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    Adolescenti e

    giovani lavoratori

    Scheda a cura di Massimiliano Facchini

    (NPG 2000-05-20)


    QUANTI SONO I GIOVANI LAVORATORI?

    Dall’ultimo rapporto CENSIS disponibile la popolazione giovanile Italiana tra i 14 e i 29 anni ammonta a 14.630.000 unità di cui:
    * circa il 50% lavora (5.295.000) o è in cerca di un lavoro (2.000.000);
    * gli apprendisti sono circa 500.000 e 200.000 gli avviati annualmente con il Contratto di Formazione e Lavoro (CFL).
    Tra i giovani che lavorano:
    * il 50% circa svolge mansioni operaie o simili;
    * oltre un terzo ha un livello di scolarità bassa.
    Molti pensano che le nuove tecnologie portino alla sparizione del lavoro manuale e che comunque i giovani siano in maggioranza studenti.
    In realtà adolescenti e giovani che lavorano sono ancora molti e non possono essere considerati una fascia marginale.

    CONDIZIONE Dl LAVORO IN CUI Sl TROVANO: PROBLEMATICHE

    Da una recente indagine GiOC emerge che:
    * lavorano nella piccola impresa (dove non c’è il sindacato)
    - il 54% in aziende sotto i 10 dipendenti;
    - il 77% in aziende sotto i 50 dipendenti;
    * sono nella stessa azienda da meno di due anni (77%);
    * fanno più di quaranta ore alla settimana (74%);
    * il 41 % dice che il suo lavoro è pericoloso;
    * non sono soddisfatti del proprio salario (più del 50%);
    * le giovani disoccupate sono il doppio degli uomini.
    Il mondo del lavoro per i giovani non è affatto una cosa scontata e tra occupazione e disoccupazione non esiste una separazione netta, ma piuttosto diversi gradi e modi di partecipazione al lavoro da parte dei giovani.
    Queste forme differenti di lavoro portano molti giovani ad inserirsi in un mondo che non conoscono e che spesso li porta a vivere situazioni difficili o peggio di sfruttamento.

    VISIONE DEI LAVORO CHE HANNO I GIOVANI: POSITIVA

    Il 76% dei giovani si dice soddisfatto del proprio lavoro. Perché
    * dà la possibilità di progettare la propria vita;
    * per i successi ottenuti (rispetto alla scuola) che formano un’identità adulta;
    * si è utili in famiglia (sono considerato);
    * per la possibilità di avere risorse economiche da gestire (stima di sé);
    * per loro contano più i rapporti coi colleghi e col capo degli aspetti strutturali del lavoro.
    Dinamismo:
    * il lavoro non è sentito come definitivo, si può migliorare;
    * c’è desiderio di imparare/esprimere delle capacità;
    * il rapporto col sindacato è debole ma non inesistente (13% di adesione): può aiutare, ma non è presente nelle piccole aziende;
    * dichiarano una grossa necessità di informazione sul tema del lavoro.

    LA FORMAZIONE PROFESSIONALE: UNA RISORSA

    Il 90% circa dei giovani si iscrive al primo anno di scuola media superiore ma il 40% non raggiunge il diploma.
    Una esemplificazione: da un’indagine condotta gli anni scorsi in Provincia di Milano sui giovani usciti dai corsi di formazione professionale emerge che:
    * dopo un anno dalla fine del corso 1/3 lavora regolarmente, il 20% in maniera precaria, il 17% continua a studiare e il 29% è in cerca di lavoro;
    * il 50% di chi lavora ha trovato lavoro da meno di otto mesi;
    * nei 2/3 dei casi il lavoro che fanno questi giovani è quello imparato durante i corsi professionali.
    La FP si mostra così per molti giovani un’opportunità importante per imparare un lavoro ed inserirsi in questo mondo senza finire ad ingrossare la fascia dei disoccupati senza nessuna qualifica.
    Questo tipo di disoccupazione è quello più problematico in quanto dura molti anni e può portarsi dietro conseguenze sociali negative.

    LE DIVERSE TIPOLOGIE Dl LAVORATORI GIOVANI

    Profilo di un adolescente che va a lavorare:
    * famiglia: numero di componenti medi alto, genitori che fanno lavori manuali e con titolo di studio basso, non per forza poveri a livello di reddito (es. artigiani o commercianti);
    * ha una bassa scolarità (al massimo scuole professionali);
    * incontra presto il lavoro in CFL, apprendistato o in nero;
    * ha pochi strumenti per muoversi in una società come la nostra;
    * centralità della compagnia di amici;
    * conosce poco o per niente le regole del lavoro;
    * fa orari molto lunghi ed è pagato (relativamente) poco;
    * pensa che in quel posto non rimarrà molto;
    * vive il lavoro con il senso della scoperta senza grossi progetti di vita;
    * frequenta poco la Chiesa (fuga postcresima), giudicando troppo teorici gli incontri in parrocchia (dove emerge chi ha più facilità di parola): credente ma praticante occasionale.
    Giovani che fanno lavori non qualificati che vanno dai 19 ai 24 anni:
    * rispetto ai primi sentono maggiormente il bisogno di avere una prospettiva di vita più chiara;
    * si rendono conto di non avere molte carte da giocare nella società e sul lavoro, e allora si accontentano (non amano il loro lavoro) oppure cercano di riprendere a studiare (ma è dura e non sempre si trovano i corsi negli orari giusti e a condizioni accessibili);
    * dal lavoro ricercano stabilità, sicurezza e garanzie sul futuro.
    Giovani qualificati:
    * sono soddisfatti del loro lavoro;
    * in genere hanno una famiglia di ceto medio che li ha supportati negli studi e gli ha permesso di restare a lungo senza lavorare;
    * sono attenti agli aspetti qualitativi del lavoro (carriera, essere utili agli altri e alla società...).


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