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    “Non lasciamoci

    rubare la gioia

    dell’evangelizzazione!”

    (EG, n. 83)

    Considerazioni conclusive

    Stanisław Ryłko

     

    1. Mentre questo IV Convegno Europeo di Pastorale Giovanile - all’insegna del tema: “Una Chiesa giovane, testimone della gioia del Vangelo” - volge al termine, vogliamo ancora una volta dare un breve sguardo al nostro continente europeo. È un continente che - come abbiamo visto - vive una difficile stagione, segnata da crisi profonde e soprattutto da uno smarrimento spirituale e culturale che provoca un forte e diffuso deficit di speranza. È un’Europa che rinnega le sue radici cristiane e perciò perde la sua identità e la sua anima. Papa Francesco dice che “da più parti si ricava un’impressione generale di stanchezza e d’invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace. Per cui i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni”.[1] E si domanda: “Come dunque ridare speranza al futuro, così che, a partire dalle giovani generazioni, si ritrovi la fiducia per perseguire il grande ideale di un’Europa unita e in pace, creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri doveri? [...] Un’Europa che sia in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose, sapendone cogliere la ricchezza e le potenzialità...”.[2] E da qui segue un accorato appello del Santo Padre: “È giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia, ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili; l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente. È giunto il momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su sé stessa per suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda e difende e tutela l’uomo...”.[3]
    La sfida più grande del nostro continente nel momento attuale è dunque il pericoloso deficit della speranza, avvertito soprattutto dalle giovani generazioni. Quanti giovani europei scartati ed esclusi a causa della dilagante disoccupazione, che rende impossibile pensare e progettare il futuro. Quanti giovani profondamente feriti dalla vita! Quanti giovani smarriti, senza punti di riferimento sicuri, in una società dominata da una cultura del provvisorio e da una cultura “liquida”, frutto dalla dittatura del relativismo. Quanti giovani abbandonati e soli a causa della diffusa crisi educativa, di cui tanto ha parlato il Papa Benedetto XVI. Si tratta di una “crescente difficoltà che si incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori-base dell’esistenza e di un retto comportamento”.[4] In un significativo “Appello” lanciato da un gruppo di intellettuali qualche anno fa, si leggeva in proposito: “Sta accadendo una cosa che non era mai accaduta prima: è in crisi la capacità di una generazione di adulti di educare i propri figli. Per anni dai nuovi pulpiti - scuole e università, giornali e televisioni - si è predicato che la libertà è l’assenza di legami e di storia, che si può diventare grandi senza appartenere a niente e a nessuno, seguendo semplicemente il proprio gusto o piacere. È diventato normale pensare che tutto è uguale, che nulla in fondo ha valore se non i soldi, il potere e la posizione sociale. Si vive come se la verità non esistesse, come se il desiderio di felicità di cui è fatto il cuore dell’uomo fosse destinato a rimanere senza risposta”.[5] E qui nasce un interrogativo che ci interpella tutti: quale risposta dobbiamo dare noi, come cristiani e come Chiesa, a una tale emergenza che mette a rischio le basi stesse della convivenza sociale e il futuro del nostro continente? E Papa Francesco ribadisce con forza: “I giovani di oggi chiedono di poter avere una formazione adeguata e completa per guardare al futuro con speranza, piuttosto che con disillusione...”.[6]

