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    O Dio, vieni

    a portarci la salvezza

    e fa’ risplendere

    il tuo volto!

    Ludwig Monti


    1 Per il maestro del coro. Su “I gigli”. Testimonianza.
    Di Asaf. Salmo.
    2 Ascolta, Pastore di Israele,
    tu che guidi Giuseppe come un gregge!
    3 Tu che siedi sui cherubini, risplendi
    davanti a Efraim, Beniamino, Manasse.
    Risveglia presto la tua potenza
    e vieni a portarci la salvezza!
    4 Dio, fa’ che ritorniamo,
    fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi!
    5 Fino a quando, Signore, Dio dell’universo,
    sarai adirato contro la preghiera del tuo popolo?
    6 Tu ci nutri con pane di lacrime,
    ci disseti con lacrime abbondanti,
    7 ci metti in litigio con i nostri vicini,
    i nostri nemici si beffano di noi.
    8 Dio dell’universo, fa’ che ritorniamo,
    fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi!
    9 Hai sradicato una vite dall’Egitto,
    l’hai trapiantata scacciando le genti,
    10 hai preparato il terreno per lei,
    si è radicata e ha riempito la terra.
    11 La sua ombra copriva le montagne,
    i suoi tralci i cedri più alti,
    12 stendeva i suoi viticci fino al mare,
    i suoi polloni in direzione del grande fiume.
    13 Perché hai aperto brecce nella sua cinta?
    La vendemmiano i passanti della strada,
    14 la devasta il cinghiale del bosco,
    vi pascolano le bestie dei campi.
    15 Dio dell’universo, ritorna
    [fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi!]
    Guarda dai cieli e vedi!
    16 Visita questa vigna e proteggila,
    il germoglio che la tua destra ha piantato
    il figlio che hai reso forte per te.
    17 Quanti l’hanno recisa e bruciata
    periranno alla minaccia del tuo volto.
    18 La tua mano sia sull’uomo della tua destra,
    sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
    19 Mai più ci allontaneremo da te,
    facci rivivere e invocheremo il tuo Nome!
    20 Signore, Dio dell’universo, fa’ che ritorniamo,
    fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi!

