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    Recensione e segnalazione

     cop curro

    LAS-Roma - pp. 208 - € 14,00

    PREFAZIONE
    Card. Angelo Scola *

    1. Il libro che qui presentiamo, opera di un centro accademico specializzato nella ricerca sul mondo giovanile (l'Istituto Pastorale dell'Università Pontificia Salesiana di Roma), si inserisce a cavallo tra l'ultima fase della preparazione della XV Assemblea sinodale ordinaria dal titolo I giovani, la fede e il discernimento vocazionale e l'iniziale recezione della Esortazione apostolica postsinodale Christus vivit.
    La rinomata competenza scientifica dell'Istituto ben si esprime nei quattordici contributi che compongono il volume. Essi hanno il pregio di entrare con decisione nel variegato mondo dei giovani di oggi.
    I contributi sono di natura diversa. Taluni più legati all'esperienza diretta dei giovani assunta con rigore, altri più tecnici e riferiti a varie discipline. Anzitutto l'esegesi (G. Benzi, La Bibbia educa l'ascolto), poi la liturgia (E Krasoń, Liturgia, fonte perenne di educazione alla fede), la catechesi (X. Matoses, Anche Gesù ha dovuto imparare), la pedagogia, la sociologia (E Pasqualetti, Tecnologicamente iper-connessi, socialmente dis-connessi. Le sfide educative per la pastorale giovanile), la psicologia (F. Feliziani, Leggere le scritture della vita. Ritmi, spazi, affetti e linguaggi nelle diverse fasi della crescita).

    2. Il tema della sinodalità riferito alla pastorale giovanile diventa più accessibile se letto alla luce di una categoria cara a Papa Francesco, quella di "discepoli missionari" (cfr. EG, 120). Questa prospettiva ha il pregio di proporre al giovane un'assunzione diretta ed esplicita di tutta la sua personalità. Mediante il coinvolgimento con l'altro e con la realtà, egli prende coscienza della propria identità e della propria alterità (M.O. Llanos, L'imprescindibile alleanza educativa per la promozione della vocazione di ogni persona) fino ad incontrare il senso compiuto del proprio agire. Infatti, come scriveva Karol Wojtyla in «Persona e atto», è proprio nell'atto che il soggetto scopre se stesso.
    Nella Christus vivit i giovani vengono pertanto considerati come i soggetti diretti della proposta cristiana (A. Bozzolo, Sinodalità missionaria: stile di Chiesa e rinnovamento pastorale). Pur nelle loro diversità, tutti condividono il loro essere figli di un Padre (Trinità) alla cui immagine sono creati.

    3. Tutti i contributi del volume, anche se non sempre in modo evidente, ruotano sostanzialmente attorno ai temi centrali della Christus vivit. A mio giudizio la ricchezza della Esortazione apostolica, che riprende in buona misura il Documento finale dell'Assemblea sinodale, poggia su due pilastri: a) il «grande annuncio» (Cap IV, 59-67) da cui scaturisce b) «una pastorale giovanile "popolare"» (Cap VII, 230-241).
    Il Capitolo Quarto della Christus vivit approfondisce il tema del grande annuncio che, il Papa vi insiste, è letteralmente per tutti i giovani del mondo (C. Cacciato, Il grande annuncio ai giovani). Quattro sono i fattori costitutivi di tale annuncio: Un Dio che è amore (CV 112-117); Cristo ti salva (CV 118123); Egli vive (124-129); Lo Spirito dà vita (130-133). Dio viene inequivocabilmente messo al centro della pastorale giovanile.
    Si impone così l'imprescindibilità di un senso per vivere e con esso il tema della vita come vocazione fortemente sottolineato nella Esortazione Apostolica. Assai importante è la scelta di strappare questo termine decisivo — ma, ahimé, spesso confuso — a una lettura clericale. Lo si può vedere nei contributi di S. Currò (La cultura vocazionale: esigenza ecclesiale, anzi umana) che approfondisce il tema vocazionale come riferito alla condizione umana generale e in quello di M. Scarpa (La dimensione vocazionale nella proposta di fede ai giovani. Una riflessione a partire dal Sinodo su "Giovani, fede e discernimento vocazionale'), che lega la dimensione vocazionale alla proposta di senso (fede).
    Il fondamento teologico e cristologico che regge il grande annuncio della Christus vivit trova così la sua espressione antropologica: l'uomo è "gettato" (Heidegger) nell'essere. Utilizzando un neologismo, l'uomo è un a-donato (Marion) e questo imprime un carattere responsoriale a tutta la sua vita. Essa è in se stessa risposta all'iniziativa creativa di Dio che, mentre lo pone e lo mantiene nell'esistenza, lo fa a Sua immagine e lo invita a compierla come adesione al Padre che lo attira.

    4. In questa robusta visione antropologica si colloca anche la vocazione agli stati di vita, in particolare quella al matrimonio, come evidenzia S. Fernando (Vocazione all'amore: Il Sinodo dei Vescovi sulla sessualità dei giovani). La Chiesa non è una madre arcigna che, di fronte alle domande dei propri figli, innalza una barriera di no. La sua proposta, anche in materia di amore, matrimonio e famiglia, racchiude in sé il grande sì di Dio all'umanità. Per indicarla sinteticamente io sono solito prendere in prestito dalla sapienza biblica l'espressione "bell'amore". Proporlo agli uomini e alle donne di oggi significa offrire loro una grande chance di realizzazione di sé («Nel cammino comune del matrimonio l'uomo ha il compito di aiutare la moglie ad essere più donna e la donna di aiutare il marito ad essere più uomo», ha detto recentemente Papa Francesco), oltre che del bene dell'intera società.
    Ribadisco che una pastorale giovanile centrata sul grande annuncio rende il giovane educando autentico soggetto della stessa. E fuori discussione che questa scelta, per quanto oggi, almeno a parole, riconosciuta, implica un capovolgimento della prassi educativa che, di fatto, continua a vedere il giovane come oggetto dell'educazione. Questa rivoluzione ovviamente chiama in causa la posizione degli educatori, ad ogni livello. Essi sono indispensabili per introdurre e accompagnare i giovani nella realtà totale, a patto però di concepire la propria azione educativa come un incontro di libertà.

