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    Voi siete il tempio di Dio

    Lc 21, 5-19

     

    Gesù in questo brano del Vangelo di Luca non offre semplicemente una riflessione sul tempio. Egli presenta un'immagine nuova di Dio. Anche quando annuncia le beatitudini o dà indicazioni morali, è una nuova immagine di Dio che Egli presenta. Gesù realizza una svolta spirituale, avvia una tappa nuova della spiritualità ebraica, conferendole una risonanza universale, secondo la missione del popolo ebraico, che è una missione di salvezza per tutti. Fino allora, i templi venivano considerati come abitazione di Dio: i templi egiziani, i templi sumerici, i templi della Mesopotamia e anche il tempio di Gerusalemme, che era il più recente nella tradizione del Medio Oriente, erano il luogo della presenza di Dio. Per questo abitualmente erano molto piccoli: i cortili erano grandi, gli spazi per i fedeli erano ampi, ma il tempio era molto piccolo, perché era il luogo della presenza di Dio. Anche i templi pagani di Roma, quelli che restano, per esempio il tempio di Venere, sono molto piccoli, perché la gente non entrava nel tempio, si raccoglieva attorno. C'erano cortili, come nel tempio di Gerusalemme, per i sacrifici, per l'incontro della gente. Mentre il santuario era il luogo della presenza di Dio.
    Questa immagine di Dio presente nello spazio strutturava tutta la religione. La religiosità ebraica era centrata su Gerusalemme e per le grandi feste, soprattutto la Pasqua, tutti gli ebrei venivano dalle diverse parti del mondo a Gerusalemme, perché lì dovevano sacrificare e incontrare il loro Dio.
    Data la grande importanza del tempio, si può capire quale sinistra risonanza dovevano avere le parole di Gesù: «Non rimarrà pietra su pietra». Esse potevano essere interpretate come la fine dell'esperienza ebraica o anche come la fine del mondo. In realtà erano l'indicazione di una nuova tappa della storia e della spiritualità umana. Possiamo anche dire che esse indicavano una nuova tappa della spiritualità ebraica, perché in realtà lo sviluppo successivo dell'ebraismo non è stato più centrato sul tempio, ma sulla sinagoga. La sinagoga ha un'altra caratteristica: è il luogo dell'assemblea, dell'insegnamento, dell'annuncio della Parola, non della presenza di Dio, come il tempio.
    È nota la difficoltà che inizialmente i cristiani hanno avuto nell'accogliere la nuova immagine di Dio e quindi il nuovo tipo di religiosità. Anzi, l'esperienza cristiana cominciò subito con una frattura. C'erano alcuni ebrei divenuti cristiani, come Giacomo il cugino di Gesù e la sua famiglia, che davano ancora molta importanza al tempio e all'osservanza della legge. A questo modo di vedere era legata una particolare immagine di Dio, cioè il Dio legislatore, il Dio giudice, il Dio che impone un comportamento morale.
    Gesù aveva cercato di scardinare questa impostazione del rapporto con Dio. Il Dio che Gesù rivela non è il Dio della legge, è il Dio che offre vita in modo misericordioso e gratuito. Gesù si riferiva al filone profetico, che aveva più volte insistito sull'insufficienza dei sacrifici, sull'inconsistenza di una religiosità basata esclusivamente sull'osservanza esteriore della legge. Quindi esisteva già nella spiritualità ebraica questo filone, a cui Gesù si aggancia e che porta a compimento. Fino ad affermare, come nel cap. 4 del Vangelo di Giovanni: «Non su questo monte (e si riferiva al Garizim, perché parlava con la samaritana) né in Gerusalemme: i veri adoratori adoreranno Dio in spirito e verità». È un nuovo modo di rapportarsi a Dio, che non esige di andare in un luogo, ma di entrare nell'interiorità, mettendosi in ascolto della Parola che risuona nel profondo, vivendo ogni tempo alla sua presenza.
    Potremmo dire che il tempo è il tempio di Dio. Per Gesù c'è il passaggio dallo spazio, al tempo: al tempo dell'uomo, della sua interiorità, ai ritmi della sua crescita come figlio di Dio.
    È questo passaggio che dobbiamo realizzare, perché anche noi cominciamo dallo spazio, dall'esteriorità. E necessario che sia così, perché venendo al mondo non abbiamo ancora una cella interiore dove entrare; abbiamo solo degli spazi esteriori, costituiti dai rapporti che dobbiamo vivere
    proprio come condizione perché si creino gli spazi interiori.
    L'affermazione di Gesù: «Non rimarrà pietra su pietra» non è semplicemente l'indicazione di un fatto che doveva accadere, ma di un evento salvifico che avrebbe avuto un significato per gli ebrei stessi e per coloro che, accettando il Vangelo, avrebbero iniziato il cammino dell'interiorità. Ma siamo ancora ai primi passi, in questo cammino, non solo a livello personale, bensì anche come comunità cristiana. Il Dio legislatore, il Dio giudice, si è imposto nuovamente e non abbiamo ancora scoperto fino in fondo la novità che Gesù cercava di introdurre.
    Alla fine della sua vita Gesù s'è trovato da solo a vivere il suo Vangelo e a verificarne la validità. Poi è cominciato il cammino di un piccolo gruppo. Ma anche il piccolo gruppo dei discepoli ha proceduto in modo ambiguo, contraddittorio: se leggiamo la lettera ai Galati di Paolo e la lettera di Giacomo (Giacomo il Minore, il cugino di Gesù) vediamo quanta diversità di impostazione.

