“Il mestiere di vivere”…
a 16 anni
Sofia Sinatra
Nessuno mi aveva detto che nel bel mezzo dei miei sedici anni, tra una parentesi adolescenziale in cui dovrei uscire tutte le sere, essere attiva sui social e avere filtri pronti per Instagram, mi sarei ritrovata un qualunque venerdì sera a leggere Il mestiere di vivere di Cesare Pavese tra le lenzuola del mio letto perennemente sfatto.
Si tratta di una raccolta di pensieri numerati un po’ come io numero la lista delle mille cose che ho da fare e che, puntualmente, non faccio; è anche vero però che leggere un libro intitolato “Il mestiere di vivere” alla mia età è un po' come provare a soddisfare le curiosità di un bambino di cinque: non ci riesci mai a primo colpo e otterrai come minimo altre due domande.
Pavese però aveva ragione: vivere è un mestiere, soprattutto da adolescenti! Non siamo abbastanza grandi per fare certe cose e non siamo più piccoli per farne altre, mentre le paure superano i sogni e vivere alla giornata diventa più difficile che dire ai miei che ho preso quattro nel compito di fisica!
Siamo nell’età in cui avremo milioni di cose da dire al mondo, ma siamo i primi a non parlare con nessuno; siamo nell’età delle mille domande, delle paranoie che non se ne vanno mai e si addormentano con noi.
Ci ritroviamo a relazionarci col mondo con un certa difficoltà, perché inesperti e tutto quello che facciamo, lo facciamo per la prima volta; arrivano le prime delusioni, i primi amori, le prime illusioni, le prime vittorie; e per carità, saranno le prime di una lunga serie, ma queste emozioni saranno la base di ricordi che ci porteremo addosso per sempre, ce li abbiamo incastrati nella pelle.
Siamo bellissimi, perché siamo pieni di vita e nemmeno ce ne accorgiamo; siamo fragili come cristalli, ma sappiamo essere forti come rocce perché è adesso che possiamo essere tutto quello che vogliamo. Il mestiere di vivere noi lo viviamo ogni giorno, con le nostre mille sfumature!