Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email


    L'arte di disporsi

    alla tenerezza

    Oltre le durezze cognitive e le rigidità emotive

    Micaela Filippini


    Nella relazione di cura, nei servizi dell'ambito sociale e sanitario, non basta «fare», non è sufficiente cercare procedure tecniche e individuare nuovi protocolli d'intervento. Occorre il tempo per riflettere, per interrogare quello che si fa. Un tempo per pensare, non solo i singoli atti, bensì la re-lazione che lega, tesse ogni tassello in un tessuto emotivo della cura.
    Nasce il bisogno di pause di riflessione, spazi aperti per conoscersi; si respira l'urgenza di poter disporre di un «tempo dedicato» all'interno dell'affaccendarsi della cura ormai prestazionale e non più relazionale.

    Dar voce al sentire

    Spesso il sentire nei luoghi di cura resta chiuso alla percezione dei singoli, alle sensibilità dei soggetti. L'emozione non ha voce, ma è parola, è segno di vitalità (1).
    L'aver cura della vita emotiva nasce dall'esigenza di risvegliare la sensibilità di una cura autentica e di una cura intima di sé. L'operatore deve avere cura dei propri sentimenti mettendo in atto la capacità di elaborarli per fare di essi sguardi intelligenti sull'esperienza (2).
    È «la lezione fenomenologica (che) ci propone di tornare sempre alla vita e alla soggettività come ineguagliabile «fonte di conoscenza» (3). Nell'esistenza il soggetto può fare esperienza di conoscenza e, conoscendo, modificarsi ricreando incessantemente se stesso. È un percorso di maturazione interiore, l'apprendimento di una competenza dell'aver cura autentico, un'autocoscienza dell'essere operatore.
    Il sentire e non solo l'intelligere costituisce il mondo vitale originario (Lebenswelt) del soggetto umano: il sentire di sentire rende viva la persona; il sentire l'essere configura il soggetto nella sua sensibilità come affettività e corporeità sessuata, al maschile e al femminile.
    Scrive una persona tossicodipendente che ha concluso il suo programma di recupero:
    Riesco ad ascoltare i miei sentimenti anche se in me prevale la razionalità. So però quanto sia importante, per il mio bene, l'ascolto dei miei sentimenti (...) è in questa consapevolezza che ho ricontattato la mia persona, «la mia anima». (4)
    Per arrivare a ciò è necessario prendersi cura di sé, addentrarsi nella propria vita interiore, esplorare le profondità di sé attraverso l'arte del sentirsi.

    Si tratta di praticare una fenomenologia del sentire: pensare l'accadere della propria vita emotiva (5).

    In questo senso rappresenta «un lavoro su di sé, e per sé, che non ci esonera certo dal poter essere, come adulti ma non solo, educatori di interiorità e, soprattutto, educatori di noi stessi» (6).
    Un prendersi cura di sé, attraverso l'arte del sentirsi, in sintonia con le profondità del sé, «vale a dire saper conoscere, accettare, ascoltare, elaborare, esprimere il proprio mondo interiore passando da una sentimentalità generica e ridotta a una ricca e adeguata» e simmetricamente un prendersi cura dell'altro, attraverso l'arte del sentire, in un concerto d'animi, per «saper accogliere l'altro come soggettività titolare di una sua dignità e di un suo valore» (7).

    La tenerezza per riconciliarsi

    Ciascun educatore, infermiere, assistente sociale, medico si trova prima o poi a confrontarsi con i limiti personali e professionali.
    Intenerire il limite vuol dire accoglierlo non come linea che traccia ciò che «non c'è», ciò che manca, perché le mancanze ci fan perdere di vista le risorse; vuol dire rimarcare non l'assenza ma la possibilità di essere altro rimanendo fedeli a se stessi.

