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    Costruzione

    di un padre

    Vittorino Andreoli

    Il padre è necessario. Dire come debba essere un padre necessario è molto difficile. Anche dal viaggio che abbiamo fatto dentro i padri della storia e della letteratura, un modello preciso non è emerso. E non c'è dubbio che il padre può essere una presenza negativa che finisce non solo per condizionare, ma servire di contrasto al comportamento dei figli.

    Forse per questo oggi anche gli uomini hanno imparato a fare le madri, ma il padre non lo vuole fare più nessuno.

    Insomma siamo dentro un labirinto complesso.

    Ci proponiamo di comporre un progetto di paternità, un progetto che si impone poiché il comportamento dei figli mostra bisogni paterni, e sia pure correndo il rischio dello schematismo lo disegniamo.

    Il padre (di solito chi ha generato, ma non necessariamente) è un uomo che si trova in una relazione stabile con un figlio.

    Il padre è dunque una figura in un legame, non è una funzione che si esprima isolatamente, non è una caratteristica del singolo, ma del singolo dentro una relazione con un figlio. E una relazione dipende da entrambi i termini e dal luogo in cui il legame si svolge attivamente. E come abbiamo detto si tratta di un legame continuo e non saltuario.

    Cíò comporta che il padre sia una presenza, perché solo la presenza permette una relazione attiva e concreta su cui si possono affrontare i problemi della vita quotidiana. Proprio per la centralità della relazione, la stessa persona può essere padre in maniera diversa con figli diversi. Un padre fuori del rapporto con il figlio è tante altre cose: un uomo con un ruolo sociale, un marito, un figlio se in casa c'è anche il proprio padre. Un uomo con tante funzioni, ma nella relazione diventa padre e nessun'altra è tale da definirlo padre o da dargli la collocazione propria ed esclusiva della paternità. Sarebbe un errore pensare che un manager, per il fatto di ricoprire un ruolo sociale di rilievo, si trovi in una condizione di favore o di svantaggio per essere padre. Analogamente se il padre è facoltoso o povero, laureato o con un grado di educazione scolare minore. Nessuna funzione, nessuna variabile sociale è limitante o favorente. Semmai contano, o possono contare, alcune caratteristiche etiche, alcune percezioni sul valore globale della persona: il carisma, la credibilità.

    Per lo stesso motivo non ci sono tràtti della personalità o tipologie che si siano dimostrate più vantaggiose alla paternità. Potremmo dire che tutte le personalità possono portare a essere buoni o pessimi padri. Si dovrà tenere conto di come esprimerle e controllarle nell'esercizio del ruolo. Un padre generoso dovrà stare attento a non gratificare anche quando non se ne dà l'occasione; invece un padre severo dovrà stare attento a non giudicare severamente azioni che sono vissute dal figlio in senso positivo.

    Nego assolutamente che esista un'anatomia aurea del padre, sia per la relazione che è essenziale e dipende anche dal figlio e dall'ambiente, sia perché i bisogni dei figli, e dunque il campo in cui il padre deve prevalentemente farsi parte attiva, sono tra loro diversissimi e mutevoli.

    Occorre esserci, costituire una presenza, stabilire quella relazione come un legame continuo e dunque stabile, suggerire fiducia e dunque stima, e sentirne persino il fascino.

    Questi elementi strutturali fanno parte della relazione, di una motivazione che faccia di quel legame qualche cosa di voluto.

    Occorre aggiungere che un padre deve essere flessibile, non nel senso della incoerenza e dell'opportunismo, ma della capacità di corrispondere ai bisogni del figlio che variano a seconda dell'età della crescita: padre dei primi tre anni di vita, dell'età edipica, dell'adolescenza e via via delle età successive. Il padre è una funzione per sempre, anche se le risposte ai bisogni dei figli mutano fino al capovolgimento possibile di un padre accudito dal figlio, nella vecchiaia. Anche per questo non si tratta di una funzione immobile, ma varia a seconda della relazione con il figlio e con le età del padre e del figlio.

