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    La comunità opera secondo un progetto educativo pastorale (III/cap. 3 di J.E.Vecchi)


    Juan E.Vecchi - Pastorale giovanile. Una sfida per la comunità ecclesiale - Elledici 1992


    Capitolo terzo

    LA COMUNITÀ OPERA SECONDO UN PROGETTO EDUCATIVO PASTORALE

    I termini progetto e progettazione non entrano nel linguaggio pedagogico se non in tempi relativamente recenti, sebbene una certa organizzazione degli obiettivi, metodi e contenuti, comunque chiamata, fosse sempre nelle prospettive di ogni educatore cosciente.
    Ciò sembra dovuto, più che a ragioni particolari, a uno sviluppo globale dell'educazione, in cui emerge con chiarezza l'esigenza di un collegamento organico dei vari elementi nel complesso processo dì crescita della personalità.
    Recente è anche il suo uso nella pastorale. L'inserimento tardivo è dovuto a una mentalità teologica che fatica a esprimere un rapporto operativamente traducibile tra dono di Dio e intervento dell'uomo.
    Infatti una certa riflessione pastorale avversa l'organizzazione di un intervento umano nel dominio della fede, perché questa sarebbe puro dono non inquadrabile in categorie che esprimono progettualità umane. Per una diversa ragione, ma con la medesima conclusione, un'altra tendenza della riflessione pastorale fa coincidere la crescita della fede esattamente con l'azione educativa, vanificando così la singolarità e peculiarità di un progetto pastorale.
    L'irruzione del criterio di progettazione sia nell'area pedagogica che pastorale è indice di cambiamenti strutturali e funzionali nella loro concezione. È variato il rapporto di queste discipline tra di loro e con la realtà cui si riferiscono: sono stati ridefiniti i fini specifici e le relative vie per raggiungerli. Questo sviluppo della scienza e tecnica ha dato origine alla progettazione.
    Inoltre la spinta alla progettazione è connessa oggi con la globalità dell'esistenza umana. Non poche delle sue manifestazioni, sia individuali che sociali, sono espresse in termini di progettualità: si parla infatti di «progetto personale di vita», di «progetto di società», di «progetto culturale».
    La categoria della progettualità nasce da una nuova comprensione di sé che l'uomo ha raggiunto e da una sua maniera tipica di affrontare la propria esistenza. Il senso e il fine dell'esistenza, pur «data» nella sua realtà radicale, sono costruiti attraverso un'organizzazione coscientemente finalizzata di mete e itinerari.
    Travisa il significato di progettazione chi la contrappone alle spinte creative insite nelle categorie di «grazia», «vita», «spirito» o «mistero», come se si trattasse di una pretesa meccanica di rinchiuderle o dominarle.
    La progettazione appare assai meglio come l'assunzione consapevole e seria della propria libertà ed energia, orientate verso orizzonti ispirati dalla vita e dalla grazia.

