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     L'animazione cristiana

    dei preadolescenti

    (NPG 1971-67-28)


    I
    l capitolo precedente ha posto le premesse. Ora entriamo nel vivo del tema.

    L'interesse di questa monografia è centrato nella ricerca del tipo ideale di «catechisti» per i preadolescenti degli anni 70.
    La funzione da compiere segna la scelta dei soggetti e il metodo della loro qualificazione.
    È quindi importante dedicare qualche pagina a chiarire, anche se con tratti veloci, il loro compito.
    Lo si può fare attraverso due strade:
    * induttivamente: il dono di salvezza portato da Cristo innerva tutta la realtà umana: la salva, ridando ad essa significato e autenticità.
    La pastorale trasmette questa salvezza, fa da tramite all'incontro «tra Dio che si rivela e l'uomo che lo va cercando per varie strade». Dall'affermazione scaturisce il metodo di ricerca. Prendiamo in esame il preadolescente. Leggiamo le sue attese superficiali e quelle profonde e progettiamo una proposta di fede che si innesti in questo suo quotidiano, pur nel carattere fondamentale di «novità assoluta» che specifica la proposta di Cristo all'uomo.
    Ed è quanto è stato tentato nella monografia precedente (si leggano, per esempio, gli studi di Tavazza, Dell'Acqua e Gatti).
    * deduttivamente: il RdC presenta con chiarezza inequivocabile un obiettivo al progetto pastorale.
    La catechesi (come metodo e come scelta di contenuti, cf RdC, 75) andrà ripensata, per adeguarsi al fine, per renderlo possibile, raggiungibile (è la linea tracciata nel capitolo seguente).
    Nell'un caso e nell'altro si giunge ad una netta convergenza: non è più possibile fare terminare la proposta di fede ad una serie di nozioni, da conoscere, ma è necessario approdare immediatamente alla vita, quella banale e grande di tutti i giorni.
    Anzi, il RdC dice qualcosa di più: la vita, l'esperienza può essere anche punto di partenza, d'innesto (162).
    L'educazione a saper cogliere la totalità delle proprie azioni, per confrontarle, in un gesto pasquale, con la parola di Dio e con Cristo stesso, operandone una conversione radicale, è quanto qui viene condensato nell'espressione «animazione cristiana»:
    - animazione, perché richiede la mano amica di un educatore-animatore,
    - cristiana, perché è la fede che qualifica profondamente il tipo di educazione prospettata.

