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    La struttura dinamica della formazione


     

    La struttura dinamica

    della formazione

    Pierpaolo Triani

    Vi possono essere diversi modi di accostare la tematica della formazione. A prescindere dalle diverse tradizioni linguistiche (si pensi, ad esempio, alla pregnanza del termine Bildung nella tradizione tedesca) e dai diversi contesti d’uso, si può riconoscere l’esistenza di una duplice prospettiva.
    Nella prima prospettiva l’espressione formazione è utilizzata considerando l’uomo principalmente come «destinatario» di un’azione formativa. Riflettere sulla questione formativa significa, in questo caso, cercare di comprendere, scegliere, attuare ciò che si ritiene indispensabile per la crescita, la maturazione, l’aggiornamento, la cura del soggetto. Tale prospettiva si caratterizza perciò per un punto di vista «esterno» con cui si guarda al rapporto tra formazione e uomo. La formazione è ciò che serve all’uomo per svilupparsi pienamente e pensare la formazione significa primariamente pensare l’organizzazione delle esperienze, dei contenuti, dei valori che si ritengono importanti.
    Accanto a questa prospettiva, di cui sono facilmente intuibili l’importanza e l’insufficienza, è necessario fare strada ad un’altra che comprenda il rapporto tra formazione e uomo «dall’interno», riconoscendo all’uomo il ruolo non solo di destinatario ma soprattutto di «soggetto» del processo formativo. Se la prima conduce, giustamente, ad interrogarsi sull’organizzazione delle azioni, la seconda porta invece ad interrogarsi sull’uomo in quanto soggetto intrinsecamente segnato da una spinta formativa. Con la prima prospettiva cerchiamo di rispondere alla domanda: come possiamo promuovere la formazione dell’uomo? Attraverso la seconda vediamo invece farsi strada altre domande: che cosa significa che l’uomo si forma? Vi sono dei dinamismi fondamentali nel processo formativo? Alla crescita della prospettiva interna contribuisce, significativamente, il filosofo e teologo canadese Bernard Lonergan (1904-1984), il cui pensiero, a cent’anni dalla nascita e a vent’anni dalla morte, sta vivendo anche nel nostro paese un crescente (seppure circoscritto) interesse [1]. Rinviando alla letteratura specialistica [2] e alla lettura delle opere per coglierne appieno il profilo e la portata, in questo breve saggio si intende soltanto accennare alla sua teoria della formazione per segnalarne la rilevanza. Si tratta di una teoria della formazione non dichiarata, in quanto Lonergan non ha mai utilizzato questa espressione. Interessandosi, però, in tutto l’arco della sua vita, ai problemi inerenti il metodo della conoscenza e della coscienza dell’uomo, ha elaborato un insieme di riflessioni che tracciano un quadro organico in merito al tema della formazione «generale» dell’uomo.

    Processo aperto e strutturato

    La formazione umana è un processo di strutturazione e di differenziazione composito e articolato, sempre aperto e precario.
    «L’autotrascendenza dell’uomo è sempre precaria. Da sé l’autrascendenza comporta tensione tra l’io in quanto trascende e l’io in quanto trasceso. Per cui l’autenticità umana non è mai un possesso puro, sereno, sicuro. È sempre un ritirarsi dall’inanutenticità. Il nostro progresso nell’intelligenza è al tempo stesso eliminazione di fraintendimenti e di incomprensioni. Il nostro progresso nella verità è al tempo stesso correzione di sbagli e di errori. Il nostro sviluppo morale avviene attraverso il pentimento dei peccati. La religiosità autentica viene scoperta e attuata riscattandoci dalle molte insidie del traviamento religioso» [3].
    Il carattere precario del «divenire uomini» non comporta l’assenza di punti di riferimento. Lonergan ritiene si possa riconoscere l’esistenza di una «componente antropologica di base» [4] che costituisce il nucleo portante della formazione umana, sul quale si innestano le permanenze ed i mutamenti. Essa è costituita principalmente dal dinamismo della coscienza. Un dinamismo che si va strutturando nei primi anni di vita, ma che si consolida e acquisisce forme differenziate nel corso dell’esistenza a seconda delle storie personali e dei contesti culturali. Questo dinamismo sta alla base del processo di risignificazione di sé che connota specificatamente la formazione in quanto umana.