    1. LA CONFIGURAZIONE DI UN PROGETTO

    1.1. Il significato di progetto

    Giova paragonare il significato del progetto con quello di altre voci usate nell'ambito educativo con intenzioni normative.
    Nei confronti della «scienza pedagogica», il progetto presenta soprattutto il riferimento a una situazione particolare di immediatezza al concreto, di incontro libero col reale conosciuto.
    Un progetto non è un trattato sull'educazione, né uno studio sulla gioventù e neppure un'esposizione sistematica sul ruolo dell'educatore. È piuttosto una maniera singolare di combinare, in termini operativi rispondenti a una particolare situazione, elementi forniti dalle scienze umane, con osservazioni e riflessioni personali. Tra il progetto e i risultati della scienza pedagogica v'è la stessa differenza che passa fra un trattato d'ingegneria e il disegno di un edificio, collocato su di un terreno particolare e adeguato alle esigenze degli utenti.
    Si tratta, dunque, di un'operazione sapienziale, pur debitamente sorretta dalla scienza e dalla tecnica.
    Il progetto comporta un'intenzione operativa: e in questo si differenzia da uno studio. Chi lo elabora intende applicarlo, e perciò lo elabora in termini applicabili. Procede per obiettivi raggiungibili e verificabili, e non solo per ideali o principi, sebbene questi si pongano nel loro orizzonte. Non si ferma a una spiegazione della realtà, ma esprime un proposito di intervento per modificarla. La finalità è l'azione. Le idee con cui si sostanzia tendono a chiarire le fasi di un'azione efficace verso il raggiungimento dei fini. Il terreno per l'elaborazione del progetto, dunque, è la prassi.
    La tendenza idealista che riduce a elementi secondari le esperienze, gli itinerari e le forme di comunicazione, basandosi sul discutibile presupposto che un valore spiegato ha in sé tutte le condizioni per essere comunicato e realizzato, va assolutamente superata.
    Un secondo confronto c'è da considerare. Nell'area educativo-scolastica si è stati sovente sollecitati a fare e a rivedere programmi e programmazioni. Ciò valeva anche nell'ambito pastorale, specie nella catechesi. Si era preoccupati delle mete da raggiungere nell'insegnamento e della relativa pianificazione di contenuti, tenendo conto dei corrispettivi metodi.
    L'insistenza sui programmi dava per scontato un quadro di valori e di fini così evidente che non aveva nemmeno bisogno di essere enunciato. Era abbastanza condiviso che cosa volesse dire «un uomo onesto», «un buon cittadino» e, per i credenti, «un vero cristiano».
    Gli obiettivi dell'educazione sembravano naturalmente e indissolubilmente connessi con gli obiettivi didattici..Non si sospettava ancora che cultura, insegnamento e società potessero nascondere, spesso inconsapevolmente, concezioni globali diverse dalle intenzioni dichiarate.
    Da alcuni anni si insiste di passare dalle programmazioni ai progetti. Le prime contengono indicazioni organizzative e strumentali, e obiettivi settoriali. I secondi richiedono esplicitazioni dei fini e della concezione globale. Si tratta di esplicitare la totalità di un'immagine dell'uomo e del suo destino, raccogliendo i frammenti in una visione unitaria e organica.
    In questo senso viene inteso il progetto sia nei documenti civili che della Chiesa. I documenti ecclesiali asseriscono ripetutamente, come nel caso del progetto educativo della scuola cattolica, che questo «rivela e promuove il senso nuovo dell'esistenza e la trasforma abilitando l'uomo a ... pensare, volere e agire secondo il Vangelo», e che «è proprio nel riferimento esplicito e condiviso da tutti i membri della comunità scolastica, sia pure in grado diverso, alla visione cristiana, che la scuola è "cattolica", poiché i principi evangelici diventano in essa norme educative, motivazioni interiori e insieme mete finali» (Sacra Congregazione per l'educazione cattolica, La scuola cattolica, Roma 1977, n. 34).
    Rispetto a normative o regolamenti che si stabiliscono nelle comunità educative, il progetto si presenta con la differenza del riferimento a un risultato futuro, a una situazione verso cui si cammina e da cui si giudica la validità degli interventi.
    Un progetto non è una norma; non si legge e non si applica come tale. È un movimento, che più che assicurare adempimenti indica una direzione e un insieme di energie da mettere in gioco.
    Non viene giudicato e giustificato dall'esattezza degli adempimenti, bensì dai risultati da raggiungere. Non si progetta con la preoccupazione dell'esattezza ma piuttosto con l'arte dell'anticipazione.
    Il progetto punta totalmente sullo sviluppo di atteggiamenti positivi, è propositivo piuttosto che protettivo. È quasi tutto rivolto alla persona e al suo sviluppo. I regolamenti costituivano utili codici di educazione quando valori obiettivi e modelli di comportamento sociale erano considerati fissi e non esistevano limiti di tempo alla validità delle norme. La progettazione riconosce invece il ritmo di mutamento e quindi il bisogno di periodica revisione di obiettivi, metodi e itinerari.
    C'è ancora il termine «modello» che viene spesso adoperato come riferimento orientativo di un intervento.
    Il progetto si riferisce senza dubbio a modelli, come rappresentazioni della realtà. Si rifà in particolare a «modelli ideali» che servono da quadro di riferimento all'azione. Per esempio, in pastorale il modello di Chiesa «comunione-servizio», in pedagogia il modello «non-direttivo», rappresentano schemi interpretativi del reale che spingono all'azione in determinate direzioni.
    Il progetto parte da un modello globale e cammina verso di esso: come il percorso di una nave è orientato da una bussola. È l'aspetto utopico.
    Il progetto assume anche modelli di azione, di strutture e di percorso adeguati a operare in una situazione concreta.
    Tali istanze della progettazione sono le stesse, sia che si applichino all'educazione o alla pastorale: visione dei fini, intervento organico sulla realtà in ordine alla sua trasformazione da una situazione attuale ad un'altra perseguita.
    Però nel caso della progettazione pastorale il contenuto di queste istanze è specifico e, quando lo si collega al termine educativo, indica un particolare rapporto tra la crescita umana del soggetto e la sua fede. Così l'obiettivo ultimo e quelli intermedi di un progetto che è educativo e pastorale tendono a sviluppare nel giovane la maturità cristiana, a consolidare di riflesso la comunità ecclesiale e ad annunciare il Vangelo. Ciò colloca i diversi contenuti in un'interazione originale e stabilisce anche criteri di metodologia.