    Il proprio «essere mancanti di» è condizione che va accettata. E il saper stare nella mancanza senza ansie di riempimento che dischiude la possibilità di esperire la quiete dell'anima. (8)

    Il sentire intenerito (disporsi nella tonalità affettiva della tenerezza) permette di assumere la responsabilità dell'altro, di assumerne le fragilità e le vulnerabilità non come peso ma stando in ascolto.
    Le parole di un'infermiera aiutano a cogliere questo aspetto:

    Tra noi è magia, risonanza istantanea. Non ho paura di varcare il «limite» che la professione m'impone, è un incontro di anime prima che d'altro, che la professione ha reso possibile. In questo incontro il limite e il ruolo vengono annullati, per sentirsi esseri umani che il caso ha fatto incontrare su una strada in cui non si è così distanti (9).

    Questo impegno, che interroga l'eticità delle professioni di cura, si ricopre di un grande significato, a volte di difficile confronto, come racconta un'animatrice in RSA:

    Vivo male il limite, vedo il limite che la società crea all'utente. A volte mi do totalmente e mi prosciugo. A volte il limite ce lo creiamo noi operatori, dalla smania di fare si perde il focus, cioè la persona.

    Ancora, un operatore di comunità dichiara come nel rapportarsi alle scelte, alle decisioni progettuali,

    ci si allena a misurarsi costantemente col limite del pregiudizio e delle conclusioni affrettate. (10)

    Responsabilmente il senso del limite è anche stare un passo indietro. L'operatore «sa anche arrestarsi talvolta o retrocedere davanti a quel continuo "oltre" che è l'evento educativo. Questa è coscienza del "limite"». (11)
    Nella vita come nei progetti educativi, terapeutici, riabilitativi, la tenerezza vissuta come gentilezza, come umanità favorisce l'apertura alla trascendenza, alla possibilità.
    Il valore della tenerezza permette di cambiare chiave di lettura, di trovare la chiave che possa aprire quella serratura, permette di aprirsi alla trascendenza, alla possibilità, perché ci si pone con gentilezza in risposta al volto dell'altro che interpella, come si può cogliere nelle parole di un'animatrice:

    Vedi la persona nel suo essere, anche una carezza data in modo sentito schiude la persona che ti risponde con lo stesso registro. Ciò accade quando mi sento tenera.

    Se si avesse la consapevolezza della propria tenerezza si potrebbe relativizzare tutto il resto e lavorare meglio in una dimensione altra di speranza.
    Il sentire intenerito si esprime in uno stile di vita e di rapporto interpersonale fatto di dolcezza, benevolenza, attenzione, simpatia, comprensione, capacità di commuoversi. Non va confuso con le sue goffe e mollicce sdolcinature, richiede delicatezza perché il valore della persona porta in sé una sua sacralità, come racconta questa infermiera del reparto di Neonatologia:

    Telefonai a sua mamma, dovevo avvisarla, come facciamo con tutti i genitori dei bambini che si aggravano. Lei, dopo un lungo sospiro, mi ha intimato di non fare niente. Eravamo da soli, in quel momento, io e Fabrizio, ed è stato quello il primo momento in cui mi sono sentita mamma; subito dopo, sono fuggita lontano.
    Fabrizio mi ha fatto sentire, per la prima volta in vita mia, la dolcezza, lo struggimento, la tenerezza di madre. Come ho fatto a non accorgermene prima? Come ho fatto a non sentirlo prima? (12)

    Si può aver bisogno di coltivare questo sentimento per imparare a essere teneri con se stessi, come persona e operatore, riconciliandosi con i propri limiti senza ingrandirli oltre misura, essendo tollerante, per trasformare l'oscurità e l'opacità interiore in luce.
    In un certo senso si può sentire il bisogno di intenerirsi per riconciliarsi con il proprio corpo. È il richiamo ad accettarsi.

