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    La missione

    e la preghiera

    Mt 9,36-10,8

     

    Un primo tema proposto da questa pagina del Vangelo di Matteo è la missione che fiorisce dalla compassione di Gesù per la gente che, a suo giudizio, vagava «come gregge senza pastore». Egli sentì compassione per quel popolo e inviò gli apostoli ad annunciare il Regno di Dio.
    Soggiacente alla missione c'è un problema fondamentale: perché Dio non può fare le cose da solo? Perché deve coinvolgere le persone per trasmettere vita? C'è una risposta tradizionale: Dio vuole valorizzare le persone, la cui dignità sta nel fatto di essere costituite strumenti dell'azione divina. Ma questa risposta non è completa, perché non mette in luce una ragione fondamentale, che fonda la necessità della missione: per essere accolta dagli uomini, l'azione creatrice di Dio deve essere modulata in modo creato, deve cioè diventare creatura. È quindi intrinseca al processo della storia salvifica una necessità che dipende dalla incapacità dell'uomo di accogliere l'azione creatrice nella sua forma divina o nella sua totalità. Le persone umane sono in grado di interiorizzare l'energia vitale solo quando essa assume piccole dimensioni ed è ridotta a frammenti minimi. Questa riduzione si realizza solo quando Dio diventa carne, quando cioè la sua azione si esprime attraverso creature. È il processo per cui l'azione divina si esprime nello spazio e si sviluppa nel tempo, assume cioè forme spazio/temporali. Le creature, che sono spazio/tempo, esigono che i doni di vita siano offerti da creature.
    Nell'orizzonte statico, quando si pensava che la realtà fosse già costituita perfetta fin dall'inizio, la componente di necessità non poteva essere rilevata. Il coinvolgimento della creatura nella storia salvifica era attribuito alla "graziosa benevolenza" di Dio, che elevava le creature a suoi strumenti per comunicare forme nuove di vita o per sviluppare modalità nuove di salvezza. Ma nella prospettiva evolutiva e dinamica ogni componente della creazione è in funzione di un compimento al quale potrà pervenire solo insieme a tutte le altre componenti della creazione e della storia.
    In ordine alla salvezza la necessità di forme create si traduce in una corresponsabilità reciproca. Tutti siamo chiamati ad acquisire la nostra identità di figli di Dio, ma questa acquisizione avviene solo attraverso i rapporti e quindi in una comunicazione reciproca dei doni. L'Eucarestia è sacramento di questo processo attraverso il quale ci scambiamo offerte vitali per l'acquisizione della nostra identità. La missione perciò non è un'aggiunta benevola di Dio alla condizione creata, né una scelta opzionale delle creature, bensì una necessità. Ogni creatura, come tale, ha una missione da compiere, è coinvolta nel processo della salvezza e non può rifiutare il compito affidatole, perché la vita fluisce attraverso canali creati. Ciascuno di noi ha quindi una missione, che dobbiamo individuare nelle sue specifiche particolarità. Ci sono infatti aspetti della missione che si sviluppano automaticamente, per il semplice fatto che cresciamo, senza bisogno di prenderne coscienza: sono i processi più elementari, per cui siamo inseriti nell'avventura cosmica o nell'evoluzione della vita sulla terra. Ma giunti a livello psichico, e soprattutto a livello spirituale, i processi non si sviluppano se non attraverso la consapevolezza. Renderci conto della missione personale in rapporto alle caratteristiche ricevute è per noi essenziale, per vivere bene la nostra "vocazione".
    A questo proposito è opportuno che ciascuno compili una propria carta di identità spirituale, come possiede una carta di identità civile. Ciascuno dovrebbe delineare la propria fisionomia spirituale per sviluppare le caratteristiche specifiche. La missione di ciascuno, infatti, corrisponde alla forma che la vita ha assunto in lui o alle qualità specifiche che è riuscita ad esprimere, cioè alla identità spirituale acquisita. Non tutti possiamo svolgere tutti i compiti della vita. Ciascuno di noi ha un compito specifico, legato alla sua storia, alle sue caratteristiche biologiche, fisiche, spirituali.
    La consapevolezza della missione personale è necessaria prima di tutto per assecondare e sviluppare quelle dinamiche interiori che corrispondono alla nostra identità e che solo noi siamo in grado di diffondere nel mondo, senza appiattirci nelle modalità generiche, convenzionali e diffuse nel nostro ambiente. In secondo luogo la consapevolezza serve per svolgere la missione legata a queste caratteristiche e che coincide con il senso della nostra vita. Se non svolgiamo la funzione che la vita ci ha affidato, la nostra esistenza appare insensata, senza scopo. La nostra funzione nel mondo è legata alla comunicazione della vita che possiamo realizzare e questa è espressione delle qualità che ci sono state donate.
    Lo sviluppo della vita spirituale perciò è in funzione del Regno, o, secondo un'altra formula biblica, è "per la gloria di Dio". Non possiamo raggiungere la nostra identità da soli, ma solo entrando in rapporto con altri fratelli e costituendo insieme a loro un ambiente vitale che raggiunga un livello elevato.
    Il nostro compito coinvolge e riguarda gli altri, fiorisce quando scopriamo le esigenze dei fratelli, le loro sofferenze, le loro necessità. Nasce come in Gesù dalla compassione. Alimentare in noi l'atteggiamento di compassione per gli altri, avvertire le sofferenze, le contraddizioni, le difficoltà sia delle persone che dei popoli, è necessario per dare forma alla missione che la vita ci affida.
    In ciascuno di noi la vita assume una forma unica, che conferisce alla missione stessa caratteristiche particolari e irripetibili. Quando questi tratti non vengono sviluppati, qualcosa viene meno alla storia della vita e al Regno di Dio sulla terra. Se molte persone vengono meno al loro compito la cultura, la spiritualità, la vita stessa del popolo al quale appartengono si impoveriscono fino ad esaurirsi. Quando al contrario molti sono fedeli alla Vita e sviluppano dimensioni spirituali nuove, tutto un popolo ne beneficia ed eleva il proprio tono di vita. Quando perciò vediamo una nazione imbarbarirsi, aprire varchi maggiori alla violenza, al disordine, alla confusione, dobbiamo concluderne che molti vengono meno al loro compito. Potremmo essere anche noi tra i molti che rifiutano di dare il loro contributo allo sviluppo umano della società.