    Un uomo è dunque padre in quanto è correlato con un figlio e in quanto deve rispondere ai bisogni del figlio.

    Il progetto di un padre è pertanto il progetto di come gestire una relazione che muta nel tempo in funzione dei bisogni.

    Prima di specificarli occorre affermare un punto essenziale: la natura di tutti i bisogni è affettiva. E qui si delimita subito il campo che è quello dei sentimenti e, nella migliore loro specificazione, dell'amore.

    Proprio per questo la prima domanda che un padre si deve porre, e continuare a porsi, è se voglia bene al figlio. Domanda che deve porsi anche il figlio. E già da questa possibile risposta si delinea uno status quo e un progetto preciso, individualizzato.

    È certo comunque che non esiste il padre tecnico, il consulente, ma semplicemente il padre affettivo, il padre che è legato sentimentalmente. E questa natura già corrisponde a funzioni essenziali alla crescita. L'insicurezza e la paura si vincono solo dentro la certezza degli affetti, poiché solo così ci si sente accettati e solo così non si portano i conflitti alla rottura del rapporto. Prima di qualsiasi «accordo» occorre rispondere alla domanda sull'amore verso il proprio figlio e del figlio verso il proprio padre. In questa cornice tutto è possibile, senza questa cornice nulla di ciò che è possibile avrà le stigmate della paternità.

    In questo sta il nocciolo della paternità: nel coltivare una relazione d'amore. La variabile di fronte ad altre relazioni è di essere essenziale al proprio figlio e il compito del padre è di aiutarlo a vivere e a vivere almeno serenamente.

    Dal figlio non è possibile divorziare, né di fatto né per legge. La scoperta della mancanza di amore è un dramma: può portare il figlio ad atteggiamenti contro il padre ma anche contro di sé.

    Dentro un legame d'amore gli incontri tra padre e figlio diventano necessari, e non possono né essere relegati al caso o solo a necessità fuori dell'ordinario. Due persone che si vogliono bene, desiderano incontrarsi e parlarsi. Una è interessata fortemente all'altra poiché non può «essere» senza l'altra.

    In questo clima diventa assurda la frequente spiegazione che si dà ai rari rapporti tra padri e figli: gli impegni dei padri o quelli dei figli. L'incontrarsi, l'ascoltare, lo scambio di problemi e di gesti di affetto si fanno necessari e insopprimibili. Certo, gli impegni potranno mutare le strategie e far ricorso a strumenti di legame che non sempre sono all'insegna del vis-à-vis, ma il tempo che uno dedica all'altro è necessario, anche se non c'è un tema che lo richieda, esattamente come tra due amanti che devono stare insieme semplicemente perché non possono stare divisi, indipendentemente da un fattore esterno o da una motivazione secondaria.

    Questa è l'atmosfera per soddisfare i BISOGNI DEI FIGLI che ora possono essere meglio definibili, anche se sempre in linea generale.

    Bisogno di appartenenza (filiazione): significa poter fare parte del padre e della famiglia, a partire dal co-nome, e il padre nella nostra società caratterizza il luogo di esistenza.

    Bisogno di difesa: significa poter contare su im gruppo stabile di riferimento per poter compensare delle debolezze. E il padre nella storia dell'Occidente è un padre forte, un padre onnipotente che difende sempre i propri figli perché li ama. Li difende incondizionatamente e questo è possibile solo all'amore. La difesa consiste proprio nel legame dei sentimenti. Quanto più forte è questa difesa, tanto minori saranno le alleanze vicarianti o alternative.

    Bisogno di nutrizione: che non va più inteso solo nel senso alimentare, ma come nutrizione di oggetti e di cose che di fatto si è imposta come alimentazione essenziale. Il padre deve nutrire poiché avvertire la fame significa sentirsi diversi da coloro che mangiano e persino si abbuffano.