    La tenerezza è il frutto dell'esserci accettati come esseri scissi e frammentati. Solo un soggetto fratturato e un'autonomia messa in discussione permettono l'emergere di logiche della dipendenza e della sensorialità che sono imprescindibili per inoltrarsi in un mondo interumano senza smanie di conquista. (13)

    La grandezza della tenerezza come maturità affettiva tiene in considerazione la situazione di coloro a cui è rivolta; in un'ottica di intersoggettività e di reciprocità ci si rimette a una scuola di armonia che non reprime, ma rimane aperta con gli occhi di chi guarda la realtà. Tutto ciò è liberante e alleggerisce il peso del limite. È quasi

    «fare pace» con la vita, anche con quella degli altri, è una speranza alla quale difficilmente rinunciamo per vedere realizzato il sogno di un cambiamento. (14)

    L'attitudine all'intenerimento è un'esigenza incancellabile dell'animo, una componente costitutiva per una piena realizzazione dell'umanità della persona; è un cuore palpitante, accogliente, capace di compassione, di benevolenza e di amicizia gratuita.
    Nel momento in cui scegliamo l'autenticità della vita e della cura siamo sempre davanti, presenti al sentimento, viviamo la dimensione dell'essere-con per assumere l'esistenza nella sua finitudine, come nella sua trascendenza.
    Seguendo quest'indicazione diventa importante vivere la tenerezza come scelta, non come dato scontato o spontaneistico del proprio vissuto concreto, perché la si sperimenta, perché accade e avviene istintivamente.

    Assumere la responsabilità e aprirsi alla speranza

    Dare fiducia, speranza, possibilità trasforma la realtà, cambia l'ordine, le priorità delle cose: la persona che si sente fiduciata guarda con occhi nuovi al mondo, al sentire. Questo atteggiamento, irrinunciabile per vivere al meglio la cura e l'educazione, invita a interrogare la realtà. Ci sono possibilità che aiutino a sperare? E a sentire la speranza? E a dare voce alla speranza?
    La prospettiva pedagogica, secondo l'orientamento fenomenologico, è di speranza, guarda al futuro: rilancia la situazione di gettatezza con l'assunzione di responsabilità da parte del soggetto, si traduce operativamente nel corrispondere alla vita con la vita. E la gioia, la pienezza, la realizzazione provengono dall'aver agito responsabilmente, nell'aver risposto al significato implicito della situazione concreta.
    Attraverso la disposizione interiore della tenerezza si compie quella condivisione di destino che permette all'operatore di corrispondere alle esigenze più profonde dell'altro e, così facendo, realizzare l'essenza etica del gesto di cura. Come afferma quest'educatrice:

    Se non avessi attraversato quella situazione, se non avessi incontrato quel volto, se non avessi donato un sorriso o un sostegno, forse nessun altro l'avrebbe fatto. Di qui lo slancio, la voglia di continuare, di dare ancora con entusiasmo la propria vita per gli altri.

    L'assunzione di responsabilità non è da confondere con protezione, entro cui si possono insidiare le «derive» della tenerezza, quali il sentimentalismo, la compensazione ai vuoti del cuore oppure l'accettazione passiva in modo remissivo o ancora l'iperprotezionismo dell'altro. Nella relazione si cercano le possibilità dando senso alla situazione, al proprio stare, al proprio essere-nel-mondo, nell'attesa di aprire nuovi scenari dove poter esprimere il poter essere di ciascuno.
    L'esperienza vissuta (Erlebnis) è il primo strumento di comunicazione intersoggettiva in cui vedere nell'altro non un altro da me, ma un altro me.
    Allora assumere la responsabilità dell'altro per aprirsi alla speranza significa vivere una compartecipazione emozionale di esperienze in cui poter dichiarare «Io spero in te per noi» (15). Senza fughe, ma stando nella situazione, senza permettere che l'anima si lasci intorpidire dalla sofferenza e dal dolore. Solo così la speranza non è utopia, ma nasce dalla concretezza e può crearsi come dimora dell'in-atteso, di ciò che si è sperato, culla della trascendenza.
    Assumendo la postura emotiva del sentire intenerito, è possibile intravedere un punto luce che si estende in un fascio di luce della trascendenza dove sí ha una visione della realtà più complessa, ma anche completa, che tiene conto del tutto e di ogni sua singola parte.

