cristo.

    Il paragrafo n. 5 fa riferimento all’istituzione scolastica mettendo in evidenza che

    un'importanza particolare riveste la scuola, che in forza della sua missione, mentre con cura costante matura le facoltà intellettuali, sviluppa la capacità di giudizio, mette a contatto del patrimonio culturale acquistato dalle passate generazioni, promuove il senso dei valori, prepara alla vita professionale, genera anche un rapporto di amicizia tra alunni di carattere e condizione sociale diversa, disponendo e favorendo la comprensione reciproca.

    Nel medesimo paragrafo viene puntualizzata la vocazione educativa della Chiesa e di quanti operano in essa verso il mondo della scuola:

    È […] davvero importante la vocazione di quanti, collaborando con i genitori nello svolgimento del loro compito e facendo le veci della comunità umana, si assumono il compito di educare nelle scuole. Una tale vocazione esige speciali doti di mente e di cuore, una preparazione molto accurata, una capacità pronta e costante di rinnovamento e di adattamento.

    Anche il Decreto del Concilio Vaticano II sull’attività missionaria della Chiesa ‘Ad Gentes’, nel paragrafo n. 2 specifica che «la Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria»; mentre nel paragrafo n. 12 sottolinea: «I fedeli […] si applichino con particolare cura all'educazione dei fanciulli e dei giovani nei vari ordini di scuole, che vanno considerate non semplicemente come un mezzo privilegiato per la formazione e lo sviluppo della gioventù cristiana, ma insieme come un servizio di primaria importanza per gli uomini».
    ‘Educazione’ e ‘Pastorale’, rappresentano un binomio inscindibile molto presente nel cammino storico della Chiesa, ed essendo «l’uomo la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione» ('Redemptor Hominis', n.14), il campo privilegiato della Pastorale sono i contesti e i vissuti umani, per essere abitati e resi luoghi di testimonianza evangelica. La Pastorale assume una valenza e una funzione ‘educativa’, perché interpellata a educare, e lo fa attingendo a quella pedagogia sapiente ispirata dalla logica Vangelo, per entrare nel mistero dell'uomo. L’educazione costituisce così lo spazio privilegiato di questo incontro nel quale si coniuga l’esperienza umana con l’avvenimento cristiano. Ne consegue che la Pastorale per la scuola assume la sua forma e il suo compito con una connotazione ancora più specifica: Pastorale ‘educativa’ per la scuola.
    La ricognizione dei documenti più salienti pubblicati dal Magistero della Chiesa negli ultimi decenni inerenti la Pastorale ecclesiale nella scuola, e indicati principalmente nel paragrafo 2, ha permesso di indagare e individuare la dedizione premurosa e costante che la Chiesa con un'azione continua ed efficace pone in atto verso il mondo scolastico. I documenti ecclesiali esaminati rispondono a questo bisogno, proponendo un rinnovato e incessante dialogo con il tessuto umano inserito nel proprio contesto culturale e sociale. Affiora, infatti, in modo evidente, un quadro contenutistico sostanziale e ricco di contenuti, da cui ricavare i caratteri peculiari che identificano la pastorale ‘educativa’ per la scuola, con caratteristiche significative, proficue e feconde, in grado di offrire linee guida e un metodo che qualifichi itinerari di vita sostanziali e orientativi che offrano proposte e risposte esaustive nel contesto della scuola.

    Il Principio della ‘cura educativa’ come ‘cura pastorale’