    L'ANIMAZIONE CRISTIANA, NUOVO VOLTO DELLA CATECHESI

    Obiettivo della pastorale catechistica è portare il preadolescente ad una «mentalità di fede», proporzionata alla maturazione psicologica del soggetto e capace di interpretargli la matrice socio-culturale in cui è inserito (cf RdC, cap. III).
    Questo punto d'arrivo segna il criterio di verifica dei metodi catechistici utilizzabili.
    La catechesi parrocchiale (quella che forma l'interesse di questa monografia) non potrà più essere:
    * una catechesi «illuministica»: preoccupata soltanto di far passare un certo fascio di contenuti, senza tener conto delle situazioni oggettive della vita e degli ambienti di influsso e culturizzazione;
    * una catechesi «parziale»: in dialogo cioè con un solo settore della vita, prescindendo dalla globalità dei problemi del preadolescente;
    * una catechesi «disincarnata»: tesa a considerare il fatto religioso come indipendente dalle situazioni quotidiane dell'esistenza, senza nessun aggancio con esse, negata «a far comprendere che la fede non allontana dalla storia, ma svela in essa le intenzioni di Dio, riversando luce nuova sulla vocazione integrale dell'uomo» (RdC, 43);
    * una catechesi «moralistica»: preoccupata solo di trasmettere un insieme di insegnamenti di tipo precettistico, senza inserirli in un continuo processo di cura del sistema motivazionale;
    * una catechesi «orizzontale»: ricca di attenzioni e di proposte di umanizzazione, ma incapace di aprirle e collegarle continuamente al trascendente, una catechesi cioè che rifiuta praticamente il compito di «introdurre i credenti nella pienezza dell'umanità di Cristo, per farli entrare nella pienezza della sua divinità» (RdC, 60).
    Superare questi difetti (il difetto sta nella riduzione della catechesi all'unico aspetto descritto; all'interno di ciascuno esistono istanze vere, da recuperare) significa passare a parlare di animazione cristiana dei preadolescenti, come compito della pastorale parrocchiale, superare cioè la semplice sequenza di lezioni di catechismo, per sconfinare nel campo più vasto dell'educazione e della pastorale.
    In questo contesto, l'attenzione del responsabile pastorale e dell'animatore diretto è orientata a cogliere il preadolescente in tutta la gamma di esperienze che egli fa: la sua esperienza familiare, la sua esperienza di quartiere, quella associativa e parrocchiale, quella scolastica.
    L'animatore si situa in un incontro strutturato come strettamente catechistico, ma nel suo parlare, nell'inserimento esperienziale, nella progettazione di interventi, ha presente un preadolescente visto nell'insieme della sua vita.
    A questo proposito, c'è molto da ricuperare, per una tradizione pastorale che settorializzava i ragazzi: i giovani responsabili di contatti pastorali con i preadolescenti hanno troppo spesso fatto passare in loro la particolare scelta che orientava la propria vita, chiudendo gli interessi in maturazione, invece di allargarli (le esperienze del preadolescente sono in stato nativo, di scoperta) o, peggio, ponendo alternativa tra il momento di formazione, «in sede», e il resto della vita.

    OPZIONI PER UNA ANIMAZIONE CRISTIANA DEI PREADOLESCENTI

    Come momento di confronto per gli operatori della pastorale dei preadolescenti e per caratterizzare con alcune scelte di base il movimento di una loro educazione religiosa, presentiamo cinque opzioni, la cui sintesi potrebbe, in qualche modo, precisare la proposta avanzata da questa monografia.
    Queste opzioni, su cui si stanno muovendo gli estensori del nuovo catechismo italiano per i preadolescenti, allargano con molta evidenza l'orizzonte catechistico a quella pastorale a tre dimensioni di cui spesso si è fatta portavoce la nostra Rivista.
    La comunità parrocchiale è prima di ogni altra chiamata ad incontrare il preadolescente nella sua totalità (RdC, 149): è forse l'unico spazio educativo in cui oggi è possibile una proposta di fede «completa»: quindi tesa a formare una nuova visione della realtà (attraverso la pedagogia dell'eroe come proposta di modelli e la coltivazione dello spontaneo senso di scoperta), a coltivare il desiderio di intervenire, di fare come collaborazione all'azione pasquale di Cristo risorto (attivismo, come metodo pedagogico e come continua proiezione verso un rapporto con la realtà), a scoprire il senso di chiesa come momento di autenticità delle quotidiane appartenenze (l'opzione «appartenenza»).
    L'assunzione delle cinque opzioni, nel metodo pastorale che la comunità parrocchiale adotta, dà perciò la verifica che si sta realizzando davvero una animazione cristiana dei preadolescenti, una pastorale ispirata «alla unità interiore della persona» (RdC, 159), soprattutto se, all'interno di ciascuna, il riferimento, il punto d'innesto è «la sua situazione viva» (RdC, 162).