    Il dinamismo della coscienza

    Per Lonergan la coscienza non è una «cosa» che possa toccarsi o vedersi, quanto piuttosto una realtà qualitativa dell’uomo. È esperienza del soggetto in quanto soggetto; è attività in cui il soggetto è consapevole di essere tale; è «la presenza del soggetto a se stesso come soggetto» [5].
    La coscienza va configurandosi, in modo inseparabile dal contesto di vita, attraverso un dinamismo proprio che comporta il manifestarsi, l’attuarsi e lo strutturarsi di un complesso di operazioni consce ed intenzionali. La comparsa e l’esercizio di specifiche operazioni, a loro volta, permette al soggetto di rapportarsi alla realtà e di essere presente a se stesso in modo qualitativamente diverso, dando origine così a quelli che Lonergan chiama i «livelli di coscienza». Egli ne individua fondamentalmente sei.
    Il primo livello è quello della vita non cosciente, dove il soggetto è solo potenzialmente presente a sé (si pensi allo stato di sonno senza sogno).
    Il secondo livello è quello frammentario del sogno, dove la presenza a sé e l’intenzionalià sono attive ma solo in modo frammentario e incoerente. È solo nel momento in cui l’uomo si sveglia che si manifesta pienamente il dinamismo coscienziale attraverso ulteriori quattro livelli.
    Nel livello empirico il soggetto percepisce, immagina, prova sentimenti.
    Tutte le diverse operazioni che caratterizzano questo livello possono essere ricondotte all’operazione base dello «sperimentare» e attraverso di esse l’uomo fa esperienza di sè come soggetto esperienziale.
    Il dinamismo stesso però spinge il soggetto a non fermarsi a ciò che sente e che prova, ma attraverso le domande per l’intelligenza è condotto ad un nuovo livello di coscienza: il livello intellettuale. L’operazione di riferimento di questo livello è il comprendere che comporta l’indagine, l’intellezione, l’elaborazione di concetti. Attraverso l’esercizio di queste operazioni il soggetto è presente come intelligente: come colui che indaga, coglie le relazioni, capisce.
    Con la comparsa delle domande per il giudizio la coscienza del soggetto s’innalza ad un nuovo livello definito razionale. L’operazione fondamentale di questo livello è rappresentata dal giudicare e il soggetto è presente a sé come soggetto razionale, ossia capace di riflettere criticamente e di emettere giudizi.
    Sperimentare, comprendere e giudicare costituiscono insieme il processo conoscitivo del soggetto e soltanto l’attuazione congiunta delle tre operazioni può portare alla conoscenza.
    Ma il dinamismo coscienziale non si ferma al campo conoscitivo; spinge invece l’uomo all’azione. Con le domande per la scelta, l’uomo è innalzato al livello responsabile dove l’operazione fondamentale è quella del decidere. Nel momento in cui l’uomo è presente a se come colui che decide egli diventa soggetto esistenziale.

    Dinamismo ricorrente e progressivo

    Grazie al dinamismo coscienziale si va arricchendo la qualità della coscienza personale e correlattivamente il rapporto tra il soggetto e la realtà intenzionata, che diventa sempre più articolato e raffinato. Il dato di partenza oggetto dell’esperienza non è «identico» a ciò che è inteso nel livello responsabile. Si è andato modificando fortemente: da ciò che si è visto, percepito, sentito, a ciò che si è compreso, giudicato vero o falso, scelto o rifiutato.
    Il dinamismo della coscienza si va strutturando nel tempo ma non presenta un andamento meramente lineare quanto piuttosto ricorrente e progressivo, in quanto le operazioni del primo livello richiamano quelle del secondo, queste quelle del terzo, e così quelle del quarto; ma queste ultime -con il loro stretto legame con l’azionerimandano a loro volta al primo.
    L’insieme articolato delle operazioni coscienziali con il loro progressivo affermarsi e strutturarsi rappresenta il metodo fondamentale della vita conscia, il «metodo empirico generalizzato» da cui si generano gli altri metodi conoscitivi, e costituisce un dato di primaria importanza nella prospettiva formativa. La costruzione della vita umana, infatti, passa attraverso la capacità dell’uomo di essere attento, di essere intelligente, razionale, responsabile; la cura dell’umano chiama in causa la promozione integrata dei quattro livelli della coscienza.