    1.2. Le motivazioni di fondo per progettare oggi

    Le insistenze attuali sul progetto educativo pastorale rispondono principalmente a quattro esigenze: la coerenza interna della proposta, la convergenza pratica degli interventi, l'adeguamento continuo della proposta alla condizione dei soggetti, l'identificazione delle diverse offerte di educazione in un contesto caratterizzato dalla pluralità di indirizzi e agenzie educative.
    Il progetto educativo ha in primo luogo una funzione all'interno della stessa proposta educativa. Questa può essere oggi in balia di un ecletticismo irriflesso, frutto di un ambiente segnato dalla frammentazione e percorso dalle più svariate correnti, con difficile riferimento a un quadro coerente di significati e di valori, e priva dunque di un orientamento unitario interno.
    L'educazione può diventare così un insieme di prestazioni professionali con dispersione di indirizzi, se questi non vengono ricondotti a un quadro condiviso e formulato di intenzioni e di valori. Allo stesso modo la pastorale può esprimersi in una serie di interventi ispirati alle più disparate spinte (devozionistiche o secolarizzanti, misticheggianti o funzionalistiche, sacrali o socializzanti...), in un difficile e mai chiarito rapporto con il processo educativo.
    L'urgenza appare più stressante quando si considera che l'assenza di un riferimento unitario sul senso dell'esistenza si estende a tutta la società, e che l'istituzione educativa dovrebbe aiutare i giovani a trovare criteri e punti di discernimento e unificazione per le loro scelte.
    Connesso con questo primo aspetto se ne avverte un secondo: a una proposta organica e coerente deve corrispondere un insieme di interventi convergenti nelle finalità e nello stile. Gli interventi educativi sono svariati già a partire dalla progettazione stessa, perché regolati da diversi approcci alla realtà. Difatti, in educazione come in pastorale si impone l'interdisciplinarità. La divisione si moltiplica quando il lavoro viene suddiviso tra gli operatori, tra ruoli e tempi, tra sedi e agenzie, differenti. In questa inevitabile molteplicità ci vogliono strumenti di convergenza che assicurino il collegamento concreto della totalità degli interventi verso l'obiettivo. Anche le istituzioni educative diventano «luoghi di lavoro»: si seguono dunque le norme di divisione dei compiti col rischio reale che vengano svolti in modo tale da ignorarsi vicendevolmente. La molteplicità degli interventi non coordinati rende difficile la sintesi. Il progetto appunto ha come funzione il far convergere ruoli e prestazioni in modo che si eviti il settorialismo e la giustapposizione.
    Ma il progetto ha un'ulteriore funzione: quella di spingere l'adeguamento continuo delle proposte educative e delle modalità con cui vengono offerte, alla situazione e alle domande dei soggetti. I giovani accusano un ritmo accelerato di cambiamenti dovuti alla stessa cultura in cui sono immersi. La funzione educativa è anch'essa evolutiva per il suo rapporto con le persone, con la cultura e con la società. Basta pensare agli ambienti, ai contenuti e ai metodi educatvi dell'epoca precedente in cui non predominava né la mentalità partecipativa, né la comunicazione attraverso il linguaggio totale, né il concetto di formazione continua, né l'unificazione del mondo quale «villaggio globale» con la ripercussione degli eventi e l'assunzione di cause comuni (pace, solidarietà, sviluppo, diritti della persona).
    L'adeguamento tocca non soltanto contenuti parziali o dettagli di metodo, ma richiede oggi riformulazione degli obiettivi generali e nuovo quadro di valori secondo le esigenze attuali.
    Possiamo spingerci con l'immaginazione, poiché è già alle porte, all'epoca dell'informatica e dei computers, che le nuove generazioni vivono già come fenomeno educativo in rapporto a nuove esigenze non solo di abilità operativa, ma pure di orizzonti mentali e di armonia di valori.
    Finalmente, un ultimo motivo. La società attuale si presenta pluralistica nelle istituzioni, nelle scelte esistenziali, nei comportamenti sociali. Il pluralismo non è soltanto un fatto tollerato, ma un diritto insito nella profondità dell'attuale convivenza politica e sociale, a tal punto che dove non viene riconosciuto, se ne denuncia la mancanza come un attentato contro la persona. L'educazione e la pastorale riflettono questa situazione: vi sono istituzioni educative internamente pluralistiche e anche pluralità di istituzioni educative.
    Poiché è la persona a scegliere il suo orizzonte di senso, così è anche la persona a selezionare ambienti, programmi e strumenti che le vengono offerti dalle diverse agenzie. Per questo le istituzioni devono identificarsi, e un progetto educativo distingue e qualifica un gruppo di educatori in una società che riconosce spazio a diverse visioni dell'uomo e della realtà.