    Conflitti profondi

    Voglio richiamare un episodio, come segno chiaro della diversità.
    Paolo dovette superare difficoltà notevoli nei suoi ultimi viaggi apostolici, perché dovunque passava, negli ultimi tempi, suscitava rivoluzione tra i giudei, che ormai conoscevano il suo messaggio, così che arrivavano perfino a preparargli imboscate.
    Quando, nel suo terzo viaggio apostolico per mare, passò davanti ad Efeso, non si fermò, perché era stato cacciato in occasione della rivolta degli orafi; così mandò a chiamare i presbiteri di Efeso per salutarli al porto di Mileto.
    Quando Paolo, dopo aver superato molte difficoltà, giunse a Gerusalemme e si presentò a Giacomo e alla sua comunità (tra l'altro portava i soldi di una colletta che aveva fatto durante tutto il viaggio a favore della chiesa di Gerusalemme, che era molto povera), fu accolto con riserve. Durante la riunione con gli anziani cominciò a narrare le meraviglie che Dio aveva operato tra i pagani, ma poi Giacomo disse: «Tu vedi, o fratello, quante migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla legge. Ora hanno sentito dire di te che vai insegnando a tutti i Giudei sparsi tra i pagani che abbandonino Mosè, dicendo di non circoncidere più i loro figli e di non seguire più le nostre consuetudini. Che facciamo?» (At 21, 2022). Poi Giacomo fece una proposta: «Ci sono qui quattro cristiani che hanno fatto il voto di nazireato, il voto di andare al tempio e di sacrificare: fa' anche tu con loro la cerimonia, anzi, paga tu per loro (perché bisognava pagare degli animali e fare un'offerta), così la gente capirà che non è vero quello che si va dicendo, perché invece vai al tempio e osservi la legge».
    Paolo accettò di sottomettersi e andò al tempio. Una volta entrato nel tempio, alcuni Giudei lo riconobbero e tentarono di condurlo fuori per lapidarlo. I Romani, che erano sempre attenti, soprattutto nel periodo di Pasqua, vennero e presero Paolo per sottrarlo al linciaggio. Da allora è cominciata la sua prigionia, terminata a Roma: due anni è rimasto a Cesarea, due anni è stato prigioniero a Roma in attesa del processo, che probabilmente non si è tenuto perché nessuno è andato ad accusarlo. Il racconto degli Atti finisce qui, con la liberazione di Paolo. Poi dopo fu imprigionato ancora al tempo di Nerone e fu condannato a morte.
    Nell'incontro a Gerusalemme apparve chiaramente l'importanza che ancora Giacomo dava al tempio e alla legge. Paolo ha accettato di sottomettersi a un compromesso per il bene della comunità; ma egli realmente andava predicando che anche gli ebrei divenuti cristiani erano liberi dalla legge e che il tempio non rappresentava più un punto di riferimento essenziale.
    Il passaggio che Gesù chiedeva era così profondo e coinvolgente, che non poteva essere risolto in una generazione. Ci sono volute diverse generazioni, perché pian piano si assumesse definitivamente il principio che Paolo difendeva. Forse anche la distruzione del tempio, nel 70 d.C., ha favorito il cammino della comunità cristiana.