    L’Avvento è il tempo in cui l’attesa di Gesù Cristo che viene presto dovrebbe farsi più che mai intensa da parte di noi cristiani. Il salmo 80 costituisce una straordinaria porta di accesso a questo tempo liturgico. Lo aveva ben compreso uno dei più acuti commentatori del Salterio in chiave cristiana, André Rose: “La chiesa prega questo salmo tra la prima e la seconda venuta di Cristo … Esso traduce l’aspirazione ardente della chiesa verso la venuta definitiva del regno di Dio … Questo salmo è utilizzato con tale frequenza durante questo tempo liturgico, che può essere definito il salmo dell’Avvento”.
    Il Sal 80, è una supplica collettiva di Israele: in un’epoca di gravi difficoltà, il salmista, fattosi voce di tutta la comunità, invoca Dio perché torni a far risplendere il suo volto e mostri di nuovo la sua misericordiosa vicinanza. È difficile cercarne una precisa contestualizzazione storica, perché quasi tutte le ipotesi possibili sono state fatte: si va dalla sconfitta patita dal regno del nord ad opera degli assiri nel 721 a.C. fino alla persecuzione degli abitanti di Gerusalemme da parte del re Antioco IV Epifane alla metà del II secolo a.C. Questa incertezza offre la possibilità di un’interessante acquisizione spirituale: ci testimonia che questo salmo è valido in ogni tempo, che sempre il popolo di Dio nella storia può trovarsi in situazioni nelle quali è chiamato a rinnovare tale supplica.
    Il salmo è scandito dalla ripetizione di due ritornelli: “O Dio (oppure: Dio dell’universo), fa’ che ritorniamo, fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi!” (vv. 4.8.20); “Dio dell’universo, ritorna!” (v. 15). Ne risultano i seguenti “movimenti”:
    vv. 2-3: invocazione a Dio perché salvi il suo popolo;
    vv. 5-7: lamento: “Fino a quando?”;
    vv. 9-14: con la metafora della vigna si evoca lo splendore del passato contrapposto alla desolazione presente (“Perché?”: v. 13);
    vv. 15b-19: invocazione affinché Dio torni a visitare la sua vigna e le invii il suo Messia, seguita da una promessa da parte del popolo.
    Per tre volte si chiede a Dio: “Fa’ che ritorniamo!”, cioè “Convertici!”; una sola volta lo si invoca dicendo in modo lapidario: “Ritorna!”. Il salmista lascia così intendere una verità fondamentale: il disastro della vigna, figura del popolo, dipende dai peccati del popolo, dal suo essersi allontanato dal Signore. Solo se Israele, se la chiesa saprà chiedere al Signore la forza per fare ritorno a lui, solo allora scoprirà che il Signore è già in cammino per ritornare a mostrare il suo volto di luce: anzi, è sempre presente e accanto a noi, chiedendoci solo di accogliere la rivelazione del suo volto.
    Il salmo si apre con l’invocazione a Dio quale “Pastore di Israele”. Questo titolo, che richiama l’inizio del Sal 23 (“Il Signore è il mio pastore”), esprime la cura amorosa di Dio, il suo essere guida e insieme compagno di cammino del suo gregge. Per un popolo nomade e dedito alla pastorizia come Israele non c’è immagine più concreta ed eloquente per esprimere la fede-fiducia nel Signore Dio. Quella fede, che sempre nel Sal 23, è manifestata da una dichiarazione semplicissima, sulla quale è possibile fondare un’intera vita: “Tu sei con me” (v. 4). Il Signore, “il Dio che è stato il pastore del suo popolo da quando esiste fino a oggi” (cf. Gen 48,15), ascolterà la sua supplica e si rivelerà nuovamente quale pastore che sempre guida il suo gregge.
    Il salmista si rivolge poi a Dio con un altro titolo: il Signore è colui che “siede sui cherubini”, le due figure dalla forma metà umana e metà animale scolpite alle estremità del propiziatorio che copriva l’arca dell’alleanza (cf. Es 25,18-22). Il Signore che “cavalca i cherubini” (cf. Sal 18,11), lui la cui Presenza risplende sull’arca, lui che ha guidato Israele nel deserto, può forse assistere inerte al disastro del suo popolo? Certamente no, e per questo l’orante può invocare con grande franchezza: “Risplendi … risveglia la tua potenza e vieni a portarci la salvezza!”. Questa fiduciosa insistenza, accresciuta dalla seconda parte del ritornello (“Fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi!”), è unita alla coscienza di essersi allontanati dal Signore, la quale spinge a una richiesta che è insieme una confessione: “O Dio, fa’ che ritorniamo!”. La manifestazione luminosa e salvifica di Dio, infatti, può essere accolta solo nella misura in cui ci si scopre peccatori, bisognosi del suo perdono.
    In contrasto con la prima strofa, risplendente della gloria di Dio, la seconda è caratterizzata dal lamento. Ciò appare evidente fin dalla domanda di apertura, frequente nei salmi: “Fino a quando, Signore?”. Il Signore, “Dio dell’universo”, sembra fremere di sdegno contro le preghiere del popolo, facendone un oggetto di scherno agli occhi dei nemici circostanti. Per descrivere questa triste situazione, il salmista capovolge addirittura i tratti della simbologia pastorale: il Dio che solitamente “fa riposare [i credenti] su pascoli di erbe verdeggianti e li conduce ad acque tranquille” (cf. Sal 23,2), ora “li nutre con pane di lacrime, li disseta con lacrime abbondanti”. Ma è proprio così? Oppure l’attuale condizione di miseria non è forse la manifestazione di una sorta di “giustizia immanente”, per dirla con Dietrich Bonhoeffer? Insomma, il popolo sta solo raccogliendo quanto ha seminato, come esprime il salmo 7:

    Chi non si converte e affila la sua spada,
    tende l’arco e punta al bersaglio,
    si prepara strumenti di morte,
    delle sue frecce fa dei tizzoni.
    Eccolo concepire il male,
    diventare gravido di delitto,
    partorire su di sé la disgrazia.
    Se apre una buca e la scava,
    cadrà nella fossa che ha fatto;
    il suo delitto ricadrà sul suo capo,
    la sua violenza gli piomberà sulla testa (vv. 13-17).