    5. In Christus vivit, 292, il Papa descrive questa proposta educativa centrata sul soggetto, partendo dall'episodio di Emmaus (Lc 24,13-53). È interessante in proposito il contributo di R. Manes (Lo stile di Emmaus come stile di discernimento e accompagnamento).
    La Christus vivit sottolinea come il camminare di Gesù insieme con i due discepoli generi una risposta. Quando uno sente nell'altro, soprattutto nell'educatore, il dono del coinvolgimento, è teso a rispondere coinvolgendosi egli stesso – «Resta con noi poiché si fa sera» – e dall'interno di questo scambio amoroso si produce il miracolo eucaristico in cui Gesù si rende presente. I due di Emmaus sono resi così immediatamente discepoli missionari.

    6. È questa la chiave per affrontare, all'interno della proposta educativa, la destabilizzante provocazione della modernità alla verità della fede cristiana. L'aveva già individuata il Lessing lanciando una sfida sempre attuale: "Chi potrà colmare il fossato che ci separa dalla presenza viva di Cristo?". Lo stesso Kierkegaard riprenderà in chiave drammatica la questione: "Solo uno che mi è contemporaneo mi può salvare".
    Per uscire da questa grave impasse il Papa, anche in forza del carisma ignaziano, individua la pista del discernimento. Ad esso è dedicato il capitolo conclusivo della Christus vivit. Va subito detto che la modalità con cui il Santo Padre concepisce e sviluppa questo importante contenuto educativo si stacca dall'intellettualismo equivoco che ha potuto, anche in un recente passato, vanificare l'azione del discernere. Egli è molto attento alla concreta esperienza del giovane: partendo dalla vocazione e attraverso l'ascolto e l'accompagnamento, dà al discernimento una valenza esistenziale. Lascia nella piena libertà l'educando e chiede all'educatore di evitare ogni tipo di pressione all'interno di un processo che per sua natura è ultimamente comunitario. Più autori del presente volume riprendono il tema. Tuttavia, stante la sua centralità e i numerosi equivoci che spesso ha suscitato, forse avrebbe meritato un capitolo a sé.

    7. Il secondo elemento centrale della Christus vivit, che in buona misura riprende il Documento finale dell'Assemblea sinodale, è la lettura della situazione attuale della pastorale giovanile. Il Papa elabora una critica positiva verso di essa e introduce, indubbiamente sulla base della sua esperienza latino-americana e soprattutto argentina, la proposta di un nuovo stile educativo. Lo identifica nella pratica di una pastorale giovanile popolare (Christus vivit, 230-238). Il nostro volume dedica a questo tema un testo di G. Cavagnari – Pastorale giovanile popolare. Da Evangelii gaudium a Christus vivit nella scia della teologia argentina del popolo – che non risparmia talune osservazioni critiche alla teologia di popolo e, soprattutto, alla possibilità che essa venga adottata in altri contesti socio-culturali.
    Mi preme, in questa sede, vedere nel Pastore l'ansia di raggiungere veramente tutti i giovani, rispettando un principio educativo che ritengo decisivo. Una sana proposta pedagogica, non solo giovanile, domanda che í contenuti del grande annuncio siano vissuti nella carne da quanti si fanno discepoli missionari. Ovviamente questo compito può essere di tutti ma, normalmente, in qualunque contesto ecclesiale, c'è sempre qualcuno che lo vive con autorevolezza. Se la sua proposta è integrale ogni giovane, a diversi gradi, la potrà seguire. Il Vangelo, così comunicato, è per tutti. In ogni ambiente dell'umana esistenza – famiglia, parrocchia, quartiere, scuola, università, mondi del lavoro e della cultura – qualunque cristiano che vive il grande annuncio potrà sempre documentare all'altro la bellezza e il fascino di Gesù e dell'esperienza che consegue alla Sua sequela.

    8. La proposta del Santo Padre mostra che seguire Gesù con-viene all'uomo di ogni tempo e di ogni latitudine perché corrisponde alla sua struttura originaria. Il cristiano non è un disadattato, in perenne stato di minorità. È un uomo che sa stare nella realtà perché ha ricevuto in dono una certezza indomabile. La stessa che duemila anni fa san Paolo ricordava ai cristiani di Corinto: «Tutto è vostro... ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1Cor 3, 22). Dell'insegnamento della Chiesa, che si fonda sul disegno originario di Dio, occorre saper dare le ragioni.
    Questo volume offre un contributo significativo per accompagnare quanti, anche nella Chiesa italiana, si dedicano all'educazione giovanile a tutti i livelli.