    1.3. Il progetto nei suoi contenuti

    Un progetto educativo pastorale articola in momenti successivi o simultanei diversi livelli di indicazioni e scelte, riguardanti immediatamente il campo concreto.
    Il primo livello è un insieme di orientamenti ideali sulla concezione dell'uomo e in particolare sui fini dell'educazione e sull'intervento educativo. È una specie di dichiarazione di principi o criteri che definiscono una filosofia dell'educazione o, trattandosi di pastorale, una scelta di prospettiva globale.
    Si tratta di un elemento abbastanza stabile, con validità a lungo termine e applicabile anche a un contesto culturale vasto. Questo elemento ha un grande valore perché fondante, e anche se ancora non contiene proposte di attuazione, esplicita però le scelte che guidano gli interventi. Non ripete semplicemente asserti generali dell'antropologia o delle scienze dell'educazione, ma elabora scelte precise e operative. Basti pensare a come si potrebbe presentare questa parte del progetto in America Latina, in Africa o in Europa per capire che i principi e le immagini ideali ammettono differenziazioni provocate dalla realtà.
    Il secondo momento è l'analisi della situazione su cui il progetto deve svilupparsi. Le analisi di situazione sono diverse secondo le prospettive scelte. Nel caso nostro si tratta di un'analisi della situazione educativo-pastorale, che non esclude riferimenti e rilevamenti di altro tipo, anzi li richiede, ma che tende nel suo insieme a chiarire gli obiettivi e gli itinerari che l'educazione e la pastorale devono assumere.
    Si tratta di un'analisi interpretativa e non soltanto di una descrizione fenomenologica. Precomprensioni, parametri, griglie, pur coi rischi di lettura selettiva e funzionale che possono presentare, sono indispensabili.
    Ma al momento interpretativo si aggiunge anche il momento valutativo. Poiché il progetto prende il suo orientamento da un orizzonte di valori, anche se intende confrontarsi con una situazione data, non è possibile non pronunciare un giudizio di valore sugli elementi che emergono nella lettura della situazione.
    Dal confronto con un quadro di valori e una situazione scaturiscono le scelte operative: è il terzo momento. Tali scelte sono costituite dagli obiettivi a differenti livelli, in cui si enuncia, in termini di atteggiamenti e di attitudini da acquisire, il punto di arrivo cui si tende.
    Agli obiettivi si aggiungono i principi del metodo scelto, con i criteri di particolare applicazione alla situazione. Si formulano le esperienze educative da proporre con eventuali nuclei di contenuti e l'insieme di interventi che consenta meglio il passaggio dalla situazione rilevata alla situazione desiderata. L'insieme di tali scelte si propone di saldare le istanze che emergono dalle domande con i valori di cui ci si sente portatori. Si possono aggiungere ancora indicazioni strumentali che stabiliscono ruoli e responsabilità, articolazioni di aree, previsione di eventuali ostacoli.
    E infine il quarto momento sta nella verifica. Essa permetterà di misurare obiettivamente la validità del progetto, il suo impatto sulla realtà e la sua attuabilità, e consentirà di conseguenza il ridimensionamento e la riprogettazione.
    La verifica costituisce l'ultimo momento di una fase di progettazione e il primo della fase seguente. Il processo di progettazione difatti va concepito in maniera continua e circolare. La verifica rimanda a una nuova lettura della realtà, e questa rimette in stato di formulazione anche il quadro di riferimento, ed esige di aggiornare le scelte progettuali. Si evita così d'imporre una lettura alla luce di uno schema rigido, che la giudica senza lasciarsi valutare, che non tiene conto delle nuove domande e rischia di modellare le persone su una misura precostituita.
    D'altra parte ci si sottrae anche al rischio opposto, rappresentato dal concetto funzionale di educazione quale semplice soddisfazione di domande.
    La circolarità, dunque, mette nella condizione di liberare il progetto da fissità ideologica e al contempo di sviluppare una pedagogia di valori e non solo di bisogni. Il quadro di riferimento non può essere desunto dai soli bisogni, ma deve essere collegato a un'antropologia, che a sua volta è però riformulabile di fronte a nuove richieste inevase, per giungere a un quadro dinamico di valori.