    Bisogno di guida: il figlio deve continuamente compiere scelte dentro il quotidiano e certo alcune sono più importanti di altre, ma la scelta deve rappresentare una strategia per vivere che si apprende anche con il padre. Una guida dentro l'avventura esistenziale. E per questo sono indispensabili due caratteristiche: la condivisione e la contrapposizione. Il figlio deve sentire che il padre condivide un progetto, ma deve sentire anche l'opposizione, nella dialettica del confronto capace di modificare una prima ipotesi sulla base proprio della mediazione. Un padre che si imponga su ogni scelta non svolge questa funzione e non risponde a questo bisogno, e analogamente non funziona il padre che asseconda passivamente, un padre all'insegna del laissez faire. Il confronto, l'opposizione e la condivisione sono indispensabili.

    Bisogno di giustizia delle relazioni: il rapporto tra quel padre e quel figlio risente delle altre relazioni co-presenti dentro lo spazio familiare: la disparità di simpatia o di dedizione all'uno piuttosto che all'altro figlio, il maltrattamento psicologico o fisico del padre nei confronti della madre, sono circostanze che interferiscono nella relazione specifica fino ad alterarla e a renderla non funzionale. È dunque evidente che occorre da parte del padre un forte senso della giustizia familiare, che è in definitiva un'applicazione sul microgruppo di un criterio sociale di rispetto più ampio. E ciò non poteva funzionare quando, come è stata tradizione, il padre stabiliva relazioni dominanti con i figli maschi e tra loro con il primogenito, oppure quando il rapporto marito-moglie era all'insegna di un'asimmetria da dipendenza se non da schiavismo. La famiglia diventa allora un luogo di lotta aperta o mascherata e non certo un luogo dei sentimenti e dell'esercizio dell'amore continuo. E non pensiamo a un luogo utopico, ma a una casa con dei contrasti che però vengono ricondotti, e con molta convinzione, dentro una certezza affettiva che non può intaccare le sicurezze dei legami dell'amore.

    Vediamo ora quali sono i bisogni dei padri, i BISOGNI DELLA PATERNITÀ. E devono anch'essi essere soddisfatti per non perdere in motivazione e per non trasformare il ruolo paterno in una serie di frustrazioni e di delusioni.

    Bisogno di autorità: esprime il desiderio di essere considerati credibili e di valore. Un riconoscimento importante, forse il più importante, che non ha nulla a che fare con i riconoscimenti sociali e professionali ma è proprio della paternità, e specificamente della relazione con il figlio. È un bisogno così forte che, se non è soddisfatto, può portare a manifestazioni di patologia dell'autorità come l'autoritarismo, l'imperio. È questo il dramma di molti padri: aver perso l'autorevolezza e doverla riconquistare, poiché solo l'autorità gratifica stabilmente, mentre l'imperio può soddisfare al momento, ma poi lascia tristi e spesso con sensi di colpa. In questo bisogno si inserisce il piacere della stima, di sentire che il figlio percepisce il padre forte, di valore.

    Bisogno di continuarsi nel figlio: scrivere un pezzo di storia, della piccola storia della propria famiglia, in cui si è raccolto il testimone dal proprio padre e lo si trasmette al proprio figlio. Si lega a un imperativo biologico che è quello di far persistere il proprio genoma, la propria presenza sulla terra. Il proprio senso, la propria identità storica che si prolunga nei figli dei figli. In questo processo entra in gioco anche la memoria, il bisogno di esser ricordato dopo la morte. Portato all'estremo, questo bisogno, lascia intravedere un germe di immortalità o di vittoria sulla morte che si gioca proprio in questa continuità. La sensazione di fare per sé, operando per il figlio. E c'è quel senso del «mio figlio/a», quella partecipazione di padre-figlio alle rispettive vittorie, parti di un insieme che si fa unitario. Il piacere di sperare che il figlio faccia altrettanto bene o meglio del padre e la gioia che i traguardi del padre siano finalizzati al figlio.