    Preghiera

    Un secondo elemento che emerge con chiarezza da questa pagina del Vangelo è la facilità con cui Gesù intreccia ogni sua esperienza con la preghiera. Come risulta dai numerosi accenni dei Vangeli, ogni sua giornata era avvolta e attraversata dalla preghiera al Padre, personale o comunitaria, ufficiale o privata, tradizionale o spontanea. Il riferimento alla preghiera perciò era continuo nella vita di Gesù. Qui invita a pregare «il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe», che significa: "pregate per diventare attenti alla chiamata di Dio, in modo da saper rispondere". In altre circostanze Gesù stesso cominciava improvvisamente a pregare, come quando, nel capitolo 10 del Vangelo di Luca, i 72 discepoli inviati in missione ritornano e raccontano con entusiasmo i risultati della loro prima "campagna apostolica". Gesù reagisce pregando: «Ti rendo lode, Padre, che hai nascosto queste cose ai sapienti e ai potenti e le hai rivelate ai piccoli».
    Il passaggio immediato dall'esperienza alla preghiera è uno dei tratti tipici della persona spirituale. In questa prospettiva però la preghiera non è un mezzo per ottenere grazie da Dio o sollecitare suoi interventi. Questo modello, ancora molto diffuso, è chiaramente antropomorfico e infantile. Dio non ha bisogno di essere sollecitato ad offrire doni di vita e a interessarsi del suo Regno. La preghiera serve a noi, per metterci e restare in sintonia con la Parola/azione di Dio, che si esprime in noi e nella storia solo a condizione che noi la accogliamo e la esprimiamo. Al limite, se noi fossimo stabiliti nella sintonia con l'azione di Dio in noi, consapevoli della sua Presenza e accoglienti il suo Spirito, non avremmo bisogno di particolari momenti di preghiera, cioè di pratiche religiose, perché saremmo sempre in uno stato di preghiera. La preghiera continua significa appunto essere sempre in sintonia consapevole con la presenza di Dio in noi. Siccome invece le molteplici situazioni della vita (le umiliazioni, gli sconforti, l'attaccamento ai beni, le idolatrie, ecc.) ci distraggono, interferiscono cioè con i messaggi vitali e ne scompongono i contenuti fino a rendere impossibile la missione, abbiamo continuo bisogno di rimetterci nella lunghezza d'onda divina. Anche se compiamo molte opere buone e insegniamo dottrine sante, se non siamo in sintonia con la Presenza attiva di Dio in noi i messaggi delle nostre attività sono inquinati, trasmettono segnali della nostra aggressività, della volontà di dominio, del desiderio di essere riconosciuti, ecc. La preghiera, invece, serve a mantenerci sulla stessa lunghezza d'onda della Parola creatrice e consente così una trasmissione fedele dei messaggi che attraverso di noi la Vita intende trasmettere.
    Per questo è assolutamente necessario avere ogni giorno momenti di sintonizzazione, nei quali cioè mettiamo a punto la nostra stazione ricetrasmittente, che nel frattempo, per le interferenze delle esperienze quotidiane, ha smarrito la lunghezza d'onda necessaria per la missione. Al mattino, nei passaggi di attività, nelle difficoltà, nelle gioie intense, nei momenti di stanchezza, a conclusione della giornata, è molto utile sintonizzarci con la Presenza di Dio in noi per mettere a fuoco la nostra attitudine interiore. In tale modo saremo in grado, come faceva Gesù, di trasformare ogni esperienza in preghiera e di rendere ogni nostra attività rivelazione del suo amore. Non verremo meno, allora, al compito che abbiamo nei confronti degli altri, svolgeremo la nostra missione, che ha come fondamento la sintonia con la Parola/azione di Dio, resa stabile dalla preghiera.
    Prendiamo coscienza della responsabilità che abbiamo gli uni per gli altri ed esercitiamoci nella preghiera per "rimanere nell'amore", per fare cioè di ogni nostra azione e di ogni nostro pensiero una risonanza creata della Parola eterna di Dio.


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