    Lo schema coscienzale di Lonergan, con la sua articolazione e dinamicità, ci facilita nel riconoscere, in contro luce, come si mettano in atto forme di riduzionismo formativo quando si enfatizza un livello della coscienza a scapito degli altri.
    L’accentuazione esclusiva della coscienza empirica porta all’errore dell’esperienzialismo. L’enfasi sulla comprensione porta all’intellettualismo. Il ritenere elemento decisivo della formazione la trasmissione di giudizi, in modo separato dalla comprensione e dal contatto sensibile con i dati, fa assumere una posizione moralistica. L’accentuare l’aspetto della decisione senza porre attenzione al livello di esperienza, di comprensione e di giudizio che un soggetto ha di determinati significati fa scivolare l’attenzione formativa verso la deriva volontaristica.

    Affettività e intersoggettività

    Il carattere dinamico che Lonergan ha riconosciuto alla coscienza ha caratterizzato anche il suo lavoro. L’attenzione ai processi della conoscenza lo ha condotto ad interessarsi alla coscienza; questo interesse, a sua volta, lo ha portato ad interessarsi al soggetto nel suo insieme [6]. Se dunque il dinamismo coscienziale ha il ruolo di operatore centrale, è il soggetto coscienziale nella pluralità e unità delle diverse dimensioni l’attore del processo formativo. Per questa ragione, con sempre maggior intensità, Lonergan ha messo in luce il ruolo dell’affettività e dell’interiorità come elementi costitutivi del vivere umano e del suo sviluppo.
    L’uomo non tende soltanto a ciò che è vero e ciò che è buono, ma ancor più radicalmente vive un’autotrascendenza affettiva, ossia tensione verso l’amabile e desiderio di essere amato.
    L’esigenza e l’esperienza dell’amore, che Lonergan pone in stretto rapporto con l’esperienza religiosa, sono elementi decisivi per la vita del soggetto. Se i sentimenti «danno alla coscienza intenzionale la sua massa, il suo movimento, la sua energia, la sua forza» [7], nell’amore liberamente accolto e scelto la coscienza esistenziale si fa «amante» e in essa l’energia di fondo della vita conscia e le sue operazioni trovano una forma di convergenza.

    L’amore attiva, compie, sostiene il soggetto. Su questa scia l’azione formativa non può fermarsi alla promozione del dinamismo coscienziale, bensì deve permettere al soggetto di vivere esperienze di amore e sperimentare la radicale differenza tra capire una realtà e rapportarsi ad essa nell’amore, di acquisire consapevolezza delle dinamiche dell’autotrascendenza affettiva.

    Altrettanto decisiva è la componente intersoggettiva: «La persona è il risultato delle relazioni che un uomo ha avuto con altri uomini e delle capacità che egli ha sviluppato in se stesso di stabilire relazioni con gli altri» [8]. L’intersoggettività porta con sé il ruolo formativo peculiare ricoperto dalle credenze. « [L’uomo] non impara a vivere senza l’uso dei suoi sensi, della sua mente, del suo cuore; tuttavia non esclusivamente mediante questi. Impara da altri, non soltanto ripetendo le operazioni che costoro hanno eseguito, ma per lo più facendo propri i risultati con l’accettare quanto essi dicono» [9]. La credenza è un fatto ineliminabile. In quanto parte attiva della vita del soggetto chiede, però, di essere orientata dalla dinamica coscienziale.
    Se la credenza non è assunta consapevolmente dal soggetto, essa, in qualche modo, prevale sulla coscienza stessa deformandola.