    L’interazione pedagogica si sviluppa all’interno di una relazione/mediazione tra soggetti, specialmente nell’ambito della ‘cura pedagogica’ che la comunità scolastica dispensa quotidianamente. Per essere uno spazio educativo idoneo e credibile, tuttavia, la scuola deve offrire strategie educative, didattiche e organizzative compartecipative ed efficaci, in grado di rispondere ai bisogni dei discenti, e proporre, altresì, esperienze qualitativamente valide che stimolino il coinvolgimento nel processo educativo, garantendo a ciascun alunno opportunità formative per uno sviluppo ottimale.
    Alla luce dei punti sopra esposti, il ‘Principio della cura educativa’, illustrato dal Chiosso nel suo libro, aiuta a comprendere maggiormente come la Pastorale, esposta in questa disamina, si coniuga con l’educabilità della persona. L’autore ‒ facendo riferimento ai sentimenti che la riflessione pedagogica di R. Guardini raccoglie nell’espressione «ansia per l’uomo» ‒ spiega un esempio di ‘cura educativa’ indicandola come un atteggiamento nel quale confluiscono sentimenti molteplici come la premura, l’attesa, la speranza, l’affetto, la gratuità…[8] Pensare l’educazione in termini di ‘cura’ significa farsi carico di un altro e accompagnarlo per un tratto di strada, allo scopo di aiutarlo a scoprire e sperimentare il senso dell’umano inteso, sia in senso generale, sia nella prospettiva personale. L’autore per spiegare appieno questo Principio richiama la pagina evangelica che narra l’episodio dei Discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35) per cogliere il modo attraverso cui agisce la cura educativa. La lucida analisi che il Chiosso presenta del brano evangelico tratteggia il ruolo del Maestro che si fa carico delle incertezze, dei dubbi e delle speranze degli allievi/discepoli, aiutandoli a scoprire aspetti di una verità fino a quel momento in parte oscura e misteriosa, senza tuttavia mai sostituirsi alla loro volontà e alla loro intelligenza e, anzi, allontanandosi nel momento in cui il suo ruolo di maestro potrebbe sovrastare la loro libera iniziativa. Il Maestro pone a disposizione degli allievi una serie di dati, informazioni, esperienze senza sovrapporsi a loro, lasciandoli liberi di trarre le necessarie conseguenze. Si comprende così come la cura educativa abita e vive negli spazi dell’incontro e ‒ nel nostro specifico ‒ nello ‘spazio pastorale’, come occasione di confronto, di riflessione, di crescita. La figura del Maestro che ‘si prende cura’ s’intreccia con il destino interiore del discepolo nei sentieri incerti della coscienza, laddove l’intenzionalità inconscia del discepolo lo attende per essere aiutato a prendere la ‘sua’ forma: la cura educativa si traduce così in ‘cura pastorale’. Le capacità e le risorse del soggetto in-formazione non si sviluppano, quindi, se non esiste un ‘altro’ che si prende cura di lui e pone le condizioni perché ciò che è possibile si traduca in esperienza umana. L’evento educativo assume allora la dimensione della dualità, dello scambio reciproco, della ricerca comune. Nel riconoscere un diritto e assumersene la cura per dare forma concreta al principio dell’educabilità, la riflessione pedagogica fa dunque dell’agire educativo un agire progettuale.[9] Il Principio della cura educativa offre sicuramente spunti significativi per acquisire un metodo proficuo che giovi a ‘fare’ pastorale per la scuola.
    Lo spazio della scuola deve raffigurare dunque il contenitore della relazione educativa nel quale si progetta e si costruisce insieme alle figure che operano nella comunità scolastica. La scuola è, dunque, chiamata a rappresentare lo spazio di incontro dei bisogni di tutti i suoi componenti, nel quale imparare ad accorgersi del bisogno dell’altro.

    L’importanza preminente di quanti operano nel mondo della scuola

    La scuola, come già detto in premessa, per la sua stessa natura rappresenta concretamente uno ‘spazio di vita’ abitato giornalmente da tante persone che vivono un cammino di fede: docenti, studenti, dirigenti, genitori, personale ATA, appartenenti il più delle volte a comunità parrocchiali, associazioni, movimenti ecclesiali che rappresentano, di fatto, una presenza in grado di dare un contributo tangibile alla crescita della comunità scolastica rendendo praticabile l’azione pastorale; dopo la famiglia essa costituisce il luogo in cui viene offerta una proposta educativa alla quale bisogna rispondere e co-rispondere in forma dialogica. Non a caso nel paragrafo n. 15 della lettera ‘Per la scuola. Una lettera agli studenti, ai genitori, a tutte le comunità educanti’ (cit.), emerge un pressante invito:

    Chiediamo alle nostre comunità ecclesiali la decisione e la fiducia necessarie per ravvivare un'organica pastorale della scuola, per animare la comunità cristiana alla condivisione e all'impegno missionario verso la scuola; […] dei cristiani che, a vario titolo, vivono nella scuola o operano per essa. Ad essi infatti è affidato il compito di animare cristianamente l'educazione scolastica, mettendo in luce e facendo crescere i germi positivi che essa già porta in sé, e testimoniando al suo interno la potenza salvifica del Risorto che libera l'uomo e le realtà umane dal peccato e dischiude possibilità nuove e impensate.

