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    Vocazione


    Vocazione

    Valentina Rotondi [1]

     


    "Qual è la tua vocazione?". Questa frase risuona spesso negli ambienti religiosi – oratori, parrocchie, chiese e movimenti – attraversati da giovani e giovanissimi in formazione come una domanda a cui, prima o poi, si deve dare una risposta affinché ci si possa sentire pienamente realizzati nella vita. Molto meno spesso si ascolta questa domanda negli ambienti laici della formazione, ad esempio nelle università o nelle scuole. Eppure, la "vocazione" di una persona ha implicazioni sociali ed economiche estremamente importanti che superano nettamente la cerchia stretta degli ambienti religiosi. Proviamo ad approfondire questo aspetto partendo dall'etimologia della parola stessa.
    La parola "vocazione" deriva dal latino votare ovvero "chiamare". La vocazione può essere intesa, quindi, come una chiamata a cui una persona risponde. Affinché si possa rispondere a una chiamata occorre che vi sia almeno un "chiamante" e un "chiamato". Il chiamante può essere una o più persone fisiche oppure una voce interna, qualcosa che abbia a che fare con la coscienza o con l'identità di un individuo. La vocazione, in tal senso, appare come una risposta, volontaria, a una chiamata. Non esistono, infatti, vocazioni forzate. Ecco che, nel descrivere il termine vocazione e senza volerlo fare apposta, abbiamo toccato tre temi fondanti e fondativi delle scienze sociali: il concetto di relazionalità, il concetto di identità e il concetto di libertà. Proviamo ora a declinare questi tre concetti nel contesto di una vocazione.
    Iniziamo dal concetto di relazionalità. Ogni chiamata, abbiamo detto, coinvolge almeno due persone: un chiamante e un chiamato. Il chiamante può essere una persona vera e propria, come ad esempio un partner nel matrimonio, oppure, semplicemente, una chiamata intima, individuale, profonda a cui si risponde con una scelta professionale. Ogni chiamata non è mai, quindi, un mero concetto privato, ma ha una dimensione pubblica. Per capire il perché, consideriamo ad esempio le vocazioni che all'apparenza sono estremamente lontane dalla sfera pubblica: le vocazioni alla vita consacrata in istituti monastici. Per rispondere a una vocazione monastica, un uomo o una donna sceglie di ritirarsi dalla vita pubblica portando tuttavia nel cuore il desiderio di non legarsi a nessuno per amare il mondo intero. La storia delle vocazioni monastiche, infatti, vede spesso coloro che scelgono una vita di contemplazione sentirsi chiamati a una vita missionaria. Non a caso la Chiesa cattolica ha eletto una monaca, santa Teresa di Lisieux, come patrona dei missionari [2]. Non a caso, ancora una volta, la vocazione di san Francesco (una vocazione attiva, nel mondo, in cui i beni comuni sono parte integrante dalla predicazione dell'altissima povertà") è completata dalla vocazione di santa Chiara (una vocazione monastica che, paradossalmente, la rende sorella di ogni creatura).
    Introduciamo ora il concetto di identità. Mutuando le parole di George Arthur Akerlof e Rachel E. Kranton, l'identità a cui facciamo riferimento nel definirci come individui è (quasi sempre) basata su un meccanismo molto semplice: «gli individui si identificano con persone che appartengono ad alcune categorie e si differenziano da coloro che appartengono ad altre categorie» [3]. Proprio il fatto di identificarsi con altri rende il concetto di identità un concetto sociale e mutevole. Se, dunque, il concetto di vocazione è strettamente interconnesso con il concetto di identità, anche il concetto di vocazione non può che essere mutevole e sociale. Ogni individuo, infatti, ha appartenenze multiple a gruppi e attività, e queste appartenenze cambiano nel tempo: oltre a essere l'autrice di questo saggio, sono una donna, una moglie, una mamma, una ricercatrice e un'appassionata di scrittura. Tutti questi aspetti mi definiscono o, meglio, definiscono chi sono (e non solo quello che faccio) in questo specifico tempo e luogo. Così come le identità, dunque, anche le vocazioni sono "per sempre" solo se sanno mutare. Per comprendere meglio questo aspetto, prendiamo l'esempio del matrimonio. Il matrimonio è una vocazione che viene suggellata da un contratto tra due persone. Il contratto viene suggellato in un giorno specifico e vale finché non viene rescisso. La vocazione al matrimonio è radicalmente diversa e richiede di essere rinnovata ogni giorno perché la persona con la quale decidiamo di trascorrere la vita non è sempre uguale. Se è vero, infatti, che la nostra identità è mutevole, lo è anche quella della persona che scegliamo di avere accanto per rispondere alla nostra vocazione al matrimonio e, quindi, lo è anche la nostra vocazione.
    Non è tutto. Per definire al meglio il concetto di vocazione dobbiamo ora introdurre il terzo concetto: per restare fedele a una vocazione la risposta non può che essere sempre libera. Se, infatti, la risposta a una chiamata resta libera, allora anche lo sforzo che un individuo esercita nel rispondere a quella chiamata è libero e proporzionato alle richieste. Quando invece la libertà viene meno e la vocazione viene fagocitata dal contratto, lo spirito della vocazione muore. Questo è ancor più vero quando vengono introdotti incentivi (o, peggio, sanzioni) che abbiano lo scopo di spingere coloro che hanno suggellato un patto a mantener fede alla vocazione ricevuta. Per capire meglio questo aspetto prendiamo l'esempio di una scelta professionale artistica o di cura. Chi sceglie questa tipologia di professione lo fa spesso per rispondere a un'esigenza personale, per unificarsi intorno a una professione, e non solo – quindi – per trovare un impiego. Cosa succede, dunque, quando si cerca di trovare un salario ottimo per selezionare una vocazione?