    2. Durante questo Convegno ci siamo lasciati guidare e ispirare dalle parole dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium. Come Chiesa che vive nel continente europeo, ci siamo sentiti particolarmente interpellati da Papa Francesco - primo Papa latino-americano! - e dal suo accorato appello di ritrovare quella “dolce e confortante gioia di evangelizzare...”.[7] La Chiesa in Europa ha urgente bisogno di entrare nel dinamismo di un permanente esodo per portare il Vangelo nelle periferie geografiche ed esistenziali del nostro continente, abitate da tanti giovani. Il Papa Francesco c’invita a farlo con gioia: “Possa il mondo del nostro tempo [...] ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo”.[8] Il Santo Padre apre il suo cuore davanti a noi, quando scrive: “Come vorrei trovare le parole per incoraggiare una stagione evangelizzatrice più fervorosa, gioiosa, generosa, audace, piena di amore, fino in fondo e di vita contagiosa!”.[9] Queste parole non possono lasciarci indifferenti! E le rileggiamo non senza commozione, pensando ai giovani del continente europeo...
    Parlando della pastorale dei giovani, nell’Evangelii gaudium, il Papa Francesco ci avverte della novità del contesto socio-culturale di cui bisogna tener conto nella nostra missione e scrive: “La pastorale giovanile, così come eravamo abituati a svilupparla, ha sofferto l’urto dei cambiamenti sociali. I giovani, nelle strutture abituali, spesso non trovano risposte alle loro inquietudini, necessità, problematiche e ferite”.[10] Soprattutto nel mondo dei giovani “il comodo criterio pastorale del «si è fatto sempre così»”[11] non regge più. Occorre essere audaci e creativi, cercare vie sempre nuove, linguaggi nuovi per comunicare ai giovani il Vangelo. Il Papa insiste sulla necessità di ascoltare i giovani con pazienza, di comprendere le loro inquietudini e le loro attese e imparare il loro linguaggio per annunciare Gesù Cristo (anche il linguaggio digitale!).
    Guidati dalla parola di Papa Francesco, durante il nostro Convegno, abbiamo potuto riscoprire l’importanza e la bellezza della pastorale giovanile. E proprio tramite questo Convegno, la Chiesa che vive in Europa ha voluto rinnovare la sua scelta preferenziale a favore delle giovani generazioni del nostro continente. Ha voluto mandare ai giovani europei un importante messaggio: “Voi siete la speranza di questo continente; voi siete la speranza della Chiesa; voi siete la speranza del Successore di Pietro, Papa Francesco; la Chiesa conta su di voi, giovani! La Chiesa si fida di voi!”.