    Dopo il canto del ritornello, si giunge al centro del salmo, dominato dall’immagine della vigna. Attraverso questa simbolica tradizionale nelle Scritture (si veda in particolare Is 5,1-7), il Sal 80 ricapitola tutta la storia di Israele, dall’esodo, alla conquista della terra, fino al presente. Più precisamente, qui viene narrata la passione di Dio per Israele, sua vigna: è Dio che “ha sradicato una vite dall’Egitto, l’ha trapiantata scacciando le genti, ha preparato il terreno per lei”, l’ha fatta crescere fino a che Israele è diventato una “vite rigogliosa, … che dava sempre il suo frutto” (Os 10,1).
    Ma la situazione attuale è capovolta: “Il cinghiale del bosco devasta la vigna e le bestie dei campi vi pascolano”. Questi sono, metaforicamente, i fatti, interpretati dal salmista con una domanda che richiama il “Fino a quando?”: “Perché [, o Dio,] hai aperto brecce nella sua cinta e ne fa vendemmia ogni passante?”. In proposito va evidenziato un parallelo molto eloquente con il già evocato “canto alla vigna” di Is 5. Là è Dio che si chiede: “Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?”. E soprattutto: “Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?” (v. 4). Ecco la realtà sorprendente e per certi versi drammatica narrata dai profeti, che fa da pendant alle domande del Sal 80: da una parte l’amore di Dio per la sua vigna, dall’altra la risposta idolatrica della vigna, il suo tradire l’amore ricevuto. È una storia che continuerà, come attesta Geremia mediante un interrogativo che sempre pone in questione il popolo di Dio: “Io ti avevo piantato come vigna pregiata, tutta di vitigni genuini; come mai ti sei mutata in tralci degeneri di vigna bastarda?” (Ger 2,21).
    L’antifona “Dio dell’universo, ritorna!” apre la strofa conclusiva del salmo. Nel cuore del salmista si fa nuovamente largo la speranza: Dio tornerà a visitare la sua vigna e scaccerà fuori dal suo recinto quanti hanno tentato di distruggerla. Questa speranza si specifica poi assumendo una tonalità messianica: “La tua mano sia sull’uomo della tua destra, sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte”. Questi due titoli si riferiscono al re davidico, atteso per riscattare Israele. Lungo la storia però, in particolare dopo la catastrofe del 587 a.C. coincisa con la fine della dinastia davidica, questa invocazione si riveste sempre più di un carattere messianico. Colui che è atteso è dunque il Re Messia, il Figlio dell’uomo (cf. Dn 7,13) escatologico inviato da Dio.
    Infine, prima di essere concluso dal solito ritornello, il Sal 80 sfocia in una promessa da parte del popolo, che si configura come una vera e propria professione di fede: “Mai più ci allontaneremo da te, facci rivivere e invocheremo il tuo Nome!”. Questo solenne impegno è espresso con una significativa alternanza di verbi: al centro viene evocata l’iniziativa del Signore Dio, il suo ridonare la vita al popolo; a questo primum decisivo corrispondono l’adesione a Dio e l’invocazione del suo Nome misericordioso da parte dei credenti. L’azione di Dio che “ritorna a donare la vita al suo popolo” (cf. Sal 85,7) fonda e sostiene la promessa del popolo di fare ritorno a Dio.
    Come ha scritto Agostino, “in questo salmo si canta la venuta (adventus) del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo”. Al riguardo, si potrebbe seguire la pista delle varie aree simboliche del salmo, interpretabili in chiave cristologica:
    Gesù Cristo è “il buon pastore” (Gv 10,11.14), colui che “cammina davanti alle sue pecore” (Gv 10,4); è l’Agnello diventato pastore, che guida i redenti alle fonti delle acque della vita (cf. Ap 7,17).
    è colui che ha detto: “Io sono la vite vera e il Padre mio è il vignaiolo … Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto” (Gv 15,1.5); nello stesso tempo è il Figlio inviato nella vigna e rifiutato dai vignaioli (cf. Mc 12,1-12).
    è il volto di Dio, come emerge dalle parole con cui il vangelo secondo Marco introduce Giovanni il Battista: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti al tuo volto” (Mc 1,2). Non a caso Origene annota, proprio a commento del Sal 80: “L’espressione: ‘Mostra a noi il tuo volto!’ si riferisce a Cristo, lui che è ‘l’immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura’ (Col 1,15)”.