    * Arcivescovo emerito di Milano

    INTRODUZIONE
    Salvatore Currò - Marcello Scarpa

    Il presente volume interagisce con il Sinodo dedicato a "I giovani, la fede e il discernimento vocazionale", raccogliendone le sollecitazioni, interpretandone i contenuti, prospettando piste di cammino per la pastorale giovanile. Il riferimento non è solo all'Assemblea generale, svoltasi dal 3 al 28 ottobre 2018, ma anche a ciò che l'ha preceduta e soprattutto a ciò che dovrà o potrà seguire. È in atto un processo sinodale ed è importante pensare la pastorale giovanile in rapporto ad esso. Ciò ci porta a prendere in considerazione tutti e tre i principali documenti sinodali: l'Instrumentum Laboris che raccoglie il contributo delle Chiese locali, il Documento finale che costituisce la sintesi del lavoro dell'Assemblea, l'Esortazione Apostolica Christus vivit di papa Francesco che raccoglie e rilancia il cammino. Si comprende così il sottotitolo del volume: La pastorale giovanile nel processo sinodale. Tale processo è aperto e si intreccia con l'attuale cammino ecclesiale e culturale segnato, come rimarca continuamente papa Francesco, da sfide epocali. La pastorale giovanile si libera, così, da visioni settoriali, allarga i suoi orizzonti; si comprende come luogo dove meglio si colgono le sfide e dove ci si può aprire a nuovi percorsi ecclesiali e culturali. Nuovi perché con i giovani e con mentalità sinodale.
    Sinodo, in effetti, dice una mentalità. La parola, senza perdere il suo senso istituzionale, evoca sempre di più uno stile delle relazioni ecclesiali, un modo di fare pastorale e anche la chiave di connessione tra comunione ecclesiale e missione. Le espressioni sinodalità missionaria (Documento finale) e pastorale sinodale (Christus vivit) dicono questa connessione ed impegnano a una pratica che, sui tempi lunghi, porterà buoni frutti. Chi ha partecipato all'Assemblea sinodale ha avvertito che l'istanza della sinodalità si faceva strada a poco a poco, non senza resistenze, ma anche come un dono e una chiamata. Sono stati determinanti l'atteggiamento dell'ascolto, la disponibilità a lasciarsi provocare dal mondo giovanile (dagli stessi giovani presenti all'assemblea), in definitiva l'apertura allo Spirito che spinge la Chiesa su strade nuove. La possibilità di riaprire il dialogo coi giovani e di riqualificare l'educazione e la pastorale giovanile si sono legati, così, alla necessità di una reale conversione ecclesiale. L'unilateralità di certa evangelizzazione si interrompe. Si avverte che, senza un reale riconoscimento della soggettività e del protagonismo dei giovani, la Chiesa non si ringiovanisce e disattende le sfide insite in questo cambiamento d'epoca. Si avverte l'attualità del Messaggio del Concilio ai giovani (8 dicembre 1965), che coglieva il legame tra l'apertura ai giovani e il ringiovanimento della Chiesa. Tale Messaggio è risuonato spesso durante l'Assemblea sinodale. È un segno di una sensazione viva in questa stagione ecclesiale: la necessità di uno slancio in avanti, liberando la forza che si nasconde ancora nei testi del Vaticano II.
    Il titolo del libro, Giovani, vocazione e sinodalità missionaria, riflette le sensibilità appena evocate; rende conto dell'intreccio tra sinodalità e missione dei e tra i giovani; invita a sentire la connessione tra pastorale giovanile, comunità ecclesiale e cultura. La categoria della vocazione, centrale nel processo sinodale, è come la chiave che dà la qualità all'intreccio e alle connessioni. Essa dice il protagonismo dei giovani e dei soggetti ecclesiali, e lo dice in termini responsoriali; liberata dal suo alone di chiusura, dice anche una chiave originale dí comprensione della cultura attuale. Il titolo è volutamente aperto, e il libro rimane aperto. Ci sembra importante, prima di tutto, cogliere le istanze del rinnovamento e le chiavi per riqualificare gli attuali percorsi e per suscitare nuova mentalità. E tuttavia emergono, qua e là, anche concrete direzioni di cammino. La prima parte del libro, Pastorale giovanile, conversione ecclesiale e sfide culturali, porta di più sulle questioni di fondo e sulle connessioni tra giovani, Chiesa e cultura. La seconda parte, Pastorale giovanile in chiave vocazionale, porta più specificamente sulla pastorale giovanile; assume l'istanza di una pastorale aperta a tutti i giovani, inclusiva o popolare, come ama dire papa Francesco; avanza l'ipotesi della vocazione come chiave di riqualificazione.
    La preoccupazione è di aprire, non di chiudere. È importante, in questa stagione culturale ed ecclesiale, riaprire la riflessione sulla pastorale giovanile, mettersi pazientemente in ascolto, qualificare i luoghi ecclesiali e culturali nel senso del dialogo, del discernimento e dell'approfondimento. Questa preoccupazione è prevalsa rispetto a quella della sistematicità e della completezza. Alcuni lettori potranno avvertire che certi temi sono poco sviluppati, o in rapporto agli ambiti della pastorale giovanile (scuola, lavoro, università, i luoghi di incontro dei giovani, ecc.) o in riferimento alle problematiche del contesto culturale (fenomeno migratorio, la problematica degli abusi, le sfide educativi e formative, ecc.), oppure in rapporto alla vita cristiana e al contesto ecclesiali (il senso del discernimento, la dimensione spirituale della crescita cristiana, la preghiera dei giovani, ecc.). Il volume, d'altra parte, si inserisce in un contesti più ampio di lavoro e all'interno di un percorso di riflessione, che lo precede e lo seguirà.
    Esso è espressione dell'Istituto di Teologia Pastorale della Facoltà di Teologia dell'Università Pontificia Salesiana. L'Istituto, che si concentra da anni sulla pastorale giovanile e che ha seguito il Sinodo con particolare attenzione e anche con diretta partecipazione (con il prof. Rossano Sala, segretario speciale del Sinodo, e con il prof. Salvatore Currò, invitato come esperto), vuole sostenere e dare un apporto al processo sinodale e a questa stagione di rinnovata attualità della pastorale giovanile. Si tratta di tener viva la migliore tradizione dell'Istituto e, allo stesso tempo, di raccogliere le sfide nuove e dare nuovo slancio. L'Istituto, con la guida del suo direttore, il prof. Sahayadas Fernando, ha intrapreso, a partire dall'anno accademico 2016-2017, un processo di rinnovamento del curriculum di pastorale giovanile, che si è praticamente incrociato col processo sinodale. Il nuovo curriculum recepisce le acquisizioni del Sinodo ed entra in vigore con l'anno accademico 2019-2020, praticamente in concomitanza con la pubblicazione di questo libro.
    Il primo grazie va, dunque, a tutti i docenti dell'Istituto per il loro lavoro, in particolare a coloro che hanno offerto il loro contributo scritto: Guido Benzi, Gustavo Cavagnari, Salvatore Currò, Sahayadas Fernando, Franciszek Krasoń, Rossano Sala, Marcello Scarpa. Grazie anche ai docenti della Facoltà di Teologia e delle altre Facoltà dell'Università Pontificia Salesiana, che hanno generosamente risposto alla richiesta di collaborazione: Andrea Bozzolo, Cettina Cacciato, Mario Oscar Llanos, Xavier Matoses, Fabio Pasqualetti. Un grazie particolare alle professoresse Franca Feliziani e Rosalba Manes: nel lavoro seminariale del 18, 21 e 22 marzo 2019 (Visiting Lecturers sul tema "La vocazione secondo la Sacra Scrittura e secondo le scritture dell'esistenza"), a partire dai loro interventi e dal dibattito che ne è seguito, questo libro ha preso forma. Un ringraziamento speciale va, poi, a S.E. il Card. Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, per l'attenzione, l'apprezzamento e l'incoraggiamento manifestati per il nostro lavoro, e che trovano espressione nella Prefazione che ci ha donato. È stato, insomma, un lavoro sinodale che andrà approfondito sempre più nel senso della inter- e tran-disciplinarità. Sappiamo bene che la pastorale giovanile ne ha bisogno.