    3. Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, Papa Francesco ci pone davanti alla necessità di “avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno”.[12] Ma oggi, per noi operatori di pastorale giovanile, cosa vuol dire in concreto tale conversione? Credo che significhi innanzitutto rivedere in profondità il concetto stesso di pastorale giovanile. Conversione in questo caso vuol dire riscoprire ciò che nella pastorale dei giovani è veramente essenziale. E cosa è essenziale?
    Il cristianesimo non è una dottrina, una decisione etica o una grande idea, ma l’incontro con la Persona di Gesù Cristo, che apre davanti a noi orizzonti nuovi e cambia la nostra vita. Credo che qui sia racchiuso un aspetto decisivo e determinante per l’impostazione della pastorale giovanile. Il compito principale di un operatore di pastorale giovanile, infatti, deve essere proprio quello di accompagnare i giovani all’incontro personale con Gesù Cristo e far scoprire loro che Gesù li guarda e li guarda con un amore infinito, nonostante i loro difetti, debolezze e fragilità, esattamente come nel colloquio con il giovane del Vangelo : “Gesù, fissatolo, lo amò” (Mc 10,17-22). “Vi auguro di sperimentare uno sguardo così! – scriveva San Giovanni Paolo II nella sua Lettera ai giovani - Vi auguro di sperimentare la verità che egli, il Cristo, vi guarda con amore!”.[13] È un’esperienza bellissima incontrare Cristo e sentirsi avvolti dal suo sguardo pieno d’amore. Deve essere questo il primo e fondamentale obiettivo della pastorale giovanile.
    Un secondo aspetto essenziale della pastorale giovanile riguarda una domanda che occorre suscitare nel cuore dei giovani: “Dov’è il tuo tesoro?”. Durante un colloquio con i giovani, Papa Francesco ha posto proprio questo interrogativo: “Dove riposa il tuo cuore? Su quale tesoro riposa il tuo cuore? Perché là dov’è il tuo tesoro sarà la tua vita. Il cuore è attaccato al tesoro, a un tesoro che tutti noi abbiamo: il potere, i soldi, l’orgoglio, tanti… o la bontà, la bellezza, la voglia di fare il bene… Tanti tesori ci possono essere… Dove è il tuo tesoro?”.[14]
    Quanto è importante aiutare i giovani a porsi queste domande! Aiutarli a riconoscere il vero tesoro, al quale anela il loro cuore, quel tesoro per cui vale la pena vivere, quel tesoro per il quale si è disposti a dare tutto, come l’uomo della parabola evangelica che, una volta trovato il tesoro nascosto in un campo o una perla preziosa, vende tutti i suoi beni per comprarli…[15] Dov’è il tuo tesoro? La pastorale giovanile non consiste nel dare delle risposte pronte ai giovani, ma nel saper suscitare in loro quelle domande fondamentali per la vita, quelle domande cioè che li aiutano a crescere. Secondo Papa Francesco, il punto chiave dello sviluppo di ogni persona è la “magnanimità”. Il Santo Padre dice infatti: “Noi dobbiamo essere magnanimi, con il cuore grande, senza paura. Scommettere sempre sui grandi ideali. Ma anche magnanimità con le cose piccole, con le cose quotidiane. Il cuore largo, il cuore grande. È questa magnanimità è importante trovarla con Gesù, nella contemplazione di Gesù. Gesù è quello che ci apre le finestre all’orizzonte. Magnanimità significa camminare con Gesù, con il cuore attento a quello che Gesù ci dice”.[16] Gli operatori di pastorale giovanile devono, perciò, avere l’audacia di sfidare i giovani, ponendo loro traguardi alti ed esigenti. Ogni giovane, anche quello confuso e smarrito, porta dentro di sé un enorme potenziale di bene da riscoprire e valorizzare e un operatore di pastorale giovanile deve accompagnare con amore e pazienza questo processo importante.
    E infine l’ultimo elemento essenziale della pastorale giovanile… Il Santo Padre Francesco dice: “Facciamo parte di un’umanità ferita […] dove tutte le agenzie educative specialmente la più importante, la famiglia, hanno gravi difficoltà un po’ ovunque nel mondo. L’uomo di oggi vive seri problemi di identità e ha difficoltà a fare le proprie scelte; perciò ha una disposizione a farsi condizionare, a delegare ad altri le decisioni importanti della vita”.[17] E continua: “Bisogna resistere alla tentazione di sostituirsi alla libertà delle persone e a dirigerle senza attendere che maturino realmente. Ogni persona ha il suo tempo, cammina a modo suo e dobbiamo accompagnare questo cammino”.[18] Si tratta di un messaggio di grande importanza per tutti noi. Ciascun operatore di pastorale giovanile deve svolgere il suo servizio di accompagnamento dei giovani nel pieno rispetto della loro libertà, delle loro scelte. Anzi bisogna aiutarli a maturare le loro scelte, specialmente quelle vocazionali… Ogni giovane ha un proprio ritmo di maturazione, ed è nostro compito rispettare tale ritmo e adattarsi al cammino di ciascuno per essergli veramente accanto. Solo così si educa realmente e si permette ai giovani di maturare come persone e come cristiani.
    La pastorale giovanile, come abbiamo detto, è strettamente legata alla questione delle scelte vocazionali dei giovani (matrimonio cristiano, sacerdozio, vita consacrata). Si tratta di scelte definitive, di scelte per la vita, che nella maggior parte dei giovani d’oggi suscitano timore. Papa Francesco ne ha parlato chiaramente durante la GMG di Rio de Janeiro: “Dio chiama a scelte definitive, ha un progetto su ciascuno: scoprirlo, rispondere alla propria vocazione è camminare verso la realizzazione felice di se stessi. Dio ci chiama tutti alla santità, a vivere la sua vita, ma ha una strada per ognuno. Alcuni sono chiamati a santificarsi costituendo una famiglia mediante il sacramento del matrimonio. C’è chi dice che oggi il matrimonio è «fuori moda». È fuori moda? [No...] Nella cultura del provvisorio, del relativo, molti predicano che l’importante è «godere» il momento, che non vale la pena impegnarsi per tuta la vita, di fare scelte definitive, «per sempre», perché non si sa cosa riserva il domani. Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare contro corrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente. Io ho fiducia in voi giovani e prego per voi. Abbiate il coraggio di andare contro corrente [...] Non abbiate paura di quello che Dio vi chiede! Vale la pena di dire «sì» a Dio...”.[19] Con pieno rispetto della libertà di ciascuno, la pastorale giovanile deve accompagnare la maturazione delle scelte vocazionali dei giovani.