    È però forse più suggestivo fornire la traccia di una lettura complessiva del Sal 80 in chiave cristologica. La prima strofa costituisce un appello alla parusia, alla venuta del Messia Gesù nella gloria, rivelazione definitiva della giustizia e della misericordia di Dio. Mentre cantiamo: “Risveglia presto la tua potenza e vieni a portarci la salvezza!”, il nostro cuore non può che intonare, in parallelo: “Marana tha! Vieni, Signore Gesù” (1Cor 16,22; Ap 22,20) e ascoltare la sua risposta: “Sì, vengo presto! Amen” (Ap 22,20).
    La domanda: “Fino a quando?”, che apre la seconda strofa, è un’urgente invocazione affinché si compia finalmente la giustizia di Dio, quella vissuta e insegnata da Gesù. Eleviamo dunque questo grido insieme ai nostri fratelli e sorelle perseguitati, di cui sono voce i martiri dell’Apocalisse: “Fino a quando, Signore, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue?” (Ap 6,10). Nello stesso tempo, però, dobbiamo fare memoria delle parole di Gesù, che collocano nella giusta prospettiva questa richiesta:
    Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (Lc 18,7-8).
    Le ultime due strofe possono essere lette insieme. La vigna è immagine anche della chiesa, diffusa su tutta la terra e pellegrina in mezzo alle traversie della storia: una chiesa che soffre sia per le persecuzioni mondane sia per i peccati dei suoi figli. Ebbene, la grande speranza dei cristiani che pregano il Sal 80 è che Dio visiti la chiesa e l’umanità intera, le porti cioè la sua salvezza attraverso la venuta gloriosa di Gesù Cristo. È Cristo “l’uomo della destra di Dio”, il “Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza che vedremo venire con le nubi del cielo” (cf. Mc 14,62; Mt 26,64). È Cristo il Sole che ci ha già visitato sorgendo dall’altro (cf. Lc 1,78); è lui il grande profeta attraverso cui Dio ci ha visitato (cf. Lc 7,16), ma “il tempo della sua visita” (cf. Lc 19,44) non è stato riconosciuto. Ecco perché, mentre terminiamo la lettura del Sal 80 invocando: “Mai più ci allontaneremo da te, facci rivivere!”, dobbiamo nel contempo chiederci con spietata lucidità: saremo in grado di riconoscere e di accogliere il Signore Gesù Cristo, “nel giorno della sua visita” (1Pt 2,12) definitiva? Ovvero: nel nostro oggi sappiamo – come ci chiede l’orazione colletta della I domenica di Avvento – “andare incontro con azioni di giustizia al Cristo veniente”? Sappiamo affrettare la venuta del Giorno di Cristo (cf. 2Pt 3,12)?
    Il nostro percorso potrebbe continuare mediante la presentazione dei diversi testi liturgici ispirati dalla versione latina del salmo 79 (80), soprattutto le tradizionali antifone maggiori dell’Avvento (dette “antifone O”, perché cominciano tutte con questo vocativo), oppure il cosiddetto polisalmo “Laetentur caeli”, anch’esso cantato durante le ferie maggiori di Avvento (17-23 dicembre). Ma ciò che conta non è accumulare testi, bensì cogliere la dinamica che li attraversa: il reciproco corrersi incontro tra il Signore che viene, che ritorna, e noi che facciamo ritorno a lui. Lo esprime magnificamente un’orazione colletta del tempo di Avvento, ispirata ancora una volta al nostro salmo:

    Ridesta la tua potenza, Signore (Excita, Domine, potentiam tuam; cf. Sal 79 [80],3),
    e con grande forza soccorrici.
    La tua grazia vinca le resistenze del peccato
    e affretti il momento della salvezza (Giovedì della I settimana di Avvento).

    C’è forse una richiesta più impellente, per chi attende davvero la venuta del Messia Gesù nella gloria, per chi desidera essere illuminato e salvato dalla luce del suo volto, quando finalmente si manifesterà e lo vedremo faccia a faccia?

    Signore, ricordati di noi,
    che siamo stati nutriti con un pane di lacrime
    e dissetati con lacrime in abbondanza:
    vieni e liberaci dalle nostre angosce.
    Ti preghiamo, facci ritornare a te,
    mostra a noi il tuo volto e saremo salvi.
    (Orazione salmica di tradizione africana, V secolo)


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