    1. Opzione «scoperta»

    Il preadolescente, aiutato dal proprio sviluppo conoscitivo e affettivo, tende ad uscire dall'egocentrismo dell'infanzia e della fanciullezza e ad aprirsi su di un mondo più vasto, in modo personalmente consapevole. Egli è allora in atteggiamento di «scoperta», di «esplorazione»: anzi ha il fascino della scoperta e dell'avventura. Nel tempo stesso, egli ha ancora bisogno di essere guidato a questa scoperta o esplorazione e l'informazione (oggettiva) ha in questo senso una grande importanza.
    La sua è una scoperta partecipativa e attiva, caratterizzata cioè da una prevalenza di «prendere possesso», toccare con mano ciò che viene intravisto come «nuovo»: in questo suo scoprire il preadolescente si protende verso la società dei «grandi», verso un lasciarsi coinvolgere, con gli amici, in una avventura da «grandi».
    In altri termini, egli tenta di fuggire quella provvisorietà adolescenziale che tanto profondamente lo preoccupa, ricercando una propria identità in modelli adulti: quelli che «scopre» nella vita, idealizzando gli adulti con cui è a contatto e scegliendo quelli più simpatici.
    Da queste annotazioni nascono le opzioni che seguono: la scoperta è costruzione di un io ideale (quindi «la pedagogia dei modelli viventi»), avviene «toccando con mano» (quindi l'esperienza); e tutto questo attraverso relazioni interpersonali strette (quindi il gruppo).
    Ne risulta, come conseguenza pedagogica interessante, che l'«opzione scoperta» può fornire il perno di tutta l'animazione cristiana del preadolescente, considerando contemporaneamente il gruppo come lo spazio in cui ciò è possibile ed è riconducibile lungo direttrici di educazione alla fede.

    2. Opzione «strategia dell'esperienza»

    La scoperta che il ragazzo fa del mondo attorno a sé assume in questa età un aspetto più attivo, è una «presa di possesso», almeno parziale. Il ragazzo scopre «facendo». Anche se questo «fare» è spesso ancora un fare «guidato» o una «partecipazione» a quello che fanno gli adolescenti e i giovani (iniziative per i poveri, per il terzo mondo, ecc.).

    3. Opzione «pedagogia dei modelli viventi»

    Progredendo nella conoscenza di sé e del mondo, il ragazzo comincia un lavoro di interiorizzazione cosciente e motivata di un sistema di valori, che tende a concretarsi su di un «io ideale» che con facilità si incarna in una persona determinata, in un «eroe» concreto, anche se in parte idealizzato.
    È questo il modo proprio del preadolescente di raggiungere quei valori assoluti che non è ancora del tutto in grado di attingere in astratto.
    Di qui l'importanza di proporgli dei modelli viventi tra le persone che conosce, tra i cristiani esemplari e i santi, giungendo fino agli uomini più grandi nel mondo e nella Chiesa, per arrivare a Cristo, «eroe» e modello supremo.

    4. Opzione «appartenenza»

    Il ragazzo sta passando dall'appartenenza al piccolo mondo della famiglia e della scuola elementare a quello più grande della scuola media (compagni, gruppi, insegnanti di diverse tendenze) e in genere - spesso attraverso la scuola stessa - alla società più vasta.
    In questo passaggio fa da intermediario il bisogno di intimità (il preadolescente cerca una situazione che gli permetta di verificare tutte le componenti del valore personale, in collaborazione con un'altra persona). Il bisogno di intimità si manifesta durante la preadolescenza, la caratterizza e contribuisce a correggere l'immagine che il ragazzo ha di sé, poiché avvicinandosi tanto ad un'altra persona, acquista la capacità di vedersi attraverso gli occhi dell'altro. E per questo acquista comportamenti e atteggiamenti nuovi. Da qui la spontanea carica educativa dei molti contatti interpersonali. Le appartenenze sono molteplici, dettate da un innato desiderio di entrare in rapporto con altri e dalle esigenze che la vita gli pone.
    In questa pluralità di appartenenze il ragazzo non si orienta con facilità, e sovente perde in parte o del tutto il senso di appartenenza alla Chiesa.
    D'altra parte questa appartenenza gli appare spesso come in contrasto con l'appartenenza al mondo che viene a conoscere sempre meglio (progresso, sviluppo, scienza, altro sesso, cultura, mondo del lavoro, ecc.) e che lo affascina facendolo sentire come «a casa propria», mentre si sente sempre più estraneo al mondo della Chiesa.
    È di grande importanza portarlo a comprendere e sperimentare che Dio è di casa sia nel mondo che nella Chiesa, e che la Chiesa è qualcosa di vivo, di operante, a cui tutti i battezzati appartengono, uniti a Cristo, come sacramento di unità e di salvezza per il mondo intero. Si concilierà così anche il rapporto personale con Dio, più fortemente sentito a questa età, con il rapporto comunitario e cosmico con gli uomini e con le cose. L'opzione «appartenenza» si realizza attraverso le tappe del «gruppo» e della «famiglia», più vicine al ragazzo.
    Nel lavoro di scoperta, di allargamento dei propri valori, ha grande importanza il gruppo dei coetanei, attorno al quale il ragazzo è spinto a «satellizzarsi» per facilitare la propria emancipazione dalla famiglia e che, da parte sua, tende ad avere sempre più la funzione di mediatore dei valori.
    Occorre tenerne conto e puntare molto sul gruppo.