    4. Un altro ambito di conversione riguarda l’identità degli operatori di pastorale giovanile: chi sono e come dovrebbero essere... E qui mi preme sottolineare un aspetto che mi sta particolarmente a cuore: essere un operatore di pastorale giovanile non è un mestiere, un ufficio o un incarico come altri. Si tratta di una vera e propria vocazione: è il Signore che chiama a questo ministero ed è Lui che affida questo compito. Un operatore di pastorale giovanile non è un esperto, uno specialista riguardo alla gioventù, ma è innanzitutto un autentico testimone di Cristo e di una fede vissuta fino in fondo. I giovani sono molto attenti e sensibili e si accorgono subito delle incoerenze tra le nostre parole e la nostra vita. Sant’Agostino scriveva in proposito: “Vi do un nutrimento di cui io stesso vivo. Metto sulla vostra tavola gli alimenti di cui mi sazio io stesso. Io sono un servo, non il padrone di casa. Pongo dinanzi a voi ciò di cui io anch’io vivo, del tesoro del Signore, delle vivande del Padre di famiglia…”.[20] Quanto è importante dare ai giovani ciò di cui noi stessi, per primi, ci nutriamo! E il Beato Paolo VI scriveva nell’Evangelii nuntiandi: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, […] o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.[21] Per questa ragione un operatore di pastorale dei giovani - sacerdote, religioso o laico - deve essere una persona “decentrata” - come dice Papa Francesco - una persona cioè che ha posto al centro della propria vita il Cristo e non il proprio “io”: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!” (Gal 2,20) scrive San Paolo. E così lui attira i giovani non a sé stesso, ma a Cristo.
    Essere operatori di pastorale giovanile, educatori e formatori, vuol dire poi essere “seminatori”. A noi spetta il compito della semina, ma la crescita non è opera nostra, è opera di Cristo. “Né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere” (1Cor 3,8) dice ancora l’Apostolo. Tale consapevolezza ci insegna l’umiltà. La persona “decentrata”, infatti, è umile e, al tempo stesso, audace, perché sa che la sua forza non risiede nelle sue capacità o nei suoi talenti, ma è una forza che viene da Dio. Un operatore di pastorale giovanile rispetta il principio del “primato della grazia” in tutto ciò che fa e - di conseguenza - deve essere un contemplativo, cioè un uomo di preghiera. Il cardinale Joseph Ratzinger ha pronunciato una volta parole memorabili a riguardo: “Non possiamo guadagnare noi gli uomini. Dobbiamo ottenerli da Dio per Dio. Tutti i metodi sono vuoti senza il fondamento della preghiera. La parola dell’annuncio deve sempre bagnare in una intensa vita di preghiera”.[22] E il Papa Francesco ribadisce a sua volta che l’evangelizzazione non può fare a meno del “polmone della preghiera”.[23]
    Altro elemento fondamentale della nostra identità di operatori di pastorale giovanile è avere un cuore colmo di inquietudine missionaria permanente, sull’esempio di San Paolo: “Guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9,16). Si tratta della capacità di saper guardare sempre oltre, di non chiudersi e di non fermarsi mai nella ricerca di vie sempre nuove per raggiungere i lontani, coloro che sono “fuori dall’ovile”, nelle “periferie”, ma che comunque appartengono a Cristo. È un’inquietudine questa che non deve mai lasciarci tranquilli dinanzi all’immensa messe evangelica… E questa inquietudine missionaria deve essere accompagnata dal gusto di stare con i giovani, dalla gioia di camminare con loro. Il Santo Padre Francesco nell’Evangelii gaudium si riferisce proprio a tale gusto, quando scrive: “Per essere evangelizzatori autentici occorre anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo”.[24] Un operatore di pastorale giovanile, dunque, è mosso continuamente da una vera passione per i giovani, e non si risparmia, è sempre disponibile ad ascoltarli, accompagnarli e servirli con animo generoso.