    Come apertura nel tempo e come sgomitolarsi nel tempo, non è in fondo se non la premessa all'essere-insieme agli altri nella solidarietà e nella comunione. (16)

    Ci si rinnova nella tenerezza perché nella continua apertura alla possibilità, si rinuncia al sé affermando se stesso al tempo stesso. È forse questo il senso di «scegliersi per l'educazione nell'incessante scegliersi per-la-vita» (17).
    La ricerca di senso, come elemento della fenomenologia, permette di dare un nuovo orizzonte alle esperienze, di allargare gli orizzonti come «i bambini possono allargare il loro sguardo nell'orizzonte della speranza, che è una loro dimensione specifica» (18). L'orizzonte di senso consente di costituirsi sempre di nuovo vivendo, assumendo le forme dell'incerto, dell'imprevedibile in una continua apertura, in un continuo fluire. Così la relazione, il dinamismo salva l'operatore nell'incontro, si fa liberante della persona e della sua manità (umana presenza) per la propria autenticità.
    Nel lavoro con gli anziani vedere la persona depressa sorridere, osservare le persone apatiche che dimostrano curiosità, dischiude la possibilità, anche per l'operatore sociale, di agire in un mondo nuovo per le emozioni che comunicano. Perché curandosi degli altri ci si prende cura di sé ed educando si può crescere arricchendosi.
    Racconta un'animatrice di una residenza sanitario-assistenziale:

    Ricordo, dopo l'attività di musicoterapia, un'anziana che disse «Per fortuna ci sei tu, mi hai dato una gioia che non provavo da tempo».
    Un'altra signora invece mi rivelò durante un'attività di recitazione: «Posso parlare, mentre a casa mi dicono di tacere». Dischiudere mondi possibili significa lasciar accadere l'imprevedibile.

    Anche di fronte alle situazioni più dure dal punto di vista umano, più dolorose, íl lasciarsi intenerire permette di vivere in un clima di positività. Quando lo sconforto impoverisce le relazioni, ci si sente pronti e in grado di dare forza, fiducia.
    Si anima la speranza andando a toccare quelle parti molli del temperamento e degli affetti, della fiducia in sé e negli altri, della speranza e resistenza contro ogni delusione. La tenerezza si dimostra feconda del cambiamento, della trasformazione anche nelle situazioni più dure, dolorose. È forza creativa e originale, fa sgorgare acqua viva dalla roccia.