    «Voi siete il tempio di Dio»

    Ma noi abbiamo veramente assunto la prospettiva cristiana o siamo ancora precristiani? Veniamo dal paganesimo e ancora diamo importanza all'esteriorità, perché non abbiamo ancora incontrato Dio nel suo tempio interiore («i veri adoratori adoreranno Dio in spirito e verità»).
    La verifica è molto semplice: è sufficiente capire come noi viviamo le esperienze di ogni giorno, se le viviamo alla presenza di Dio, consapevoli che la sua azione ci perviene lì, per cui possiamo crescere nell'interiorità in tutte le situazioni della vita, anche in quelle negative, causate dal peccato degli altri. Tutte le situazioni possono essere vissute alla presenza di Dio, possono cioè costituire il tempio del suo incontro.
    Quanti sono gli istanti della nostra giornata in cui noi viviamo consapevolmente alla Sua presenza) Credo che ne potremo enumerare pochi. Anche quando veniamo qui in chiesa, in realtà, possiamo dire di vivere alla Sua presenza? siamo spesso distratti da altri problemi, occupati in altri interessi... Veniamo qui in chiesa per imparare a vivere alla presenza, per educarci a fare ogni esperienza della nostra giornata accogliendo un dono di Dio. Questi sono i "veri adoratori".
    Per questo la chiesa non costituisce il luogo della presenza, la chiesa costituisce la palestra di allenamento per vivere alla presenza. È il luogo dell'assemblea. Per questo i cristiani, quando hanno incominciato ad erigere degli edifici per il loro incontro, hanno scelto come riferimento la basilica romana, perché era il luogo della vita pubblica, dell'amministrazione della giustizia, del mercato: il luogo dell'incontro con gli altri. Quando veniamo qui dovremmo quindi educarci a vivere le esperienze alla presenza di Dio, a fare del tempo della nostra vita il tempio della Sua presenza.
    Non sono cose difficili, queste, e sono essenziali Noi siamo ancora indietro in questo cammino, si tratta solo di imparare. Siccome invece noi abbiamo legato la pratica religiosa all'esteriorità, a un particolare momento, a un particolare luogo, abbiamo trascurato l'insegnamento fondamentale di Gesù.
    Chiediamo allora al Signore di essere consapevoli dell'offerta che continuamente ci è fatta. Pur sapendo - Gesù ce lo ricorda - che questo non conduce ad essere accolti da tutti, anzi, spesso questo provoca contraddizione, persecuzione, perché vivere alla presenza di Dio conduce a fare delle scelte che spesso non vengono accettate, ad assumere degli atteggiamenti che non vengono riconosciuti («vi perseguiteranno nel mio nome, ma non temete» dice Gesù «la vostra vita la salverete»). Cioè: voi crescerete come figli, perché nessuno (questa è la certezza) nessuno ci può impedire di accogliere il dono di Dio che continuamente ci è offerto.


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