Cesare Bissoli, UNA BIBBIA SEMPRE GIOVANE. Tracce per un incontro, Elledici 1998
PARTE TERZA
«AVENDO A CONFORTO LE SCRITTURE SACRE CHE SONO NELLE NOSTRE MANI» (1 Mac 12,9)
Il «mistero» della Bibbia
Le nostre domande
Si tratta della più grande certezza che il credente biblico, ebreo e cristiano, ha nei confronti della Bibbia: essa comunica al lettore la «Parola di Dio», il suo pensiero, la sua volontà, le sue promesse e benedizioni. Ma tale certezza è insieme la sorgente di domande cruciali ed impegnative. Le raduniamo in alcuni nodi maggiori:
- Anzitutto cosa significa «Parola di Dio», che «Dio parla all'uomo»? Perché lo fa e che cosa dice? Come comunica attraverso la Bibbia? Su quali testimonianze oggettive si basa questa certezza? Chi ci dice che questo non valga per altri libri sacri delle grandi religioni?
- Come può avvenire che Dio parli nel nostro linguaggio umano? Ed ancora di più, sono degne di Dio tante parole e fatti che vengono espressi nella Bibbia?
Così ad esempio, nel racconto della creazione in Gn 1, sembra che Dio avalli la teoria geocentrica o tolemaica dell'universo (che la terra sia al centro del cosmo)... Nell'ordine storico, diversi avvenimenti biblici, riguardanti, ad esempio, la caduta delle mura di Gerico (Gs 6) e la stessa figura di Gesù, appaiono assai incompleti ed oscuri... In terzo luogo, non tutte le affermazioni morali della Bibbia sembrano accettabili (si pensi alla pratica «voluta» da Dio dello sterminio dei nemici, Dt 7,1-2).
- Ma allora quale verità spetta alla Bibbia? La Parola di Dio a cosa mira veramente? Come vanno comprese le affermazioni scientifiche, storiche, morali? Quali sono e come si risolvono le «pagine difficili» della Bibbia? In sintesi, una obiezione tanto semplice quanto sentita: se è così importante questo libro, perché riesce così difficile da capire? «Dio non poteva parlare più facile»?
- Si affaccia subito il problema di come interpretare rettamente testi tanto antichi e culturalmente differenti tra di loro e nei nostri confronti. È la questione ermeneutica così sentita dai moderni, che tocca la questione del senso e dei processi di appropriazione di esso.
Qualche domanda al riguardo: se è Parola di Dio, un brano biblico non andrà preso alla lettera, così come suona? Ancora più radicalmente, riesce ad essere ancora parlante e significativo il messaggio biblico così provocatoriamente religioso e carico di soprannaturale per un uomo del nostro tempo, segnatamente per un giovane proteso alla realizzazione di sé, consapevole quindi della complessità della realtà e del bisogno delle scienze e competenze umane, capace di andare sulla luna con la forza dei propri computer? Insomma quale può essere il punto di incontro tra una concezione di vita postmoderna ed una, quella biblica, del tutto premoderna, arcaica?
- Infine, notando i tanti interventi della Chiesa (Concili, papa, vescovi) sulla Bibbia, che ruolo compete ad essa? Che rapporto si dà tra Bibbia e comunità credente? Quali sono le forme di incontro con il Libro Sacro confacenti al credente? E al non credente? Quale le forme «settarie»?
Alla fine, l'interrogativo si fa globale: cosa è questa Bibbia, nel senso di quale valore attribuirvi? Non finisce con il diventare un «oggetto troppo misterioso» per dargli tanto credito? O appartiene essa stessa ad un «mistero» di grazia più grande voluto da Dio?
Il filo della nostra risposta
Veramente per il credente ebreo e cristiano la Bibbia è «mistero», ma non come rompicapo enigmatico o libro magico, ma perché fa parte della realtà trascendente o «mistero» di Dio, è strumento della sua «rivelazione», esprime il suo progetto sul mondo. E che questa visione non sia una troppo facile via di fuga, appare dal fatto altrettanto innegabile che milioni di persone equilibrate e ragionevoli hanno impostato la propria esistenza sulla Bibbia come segno della Parola di Dio: da Agostino, a Tommaso, a Francesco di Assisi, a Teresa di Lisieux, a La Pira, al Frères di Taizé, di Bose, al card. Martini...
Come si compone dunque il doppio versante delle tante domande sulla Bibbia e della piena fiducia nella Bibbia?
Qui sono opportuni due indicatori di marcia:
- Soltanto l'apertura della fede è capace di percepire la rivelazione di Dio nel Libro Sacro. È stata infatti la visione della fede che ha portato gli uomini della Bibbia ad affermare che le parole e gli avvenimenti prima vissuti e poi scritti sono Parola di Dio. Il lettore non credente può almeno riconoscere tale fatto; se credente, lo condivide.
- Il senso da dare all'impegnativo termine: «Bibbia, Parola di Dio» è stato dalla Chiesa ampiamente illustrato lungo la storia del popolo di Dio, perché non prevalgano una comprensione magica o un soggettivismo arbitrario... Sicché la fede richiesta per una esperienza religiosa della Bibbia non può essere né senza l'uso dell'intelligenza, né tanto meno contro di essa. La Costituzione del Vaticano II, Dei Verbum, è il documento solenne più aggiornato ed autorevole. Di esso e di altri documenti biblici significativi daremo cenno in «Documenti e letture» alla fine.
Si profila così una sequenza logica di temi imperniati su alcuni vocaboli-guida:
- il FATTO: Dio ha parlato e la Bibbia ne è portavoce, il «grande alfabeto» della Parola di Dio;
- la NATURA PROFONDA, o «mistero» di questa Parola incarnata nella carne biblica: è Parola di Dio in linguaggio umano;
- il tipo o qualità della VERITÀ delle affermazioni della Bibbia: è specificamente religiosa, «in vista della nostra salvezza»;
- l'INTERPRETAZIONE retta della Bibbia: l'itinerario ermeneutico come correlazione tra Bibbia e vita;
- l'INCONTRO con la Bibbia: è affidata al popolo di Dio, la Chiesa, come esperienza di verità, di amore, di liberazione e di speranza per la persona umana di ogni tempo e di ogni luogo.