    Bisogno di essere necessario: sentire di aver un ruolo essenziale e di doverlo svolgere, perché sulle «proprie spalle pesa il destino dei figli». Questa frase, che talora sa di lamento, invece esprime bene il desiderio di faticare per questa indispensabilità. Ed è tempo che l'essere necessario si misuri sul piano della relazione e quindi di un legame che si pone in quanto esistente in quel ruolo paterno e non nella funzione di puro benessere economico. Potremmo chiamare questa funzione anche bisogno di aver un senso per il figlio e, più in generale, per la famiglia. Un bisogno straordinariamente importante, poiché talora la funzione sociale può essere debole o di poco conto, ma a casa, in quella relazione, si diventa essenziali. E l'esempio dell'amore è ancora utile: per chi ama, la persona amata è tutto indipendentemente dalla ricchezza, dal ruolo sociale, dalla sua storia. E nell'amore si acquisisce un senso che fuori di quella relazione appare impossibile.

    Bisogno di avventura: l'avventura è l'insieme di un'attesa ma anche della meraviglia di ciò che non ci si aspettava. E un figlio è un mondo straordinario in continua variazione, sempre nuovo, tanto da spingere il padre a cambiare per fare sì che il legame sia reciprocamente adatto.

    Questi bisogni del padre si devono incontrare con i bisogni dei figli e tendere a una combinazione che risulti al tempo stesso anche risposta reciproca e gratificante. E la cosa non solo è possibile, ma persino facile.

    Il desiderio della relazione padre-figlio può essere presente sia nel padre che nel figlio, ma potrebbe mancare l'atmosfera idonea e allora si possono frapporre ostacoli alla sua attuazione.

    Sono, dunque, importanti alcune condizioni favorenti.

    Costante disponibilità alla relazione: cercare di evitare il variare di umore e della «voglia». La costanza, del resto, è una delle prime richieste di ogni sistema educativo e relazionale. In particolare incide sulla sicurezza: per sentirsi protetti e poter fare affidamento su qualcuno, è indispensabile trovarsi in un rapporto forte e la caratteristica della forza è proprio la costanza. Se un figlio che si aspetta di essere ascoltato, verrà in quella occasione rifiutato, comincerà a perdere la certezza e la volta successiva invece di accostarsi con fiducia al padre e chiedergli di parlargli, sarà preso dal dubbio della disponibilità e in questo clima si finisce per essere dominati dalla paura di disturbare, di non essere adeguati e si finirà per rinunciare. Deve sempre risaltare la disponibilità, anche se in qualche occasione si potrà applicare la tecnica di un ascolto rapido per poi approfondire quel problema o per incontrarsi da lì a poco. Il telefono deve esser sempre «libero» per i figli. Non deve esserci alcuna condizione che impedisca di rispondere a una loro chiamata o che ostacoli una loro visita improvvisa. È la richiesta non programmata a indicare l'affidabilità di un rapporto. L'umore va controllato anche se ciò non significa fingere. Seminai occorre spiegare il proprio stato d'animo e magari le preoccupazioni di quel momento, che tuttavia non possono escludere mai il rapporto; lo coloreranno magari diversamente, ma mai nulla lo potrà impedire. Il padre non è una funzione che va in ferie e questa disponibilità deve essere sempre attiva come un pronto soccorso affettivo. Naturalmente ciò vale anche per il figlio che deve offrire la propria presenza costante, sempre pronto a rispondere al padre. Va definitivamente superata l'idea del padre con un eterno sorriso sulle labbra, egli deve seguire ed esprimere il proprio stato d'animo e le preoccupazioni del quotidiano e persino poterle esprimere al proprio figlio (in maniera ritmata sull'età).

    Coerenza affettiva: significa che non si può mai, di fronte a uno stesso comportamento del figlio, esprimere una valutazione opposta. Come non si deve frustrare il figlio senza motivo e nemmeno gratificarlo senza che nulla sia di fatto accaduto. Insomma, non è possibile scaricare la gioia o il dolore sorti da altre fonti e portarli nella relazione. La incoerenza mette in allarme, proprio perché il padre potrà rispondere in un modo o nel suo esatto contrario, e allora meglio evitare. Spesso su questa base si spiegano i silenzi, quei mutismi che si impongono per paura della reazione di un padre imprevedibile.