    5. Opzione «revisione critica»

    È facile intuire, leggendo i contenuti delle quattro opzioni, che, ancora una volta, si è scelto di partire dalle esigenze spontanee psicologiche del preadolescente: Cristo lo salva, inserendosi nella sua esistenza quotidiana. Il preadolescente vive oggi in un certo contesto sociologico secolarizzato (cf l'articolo precedente e i vari studi apparsi anche su questa rivista). Ora, questa nuova condizione fa sì che la proposta cristiana sia una fra le proposte di realizzazione di sé che fanno pressione sul preadolescente. Si impone perciò la necessità di far sottoporre al vaglio critico le altre proposte con i valori di cui sono portatrici, con i limiti da cui sono affette, con il «male» di cui sono cariche. Dall'altra parte guidare a comprendere che la proposta cristiana è una proposta «divina», ma proprio per questo è la più umana.
    Da questo fatto scaturisce la percezione che la fede e il vangelo sono una forza di critica permanente ad ogni ideologia storica. Tutto questo, il preadolescente deve incominciare a percepire, attraverso la guida dei suoi «educatori».
    Quindi è fondamentale per lui, e per coloro che sono chiamati a diventare animatori della sua fede, lo sviluppo di una notevole capacità critica: una conoscenza precisa del «mondo» ed un continuo confronto con la fede (cf per questa opzione RdC, 128).

    Le linee descritte possono offrire la filigrana di una vera pastorale dei preadolescenti.
    Questo permette:
    * una vitalizzazione della «informazione» religiosa (le tre Persone divine, Gesù Cristo, ecc. sono visti come operanti nella vita del mondo attraverso la lievitazione che vi introducono per mezzo della Chiesa);
    * una motivazione (adatta alla loro età) della pratica religiosa (oramai sempre più indipendente dalle motivazioni sociologiche), della vita di gruppo e di famiglia, della nuova visione del mondo e dell'allargamento degli interessi, compresi quelli sessuali, ecc.;
    * una preparazione alla interiorizzazione, assolutizzazione e socializzazione da compiere nell'età successiva (e da iniziare in questa, specie con le trattazioni di problemi di vita);
    * una continuazione e approfondimento dell'iniziazione sacramentale già ricevuta;
    * una guida ed uno stimolo a programmare momenti di riflessione, per acquistare una capacità abituale ad essa;
    * una sollecitazione a maturare, a «stare in piedi da sé» (relativamente all'età) nella famiglia, nella società, nella chiesa (il che viene incontro all'esigenza che il ragazzo ha di rendersi indipendente, non-parassita, e nello stesso tempo di avere un appoggio, un sostegno, affettivo e direttivo);
    * una purificazione e maturazione della religiosità e moralità.


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