    Sinodalità missionaria: stile di Chiesa e rinnovamento pastorale
    Andrea Bozzolo [1]

    Il Documento finale della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi ha assunto l'espressione «sinodalità missionaria» [2] come parola chiave intorno a cui organizzare le indicazioni per una rinnovata pastorale giovanile. L'Esortazione apostolica postsinodale Christus vivit riecheggia questo sintagma quando afferma che «la pastorale giovanile non può essere che sinodale». [3] Entrambe le formule delineano il mandato ecclesiale emerso nel Sinodo intrecciando due elementi costitutivi: uno stile rinnovato di rapporti ecclesiali, tratteggiato attraverso l'immagine ispiratrice del cammino comune (sinodalità), e la sua destinazione testimoniale a beneficio di terzi (missionaria).
    Obiettivo del presente studio è approfondire brevemente il nesso che unisce questi due poli e mostrarne la rilevanza pastorale per il tempo presente. La loro congiunzione non costituisce, infatti, un frutto occasionale e transitorio dell'ultimo Sinodo, ma rappresenta uno snodo decisivo dell'attuale stagione ecclesiale. Esso richiede pertanto di essere interpretato sullo sfondo del magistero complessivo di papa Francesco, che ha ripetutamente individuato nel rinnovamento dello stile ecclesiale, più precisamente in una vera e propria "riforma" della Chiesa, la condizione indispensabile per una testimonianza trasparente del Vangelo nel mutato assetto civile e culturale. L'impegno programmatico proposto da Francesco affermando che «il cammino della sino
    dalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio», [4] sintetizza in modo efficace la sua visione ecclesiologica e pastorale. La Chiesa «è ben più di una istituzione organica e gerarchica, poiché anzitutto è un popolo in cammino verso Dio» [5]. Per questo, solo risvegliando in tutti i battezzati la consapevolezza di essere discepoli missionari, sarà possibile offrire al mondo la gioia del Vangelo, evitando una pastorale dell'autopreservazione o del proselitismo.
    Una significativa conferma del carattere programmatico che l'intreccio tra sinodalità e missione ha nella visione di Francesco può essere ritrovata nel fatto che le Assemblee sinodali da lui convocate non abbiano assunto per tema lo sviluppo di singoli aspetti della dottrina o della prassi cristiana, ma si siano concentrate piuttosto su diversi "soggetti" ecclesiali, quasi a risvegliarne la partecipazione al cammino comune. Così è avvenuto nel 2014 e nel 2015 per le famiglie, così è stato nell'ultimo Sinodo per i giovani.
    In questa prospettiva, la scelta dei Padri sinodali di raccogliere intorno alla "sinodalità missionaria" la spinta propulsiva della XV Assemblea appare ancora più convincente. Essa, infatti, non è stata l'esito di una riflessione meramente teorica sul tema, ma è sorta dall'interno di un'esperienza di reale interlocuzione tra giovani e pastori, che ha persuaso circa l'opportunità del suo prolungamento nelle Chiese locali e di una sua più stabile attuazione a tutti i livelli. La partecipazione dei giovani al percorso sinodale, in effetti, ha dischiuso spazi di dialogo e offerto contributi di discernimento che difficilmente avrebbero potuto realizzarsi senza il loro apporto. I vescovi lo hanno riconosciuto in modo non retorico affermando:

    La presenza dei giovani ha segnato una novità: attraverso di loro è risuonata nel Sinodo la voce di tutta una generazione. Camminando con loro, pellegrini alla tomba di Pietro, abbiamo sperimentato che la vicinanza crea le condizioni perché la Chiesa sia spazio di dialogo e testimonianza di fraternità che affascina (DF 1).

    Grazie a questa interlocuzione, la riflessione sinodale ha potuto evitare fin dall'inizio il rischio di rivolgersi ai giovani semplicemente come "destinatari" della Chiesa, riconoscendo che essi sono «membra viva dell'unico corpo ecclesiale, battezzati in cui vive e agisce lo Spirito del Signore. Essi contribuiscono ad arricchire ciò che la Chiesa è, e non solo ciò che fa. Sono il suo presente e non solo il suo futuro» (DF 54). La scelta della "sinodalità missionaria" è nata dunque da una felice sinfonia intergenerazionale, suscitata dal soffio del Creator Spiritus. Essa è stata autorevolmente consegnata ai credenti come un tema da modulare nelle molte variazioni cui si presta, ma anche come una tesi da argomentare nella sua fondatezza teologica e da illustrare nelle sue implicanze pratiche.

    1. L'idea di sinodalità

    Le precisazioni teoriche circa la sinodalità sono importanti, per evitare che essa diventi una sorta di nozione ombrello, sotto cui vengono accorpate concezioni e pratiche diverse, esponendosi al rischio di essere travisata e ridotta a uno slogan pastorale destinato a un rapido tramonto. Come ha osservato Giacomo Canobbio,