    Anthony Heyes [4] applica alcuni principi economici di base a questa domanda analizzando un settore economico ad alto contenuto "vocazionale", ovvero il settore della cura infermieristica. L'articolo parte da due considerazioni di base: chi non ha forti motivazioni intrinseche (quindi, chi non possiede una vera vocazione a questo tipo di percorso professionale) sceglie di fare l'infermiere se non ha un'alternativa migliore di reddito. Chi, invece, ha una forte motivazione intrinseca (ovvero chi vive la professione come una vocazione) considererà non solo il salario ma anche il beneficio che trae dal rispondere alla sua vocazione tra le motivazioni per intraprendere una tale professione. Secondo questa prospettiva, quindi, aumentando il salario dato agli infermieri, aumenteranno anche le persone disposte a scegliere quella professione. Sempre secondo questa prospettiva, di conseguenza, diminuirà la quota di persone che sceglie la professione per vocazione e, quindi, assumendo che gli infermieri per "vocazione" forniscano cure mediche di maggiore qualità, diminuirà la qualità media del servizio. La conseguenza logica di questa prospettiva potrebbe lasciarci perplessi: se si vuole assumere dei buoni infermieri, occorrerebbe pagarli di meno perché in tal modo non si spiazzerebbero le loro motivazioni intrinseche e si selezionerebbero solo coloro che sono disposti a sacrificarsi per una vocazione più alta. Se la vocazione, tuttavia, è una cosa seria – e lo è – e se ha esternalità positive per la società (ad esempio, si potrebbero considerare le ragioni per cui un infermiere per vocazione migliorerebbe il servizio pubblico), allora anche la risposta alla domanda sul come "selezionare le vocazioni" richiede una risposta seria che non può semplicemente essere quella data sopra (ovvero pagare di meno per ottenere di più). Ovviamente non è né questo il luogo né la modalità ideale per cercare risposte definitive a come il concetto di vocazione possa essere tenuto in considerazione per riflessioni di tipo economico. Tuttavia, credo che il corpus di conoscenze sviluppate all'interno di The Economy of Francesco possa aiutarci a tracciare un solco dentro cui iniziare a tessere una discussione.
    All'interno di questo corpus, una prima considerazione riguarda l'idea che le vocazioni abbiano sempre una radice relazionale e pubblica. Anche gli incentivi, dunque, o, ancora meglio, i premi, dovrebbero quindi essere disegnati in modo da tenere conto di tale aspetto. Solo a titolo di esempio si consideri un esperimento pubblicato su una prestigiosa rivista di scienze [5], che ha recentemente dimostrato come le donne – solitamente meno predisposte alla competizione rispetto agli uomini – sarebbero disposte a entrare in mercati competitivi solo quando vengono offerti loro premi di cui non beneficiano loro stesse ma i propri figli. Le vocazioni che ci definiscono e che ci spingono ad agire, talvolta anche contro il nostro mero interesse personale, fioriscono dentro alle relazioni e si alimentano di gratuità. La vocazione alla genitorialità, ad esempio, ha un costo spropositato per i genitori mentre ha ritorni significativi per la collettività [6]: non esiste incentivo che possa essere alto a sufficienza per motivare le persone ad avere figli. Esistono invece riconoscimenti del valore immenso che questa scelta porta alla collettività. Questi riconoscimenti spesso non possono essere "monetizzati" perché non esiste un prezzo sufficientemente alto per ricompensarli. Il valore simbolico di questi riconoscimenti, tuttavia, è molto più efficace di qualsiasi incentivo e molto più efficiente di qualsiasi punizione.
    Per tornare all'esempio degli infermieri, si consideri come molti di essi siano stati disposti a sacrificare gran parte delle proprie vite private, soprattutto nelle prime fasi dell'emergenza sanitaria di COVID-19, arrivando addirittura a vivere per lunghi periodi in strutture alberghiere collocate nei pressi dei loro luoghi di lavoro [7]. Ora che la pandemia sembra rallentare, le loro rivendicazioni hanno spesso il sapore amaro del mancato riconoscimento del loro ruolo molto più che della richiesta di un aumento salariale che, tuttavia, sarebbe anche dovuto.
    Una seconda considerazione è legata alla figura – e alla vocazione – di san Francesco. La storia di Francesco ci suggerisce che ogni vocazione, se accettata con radicalità, porta con sé conseguenze molto più grandi di quelle che possiamo immaginare. Queste conseguenze saranno tanto più dirompenti, poco controllabili e contagiose quanto più radicale sarà la vocazione stessa. Se, quindi, vogliamo prendere sul serio il concetto di vocazione dobbiamo integrarlo anche nel nostro sguardo, ovvero nel paradigma economico non solo come un'energia propulsiva individuale, radicale e contagiosa, ma anche come un bene comune che ha una forte componente relazionale ed esternalità positive di cura e attenzione che fanno fiorire le comunità.