    Interiorità

    Una trattazione analitica richiederebbe, a questo punto, di prendere in esame i passi successivi della posizione lonerganiana: la differenziazione della coscienza attraverso gli ambiti di significato; l’esigenza fondamentale dell’autenticità; la spinta dell’autotrascendenza; la forma metodologica dell’auto-appropriazione; la multifattorialità del contesto di vita. Nell’intenzione di dare alcuni spunti, mi soffermerò solo su due aspetti: l’interiorità e la conversione.
    La centralità della coscienza permette di considerare in modo rinnovato il tema dell’interiorità e la sua importanza formativa.
    Nella prospettiva lonerganiana, l’interiorità non è lo sguardo solipistico su di sé; è invece l’attuazione consapevole della vita coscienziale attraverso una progressiva interrogazione, comprensione, scelta, accoglienza della vita coscienziale stessa.
    L’uomo interiore è colui che si auto-appropria, che si pone nel cammino (sempre aperto) di accogliere, comprendere, amare, sviluppare la propria sensibilità, intelligenza, ragione, responsabilità, intersoggettività, affettività, storicità, non in modo astratto ma nel concreto della propria storia personale.
    Alcune persone possono vivere dedicandosi principalmente alle soluzioni dei problemi quotidiani, oppure alla ricerca di nuove elaborazioni teoriche più efficaci; altre possono vivere dedicandosi principalmente all’arte o alla letteratura; altre ancora sono mosse principalmente dall’esigenza religiosa. Questi ambiti di significato sono di capitale importanza per lo sviluppo integrale della vita umana, ma altrettanto decisivo è che l’uomo continui ad imparare a conoscere, accogliere e sviluppare l’insieme delle propria vita coscienziale.
    È la crescita della propria interiorità, secondo Lonergan, che permette agli uomini di vivere ancora più consapevolmente tutte le dimensioni della propria vita.
    A questo proposito, C.M Martini ha parlato dell’importanza della «buona soggettività», aggiungendo che

    «…viene spesso confusa con un individualismo atomizzante, giustamente rimproverato alla società contemporanea. Si tratta invece di cogliere il valore del soggetto inteso non solo come persona che conosce, che vuole e che ama, ma come persona che è presente a se stessa come conoscente e amante. Si tratta in altre parole di sottolineare l’importanza e il primato della coscienza stessa intesa nel suo senso più ampio e profondo. Di qui l’importanza dell’autoappropriazione dei propri procedimenti consci, cioè del prendere coscienza dei processi mediante il quale si giunge a conoscere, volere e amare» [10].

    Il carattere decisivo della conversione

    La sottolineatura delle operazioni del soggetto richiede una particolare attenzione. Sarebbe infatti limitativo considerare la formazione solo questione di attuazione sempre più consapevole della dinamica coscienziale. Essa invece dipende in modo decisivo dall’assunzione consapevole di orientamenti che Lonergan chiama «conversioni».
    «La conversione comporta una nuova comprensione di se stessi per il motivo che, ancora più fondamentalmente, essa dà origine ad un nuovo io da comprendere.
    La conversione consiste nello spogliarsi dell’uomo vecchio per rivestirsi dell’uomo nuovo» [11]. Essa non riguarda solo l’ambito religioso ma la vita coscienziale nel suo insieme. Per questo Lonergan parla di conversione tridimensionale o di tre conversioni: intellettuale, morale, religiosa. «È intellettuale in quanto riguarda il nostro orientamento verso l’intellegibile e il vero. È morale in quanto riguarda il nostro orientamento verso il bene. È religiosa in quanto riguarda il nostro orientamento verso Dio» [12]. La conversione intellettuale comporta il superamento della confusione tra il «vedere» e il capire, tra i criteri del mondo dell’immediatezza e i criteri del mondo del significato. La conversione morale si caratterizza per un agire motivato non più dal solo bene individuale, ma dai valori. La conversione religiosa consiste «nell’essere presi da ciò che tocca assolutamente. È innamorarsi in maniera ultramondana. È consegnarsi totalmente e sempre senza condizioni, restrizioni, riserve» [13].
    Queste tre forme di conversione sono strettamente unite ma tra loro distinte «per cui la conversione può avvenire in una dimensione senza verificarsi nelle altre due, oppure in due dimensioni senza verificarsi nella terza» [14]. La relazione tra le conversioni può essere compresa in termini di superamento, dove ciò che sopraggiunge non elimina ma include (si potrebbe dire trasforma integrandolo) ciò che già c’era. La conversione religiosa costituisce un superamento della conversione morale e quest’ultima costituisce un superamento della conversione intellettuale. Il superamento, però, non deve essere inteso in termini cronologici. Precisa, infatti, Lonergan: «non si deve concludere che prima venga la conversione intellettuale, poi quella morale e infine quella religiosa. Al contrario dal punto di vista causale, si direbbe che prima c’è il dono che Dio fa del suo amore» [15].
    Il tema delle tre conversioni ci induce ad una riflessione conclusiva. Con il loro carattere decisivo nello sviluppo formativo del soggetto, esse non sono il risultato automatico di una serie di eventi, né la conclusione necessaria di un percorso.
    Analogamente alla comprensione, la conversione ha un carattere singolare che si può fondare su un «accumularsi» di operazioni e di eventi, tuttavia mantiene un aspetto di «improvvisità». Ne consegue allora una domanda: è possibile formare le conversioni? Possono essere oggetto diretto dell’azione formativa o solo indiretto? Si tratta di una questione molto interessante e cruciale per coloro che operano nel campo della formazione. Se il pensiero di Lonergan contribuisce alla sua tematizzazione, non possiamo però affermare che egli elabori una risposta precisa.
    Fornisce piuttosto alcuni spunti, aperti ad una riflessione più ampia attraverso l’incontro con altri contributi. Per tracciare soltanto, sulla scia delle sollecitazioni lonerganiane, le linee di una possibile risposta –lasciando sullo sfondo la distinzione tra i caratteri generali della conversione e quelli delle sue dimensioni specifiche– occorre riconoscere che la questione presenta due aspetti: la conversione come inizio di un nuovo modo di vivere (come accadimento) e la conversione come percorso.