    non sarebbe difficile [.. .] trovare un uso quasi sinonimico dei termini sinodalità, conciliarità, collegialità, partecipazione. Si può indiscutibilmente riconoscere che i quattro termini appartengono al medesimo campo semantico; tuttavia se non si precisa il senso peculiare di ciascuno di essi, si rischia di creare confusione. Questa appare ancora maggiore quando si auspica di tornare alla prassi "sinodale" delle Chiese dei primi secoli dimenticando l'abissale differenza che c'è tra esse e le Chiese nel momento presente. [6]
    Il chiarimento teologico, peraltro, è facilitato dalla comparsa, proprio nell'imminenza del Sinodo, di due importanti testi interpretativi, seppur di diversa natura e intenzione: la Costituzione apostolica Episcopalis Communio (15 settembre 2018) e il Documento della Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (pubblicato il 2 marzo 2018).
    La Costituzione apostolica ha riformato e arricchito l'istituzione sinodale, evidenziando in modo particolare la natura processuale della Assemblea, che si distende in tre fasi: preparatoria, celebrativa e attuativa. L'inserimento del momento celebrativo all'interno di un percorso più ampio, che coinvolge in modo diretto le Chiese locali, consente di esplicitare con maggiore chiarezza il legame intrinseco tra il discernimento dei vescovi e il cammino di tutto il popolo di Dio. La riflessione sinodale dei vescovi non si realizza semplicemente con un dialogo tra pastori, ma raccoglie e interpreta l'ascolto del corpo vivo della Chiesa, nella convinzione che il sensus fidei fidelium costituisce uno dei luoghi fondamentali nei quali si manifesta l'azione dello Spirito. Il coinvolgimento dei fedeli nel processo sinodale, d'altra parte, non altera la struttura della comunione gerarchica e della collegialità dei vescovi cum Petro e sub Petro, ma mostra in modo più chiaro che il carisma di verità dei pastori e dello stesso Papa ha il senso di dichiarare la fede della Chiesa e interpretarla in modo autentico. [7] Per questo Francesco, nel discorso commemorativo dell'istituzione del Sinodo, non ha esitato ad utilizzare l'immagine della «piramide capovolta, [in cui] il vertice si trova al di sotto della base», [8] non per rinunciare alla propria autorità ma per esercitarla nel modo più conforme alla logica evangelica. In sintesi, dunque, la Costituzione Apostolica mette in risalto che, benché il Sinodo si configuri nella sua composizione come un organismo essenzialmente episcopale, esso non vive separato dal resto dei fedeli, ossia rimanda essenzialmente a quella caratteristica di tutta la Chiesa, che è appunto la sinodalità.
    Il documento della Commissione Teologica Internazionale ha inteso offrire linee utili all'interpretazione teologica della nozione di sinodalítà e orientamenti pastorali in vista della sua corretta attuazione, riferendosi in modo privilegiato all'ecclesiologia del Vaticano II. Benché nei documenti del Concilio il termine non compaia in modo esplicito, si può affermare che «l'istanza della sinodalità è al cuore dell'opera di rinnovamento da esso promossa» (n. 6). Ciò appare soprattutto quando si mette in risalto il rapporto che la sinodalità ha con le categorie ecclesiologiche di comunione e collegialità. Se la comunione esprime «la res del Sacramentum Ecclesiae: l'unione con Dio Trinità e l'unità tra le persone umane che si realizza mediante lo Spirito Santo in Cristo Gesù» (ivi), la sinodalità ne traduce l'ispirazione in uno stile concreto di azione, ossia in strutture e processi che configurino la pratica delle comunità. La collegialità, a sua volta, riguarda direttamente i vescovi e precisa il significato teologico e la forma di esercizio del loro ministero di successori degli apostoli. Collegialità e sinodalità, però, sono in stretto rapporto, tanto da richiamarsi reciprocamente: ogni autentica manifestazione della sinodalità implica il ministero collegiale dei vescovi, mentre la communio episcoporum esprime e si radica nella communio ecclesiarum, ossia nel cammino sinodale del popolo di Dio.
    In questo senso il documento della Commissione Teologica può affermare con sicurezza che la sinodalità è una «dimensione costitutiva» della Chiesa (n. 1 e passim), fondando tale insegnamento sulla Scrittura e sulla Tradizione e giungendo a darne una descrizione sintetica che mette a fuoco tre livelli della sua attuazione. Essa viene presentata anzitutto come un modus vivendi et operandi ossia come uno stile peculiare che connota costitutivamente la vita della Chiesa; in secondo luogo come un insieme di strutture e processi in cui il camminare insieme del popolo di Dio si manifesta, e infine come l'accadere puntale di eventi sinodali convocati dall'autorità competente (cfr. n. 70).
    La sinodalità costituisce dunque uno sviluppo coerente dell'ecclesiologia conciliare e una maturazione ulteriore dell'ispirazione in essa contenuta. Parimenti, essa sollecita un impegno più coraggioso nella correzione di alcuni errori e storture che permangono nella mentalità diffusa e appesantiscono la vita delle comunità. Si tratta, ad esempio, del clericalismo, che induce i ministri «a ritenere di appartenere a un gruppo che possiede tutte le risposte e non ha più bisogno di ascoltare e di imparare nulla, o fa finta di ascoltare»; [9] dell'autoreferenzialità di individui, gruppi e movimenti; di un modo di intendere la programmazione pastorale che non segue la strada impegnativa del discernimento comunitario, ma quella di piani apostolici nati a tavolino. Non è possibile qui svolgere una riflessione circa questi nodi, ma non è difficile intuire dove debba condurre.
    Mentre si afferma che la sinodalità appartiene in modo costitutivo all'identità della Chiesa e ha solide basi dottrinali, non si può peraltro sottacere la sua consonanza alla sensibilità culturale del nostro tempo. Per quanto la Chiesa non si identifichi con la società civile e non segua i modi con cui essa organizza e gestisce il potere, vi è indubbiamente in ogni epoca una certa permeabilità tra le forme della coscienza civile e le pratiche ecclesiali. Si può dunque riconoscere onestamente che «lo spirito democratico ha contribuito a far maturare anche nella Chiesa il senso della partecipazione, la consapevolezza che tutti debbano contribuire ai processi decisionali, il desiderio di responsabilità nei confronti di ciò che riguarda tutti», [10] senza peraltro dimenticare che anche la crisi delle democrazie occidentali e la tendenza a una nuova concentrazione del potere in singole personalità forti non sono prive di influssi sulla sensibilità ecclesiale. Proprio per questo l'attuazione effettiva di una Chiesa partecipativa e corresponsabile, capace di valorizzare la ricchezza della varietà di cui si compone, può costituire, anche sul piano sociale, una risposta alla crisi del nostro tempo e una profezia per il rinnovamento della civiltà.
    Riconosciuti tutti questi aspetti positivi, va comunque affermato che vari elementi teologici e canonici relativi alla sinodalità hanno ancora bisogno di ulteriori precisazioni e chiarimenti. È importante, perciò, evitare forzature e anacronismi, proiettando ad esempio sulla prassi della Chiesa antica sensibilità contemporanee o dimenticando che non sempre i sinodi locali sono stati espressione di dinamiche partecipative. È necessario parimenti tenere conto delle diverse tradizioni dell'Oriente e dell'Occidente come pure dei risvolti ecumenici della pratica sinodale, sia nell'apertura positiva dí nuovi spazi di incontro, sia nei margini di ambiguità che possono derivare da diverse interpretazioni del ministero ordinato e della sua autorità. Così pure occorrono una rilettura critica dei dibattiti dei decenni scorsi sulla "democrazia nella Chiesa", per evitare sterili riproposizioni; un'ulteriore riflessione sullo statuto delle conferenze episcopali e sui loro compiti; una migliore comprensione del valore dei pareri e dei voti espressi in modo consultivo; un'attenzione maggiore alle opportunità e ai condizionamenti che l'ambiente digitale e 11 nuove forme di comunicazione possono assumere nell'attuazione concreta de processi di partecipazione ecclesiale.
    Pur non ignorando questi aspetti, la XV Assemblea generale ha comunque maturato la convinzione che i giovani non chiedono alla Chiesa prima è tutto nuove attività o nuovi servizi, ma chiedono anzitutto un diverso stili più fraterno e partecipativo, più dialogico ed empatico, più relazionale e ospitale. Chiedono insomma una maggiore sinodalità. Proviamo dunque a esplicitarne la valenza pastorale considerando le due categorie di credenti cui 
    gli ultimi due Sinodi hanno dedicato attenzione, le famiglie e i giovani, per esemplificare in che senso la sinodalità possa incidere e modificare la pastorale che li riguarda.