    Anche l’articolo ‘Chiesa in uscita… nella scuola. Introduzione al dossier’ di E. Diaco, contenuto nel Dossier ‘La Chiesa e la scuola’ (cit.), a pagina 11 riafferma l’importanza preminente di quanti operano nel mondo della scuola. Viene precisato, infatti:
    Non va dimenticato il lievito costituito dalla presenza ordinaria dei credenti nella scuola. È quella che vede ogni giorno numerosissimi studenti, docenti, dirigenti, genitori e membri del personale, ai diversi livelli, svolgere il proprio compito con dedizione e responsabilità, facendo crescere la comunità scolastica e insieme offrendo la testimonianza della propria fede e dei valori che da essa scaturiscono. Questa è la Chiesa nella scuola, soggetto di una dedizione competente e creativa, di una stima sincera per l'istituzione educativa e i suoi protagonisti, del desiderio di promuovere insieme a tutti il pieno sviluppo di ogni persona. La comunità cristiana, di cui essi stessi sono parte attiva, nutre nei loro confronti un senso di gratitudine e di fiducia e offre loro occasioni di formazione, spirituale e culturale, e di sostegno al loro vivere nella scuola la propria fede e il servizio educativo.

    Una Pastorale educativa che ‘abita’ e ‘ascolta’ il territorio

    Le comunità ecclesiali che operano nella scuola hanno il loro radicamento nel territorio cui appartengono. Il territorio è uno spazio di cultura, partecipazione, convivenza, interessi comuni, un luogo di sviluppo della vita individuale e sociale, nel quale sono presenti tanti punti di riferimento che contribuiscono a generare il processo di socializzazione. Il Documento ‘Per una pastorale scolastica in Sicilia’ (cit.), al paragrafo n. 2, presenta un riferimento esplicito al territorio:

    Particolare importanza riveste […] il rapporto tra la scuola e il territorio. La dimensione comunitaria che la pastorale scolastica intende valorizzare non è soltanto quella della classe o, più ampiamente, dell’istituto, ma deve coinvolgere l’ambiente circostante, prima di tutto il quartiere in cui esso sorge, poi anche la città o il paese. Proprio rapportandosi con i problemi economici, sociali, civili e culturali di questo ambiente l’attività educativa può evitare il rischio […] di restare patrimonio di una élite.

    È, dunque, oltremodo necessaria una ‘Pastorale educativa’, perché in una società complessa e variegata come quella attuale, non è assolutamente possibile prescindere dal contesto sociale e territoriale in cui la Pastorale ecclesiale è chiamata operare nel territorio per vivere e testimoniare la propria presenza. Il territorio rappresenta una chiara e importante risorsa, con caratteristiche specifiche, che permettono di leggere e interpretare il contesto culturale e sociale di quel determinato luogo, attingendo anche agli usi e alle tradizioni. Anche il Sussidio ‘Educare, infinito presente’ (cit.), nel terzo paragrafo del primo capitolo, precisa che

    nella scuola tutto ciò prende la forma di un patto di corresponsabilità, che lega in primo luogo insegnanti ed alunni, ma si estende anche all’intero corpo docente, alle famiglie e alle forze vive del territorio, in un dialogo che riconosce a ciascuno le proprie responsabilità specifiche e pone tutti in rapporto di rispettosa collaborazione.

    La pastorale ecclesiale e, nello specifico, la Pastorale ‘educativa’ per la scuola, oltre a rappresentare l’espressione di una sollecitudine educativa verso la scuola, è anche segno di una ‘presenza’ educativa che ‘abita’ e ‘ascolta’ il territorio, capace di accogliere nuove domande, interpellata a lavorare in sinergia con le varie realtà operanti, non necessariamente ecclesiali, per un confronto aperto e costruttivo di ‘collaborazione’ che esprima un servizio fecondo specialmente nel campo educativo, per essere non solo una proposta, ma anche una risposta ai tanti bisogni e alle tante domande degli allievi.

    Conclusione

    Da quanto sopra esposto emerge chiaramente come la comunità scolastica rappresenti un luogo di socializzazione e formazione, il cui compito sostanziale è quello di fornire i mezzi necessari per la crescita integrale dei discenti: un luogo di studio, di cultura, di conoscenza, ma anche luogo di educazione nel quale si intersecano incontri, relazioni affettive ed educative con adulti e coetanei.
    È proprio in questa prospettiva che si innesta concretamente il senso di una pastorale ‘educativa’ come pratica pedagogica esperita nella prassi formativa quale espressione di una vera e propria opzione di servizio alla persona e alla realtà sociale; presenza attiva e propositiva per la realizzazione di progetti educativo-pastorali: un ‘luogo’ teologico e concreto di vita ecclesiale che incontra l’umano, per offrire occasioni/luoghi formativi e risposte adeguate a situazioni concrete atte ad arricchire l’esperienza pedagogica in un’ottica di crescita globale della persona, prospettando esperienze/incontri formativi verso la promozione del potenziale umano e spirituale e favorendo lo sviluppo dei talenti.
    Il primo capitolo del Sussidio ‘Educare, infinito presente’ (cit.) ribadisce espressamente come

    la Chiesa può offrire un utile contributo alla ricerca di senso in una vita scolastica spesso piegata alle esigenze dell’efficienza, della competizione, della prestazione. Occorre invece riscoprire il perché dell’esistenza della stessa scuola, dello studio di alcune materie, del ritrovarsi ogni giorno insieme a coetanei e adulti per avventurarsi nella scoperta di nuovi orizzonti culturali e di nuove relazioni personali. Perché “lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita”.[10]

