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    La madre di Gesù ha qualcosa da dirci?



    Card. Godfried Danneels

    (NPG 1993-04-59)


    Iconoclastia mortale
    La tristezza nella Chiesa e nel mondo ha certamente qualche rapporto con l'assenza della Madre di Gesù.

    Fa' bene attenzione. Nel Vangelo e nelle icone Maria non è mai sola: porta sempre il figlio per mostrarlo al mondo. Lei non rivendica mai il primo posto. D'altra parte, senza Maria non riuscirai mai a capire veramente Gesù. Provate fastidio per le immagini e i pellegrinaggi? E sì che ormai siamo ben lontani dall'esuberanza barocca con cui una volta le si rendeva omaggio! Anzi, forse siamo arrivati all'altro estremo: una liturgia senza immagini e povera di simboli. Forse la freddezza delle nostre celebrazioni e l'aridità della nostra cultura religiosa hanno un qualche rapporto con l'offuscamento della figura di Maria. Una tale iconoclastia, infatti, può essere mortale per la fede cattolica. La nostra preghiera diventa «riflessione», l'amore è pervaso di razionalismo, la fede diventa incertezza e scetticismo. La tristezza nella Chiesa e nel mondo ha certamente qualche rapporto con I'assenza della Madre di Gesù. Eppure noi - e anch'io - abbiamo tanto bisogno di gioia...
    «Un paziente sforzo di educazione sarà necessario per imparare nuovamente a gustare in semplicità le molte gioie umane che il Creatore mette già sul nostro cammino - scriveva Paolo VI -: la gioia dì vivere, di amare, la gioia pacificante della natura e del silenzio... La creatura umana ha tagliato il legame vitale che la univa a Dio... Dio le appare astratto, inutile: senza che lo sappia esprimere, il silenzio di Dio le pesa enormemente...» (Esortazione apostolica «Gaudete in Domino», 1975).
    Forse Maria può aiutarci a ritrovare la gioia della vita.
    Possiamo cavarcela da soli?
    Maria è capace di dire un sì perfetto, di offrirsi totalmente a Dio.
    Parte della nostra tristezza dipende dalla nostra memoria debole, dalla nostra miopia. Abbiamo dimenticato che Dio ci ha già dato tutto, molto prima che facessimo qualcosa. Ci ha dato la vita e l'esistenza, mentre noi immaginiamo di dover far tutto da soli, partendo dal nulla. Questo fatto ci angoscia e ci inquieta. Abbiamo perduto la gioia, per un sentimento esasperato delle nostre responsabilità.
    E Maria? Essa sa benissimo che niente viene da lei: tutto le viene dalla mano di Dio. Vive di un'unica convinzione: «Dio mi ha preceduto in tutto». É quindi capace di dire un «si» perfetto, sì abbandona totalmente a Dio. É libera di se stessa, completamente. E ciò la rende felice! In noi, invece, da tanto tempo è radicato il ano»... Anche nella nostra vita Dio ci precede sempre: prima che potessimo vedere, sentire o parlare, abbiamo ricevuto tutto da lui. L'amore di Dio è già all'opera nella creatura umana prima che il male la minacci. Il suo amore creatore nonni abbandona mai. Il primo passo sulla strada della gioia è appunto prendere coscienza di questa realtà.

    II nostro cuore è decisamente «incatenato»
    È vero, siamo sicuri, ma del tutto soli!

    Il nostro cuore è sprangato, blindato «per sopravvivere». Abbiamo paura di essere troppo vulnerabili. Abbiamo paura delle persone e delle loro domande. Abbiamo paura di Dio che può chiederci ancora di più. Non sobbalziamo più quando sentiamo la parola di Dio, perché il nostro cuore è decisamente «incatenato». La sentiamo con difficoltà. È vera, siamo sicuri, ma del tutto soli! Solamente colui che lascia la porta aperta. che rimane vulnerabile, può essere visitato e confortato da Dio, come è avvenuto per Maria. Il messaggio dell'angelo le procura un po' di spavento: aveva pensato di poter continuare a vivere nella penombra della casa di Giuseppe. Aveva immaginato la propria missione come qualcosa d'insignificante, da svolgere nell'anonimato. In realtà, chi era lei, povera ragazza di Nazareth?
    E tuttavia non dubita. Attende l'intervento di Dio. Per noi è ben diverso. Noi diciamo a con scetticismo o ironia: «Com'è possibile?». Ebbene, Maria è convinta che tutto è possibile per la potenza dello Spirito di Dio e per i segni dati da Dio.