    Sensibilità di gesti inteneriti

    Punto irrinunciabile che identifica l'inizio di questo cammino è il corpo vissuto. Nel corpo la tenerezza riconosce la radicale unità psicosomatica del soggetto, dove «il corpo esperito spazialmente e percepito per mezzo del corpo proprio sia lo stesso corpo somatico» (19).
    Il sentire intenerito genera energia creativa che viene comunicata dallo sguardo e dagli altri sensi. Infatti «l'animatore si trova impegnato non solo a dare vita, a dare energia, ma a sensibilizzare, ad affinare la capacità di sentire (e quindi di sperimentare) delle persone» (20).
    Si impara a conoscere la dimensione dell'essere teneri, nell'accezione di un rinnovato senso di meraviglia che porta alla compartecipazione dei sentimenti e alla caduta delle barriere. Diventa importante, allora, nella relazione di cura, rinnovare il senso dello stupore, della meraviglia che apre l'orizzonte del poter intenerirsi per meglio partecipare al vissuto dell'altro, senza assimilarlo a un mio ordine di significati. Liberare, risvegliare la tenerezza nel corpo vissuto, dunque.
    Se compito pedagogico è anche quello di sapere formare delle sensibilità, è utile partire dai sensi per poterli educare alla postura emotiva della tenerezza. Educare i sensi a esprimersi mediante gesti che promettano tolleranza, solidarietà, convivialità sociale. Costa fatica ma porta in sé gratificazione e gioia, ad esempio nel comunicare a gruppi di persone un tema che si sente a cuore e percepire in loro un senso liberatorio; nel tenere la mano di una persona in lacrime che sussurra un ringraziamento. È qui che possiamo scorgere come la tenerezza si trasformi in tolleranza, dove l'altro non è un peso da tollerare, ma è com-preso perché preso con sé.
    I gesti della cura sono intenzionali, cioè direzionali e intenzionati: il gesto di tenerezza è un ponte, una via verso l'altro. Per una cura autentica diventa importante «imparare nuovi gesti» (21), che siano visibili, tangibili. Come il sorriso, la carezza, lo sguardo. Sono tutti elementi che fanno parte di un volto che esprime l'umanità della persona e ogni singolo gesto può essere rivestito di significati inesplorati.
    Il gesto che più porta con sé la carica umana dell'aver cura è fasciare le ferite. Avvolgere in fasce richiama il gesto di una madre, del prendersi a cuore, come fece il buon samaritano davanti all'uomo vittima di un'aggressione.
    Immaginando questo evento in un contesto di cura, le fasce assumono una ricca veste simbolica: fasciano, proteggono, curano, stringono, coprono, nascondono la ferita, del corpo e dell'anima.
    Chi sapientemente avvolge in fasce? La persona, con le sue mani. Grazie alle mani, possiamo compiere gesta inenarrabili, ma anche esprimere tenerezza e partecipazione nella stretta di mano in segno di saluto. La mano è una parte preziosa del corpo, è un prolungamento del nostro corpo vissuto, come disse Marcel (22). Sono molteplici i gesti che si possono compiere con la mano e soprattutto quei gesti che mostrano una tenerezza e una speranza incarnata. Ne sono un esempio il tendere la mano per toccare, sfiorare senza voler afferrare.
    La mano può assumere diverse caratteristiche, può essere tesa, morbida, delicata, diafana, sottile, fresca, leggera. Nel comporre il gesto la mano si presta a diverse posture, può essere tesa a portare aiuto, sollievo, respiro, ma anche attesa nel dolore, nella ricerca di sicurezze e di sostegno o semplicemente di riconoscimento e di calore umano. È prezioso questo ricordo di Borgna:

    Mi salutava ogni volta con un gesto straziato della mano: dal quale sembravano rinascere speranze antiche: anche se slavate e ferite. (23)

    Anche i silenzi e le lacrime sono testimoni di una sofferenza che arde e che teneramente ferisce la corporeità aperta a nuove speranze.

    Ricercare la tenerezza nell'agire quotidiano

    Spesso non si è consapevoli dell'accadere della vita intorno a sé, o meglio dentro se stessi. Il linguaggio delle parole e la musicalità della propria voce, che si accompagna al linguaggio del corpo in presenza con il suo calore umano, mettono in rilievo quel sentire intenerito di sé che tante volte si va cercando negli altri sull'onda di un puro sentimentalismo, per acquiescenza o per dipendenza psicologica; invece è possibile riconoscerlo verso se stessi.
    Testimonianza significativa di come si può essere teneri con se stessi per esserlo con gli altri ci viene dai bambini, nella loro sincerità e ingenuità, difficili da imitare, ma pur sempre contagiosi, come racconta un'educatrice del nido:
    Eppure, nel gioco e nel canto, la loro infinita vitalità esplode, con quella spensieratezza che «dovrebbe» essere sempre diritto alla loro età, contagiando noi adulti e allargando il cuore alla speranza. (24)
    L'arte del sentire intenerendosi è possibile attraverso un'autocoscienza corporea dove il sentimento non è solo la fisicità dei gesti, ma è anche sensazione fragile, imprevedibile e momentanea di meraviglia che si espande in un'apertura per far posto all'alterità.
    La relazione affettiva che incarna i gesti della cura, oltrepassando le fredde azioni tecniche, seppur necessarie, riempie di senso l'evento educativo, risignificandolo nel momento in cui se ne prende consapevolezza, perché si rende comunicabile.
    In questo senso la disposizione d'animo all'intenerirsi diventa una risorsa e la possibilità di ricercarla e sperimentarla nel proprio agire quotidiano, sia a livello personale che professionale, matura nella persona un segno di forza interiore.