    Tenere chiuso il televisore quando padre e figlio sono insieme, a meno di una decisione comune di comunicare su un programma o in quel particolare atteggiamento dell'ascolto televisivo. In genere il televisore toglie lo spazio al rapporto e finisce per sostituire la figura paterna. Assicurarsi che non si trovi mai vicino alla tavola da pranzo, poiché potrebbe rendere impossibile parlare o ascoltare e soprattutto, con quel rumore di fondo, scompare la voglia di sollevare un proprio problema che apparirà sempre o poco importante, se in onda c'è un telegiornale, o poco interessante, se viene trasmesso uno spettacolo di intrattenimento.

    Mantenere il segreto: la relazione tra padre e figlio è esclusiva, non è possibile che i suoi contenuti vengano dispersi anche nell'àmbito familiare, raccontandone il contenuto ai fratelli o persino alla madre. Il secretum è parte integrante della relazione e una certa complicità, un potersi capire sulla base di cose che padre e figlio sanno, e magari intendersi con uno sguardo, fanno parte del privato e dell'appartenenza esclusiva.

    Impegnarsi per un'atmosfera familiare di serenità, evitando le baruffe di famiglia che portano sempre a distruggere tutti i rapporti o a metterli in discussione. In una baruffa tra padre e madre ci si schiera necessariamente per uno dei due, opponendoci dí conseguenza all'altro. Il clima di lotta rompe ogni legame o lo rende difficile. Ciò non significa che non debbano esistere dei conflitti di coppia, ma bisogna che siano sempre chiariti, anche dopo qualche espressione violenta, e che la coppia riesca a elaborarli e dunque a riportare rapidamente la serenità. Un clima di crisi transitoria è persino utile, poiché evidenzia la importanza della capacità di una soluzione dei conflitti e sottolinea che ogni relazione affettiva può mostrarsi in crisi, ma appunto in una crisi rapida e subito sanata. E a questo proposito è bene ricordare che gli argomenti di «lotta» dominanti nelle famiglie riguardano i soldi e la sincerità.

    Evitare le bugie: la bugia è oggi considerata uno strumento di sopravvivenza e sovente una modalità per impedire lunghe discussioni e, dunque, rappresenta una strategia per «tagliare corto». Ebbene la bugia non funziona mai in una relazione che si fondi sui sentimenti, poiché fa avvertire di essere stati traditi, non considerati con la giusta attenzione e deprivati della fiducia. Al di là del contenuto, la menzogna fa avvertire di essere caduti nel rango affettivo e dunque di non appartenere più a un legame stabile, quello della sicurezza. Una bugia diventa tradimento della stima. Domina l'idea che a dire le bugie siano soprattutto i figli, ma non è vero. Il problema è che se si insinua la falsità, si apre una catena che trasforma tutto dentro la bugia e si giunge a una gerarchia di bugie piccole e grandi che è segnale ormai della perdita del legame d'amore che non può fondarsi che sulla fiducia. Bisogna stare attenti a non introdurre nel rapporto padre-figli lo stile delle relazioni d'affari o professionali, in cui alcuni sostengono che la bugia sia una necessità. Occorre aggiungere che vanno evitati anche i «non detti» che sovente sono un sostituto della bugia. In questo caso si sta zitti per non dirle. Ma il non dire è in qualche modo una bugia raffinata, non si è detto ciò che era stato richiesto.