    L’inizio della conversione

    La natura della conversione è quella di essere un nuovo inizio. È la trasformazione del soggetto e del suo mondo in correlazione con l’avvio di un nuovo insieme di atti aperti a una sempre maggiore profondità, ampiezza e ricchezza [16].
    Sebbene questo inizio possa sorgere improvviso e in qualche modo ingiustificato, il suo giungere e il suo accadere può essere certamente favorito da ciò che lo precede: dalla storia personale, dal contesto e quindi da una azione formativa di sostegno.
    * intellettuale. Per quanto riguarda la conversione intellettuale, Lonergan scrive che essa è essenzialmente semplice, spontanea, ma non sicura [17]; proprio per questo il suo pieno esercizio è un fatto raro [18]. Sebbene connessa ai processi maturativi del soggetto, essa non è scontata; può presentarsi in modo più o meno radicato a seconda dei casi. Può essere favorita e sostenuta da una attenzione formativa che aiuti la persona a: - focalizzare l’attenzione sulle proprie operazioni coscienziali; - esercitare l’insieme delle operazioni coscienziali; - prendere consapevolezza del carattere composito del processo conoscitivo; - prendere consapevolezza della distinzione tra mondo dell’immediatezza e mondo mediato dal significato e motivato dai valori.
    La promozione della conversione intellettuale è parte integrante della formazione cristiana. Lo ricorda C.M Martini quando scrive: «Mi preme sottolineare che la conversione intellettuale è parte del cammino cristiano, pur se sono poche le persone che vi arrivano perché è certamente più comodo, più facile accontentarsi di ciò che si dice, di ciò che si legge, di come la pensano i più, dell’influenza dell’ambiente anche buono» [19].
    * morale. La conversione morale «cambia il criterio delle proprie decisioni e delle proprie scelte: dalla soddisfazione ai valori» [20]. Si tratta di un cambiamento radicale che coinvolge tutte le dimensioni del soggetto: affettiva, intersoggettiva, conoscitiva. Essa può essere favorita: - da una crescente conoscenza della realtà umana; - da un crescente sviluppo del dinamismo coscienziale e della sua spinta verso l’autenticità; - da una crescente consapevolezza della possibilità delle «deformazioni»; - da uno sviluppo e affinamento della dimensione affettiva; - da una esperienza del bene umano nei suoi diversi livelli e da una sua apprensione reale attraverso l’emissione personale dei giudizi di valore [21].
    «Che cosa si intende per apprensione reale? Essa implica, anzitutto, un salire dai beni particolari che gli adolescenti conoscono all’ordine che essi possono vedervi dentro e che condiziona quei beni particolari; inoltre, un andare dall’ordine alla nozione di valore, che essi possono vedere confrontando diversi ordini.
    L’educazione procede da ciò che viene appreso più facilmente a ciò che è più sottile.
    Ed essa [l’apprensione reale] include una qualche apprensione delle dimensioni della scelta, del fatto e dell’importanza dell’autonomia –poiché è questo che si va realizzando nell’adolescenza– e della relazione che c’è tra l’autonomia, il loro essere se stessi e la religione» [22].
    * religiosa. Per quanto riguarda la conversione religiosa, nel descriverla Lonergan utilizza sempre espressioni che ne richiamano il carattere radicale, totalizzante, affettivo, recettivo. La conversione religiosa è caratterizzata dal dono che Dio fa del suo amore [23] e proprio questa connotazione «gratuita» rende ancora più difficile individuare elementi di promozione. Tuttavia si può riconoscere come essa sia promossa: - dal crescente sviluppo della dimensione coscienziale, affettiva, intersoggettiva; - da un esercizio della dimensione della fiducia; - dall’appropriazione dei significati di una determinata esperienza religiosa.