    NOTE

    (1) Cfr. Merleau Ponty M., Fenomenologia della percezione, il Saggiatore, Milano 1965.
    (2) Cfr. Iori V., Il sapere dei sentimenti, in Id. (a cura di), Emozioni e sentimenti nel lavoro educativo e sociale, Guerini, Milano 2003, pp. 193-209.
    (3) Demetrio D., L'educazione interiore. Introduzione alla pedagogia introspettiva, La Nuova Italia, Firenze 2000, p. 241.
    (4) CEIS. Centro Italiano di Solidarietà per il recupero dei tossicodipendenti, in Iori V. (a cura di), Emozioni e sentimenti nel lavoro educativo e sociale, op. cit., p. 166.
    (5) Mortari L., Aver cura della vita della mente, La Nuova Italia, Firenze 2002, p. 87.
    (6) Demetrio D., op. cit., p. 92.
    (7) Rossi B., L'educazione dei sentimenti, UNICOPLI, Milano 2004, p. 11.
    (8) Mortari L., op. cit., p. 91.
    (9) Veroni C., Laboratorio di narrazione in un servizio di terapia radiometabolica, elaborato finale Master universitario «Relazioni e sentimenti nelle professioni educative e di cura», Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza 2005, p. 27.
    (10) Cigarini A., Vivere le proprie emozioni in una comunità educativa, elaborato finale Master universitario citato, p. 2.
    (11) Iori V., Essere per l'educazione. Fondamenti di una epistemologia pedagogica, La Nuova Italia, Firenze 1988, p. 121.
    (12) Reparto di Neonatologia. Azienda Ospedaliera Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, in Iori V. (a cura di), Emozioni e sentimenti nel lavoro educativo e sociale, op. cit., p. 112.
    (13) Restrepo L. C., Il diritto alla tenerezza, Cittadella Editrice, Assisi 2001, p. 74.
    (14) Cigarini A., Vivere le proprie emozioni in una comunità educativa, op. cit., p. 2.
    (15) Marcel G., Homo viator. Prolegomeni ad una metafisica della speranza, Borla, Milano 1980, p. 72.
    (16) Borgna E., L'attesa e la speranza, Feltrinelli, Milano 2005, p. 92.
    (17) Iori V., Essere per l'educazione, op. cit., p. 171.
    (18) Bastianini B., «È l'oltre che tiene vivo il viaggio»: esperienze educative nella scuola elementare e materna, elaborato finale Master universitario citato, p. 32.
    (19) Husserl E., Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Einaudi, Torino 1965, vol. II, p. 538. Altri autori come Merleau Ponty, Marcel, Mounier, Prini, Binswanger hanno utilizzato l'espressione «corpo vissuto» derivandola dal pensiero husserliano.
    (20) Triani P., Ipotesi sul metodo dell'animazione, in «Animazione Sociale», 2, 2001, p. 77.
    (21) Mantegazza R., Pedagogia della resistenza, Città Aperta, Troina 2003, p. 105.
    (22) Marcel G., Giornale metafisico, Ed. Abete, Roma 1966, p. 230.
    (23) Borgna E., L'attesa e la speranza, op. cit., p. 25.
    (24) Bastianini B., «È l'oltre che tiene vivo il viaggio», op. dr., p. 36.

    (Animazione Sociale agosto/settembre 2007, pp. 45- 50)


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu