La fede, dono
da chiedere
“Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà,
troverà la fede sulla terra?”(Lc 18,1-8)
Mario Delpini
1. Come un rimprovero
La parola di Gesù suona come un rimprovero.
È il rimprovero per la gente che si è stancata di pregare, per la gente che si dichiara delusa, per la gente che ha l’impressione di non essere ascoltata da Dio, si immagina un dio lontano, un dio distratto, un dio che si interessa poco delle cose che interessano a me.
È il rimprovero per la gente che non prega, che non ha più niente da chiedere perché si sente capace di bastare a se stessa, ha la persuasione che chiedere qualche cosa a Dio sia una forma di debolezza, una pratica per gente d’altri tempi, o per debolezze da superare come gli spaventi dei bambini, come i fantasmi dei vecchi. È il rimprovero per chi pensa che dove c’è Dio non può esprimersi pienamente l’uomo e dove c’è la pienezza, la maturità, la fierezza di essere uomini e donne adulti non c’è una vera necessità di Dio.
È il rimprovero per la gente che è disposta alla rassegnazione e non chiede perché si accontenta, si assesta nel grigiore, censura la speranza come improbabile e reprime il desiderio di vita eterna e di felicità come fosse l'ingenuità di un illuso.
Gesù per rimproverare quelli che rinunciano a pregare, quelli che sono stanchi di aspettare, racconta la parabola della vedova che ottiene giustizia dal giudice che non teme Dio e non ha riguardo per alcuno: insiste sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. Il rimprovero intende richiamare i discepoli esasperati dalla pazienza di Dio ad avere fede: troverà la fede? Cioè: vi rimprovero per la vostra impazienza che non si fida di Dio. Perché non vi aspettate niente dal Dio in cui credete? Perché vivete come se Dio non potesse far niente per voi? Insomma: perché non pregate?
2. Come una sorpresa
La domanda di Gesù (“troverà la fede sulla terra?”) forse può essere intesa anche come una domanda retorica, come se Gesù dicesse: “Ma non vi sembra ovvio che il Figlio dell'uomo troverà la fede? Non sarebbe strano che la fede non durasse fino alla venuta del Figlio dell'uomo?” Gesù esprime la sua sorpresa perché in effetti capita anche quello che sembra incomprensibile, quello che sembra irragionevole. Gesù è sorpreso: è così semplice fidarsi, perché c'è gente che preferisce vivere di sospetti e diffidenza? Non vi sembra ovvio che la gente preferisca la fede fino a che torni il Figlio dell'uomo?
Gesù è sorpreso: io vi ho rivelato la via della gioia, vi ho promesso il compimento del desiderio di essere felici: non sarebbe strano che ci sia gente che preferisce essere infelice?
Gesù è sorpreso: io vi ho annunciato una speranza certa, non sarebbe strano che ci sia gente che vive e ragiona come se dicesse: “ebbene noi preferiamo essere disperati”?
Gesù è sorpreso: io vi ho rivelato il volto di Dio, Dio è Padre, Dio si cura di voi, Dio ci chiama ad essere partecipi della sua vita! Non è strano che ci sia gente che preferisce immaginare un dio ambiguo, un dio di cui è meglio non fidarsi?
La domanda di Gesù è forse la confidenza di uno sconcerto: come sarà possibile che ci sia gente che vive senza la fede? La sorpresa di Gesù è forse un modo per richiamare i suoi discepoli ad essere ragionevoli, semplici, disponili a credere perché Dio è affidabile e le promesse di Gesù sono attraenti e persuasive.
3. Come una rivelazione
Il Figlio dell’uomo sulla terra cerca la fede. Non una fede, ma la fede; non qualche espressione di animi devoti, che resta fedele, un po’ per convinzione un pop’ per scaramanzia, a qualche pratica infantile, ma la fede; non quel tratto della gente per bene che si ricorda d’aver fatto il chierichetto, che ha tra i suoi parenti una zia suora, che non si dimentica di fare gli auguri al parroco per Natale, ma la fede. Come si può dire qualche cosa di quella fede che il Figlio dell’uomo cerca sulla terra?
La fede non è una specie di appendice alla vita, una specie di integrazione delle nozioni, una specie di adempimento, come se oltre a sapere le cose imparate a scuola si trattasse di sapere anche le cose
imparate a catechismo, come se oltre a tutte le altre cose da fare si dovesse aggiungere qualche altro dovere, come andare a messa la domenica e dire una preghiera prima di addormentarsi.
La fede si può forse descrivere come quell’ovvio abbandonarsi che consegna alla pace, quell’addormentarsi del bambino in braccio a sua madre, nella persuasione indiscutibile di essere amato, custodito, circondato di tenerezza. Sorridere nel sonno, essere nella pace, persino tra le tribolazioni e nella confusione: forse questo è un tratto della fede che il Figlio dell’uomo cerca sulla terra.
La fede si può forse descrivere come quello struggimento drammatico che diventa un grido e dice: ”Padre! Padre nostro che sei nei cieli…” e quando dice “Padre” vive la stessa consegna del Figlio che nell’orto degli ulivi si consegna tra lacrime e sangue; e quando dice “Padre” si indentifica con l’ultimo grido del Figlio che morendo muore in Dio: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”(Lc 23,46). Consegnarsi al Padre, con gli stessi sentimenti di Gesù: forse questa è la sostanza della fede che il Figlio dell’uomo cerca sulla terra.
La fede si può descrivere come quell’essere trasfigurati che è frutto di un libero, lieto, docile lasciarsi abitare dallo Spirito: se ospiti il fuoco, diventa fuoco! Se ti affidi al vento, vola libero, lasciati condurre in alto in alto, per essere santo come Lui è santo! Se ti lasci condurre dallo Spirito di amore, ama, ama con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, ama come Gesù ti ha amato: forse questa è la vita che viene da quella fede che il Figlio dell’uomo cerca sulla terra.
4. Come un incarico
La domanda di Gesù (troverà la fede sulla terra?) intende forse anche affidare ai suoi discepoli un incarico, li invia per una missione, affida la responsabilità di dedicarsi al perdurare della fede sulla terra. Come se dicesse: a voi tocca di tenere accesa la lampada perché gli uomini e le donne non sprofondino nelle tenebre della disperazione. Come potrà esserci fede sulla terra fino al ritorno del Figlio dell’uomo se non sarete voi, miei discepoli, a dare testimonianza, a irradiare luce, ad attestare la presenza della gloria di Dio nella vita ordinaria? Come potrà esserci fede se voi non vivete di fede, se il vostro essere di Cristo non veste di splendore i gesti minimi della vita e gli eventi grandiosi della storia? Come potrà esserci la fede, se non mostrerete che proprio vivendo di fede si vive in pienezza, si ama la vita, si spera la vita eterna, si riconosce che in ogni frammento di vita si può riconoscere una parola che chiama, in ogni momento del giorno si può riconoscere una occasione per amare, in ogni esercizio di libertà si può praticare l’audacia di una risposta alla vocazione santa che è il senso della vita, così che niente è banale, che la mediocrità è insopportabile. Come potrà esserci la fede sulla terra se voi non siete vivi della vita di Dio, se voi non trovate parole per confidare la vostra gioia, per dare ragione della vostra speranza, per rendere comprensibile la vostra carità?
Ecco: l’espressione un po’ enigmatica di Gesù risuona per noi come un rimprovero per la nostra poca fede, come un interrogativo che provoca a riflettere sulla fede, come una rivelazione delle profondità affascinanti della fede cristiana che riconosce la comunione trinitaria, come una missione di cui farci carico perché il Figlio dell’uomo al suo ritorno trovi sulla terra l’abbondanza dei frutti di quel seme che è morto solo, di quella parola che è risuonata nel deserto per radunare i popoli, di quel sangue versato perché tutti, tutti!, potessero essere salvati.
Un rimprovero, una sorpresa, una rivelazione, una missione.
Quaresima 2013 - Basilica di s. Ambrogio