    La gioia forza la serratura del nostro cuore
    Colui che sa di essere amato da Dio non può non amare gli altri.

    Essere aperto alla potenza dello Spirito di Dio significa credere che Dio ci dà una mano nella nostra vita. Che non tutto dipende da noi. Proprio questa fede chiede Dio. Tuttavia egli non lascia nessuno da solo sul cammino verso questa fede, ma gli offre dei segni. Così avvenne anche con Maria: trova nella cugina Elisabetta una compagna di viaggio. Nessuno è capace di realizzare da solo una missione divina. Ha bisogno di «parenti». Ha bisogno dì qualcuno che l'accompagni, di un «Tu» per dialogare. Buona parte della tristezza e dello scoraggiamento pro viene dal fatto che non siamo più capaci di vedere i segni o non vogliamo più vederli. Segni ce ne sono sempre: persone. cose, avvenimenti che Dio dà come indicatori stradali che ci orientano a lui. Ma li vediamo?
    La gioia che proviene da Dio ha qualcosa del tutto speciale. Non si adagia in un'atmosfera confortevole, ma fa esplodere il cuore e spinge alla condivisione. Al contrario, la gioia diventa tristezza se la vuoi imprigionare.
    Dopo la visita dell'angelo, Maria aveva mille ragioni per chiudersi in se stessa e godersi il fatto che Dio era stato così buono con lei. Ma non lo fa assolutamente. Leggera come una piuma s'affretta attraverso i monti in aiuto della cugina Elisabetta. Il testo del racconto è scoppiettante d'allegrezza.
    La vera gioia che proviene da Dio è attiva: non si riposa, ma si concretizza in aiuto e servizio, perché colui che sa di essere amato da Dio non può non amare gli altri..

    Nell'occhio del ciclone
    Nel cuore del dialogo con Dio sta la sorgente della gioia più profonda.

    C'è un'altra ragione per cui la nostra epoca è così poco allegra: abbiamo disimparato la gioia che procura la preghiera di lode, anzi ogni preghiera. Siamo circondati da rumori assordanti e siamo immersi in una confusione di lingue degna di Babele, e Dio viene circondato da un silenzio profondo, come nell'occhio d'un ciclone. E anche quando ci rivolgiamo a Dio, il più delle volte lo facciamo per parlare di noi stessi. Un essere umano che non sa più pregare diventa triste... perché solamente nella conversazione con Dio sta la sorgente della gioia più profonda: non la puoi scoprire in nessun dialogo con gli uomini. E Dio ha preso l'iniziativa di tale conversazione. È un suo dono se riusciamo a esprimerci totalmente. Egli ci fa scoprire la gioia della preghiera, o almeno della preghiera di lode che può veramente liberare (perché la preghiera può essere anche arida e monotona). Le grida di gioia rivolte a Dio ci allargano il cuore.
    Maria ha tutte le ragioni per implorare l'aiuto di Dio adesso che porta in sé il figlio promesso, con il suo immenso mistero. Invece non lo fa, e canta: «L'anima mia magnifica il Signore, il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore». Gioia, ammirazione e riconoscenza purissime!

    Vuole soltanto persane in ginocchio?
    Riconoscerti piccolo al cospetto di Dio non è altro che riconoscere la tua realtà davanti a lui.