    Strategia educativa: tra padre e madre sono possibili, anzi sono inevitabili, visioni differenti su qualche cosa che riguarda il figlio o i figli. La diversità non è affatto negativa, purché si componga o in una visione comune oppure si accetti che la soluzione in quel determinato caso sia fondata sulla visione dell'uno o dell'altra. Una certa coerenza di atteggiamento tra padre e madre è necessaria per impedire che il figlio ottenga da lei quello che è certo non avrebbe da lui. Un evento di questo tipo aumenta il dissidio all'interno della coppia e rompe l'atmosfera di serenità, utile anche a ogni altro tipo di legame. Occorre che il dissidio di opinioni sia sanato come prima istanza e, come seconda, che si giunga a una decisione per il caso specifico che può comportare l'accettazione della visione dell'altro e quindi la rinuncia della propria. La decisione su una data questione, emersa nel rapporto padre-figlio, non deve parallelamente essere contraddetta in quello madre-figlio. Un diverso punto di vista è legittimo, ma importante è la maniera di gestirlo. Non entrerò nel merito dei contenuti, poiché ritengo che su di essi spetti solo al padre e semmai alla coppia padre e madre prendere decisioni che risentiranno della loro cultura, delle loro esperienze e anche di un certa atmosfera educativa (severa o permissiva). I contenuti sono sempre secondari se il clima delle relazioni familiari risponde ai criteri di cui stiamo mostrando la necessità. La regola di fondo è che non è facile cambiare le personalità, ma che è sempre possibile cambiare le atmosfere in cui quelle personalità si muovono. E so con certezza che le stesse personalità, cambiata l'atmosfera, si esprimono diversamente e ottengono risultati completamente diversi.

    La relazione padre-figlio varia con l'età del figlio poiché i suoi bisogni sono diversi, ci sono comunque delle «parole chiave» da monitorare e lo si deve fare con alcune domande che il padre deve rivolgersi con insistenza verificando le risposte con la propria moglie.

    La prima riguarda il desiderio: quale è il desiderio o i desideri di mio figlio? Innanzitutto ha dei desideri? E si deve tenere conto che il desiderio è la capacità che ciascuno ha di immaginarsi diverso da come è oggi, nel futuro. Il desiderio si lega specificamente a quel figlio e quindi non ha nulla a che fare con il desiderio-spot che riguarda un oggetto di consumo e non una prospettiva di esistenza. Il desiderio si lega a un progetto su di sé, sulla persona.

    La seconda domanda riguarda la percezione del futuro. Chiedersi se il proprio figlio non sia chiuso dentro il presente, in un iperconcreto che non lascia spazio nemmeno alla immaginazione, al sogno. Ed è bene sapere che sognare è fondamentale, fino a giungere alle utopie e alle grandi aspirazioni, alle idee forti. E qui si inserisce la dimensione del tempo e dello spazio e si incontra il tema della fine che dà il senso preciso e persino drammatico del limite.

    Ed è proprio questa la terza delle domande importanti che un padre deve porsi: il senso del limite. Un contenitore per accettare le norme, le regole per andare in motorino, e ancor prima per richiedere oggetti o l'acquisto di giochi.

    Credo che sia molto importante poi interrogarsi sulla percezione che il proprio figlio ha del sacro. Il sacro si coniuga con il mistero, con ciò che sa affascinare e anche spaventare. E la via maestra è quella di costruire la piccola storia di famiglia riportando in scena personaggi che fanno parte del passato, della memoria e mostrando dunque un mondo di ricordi, un mondo fuori della cronaca. Una visione che può giungere al cielo e animarlo di trapassati e di un Dio che serve proprio a dare il senso del limite proprio dell'uomo.

    È Occorre aggiungere un'altra parola su cui interrogarsi: scuola. una parola che sa di battaglia e su questo «campo» si consumano bugie, liti, punizioni, opposizione, odi sconfinati. Su questo campo muoiono molte relazioni. Ancora una volta, e per coerenza, non voglio entrare nel merito del tema che è un contenuto appunto della famiglia, ma ricordare che i padri esagerano nella importanza di questa esperienza pur tendendo a ridurla alla espressione fiscale del voto e della promozione, mentre dovrebbe esser caricata di molti altri sensi, fino a diventare quel laboratorio sociale in cui si impara a stare in un gruppo e a realizzare risultati che sono del gruppo e non del singolo. Un gruppo che si comporta come un'orchestra in cui sono importanti le competenze e le abilità dei singoli, ma nella convinzione che la sinfonia o quella sonata sia da attribuire all'insieme, alla classe. Occorre anche ricordare che il padre è un elemento attivo della scuola e dunque non deve limitarsi a verificare la burocrazia del voto, ma pretendere che operi rispondendo ai bisogni dei figli. La scuola non deve essere vissuta dai padri come viatico per raggiungere risultati che a loro sono stati preclusi e che proiettano sui figli, a compenso di una propria giovinezza non sufficientemente gratificata.