    2. La valenza missionaria della sinodalità

    2.1. Sinodalità e pastorale familiare
    Per quanto concerne il primo tema, la dinamica sinodale implica che la comunità cristiana renda le proprie strutture più permeabili all'esperienza delle famiglie, così da presentarsi in modo più trasparente come il popolo di Dio che vive in un territorio; implica parallelamente che le famiglie riconoscano la comunità come spazio vitale entro cui vivere la propria storia, superando la forte tentazione del ripiegamento nel privato cui le espone la nostra cultura. Si tratta dunque di un duplice movimento – la comunità verso la famiglia e la famiglia verso la comunità – di cui andiamo a precisare il significato.
    Sul primo versante, come ripetutamente affermato da papa Francesco, le diverse istituzioni ecclesiali devono fare ogni sforzo per correggere la tendenza a strutturarsi come "agenzie di servizi religiosi", entro cui operatori, spesso qualificati e generosi, spendono le proprie energie. Se la parrocchia o altre istituzioni ecclesiali diventano strutture prolisse, separate dalla gente e preoccupate in modo autoreferenziale della propria sussistenza, possono forse offrire servizi efficienti, ma certamente non realizzano quel tessuto comunionale di incontro e testimonianza, che è il segno della presenza del Signore e dell'azione del suo Spirito. Uno dei principali elementi cui invita la sinodalità familiare concerne dunque la necessità di recuperare un cristianesimo domestico, che abiti il tessuto delle relazioni quotidiane e dia forma ai legami che vi si vivono: l'insistenza di papa Francesco sull'alleanza tra le generazioni, sul tesoro che i nonni possono trasmettere ai nipoti, sulla cura che bisogna avere per i più deboli e i più fragili va appunto in questa direzione. Se la fede non prende realmente corpo nella rete di relazioni che trova nel patto nuziale tra uomo e donna il suo snodo essenziale, essa finisce per declinarsi puramente come idea, ispirazione, messaggio, ma non come accoglienza della vita divina che si dona "circolando" in mezzo a noi.
    Il secondo versante, speculare al primo, consiste nell'esigenza che la comunità ecclesiale inviti in modo più coraggioso e attraente le famiglie a uscire dall'isolamento verso cui le spinge una cultura individualistica, aiutandole ad aprirsi all'esperienza della condivisione e dell'accoglienza. Una famiglia isolata, infatti, è una famiglia indebolita. Nella società occidentale la famiglia sta conoscendo una forte spinta alla marginalizzazione. Essa non è più riconosciuta come il fondamento da cui sorge la società, ma viene rappresentata come un sottosistema affettivo, in cui vivere la propria privacy. La famiglia è così spogliata del suo compito di iniziare alla lettura della realtà, di realizzare il processo di tradizione della cultura e della fede. Se essa cede a questo riflusso nel privato, a pensarsi "per se stessa", a sognarsi romanticamente come una coppia felice nel proprio benessere, essa è già sconfitta in partenza. La sua vocazione invece è quella di introdurre nel mondo la fraternità. Occorre aiutarla a costruire comunità, a interagire con altre famiglie, a essere aperta nei confronti delle sofferenze e dei bisogni degli altri, a promuovere forme concrete di aiuto e di testimonianza nei diversi ambiti della vita sociale. L'amore che circola nella famiglia deve insomma essere messo a servizio di terzi: solo così esso si conserva nella sua freschezza e verità.
    Il passaggio con cui la singola istituzione ecclesiale diventa meno "agenzia di servizi" e più comunità e il cammino con cui la famiglia diventa meno "coppia privata" e più rete di famiglie in comunione si possono realizzare solo insieme, attuando effettivamente uno di quei processi sinodali che concorrono in modo vitale alla riforma della Chiesa e alla sua conversione missionaria.

    2.2. Sinodalità e pastorale giovanile
    Per quanto concerne i giovani, l'attuazione di una pratica sinodale implica anzitutto di uscire dalla trappola che è nascosta nella tendenza linguistica di nominarli semplicemente come "destinatari" della missione ecclesiale. Senza negare l'istanza di verità che è presente in questo termine, la pastorale giovanile non può essere pensata come un insieme di progetti e iniziative "per i giovani", ma deve essere attuata come un percorso che si realizza insieme a loro. La prima domanda, infatti, che i giovani rivolgono alla Chiesa, riguarda l'ascolto (cfr. DF 6-9; CV 41 e 65), la possibilità di trovare accoglienza, disponibilità di tempo e di cuore, per poter consegnare le domande, i dubbi, i sogni che abitano il loro cuore e troppo spesso rischiano di restare sepolti sotto il peso delle prime delusioni della vita. L'ascolto è strettamente legato alla sinodalità, poiché rifiuta di rinchiudere il giovane in giudizi precostituiti e facili etichette, accetta l'esigenza di un tempo condiviso per entrare nel suo mondo personale e riconosce la sua unicità insostituibile. Il Vangelo mostra come il Risorto dia inizio al suo cammino con i discepoli di Emmaus proprio entrando in contatto con loro attraverso la porta dell'ascolto, interessandosi ai loro dubbi e chiedendo loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?» (Lc 24,17). La sinodalità della Chiesa con i giovani trova in questa icona, giustamente scelta dai Padri sinodali come immagine di riferimento, la sua ispirazione più limpida. Essa mette in risalto che l'ascolto non è solo raccolta di informazioni né una strategia per raggiungere un obiettivo, ma è un incontro di libertà che trasforma coloro che lo vivono.
    Proprio questa disponibilità a farsi compagni di viaggio pone peraltro le condizioni per un annuncio franco, capace di raggiungere la situazione reale, di illuminare la coscienza e di attuare un vero accompagnamento. Quando manca il contatto personale con i giovani e la condivisione vitale del loro mondo, la differenza generazionale alimenta facilmente nell'adulto, a seconda delle forme prevalenti nel costume sociale, un atteggiamento direttivo, che assolutizza il proprio punto di vista, crea conflitto, genera estraneità, o viceversa un atteggiamento rinunciatario e permissivo, che si limita a una vicinanza affettiva, ma viene meno alle proprie responsabilità e non realizza una trasmissione vitale dell'esperienza. Per questo le forme in cui gli adulti, gli educatori, i pastori esercitano l'autorità hanno un'incidenza molto forte per la possibilità o meno di attivare cammini condivisi e veri percorsi sinodali. L'autorità esercitata nel nome di Gesù si declina sempre come forza liberante, energia che fa crescere, esperienza che sostiene il coraggio e non come potere che trattiene, condiziona e ostacola la maturazione.
    Un terzo versante su cui la sinodalità con i giovani richiede di essere sperimentata riguarda l'apertura al futuro di cui essi sono portatori, la sana inquietudine che li abita, la novità dei loro punti di vista sul mondo e anche sulla Chiesa (cfr. CV 202ss.). Non si tratta evidentemente di assolutizzare la loro prospettiva, ma nemmeno di difendersi da essa, con la presunzione che quella degli adulti o degli anziani sia automaticamente più saggia o più libera da condizionamenti. La storia della Chiesa offre molti esempi di un vero risveglio evangelico suscitato dallo Spirito di Dio attraverso la creatività giovanile (cfr. CV 49-63). La Regula di san Benedetto riconosce esplicitamente che l'abate, per esercitare il suo compito di governo, ha bisogno di consultare nelle cose importanti la comunità «perché spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore». [11] I Padri sinodali hanno mostrato di condividere questa visione quando hanno riconosciuto