    1.4. Dinamica di elaborazione di un progetto

    Una delle domande che non di rado vengono a galla quando si tratta di fare un progetto si riferisce al soggetto agente. Nelle risposte pratiche che si danno è implicata già una concezione dell'azione pastorale o del processo educativo, come anche una valutazione sui suoi singoli momenti ed elementi.
    Qualcuno preferirebbe che il progetto venisse predisposto da una o poche persone a cui si riconosce autorevolezza per la carica ricoperta o la competenza acquisita. Gli altri componenti della comunità avrebbero il ruolo di esecutori o anche di intelligenti e creativi incaricati di adattare il progetto alla situazione.
    Si tratta di un modello «centralizzato», «dirigista» o «elitario», che considera molto la perfezione formale, la completezza contenutistica e la rapidità di stesura, ma assai poco i processi di partecipazione, di assimilazione vitale e aderenza concreta al reale. Il rischio della ristrettezza di prospettive non è nel caso pura invenzione.
    D'altra parte le esperienze di progettazione compiute all'insegna della partecipazione totale secondo un itinerario democratico o assembleare, o approdano alla delega ristretta o si arenano in uno sforzo inutile di arrivare a conclusioni soddisfacenti.
    Se però il progetto non viene considerato solo uno scritto, ma un processo di chiarimento e di identificazione comunitaria, le tre parole chiave devono essere: corresponsabilità, partecipazione, collaborazione.
    In questa prospettiva l'iter più interessante sperimentato è quello del coinvolgimento differenziato, che interessa tutti, ma affida anche compiti, specie se difficili, ad alcuni. Le tappe di elaborazione e di riformulazione del progetto potrebbero essere le seguenti.
    In primo luogo bisogna creare un gruppo animatore capace di guidare il processo: si tratta di motivare le persone ad assumere in totale corresponsabilità la stesura del progetto e selezionare stimoli per procedere secondo le diverse fasi: definizione del quadro di riferimento, analisi delle domande e della situazione, formulazione di linee operative. Il gruppo prevede anche le modalità più convenienti di circolazione degli elaborati.
    Il secondo momento è di coinvolgimento e di partecipazione comunitaria. In alcuni casi si offrono formulazioni già elaborate da discutere, macinare o modificare da parte dei diversi gruppi che partecipano al processo educativo.
    In altri vengono presentati soltanto questioni o problemi a cui la comunità risponde secondo la propria sensibilità.
    La terza tappa consiste nella raccolta di tutto il materiale, nella condivisione attraverso l'informazione e nell'offerta di una sintesi ordinata per un definitivo chiarimento. Si arriva così a una formulazione completa condivisa.
    Questo iter potrebbe sollevare obiezioni di lentezza eccessiva. Ma va ricordato che la finalità di un progetto non è tanto di mettere in mano agli operatori una normativa d'azione, quanto piuttosto di aiutare i gruppi a operare con consapevolezza.
    È attraverso l'interscambio e la vicendevole illuminazione che si arriva a formulazioni in cui i partecipanti si ritrovano: queste rappresentano la loro piattaforma di idee e il loro grado di consapevolezza.
    Si tratta comunque di formulazioni provvisorie almeno in un primo tempo, che saranno meglio organizzate e progressivamente aggiornate man mano che nell'approfondimento della riflessione nuovi e più ricchi aspetti vengono scoperti e valorizzati.
    Il progetto infatti è sempre aperto a sviluppi e perfezionamenti, sino ad arrivare a una matura esperienza.