    La conversione in quanto nuovo inizio non può essere oggetto diretto di formazione ma piuttosto oggetto di un’azione formativa di sostegno, capace di farne crescere i presupposti.
    Questa azione di sostegno si specifica in modo peculiare in rapporto alle tre diverse dimensioni della conversione; ma ad un livello fondamentale, secondo Lonergan, essa è favorita (sebbene non in termini di «necessità») quando nel soggetto si promuove un’attenzione alla propria vita coscienziale e alla propria autenticità. «Questa oggettivazione della soggettività è del tipo di un esperimento cruciale. Benché non sia automaticamente efficace, essa fornisce a coloro che sono aperti, seri, sinceri, l’occasione di porsi alcuni interrogativi di fondo, anzitutto intorno agli altri, ma alla fine anche intorno a se stessi. Questa oggettivazione fa sì che la conversione diventi oggetto di attenzione e con ciò la promuove» [24].

    La conversione come percorso

    Ulteriori riflessioni nascono invece se consideriamo la conversione nel suo svilupparsi dopo essere comparsa, ossia come percorso. A questo riguardo può risultare utile la distinzione che Lonergan fa tra conversione e perfezione morale.
    «La conversione morale consiste nell’optare per ciò che è veramente bene (…) Siffatta conversione naturalmente è ancora assai lontana dalla perfezione morale.
    Decidere è una cosa, fare un’altra. C’è ancora da scoprire e da sradicare le proprie deformazioni individuali, di gruppo, generali» [25]. Questa distinzione può essere applicata con le dovute distinzioni al dinamismo della conversione in generale. Essa non si presenta con i caratteri del possesso sicuro, ma del processo e del percorso, che «dura tutta la vita» [26].

    Il percorso di rafforzamento, crescita, sviluppo della conversione ha bisogno di essere sostenuto e quindi di essere reso oggetto di azione formativa. Sotto questo aspetto si può affermare che la conversione nel suo percorso aperto verso il compimento -a differenza del suo inizio- può essere assunta come oggetto diretto dell’azione formativa.

    In che cosa consiste l’azione di formazione rivolta a questo processo di approfondimento? Concretamente ogni dimensione della conversione chiama in causa l’attenzione a specifici contenuti e specifiche modalità, rendendo difficile perciò un accenno sommario.
    Può essere invece utile sottolineare che la consapevolezza della distinzione dei due suddetti aspetti della conversione può avere conseguenze importanti in quanto può aiutare il formatore a non confondere il livello della «preparazione» in attesa di un cambiamento con il livello del suo «rafforzamento» e a non confondere, in termini teorici, il sostegno e il rafforzamento con la causa della conversione.
    Inoltre, la consapevolezza del fatto che, a seconda delle persone, le diverse conversioni possono essere più o meno presenti (con gradi diversi di profondità) può rendere il formatore attento nel cercare di comprendere lo specifico orizzonte in cui ogni soggetto si trova in un determinato momento.
    Infine è bene ricordare l’importanza che l’azione formativa cristiana promuova il consolidamento e l’approfondimento di tutte e tre le forme di conversione. Per questo Lonergan scrive: «Il cristiano autentico si sforza di raggiungere la pienezza della conversione intellettuale, morale e religiosa. Senza la conversione intellettuale è in pericolo di fraintendere non soltanto il mondo mediato dal significato ma anche la parola che Dio ha pronunciato entro tale mondo. Senza la conversione morale tende a perseguire non ciò che è veramente buono, ma ciò che è buono solo all’apparenza. Senza la conversione religiosa soffre di una desolazione radicale, in questo mondo privo di speranza e senza Dio (Ef 2, 12)» [27]. Il compito formativo del cristiano abbraccia tutte le componenti dell’umano.