     

    NOTE

    1 Valentina è ricercatrice presso la SUPSI di Lugano e il Nuffield college dell'Università di Oxford. Ha ottenuto un PhD in Economics dall'Università Cattolica di Milano. La sua ricerca utilizza metodi di economia comportamentale, neuroeconomia ed econometria applicata a temi di intersezione tra diverse discipline quali l'economia, la demografia e la sociologia. È membro di The Economy of Francesco dal 2019 e della fondazione Roberto Franceschi dal 2011. Scout di formazione, è mamma di due bambini. Nel 2022 ha pubblicato un libro di economia per ragazzi intitolato Manuale di pubblica Felicità, edito dalle edizione Paoline.
    2 C.M. Celli, La vocazione missionaria di S. Teresa di Lisieux, Lateran University Press, Roma 1969.
    3 G.A. Akerlof - R.E. Kranton, Identity economics, Princeton University Press, Princeton 2010, p. 720.
    4 A. Heyes, The economics of vocation or "why is a badly paid nurse a good nurse"?, in «Journal of health economics» 24, 3 (2005), pp. 561-569.
    5 A. Cassar - Y. Jane Zhang - F. Wordofa, Competing for the benefit of offspring eliminates the gender gap in competitiveness, in «Proceedings of the National Academy of Sciences» 113, 19 (2016), pp. 5201-5205.
    6 N. Folbre, Valuing children: Rethinking the economics of the family, Harvard University Press, 2008.
    7 Si veda l'articolo pubblicato su «la Repubblica» in data 17 marzo 2020, disponibile online al sito https://torino.repubblica.it/cronaca/2020/03 /17 /news/verbano_allarme_per_migliaia_di_dipendenti_fron - talier_bloccati_in_svizzer a_dalle_aziende_per_cuilavorano -251545631/ (ultimo accesso in data 18 giugno 2022).

    (Stefano Rozzoni - Plinio Limata edd., The Economy of Francesco. Un glossario per riparare il linguaggio dell'economia, Città Nuova 2022, pp. 346-352)


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