    che i giovani, per certi aspetti, possono essere più avanti dei pastori [e che] il dinamismo giovanile è un'energia rinnovatrice per la Chiesa, perché la aiuta a scrollarsi di dosso pesantezze e lentezze e ad aprirsi al Risorto. Allo stesso tempo, [...] è importante restare collegati con l'esperienza degli anziani, riconoscere il ruolo dei pastori e non andare avanti da soli. Si avrà così quella sinfonia di voci che è frutto dello Spirito (DF 66).

    Proprio il coinvolgimento dei giovani nella comunità consentirà a sua volta di individuare le strade per raggiungere nel modo più adatto coloro che sono più lontani e appaiono disinteressati, o addirittura ostili, nei confronti del cristianesimo. La sinodalità missionaria permette di creare spazi inclusivi, di elaborare una comprensione delle questioni antropologiche ed etiche del nostro tempo con linguaggi e categorie che risultino accessibili ai giovani, di trovare insieme a loro le forme giuste per abitare l'ambiente digitale, per rispondere in modo evangelico alle sfide sociali, economiche e lavorative di cui essi per primi sperimentano in modo più forte l'impatto.
    La pratica di questo stile e l'attivazione di questi processi comporta, naturalmente, anche ricadute sul piano delle strutture e sollecita una presenza più significativa della voce dei giovani nei luoghi in cui si pensano e si decidono i cammini ecclesiali. Le conseguenze più importanti, però, riguardano soprattutto i modelli formativi: l'ultima parte del DF e il capitolo settimo di CV offrono indicazioni preziose al riguardo. In una cultura in cui l'esaltazione della libertà dell'individuo funziona come grimaldello per alimentare il mercato globalizzato dei beni di consumo e l'omologazione culturale che ne deriva, l'accompagnamento dei giovani non può che giocare le sue carte su uno stile di condivisione e di decentramento da sé sperimentato nella vita comune e praticato nel servizio degli ultimi. Una solida formazione spirituale che implichi un'esperienza dì vita condivisa e messa al servizio dei più poveri costituisce pertanto uno dei processi fondamentali attraverso cui la sinodalità missionaria può diventare un'effettiva realtà: uno stile di vita della comunità credente e un principio del suo rinnovamento pastorale.

    NOTE

    1 Salesiano sacerdote, ha conseguito nel 1992 la Laurea in Lettere Classiche presso l'Università di Torino e nel 2002 il Dottorato in Teologia Sistematica presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale di Milano. Dal 2008 al 2017 è stato Preside della Sezione di Torino della Facoltà di Teologia dell'Università Pontificia Salesiana dove insegna Teologia sacramentarla. Ha partecipato come collaboratore del Segretario Speciale al Sinodo del Vescovi su "I giovani, la fede e il discernimento vocazionale" (3-28 ottobre 2018).
    2 SINODO DEI VESCOVI/XV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Documento Finale, Città del Vaticano, 27 ottobre 2018, n. 118. D'ora in poi: DE
    3 FRANCESCO, Christus vivit. Esortazione apostolica postsinodale ai giovani e a tutto il popolo di Dio, Città del Vaticano, 25 marzo 2019, n. 206. D'ora in poi: CV
    4 ID., Discorso in occasione della Commemorazione del 50.mo anniversario dell'Istituzione del Sinodo dei Vescovi, Città del Vaticano, 17 ottobre 2015.
    5 ID., Evangelii gaudium. Esortazione apostolica circa la proclamazione del Vangelo nel mondo d'oggi, Città del Vaticano, 24 novembre 2013, n. 111. D'ora in poi: EG.
    6 G. CANOBBIO, «Sulla Sinodalità», in Teologia 41 (2016) 2, 249-273, qui 260. Tra gli studi sul tema, vanno richiamati in particolare i seguenti: A. MELLONI - S. SCATENA (ed.), Synod and Synodality. Theology, History, Canon Law and Ecumenism in new contact. International Colloquium Bruges 2003, LIT, Münster 2005; ATI, Chiesa e sinodalità. Coscienza, forme, processi, Glossa, Milano 2007; P. CODA - R. REPOLE (edd.), La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa. Commento a più voci al Documento della Commissione teologica internazionale, EDB, Bologna 2019.
    7 «I vescovi, e in ultima istanza lo stesso papa, rimangono i giudici chiamati a valutare e a discernere con il loro carisma di verità (cfr. Ireneo di Lione, Adv. Haereses IV, 26,2) tutto ciò che hanno ascoltato. Il magistero ascoltante non rinuncia al proprio compito; il magistero ascoltante rimane magistero, ma un magistero che prende sul serio il sensus fidelium, che i stato concesso al popolo di Dio non da un Papa benevolo, ma dallo stesso Spirito Santo nel Battesimo e rafforzato nella Cresima» (W. KASPER, «Sinodalità nella Chiesa. Camminare insieme nella comunione e nella diversità dei carismi», in Teologia 40 (2015) 2, 172-181, qu 178-179).
    8 FRANCESCO, Discorso in occasione della Commemorazione del 50.mo anniversario dell'Istituzione del Sinodo dei Vescovi, citato.
    9 ID., Discorso alla I Congregazione Generale della XV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, Città del Vaticano, 3 ottobre 2018.
    10 G. CAN0BBI0, Sulla Sinodalità, 261.
    11 Regula monachorum, III, 3.