    NOTE

    1 In Italia, a partire dagli anno ’60, sono state pubblicati alcuni dei principali scritti di Lonergan.
    Attualmente è in corso di pubblicazione presso la casa editrice Città Nuova, sotto la direzione di N.
    Spaccapelo e S. Muratore, l’intera Opera Omnia. Fino ad oggi sono stati pubblicati i seguenti volumi: Comprendere ed essere, OBL (Opere di B. Lonergan), vol. 5, Città Nuova, Roma 1993.
    Sull'educazione, OBL, vol. 10, Città Nuova, Roma 1999. Il metodo in teologia, OBL, vol. 12, Città Nuova, Roma 2000. È ormai vicina all’uscita (in una traduzione completamente rinnovata) anche una delle opere fondamentali: Insight, già pubblicato in Italia nel 1961 con il titolo L’intelligenza dalle Edizioni Paoline.
    2 Per un elenco esaustivo della produzione lonerganiana disponibile in lingua italiana e inglese, si può attingere all'indice bibliografico presente in B. Lonergan, Sull'educazione, a cura di N. Spaccapelo e S. Muratore, Roma, Città Nuova, 1999. Altri riferimenti si trovano in R. Finamore, B. Lonergan e l'Education: l'alveo in cui il fiume scorre, Roma, Editrice Pontificia Università Gregoriana, 1998; V. Danna, Percorsi dell’intelligenza. Un viaggio nella filosofia con B. Lonergan, Effatà, Torino 2003. In merito al tema specifico della formazione si rimanda alla bibliografia proposta da N. Spaccapelo, «Significato» e «Formazione» in Bernard Lonergan, in P. Triani (a cura di), Sviluppo della coscienza e valori, Berti, Piacenza 2003, pp. 90-96.
    3 B.Lonergan, Il metodo in teologia, cit., p. 142-43.
    4 Cf ibid., p. 56.
    5 Cf P. Triani, Il dinamismo della coscienza e la formazione, Vita e Pensiero, Milano 1998, pp. 106- 110.
    6 Cf B. Lonergan, The subject, in W. F. J. Ryan e B.J. Tyrell (a cura di), A Second Collection, Darton, Longman & Todd, London 1974.
    7 B. Lonergan, Il metodo in teologia, cit, p. 61.
    8 B. Lonergan, Ragione e fede di fronte a Dio, Queriniana, Brescia 1977, p. 75.
    9 B. Lonergan, Il metodo in teologia, cit. p. 74.
    10 C.M. Martini, Lectio Magistralis in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze dell’educazione. Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano 11 Aprile 2002, Manoscritto, p. 7.
    11 B. Lonergan, Il pluralismo dottrinale, Edizione Paoline, Catania 1977, pp. 44-45.
    12 Ibid, p. 45.
    13 B. Lonergan, Il metodo in teologia, cit., p. 271.
    14 B. Lonergan, Il pluralismo dottrinale, cit., p. 45.
    15 B. Lonergan, Il metodo in teologia, cit., p. 273.
    16 Cf Ibid, p. 268.
    17 Cf B. Lonergan, Il pluralismo dottrinale, cit., p. 47.
    18 Cf R. Liddy, L’etica in Lonergan, in P. Triani (a cura di), Sviluppo della coscienza e valori, cit., p.
    28.
    19 C.M. Martini, Preghiera e conversione intellettuale, Edizioni ADP, Roma 2002, pp. 167-168.
    20 B. Lonergan, Il metodo in teologia, cit., p. 270.
    21 «Infine lo sviluppo della conoscenza e lo sviluppo dei sentimenti morali tendono alla scoperta esistenziale, la scoperta cioè di se stessi come esseri morali, per cui uno si rende conto non soltanto di scegliere tra diversi corsi di azione, ma anche di fare con ciò di se stesso un essere umano autentico o uno non autentico. Con questa scoperta viene alla luce nella coscienza l’importanza del valore personale e il significato della responsabilità personale» (Ibid, p. 69).
    22 B. Lonergan, Sull'educazione, cit., pp. 155-156.
    23 B. Lonergan, Il metodo in teologia, cit., p. 139.
    24 B. Lonergan, Il metodo in teologia, cit., p. 284.
    25 Ibid, p. 270.
    26 Cf Ibid, p. 151.
    27 Cf B. Lonergan, Il pluralismo dottrinale, cit., p. 46.

    (Tredimensioni 2/2005, 236-248)


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