    Io so che tutto quanto ho detto non ha la forza di risolvere i problemi tra padri e figli, problemi magari drammaticamente presenti. Non è nelle mie intenzioni scrivere un manuale su come essere o diventare padre. Mi appare un obiettivo assurdo e persino sciocco, velleitario. Non esistono e non possono esistere formule più o meno magiche che, semmai, servono a consolare momentaneamente per poi far cadere dentro un baratro ancora più profondo, dal momento che ogni speranza fallita allontana dalla voglia di provare a cercare altre soluzioni.

    Il compito del padre, del singolo padre, non può che essere messo a punto da quel padre in relazione con quel figlio e dentro quella precisa famiglia. Una concretezza che rende ridicola ogni formulazione manualistica.

    Credo di aver tratteggiato la figura del padre e di aver dato indicazioni perché ogni padre mancato si metta nelle condizioni di riprovare a fare il padre, di provare a esserci, a entrare in una relazione affettiva e iniziare finalmente a rispondere ai propri bisogni e a quelli del figlio. Non è mai troppo tardi anche se non si può spostare, nemmeno di un attimo, ciò che si può affrontare ed eseguire subito.

    Dovevo premettere alcune considerazioni affinché ogni padre si indirizzasse a esserlo o a esserlo di più, se già aveva diritto a questo titolo.

    Sono, per questo, molto critico con quei padri che scappano da una soluzione personale anche se faticosa e ricorrono agli esperti. Sono convinto che gli psichiatri, i sociologi, gli educatori, gli psicologi abbiamo rappresentato un ostacolo e siano un pericolo. Si tende a delegare loro il ruolo proprio della paternità, a loro si chiede cosa fare. Questa delega «costosa» assopisce il bisogno di paternità e maschera il dramma di un padre che non c'è, e vorrebbe esserci, e quello di un figlio con il bisogno inevaso di paternità. La delega non ha funzionato ed è servita solo a cercare nella patologia o nell'utopia dei manuali, soluzioni esterne mentre il progetto della paternità è sempre unico e riguarda esclusivamente quel padre e quel figlio. Queste figure possono servire per un padre che voglia sentire dei pareri, allo stesso modo per cui può essere utile conoscere le storie di altri padri.

    Ciò che ho raccontato ha il senso di un incipit, di richiamare dei principi, ma soprattutto di scoprire quei sentimenti entro cui soltanto si pone la paternità. Un'affettività che giunge all'amore e al bisogno del figlio come condizione per sedare la voglia di essere padre e per raggiungere la bellezza della paternità e la gioia di esprimerla.

    La paternità rappresenta forse la più grande conquista per un uomo: un uomo che diventa padre, una funzione continuamente in divenire per esser un padre attivo e migliore. E non c'è mai un limite per esserne totalmente soddisfatti. Nella paternità si può dare sempre di più e più intensamente.

    La mia attenzione per il mondo giovanile e per i comportamenti umani in generale non poteva che servire a raccontare, con passione, il fulcro delle difficoltà di molti padri che non esistono e sovente stazionano sotto lo stesso tetto con un figlio «rotto». Vicini, separati da una parete, entrambi con il bisogno dell'altro e che non si parlano.

    Ho raccontato tante esperienze di padri mancati con il solo desiderio di poter moltiplicare le storie segrete e silenziose, che non fanno notizia, di padri che svolgono questo compito in manier felice, con figli che sono a loro legati anche quando si allontanano per fare nuove esperienze, poiché la paternità non è un circuito da cui non si può uscire, ma una guida. E allora il padre può andare in luoghi dove non è nemmeno mai stato e fare esperienze, attraverso il figlio, che nemmeno poteva immaginare. Ecco l'avventura ed è bello farne parte. Perché fare il padre è una cosa straordinaria e finalmente mi posso appellare non alle scienze, ma alla mia esperienza di padre e di nonno.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     


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