    Un'altra fonte di gioia è l'essere «piccolo». Non è come essere umile o modesto. La «piccolezza» è un dono di Dio. In Maria è parte integrante del suo mistero: la sua infinita disponibilità a essere piccola, la meravigliosa capacità di ricevere. diventa in lei apertura totale a Dio. Lei sa di non aver meritato il figlio Gesù..
    Noi ci ribelliamo a un'idea del genere: ma allora Dio vuole unicamente persone in ginocchio? Nessuno può più stare in piedi? Dobbiamo negarci ogni autodeterminazione e indipendenza e subire tutto passivamente?
    No. Dio vuole che siamo persone libere, non degli schiavi. Egli ci considera come partners dell'alleanza e ha in noi una fiducia straordinaria. Riconoscerti piccolo al cospetto di Dio non è altro che riconoscere la tua realtà davanti a lui: aver coscienza della realtà divina e della nostra vera condizione umana. Accettarti così come sei, talvolta ben diverso da come ti eri sognato. Non è facile...

    Dio è un rivoluzionario
    Il vero cambiamento è opera di Dio.

    Il canto di Maria per Dio e il mondo - il Magnificat - è un canto sovversivo. Maria parla d'un mondo nuovo, dove vigono altre leggi: il grande è piccolo, il piccolo è grande. Dio capovolge tutte le situazioni, rovescia i dati abituali. Produce una vera rivoluzione. Anzitutto riguardo a se stesso, perché si dimostra ben diverso dal previsto. In lui l'amore è esattamente il contrario dell'amore come lo pensiamo noi.
    Ma anche riguardo al mondo, proprio perché Dio è diverso: i ricchi diventano poveri, i poveri diventano ricchi: un fatto che si ripete spesso nella Scrittura. Dio mette fine all'oppressione, alla fame e alla morte.
    Proprio cosî, il vero capovolgimento è opera di Dio, non è solamente opera umana. È la rivoluzione di Dio. Il quale però chiede che lo seguiamo.
    I valori rivoluzionari del Magnificat sono messi in bocca a una ragazza. impotente, poco considerata e inerme. Maria ed Elisabetta saranno gli strumenti della missione dei loro figli. Giuseppe e Zaccaria rimangono in secondo piano, questa pagina del Vangelo non parla di loro. Sostengono in silenzio la missione sempre più grande delle loro spose. È questa la pedagogia di Dio. Spesso ben diversa da quella degli uomini, per i quali generalmente le donne non contano niente...
    Siccome Dio mette il canto in bocca di qualcuno che si affida totalmente alla sua potenza, la rivoluzione divina è anche impregnata di gioia e priva di amarezza. Ecco il mistero della piccolezza di Maria. In ogni epoca gli uomini hanno cercato di chiuderla in immagini e in sogni. Ma lei è sempre stata abbastanza forte da spezzare ogni costrizione. Per fortuna!

    Obbedienza superata?
    Volontà di ascolto e obbedienza. Come fare?

    Vediamo un altro aspetto della gioia di Maria che conosciamo appena: era sempre in ascolto e obbediente. Ella ha concepito Gesù nel proprio grembo, ma ha pure ascoltato con tutta l'anima la parola di Dio e ha detto «sì». Due caratteristiche che a noi sembrano piuttosto una limitazione della gioia e una riduzione della felicità. Volontà di ascolto e obbedienza... Come fare?
    In realtà, se dici di sì a Dio - ascoltandolo e obbedendo alla sua volontà - diventi veramente felice, il tuo cuore si riscalda e tu riprendi fiato. Non ti senti pio solo, ma portato dalla corrente possente della volontà di Dio.
    Lo so benissimo: ascoltare Dio non è facile. Perché è così diverso. Sembra sottrarsi sempre alle nostre idee e alle nostre attese. E questo ci fa star male. Eppure Dio non scompare mai del tutto. Lo ritroviamo. Egli non vuole che naufraghiamo nella nostra ricerca. A ogni ripresa si lascia ritrovare, ma diverso. Dio non ci priva della gioia del ritrovamento. Maria ne è stata la prova vivente...

    (da: Chi è Dio per te?, Elledici 1992)


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