    Non si tratta di una pastorale astratta o sommaria, ma di una presenza distintamente cristiana, ben situata in un determinato luogo, impegnata a misurarsi costantemente con il tessuto umano che incontra negli spazi in cui opera: accogliendo il vissuto dell’altro e condividendolo appieno.
    Il carattere educativo della pastorale si inserisce a pieno titolo, in questa fase storica, anche nel ‘Cammino sinodale’ delle Chiese in Italia, iniziato nell’ottobre del 2021 ed avente come tema «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione». Un titolo che esorta ad una

    conversione pastorale, fortemente invocata da Papa Francesco: implementare una pastorale della prossimità, non occasionale, ma stabile. Ripensare una Chiesa in uscita che ‘passa accanto’, specialmente nei luoghi abitati dai giovani, senza fretta, per restare prossimi ai loro sogni e alle loro attese. Tessere relazioni simmetriche dell’incontro, all’insegna della reciprocità, per essere compagni di viaggio, praticando il metodo dell’accoglienza e dell’ascolto reciproco, condividendo i pesi e le fatiche, sostenendo e curando le ferite insite nell’esistenza.[11]

    La Pastorale, per essere educativa, si pone dunque al servizio del mondo della scuola per offrire uno spazio generativo, fecondo e salvifico; un luogo di incontro arricchente e costruttivo, orientato alla edificazione umana e cristiana.
    Il compito precipuo della scuola è di fatto ‘precedere i passi di ogni alunno’. Affiancare i discenti nel loro percorso educativo diventa sempre più impellente nel contesto attuale e costituisce un fattore sostanziale per la loro crescita. Per tale ragione la Pastorale per la scuola è essenzialmente Pastorale ‘educativa’, ma anche un’opportunità educativa: un ‘tempo’ proficuo e fecondo per vivere un’esperienza formativa, il cui intento è promuovere, a favore di tutti, il pieno sviluppo di ogni persona.
    La scuola e la Pastorale per la scuola rappresentano perciò un binomio complementare, perché presentano peculiarità che si integrano ad invicem: entrambe, nel loro ambito specifico, concorrono alla promozione, alla formazione e alla realizzazione della persona umana con le sue dimensioni e secondo le proprie potenzialità.


    NOTE

    [1] Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 39.
    [2] Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana (a cura di), La sfida educativa, 16.
    [3] Ibidem, XI.
    [4] Ibidem, 56.
    [5] Ibidem, 85.
    [6] Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana, ‘La Chiesa per la scuola’, “Cammini di Chiesa”, EDB, Bologna 2013, 9.
    [7] Cfr. G. Infantino, Un’opportunità di crescita educativa. Per i giovani del nostro tempo, in "L’Osservatore Romano", 12 febbraio 2022, 10.
    [8] Cfr. R. Guardini, Sorge um den Menschen (1958), trad. it. di A. Babolin, Ansia per l’uomo, Morcelliana, Brescia 1970.
    [9] Cfr. G. Chiosso, cit., 116-119; G. Infantino, La “strada” verso Emmaus (Lc 24, 13-35). Una rilettura pedagogica, "Itinerarium", 14(2006)33, 101-113.
    [10] Francesco, Esortazione Apostolica post-sinodale ai Giovani e a tutto il Popolo di Dio ‘Christus vivit’, 25 marzo 2019, LEV, Città del Vaticano 2019, n. 223; Discorso nell’incontro con gli studenti e il mondo accademico, Bologna, 1 ottobre 2017.
    [11] G. Infantino, Un’opportunità di crescita educativa. Per i giovani del nostro tempo, cit.


     * Iscritto al Dottorato in Teologia c/o la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista” di Palermo. Docente IRC e Giornalista pubblicista. Ha conseguito la Licenza in Scienze Catechetiche e la Laurea in Scienze dell’Educazione. È, inoltre, Cultore di SPS/08 – Sociologia dei processi culturali e comunicativi c/o l’Università degli Studi di Messina.


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