    2. LE SCELTE DI FONDO PER L'ELABORAZIONE DI UN PROGETTO EDUCATIVO PASTORALE

    Il progetto – lo richiamiamo in sintesi – non è una teoria sull'educazione e nemmeno solo una politica educativa.
    Queste due realtà stanno di certo alla base e ispirano un progetto. Ma il progetto traduce in un contesto concreto le ispirazioni o le esigenze che una teoria suggerisce. È una scelta d'indirizzo ideale, ma allo stesso tempo un calcolo di condizioni, una combinazione di possibilità reali, una ricerca di risultati previsti: insomma, una combinazione di scelte e di valori, conoscenza scientifica e fantasia creatrice. Il progetto si misura sempre col reale.
    Le scelte fondamentali che danno senso e coerenza all'azione educativa pastorale e che sono mediate in un progetto sono la «finalità» dello stesso progetto, cioè verso che punto ci si intende muovere, la «modalità» generale degli interventi, le «aree» umane in cui si colloca, le caratteristiche di stile, le dimensioni o aspetti attorno a cui viene coagulata la completezza dell'azione.

    2.1. La finalità: l'evangelizzazione

    La finalità del progetto educativo pastorale è l'evangelizzazione. Questo vuol dire concretamente che l'immagine di uomo che ispira gli interventi è quella che risulta dalla rivelazione avvenuta in Gesù Cristo: rivelazione di Dio e rivelazione della vera dimensione dell'uomo e della sua vocazione.
    La finalità è nell'azione un principio di totalità e di gerarchia. Indicando che la finalità è «pastorale», si dice che l'apertura al trascendente, al religioso, anzi al cristiano, è la prospettiva ultima di ogni intervento, anche se questo viene apprezzato nel valore e significato proprio, e non strumentalizzato al religioso.
    Si stabilisce pure un principio di gerarchia per gli interventi: tra di essi vanno privilegiati quelli che appaiono più adeguati a far crescere le persone «in Cristo e nella Chiesa».
    La chiarezza con cui si esprime la finalità non fa perdere di vista né le diverse vie e modalità secondo cui si raggiunge questa finalità, né una certa difficoltà di linguaggio per chi si propone d'intervenire nella dinamica d'una società pluralistica e secolare.
    Il termine «pastorale» peraltro non va confuso con «clericale»: l'evangelizzazione non si identifica con «proselitismo», «strumentalizzazione». Esprime piuttosto la «scelta» di valori cristiani.
    La riflessione portata avanti nella Chiesa nell'ultimo tempo ha chiarito che anche se «evangelizzazione» in senso stretto è l'azione specifica di annuncio di Cristo, il suo itinerario comprende però anche tutti gli interventi che preparano e dispongono pedagogicamente gli uomini ad accoglierlo. «Nessuna definizione parziale e frammentaria può dare ragione della ricca, complessa e dinamica realtà com'è quella dell'evangelizzazione senza impoverirla e persino mutilarla» (EN 17). Non sarebbe di scarsa importanza accostare l'ispirazione cristiana in cui si riconoscono molte iniziative dei credenti alla missione evangelizzatrice che caratterizza ogni intervento della comunità cristiana.
    È impensabile che nella dinamica della società si proceda oggi senza opzioni di valori e concezioni di vita. Coloro che si presentano come «neutrali», «equidistanti», o di proposte puramente «funzionali», ignorano la natura dell'agire umano.