    INDICE

    Prefazione (Card. Angelo Scola)
    Introduzione (Salvatore Currò - Marcello Scarpa)

    Parte Prima
    PASTORALE GIOVANILE, CONVERSIONE ECCLESIALE E SFIDE CULTURALI

    1. Sinodalità missionaria: stile di Chiesa e rinnovamento pastorale (Andra Bozzolo)
    1. L'idea di sinodalità
    2. La valenza missionaria della sinodalità
    2.1. Sinodalità e pastorale familiare
    2.2. Sinodalità e pastorale giovanile

    2. Tecnologicamente iper-connessi, socialmente dis-connessi. Le sfide educative per la pastorale giovanile (Fabio Pasqualetti)
    Introduzione
    1. Metamorfosi sociali, sviluppi e disagi generazionali
    2. Algoritmi e strategie di marketing personalizzato
    3. Le nostre tecnologie parlano indirettamente di noi
    4. L'uso della rete e le conseguenze sulla vita personale dei giovani
    5. I testi del Sinodo dei giovani e il mondo digitale
    6. Alcune riflessioni educative e pastorali

    3. Lo stile di Emmaus come stile di discernimento e accompagnamento (Rosalba Manes)
    1. I giovani e la vita come viaggio
    2. Chiamati a mettere «ali come aquile»
    3. La delusione del vivere: i giovani in cerca di senso
    4. La grazia del condividere: superare il mutismo dei giovani
    5. La grazia del camminare insieme: vincere la solitudine e lo smarrimento deí giovani
    6. La grazia di raccontare e raccontarsi: intercettare gioie e dolori dei giovani
    7. La grazia della comprensione della Pasqua: appassionare i giovani alle Scritture
    8. La grazia di riconoscere il Vivente: insegnare ai giovani l'arte del discernimento
    9. La grazia del cuore ardente: formare i giovani all'annuncio gioioso

    4. La cultura vocazionale: esigenza ecclesiale, anzi umana (Salvatore Currò)
    Introduzione
    1. La risalita al di qua della coscienza: abitare le tracce vocazionali e assecondare la Parola
    2. Si è chiamati prima di saperlo: un imperativo attraversa l'esistenza
    3. La struttura responsoriale del linguaggio, l'alterità che ci abita e il desiderio
    4. Il terreno di convergenza tra Vangelo e struttura vocazionale dell'esistenza

    5. Pastorale giovanile popolare: da Evangelii gaudium a Christus vivit nella scia della teologia argentina del popolo (Gustavo Cavagnari)
    1. Christus vivit: una rilettura ispirata e selettiva del Documento finale del Sinodo
    2. Il popolo
    3. La pastorale popolare
    4. La pastorale giovanile popolare
    5. A modo di riassunto con commento finale

    6. Leggere le scritture della vita. Ritmi, spazi, affetti e linguaggi nelle diverse fasi della vita (Franca Feliziani)
    Introduzione
    1. La vita è attraversata da una chiamata
    1.1. La chiamata alla madre
    1.2. La chiamata al bambino
    1.3. Il bambino debitore alla sua musica, al suo desiderio
    1.4. La chiamata a diventare se stessi
    1.5. La chiamata alla cura
    2. L'adolescenza: salire sull'ottovolante
    2.1. Dal passeggino al trapezio
    2.2. "Con buon vento e buona onda"
    3. L'adulto e l'adolescente: quale accompagnamento?
    4. Per concludere
    4.1. Si può affidare l'annuncio a parole lievi...
    4.2. Ed essere accompagnatori appassionati della vita

    Parte Seconda
    PASTORALE GIOVANILE IN CHIAVE VOCAZIONALE

    7. Vocazione all'amore: il Sinodo dei Vescovi sulla sessualità dei giovani (Sahayadas Fernando)
    1. La sessualità dei giovani in un "cambio d'epoca"
    2. L'orizzonte teologico-morale dell'educazione all'amore
    2.1. Educazione all'amore all'interno della maturazione di fede
    2.2. L'amore come espressione di libertà
    2.3. Santità, l'obiettivo ultimo e universale dell'amore
    3. Orientamenti pastorali per l'educazione all'amore
    3.1. Accompagnamento come strategia efficace per la maturazione sessuale
    3.2. Sinodalità missionaria per l'educazione sessuale
    Conclusione

    8. La dimensione vocazionale nella proposta di fede ai giovani. Una riflessione a partire dal Sinodo su "Giovani, fede e discernimento vocazionale" (Marcello Scarpa)
    1. Ascoltare i giovani
    2. Dalle ricerche sui giovani ai giovani in ricerca
    3. Annunciare la vita come dono di sé
    4. Iniziare all'amicizia con Gesù
    5. Santi e testimoni della fede: l'amicizia riuscita con Gesù
    Conclusione

    9. L'imprescindibile alleanza educativa per la promozione della vocazione di ogni persona (Mario Oscar Llanos)
    Introduzione
    1. La sfida dell'identità
    2. La sfida dell'alterità
    3. La sfida del senso di continuità
    4. La sfida di uno sviluppo dinamico
    Conclusione

    10. La Bibbia educa all'ascolto (Guido Benzi)
    1. La «reciprocità» nell'ascolto
    2. La fede viene dall'ascolto: Rm 10,17
    3. Kerigma e vocazione

    11. Liturgia, fonte perenne di educazione alla fede (Franciszek Krasoń)
    1. Valore educativo della liturgia
    2. Liturgia, luogo dell'esperienza della fede
    3. Riscoprire la comunità e ritrovarsi nella Chiesa: luogo per vivere la fede in comunione
    4. Linguaggio simbolico via educativa alla fede
    5. Due punti forti di vivere la fede dai giovani: festa e pietà popolare

    12. Il grande annuncio ai giovani (Cettina Cacciato)
    1. La centralità del grande annuncio
    2. Dall'annuncio... al grande annuncio
    2.1. Annuncio e primo annuncio
    2.2. Dal primo annuncio... al grande annuncio
    2.3. Un continuo grande annuncio ai giovani
    3. Un annuncio sinodale credibile

    13. Anche Gesù ha dovuto imparare (Lc 2,41-52) (Xavier Matoses)
    1. Il testo
    2. Livello teologico
    3. Livello narrativo
    Conclusione

    Postfazione: Il millennio della "sinodalità missionaria". Qualche domanda per nutrire la nostra sana inquietudine (Rossano Sala)
    1. Che cosa ci ha insegnato il cammino del Sinodo sui giovani?
    2. Da dove viene e dove va la "sinodalità missionaria" della Chiesa?
    3. Chi siamo chiamati ad essere con i giovani?
    4. Che cosa significa davvero entrare nel ritmo della "sinodalità missionaria"?
    5. Qual è la prospettiva ecclesiale e pastorale per il Terzo millennio?
    6. Siamo pronti per una svolta sinodale nella Chiesa?


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    p a g i n A


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