    5. Uno dei grandi nemici della pastorale giovanile – e della pastorale in genere - che spegne il nostro fervore e slancio missionario, è il senso di impotenza. Di fronte a tante e gravi sfide che il mondo lancia oggi alla missione evangelizzatrice della Chiesa, è facile cadere nella pericolosa trappola della rassegnazione e del “pessimismo sterile”[25]: “Non si può far niente! Ogni sforzo è vano!”. Questo Convegno ci ha mostrato invece che ciò non è vero. Non dobbiamo dare ascolto ai profeti di sventura, che purtroppo anche oggi non mancano. Papa Francesco insiste che la parola “crisi”, oggi tanto sbandierata, non costituisce solo un pericolo, ma anche un’opportunità. Dobbiamo evitare una visione apocalittica della storia e del nostro presente. E ci invita a “leggere la realtà e vivere questa realtà, senza paure, senza fughe e senza catastrofismi. Ogni crisi, anche quella attuale, è un passaggio, il travaglio di un parto che comporta fatica, difficoltà, sofferenza [...] La crisi può diventare un momento di purificazione e di ripensamento...”.[26] E durante questo Convegno abbiamo potuto riflettere insieme su tante sfide difficili che la post-modernità lancia alla nostra missione e ai giovani europei stessi, ma, al tempo stesso, abbiamo avuto modo di conoscere tante belle iniziative di pastorale giovanile che si realizzano in Europa, a livello di diocesi, di parrocchie, nelle associazioni e movimenti, che portano tanti frutti nella vita dei giovani. Il problema è che, il più delle volte, tali iniziative sono poco diffuse e quindi poco conosciute. Il segreto è allora quello di imparare a lavorare in rete, di stabilire contatti, di stringere legami tra le varie Chiese locali, tra associazioni e movimenti… Lo scambio delle esperienze pastorali, delle notizie e delle informazioni è fondamentale per recuperare la speranza e per non cedere alla rassegnazione e al pericoloso senso di impotenza. La Chiesa in Europa promuove tanti progetti pastorali a favore delle giovani generazioni e tra i giovani stessi c’è tanta fantasia missionaria. Il Papa Francesco ci incoraggia: “Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione!”.[27]
    Concludo con una parola che vuole essere anche un vero e proprio invio missionario. Dio ha chiesto al profeta Isaia: “Chi manderò? E chi andrà per noi?” (Is 6,8). E il profeta ha risposto senza indugio: “Eccomi, manda me!”. Oggi il Signore pone a ciascuno e ciascuna di noi la stessa domanda e attende la nostra risposta...


    NOTE

    1 FRANCESCO, Discorso al Parlamento europeo, in “L’Osservatore Romano”, 26 novembre, p. 4.
    2 Ibidem.
    3 Ibidem, p. 5.
    4 BENEDETTO XVI, Discorso di apertura del Convegno della Diocesi di Roma, in “L’Osservatore Romano”, 13 giugno 2007, p. 4.
    5 Appello: Se ci fosse una educazione del popolo tutti starebbero meglio, “Atlantide”, n. 4/12/2005, p. 119.
    6 FRANCESCO, Discorso al Parlamento europeo, in “L’Osservatore Romano”, 26 novembre 2014, p. 5.
    7 FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 10.
    8 Ibidem.
    9 Ibidem, n. 261.
    10 Ibidem, n. 105.
    11 Ibidem, n. 33.
    12 Ibidem, n. 25.
    13 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Dilecti amici, n. 7.
    14 FRANCESCO, Intervista con alcuni giovani del Belgio, in “L’Osservatore Romano”, 6 aprile 2014, p. 5.
    15 Cf Mt 13, 44-46.
    16 FRANCESCO, Dialogo con gli studenti delle scuole gestite dai Gesuiti in Italia e Albania, in “L’Osservatore Romano”, 9 giugno 2013, p. 6.
    17 FRANCESCO, Discorso ai partecipanti al III Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, in “L’Osservatore Romano”, 23 novembre 2014, p. 6.
    18 Ibidem.
    19 FRANCESCO, Discorso ai volontari della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, in “L’Osservatore Romano”, 29-30 luglio 2013, p. 11.
    20 SANT’AGOSTINO, Discorsi 339,4.
    21 PAOLO VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, n. 41.
    22 CARD. JOSEPH RATZINGER, La nuova evangelizzazione, in “L’Osservatore Romano”, 11-12 dicembre 2000, p. 11.
    23 Cf FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 262.
    24 FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 268.
    25 Cf FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 84.
    26 FRANCESCO, Incontro con il mondo della cultura durante la visita pastorale a Cagliari, in “ L’Osservatore Romano”, 23-24 settembre 2013, p. 7.
    27 FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 83.

    (IV CONVEGNO EUROPEO DI PASTORALE GIOVANILE “Una Chiesa giovane, testimone della gioia del Vangelo” Roma, 11 - 13 dicembre 2014)


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