    2.2. L'incarnazione culturale

    L'azione pastorale si caratterizza per un'incarnazione nel tessuto culturale: questa è una scelta qualificante e caratterizzante di tutta la comunità cristiana.
    Collocarsi nel tessuto culturale vuol dire non soltanto guardare con interesse i fatti, i fenomeni attraverso i quali si elabora la cultura, ma agire al suo interno e lavorare con la dinamica che le è propria. E non secondo considerazioni teoriche riguardo alla cultura in se stessa, ma secondo la modalità concreta che una società offre.
    «Con il termine "cultura" si vogliono indicare tutti quei mezzi con cui l'uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo, cerca di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro, rende più umana la vita sociale, sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni» (GS 53).
    Questo processo si presenta oggi come un fenomeno di «massa» (cf GS 54), sebbene ci sia il problema del collegamento attivo tra questa «massa» e la sempre più profonda e complessa elaborazione culturale dei «centri» di influsso e irradiazione (cf GS 56). Si presenta come'un fenomeno «pluralistico»: non soltanto nel senso che ci sono diverse culture nelle diverse aree geografiche (cf GS 53), ma anche nel senso che una cultura fa spazio a diverse scelte di valore e si elabora dunque in un contesto di libero confronto (cf GS 56). È inoltre informato dalla conoscenza scientifica (cf GS 54).
    La prima caratteristica enunciata sopra suggerisce il raggio di azione: la cultura è un bene per tutti, da tutti e di tutti; non è solo per e di circoli ridotti.
    La seconda caratteristica sottolinea che si elabora «in libertà» (cf GS 59), poiché la «coscienza» non è la sua sovrastruttura, bensì la sua radice. La terza caratteristica chiarisce le condizioni e le modalità odierne di elaborazione della cultura.
    Il progetto educativo pastorale, come non è solo catechesi, così non è soltanto cultura, e nemmeno le due realtà giustapposte, ma una ricca sintesi di processi di promozione umana e di annuncio evangelico.
    Incarnarsi non significa mettersi addosso un vestito, ma prendere il corpo e l'anima, e cioè tutta la possibilità di azione, di riflessione e di esistenza.
    Nel progetto l'incarnazione culturale porta a una attenzione costante alla condizione dei giovani, perché l'evangelizzazione passa anche e sempre più attraverso l'analisi delle situazioni di vita che incidono sulla personalità giovanile. Porta anche a una valutazione positiva e religiosa della competenza professionale, a una stima per le istituzioni e attività culturali; spinge a un approccio fiducioso alle conclusioni delle scienze dell'uomo, e soprattutto porta a una scelta dei fenomeni della cultura come «luogo», «linguaggio» ed «esperienza umana» attraverso la quale la salvezza si fa comprensibile. Il Vangelo viene proposto così in un modo strettamente unito all'esistenza concreta e inserito armonicamente nei processi di crescita della personalità e dell'umanizzazione. Non come qualche cosa che genera obblighi od osservanze legali, ma come un dono di energia che incorpora tutta l'esistenza e tutta la storia del mistero di Cristo.

    2.3. La scelta educativa

    La cultura è una realtà complessa. Sono molti i «beni» che la compongono. Sono molti i «mezzi» attraverso cui la si può sviluppare. Sono dunque diverse e complesse le possibilità d'intervento nel tessuto culturale.
    Il progetto attento alla persona e alla comunità si gioca sulla scelta dell'educazione, e su di essa concentra sforzi. In positivo questo significa che al centro del progetto sta la persona vista nella totalità delle sue dimensioni e nell'unità del suo dinamismo esistenziale.
    Parlando di cultura, che non è una realtà soltanto «personale» ma anche sociologica ed etnologica, si è tentati di rifarsi con il pensiero a strutture sociali, a beni obiettivi, a processi di inserimento nelle società o all'assimilazione di un «patrimonio». La scelta educativa si riferisce invece direttamente alla crescita della persona in quanto tale, mentre tutto l'altro viene considerato come «mezzo».
    Le diverse dimensioni della cultura, nell'attività formalmente educativa, vengono rielaborate attraverso processi «personali», diventano «esperienze», in cui la persona cresce, si arricchisce, unifica la sua sintesi attorno ai «centri» di significato e di motivazioni.
    La scelta educativa comporta perciò una particolare attenzione all'originalità della persona al di sopra di tutti gli altri elementi, alla gradualità della proposta, all'adeguatezza tra interventi e domande, ai processi di crescita dell'identità e dell'autonomia.
    La scelta educativa assume interventi di altro tipo solo nella misura in cui incidono su questo aspetto preferenziale. Poiché la cultura è una realtà dinamica, le sue diverse dimensioni si condizionano e si modificano. La politica, l'economia, la comunicazione di massa possono ostacolare e persino impedire la crescita dei valori nella persona. La scelta educativa cerca di impregnare la realtà sociale delle sue finalità; ma soprattutto fa crescere la persona dal di dentro affinché emerga con la sua libertà in tutti i condizionamenti.
    Per cui di qualunque tipo siano le attività mediatrici nelle loro più diverse espressioni, esse vengono orientate ad aiutare i giovani a percepire i valori, a camminare verso un rapporto sereno e positivo con le persone e le cose che riduca conflittualità e tensioni, una maturazione affettivo-sessuale che renda capace di donazione e di incontro, una graduale maturazione alla libertà, alla capacità di decisioni coerenti, all'assunzione di responsabilità e a una progettazione del proprio futuro per liberare e convogliare il potenziale di cui ogni giovane è portatore.
    La persona presenta una intrinseca dimensione sociale. L'educazione non ha certo come finalità diretta la riforma della società: mira però indispensabilmente alla formazione sociale della persona, e così si propone di coltivare atteggiamenti di solidarietà e dialogo, di stimolare l'impegno per la giustizia, di abituare a operare per una società a misura d'uomo.

    2.4. Il campo di azione da privilegiare

    Un altro elemento situa con precisione e definisce il progetto educativo pastorale delle comunità cristiane: è il campo di lavoro. Il progetto è pensato e verrà attuato tra i giovani incominciando dagli ultimi.
    La formula contiene indicazioni operative. In primo luogo stimola a muoversi verso la massa e non semplicemente verso gruppi particolarmente interessati o colti.
    In secondo luogo, i giovani sono visti non come una «classe» distaccata, ma come porzione di comunità che portano avanti la loro crescita in una interazione costante con gli adulti. In questa scelta preferenziale una iniziativa «giovanile» non dice separazione dei giovani, ma opportunità d'incontro e punto di convergenza di svariate componenti della comunità attorno a un ideale valido che viene affidato alla capacità creatrice dei giovani e all'esperienza educativa degli adulti.
    In terzo luogo, i giovani sono un punto privilegiato di osservazione e di rivelamento della realtà. Collocarsi tra i giovani indica una prospettiva: vuol dire guardare i fenomeni che sorgono dalle nuove generazioni o che condizionano la loro vita; guardare con i loro occhi tutte le novità socio-culturali per poter fare una strada insieme con loro.

    2.5. I criteri orientativi dell'azione

    Il metodo con cui si portano avanti gli interventi è improntato alla preventività. Oggi si parla spesso e in tutti i campi dell'esigenza e dell'urgenza di prevenire: la si ritiene una delle vie fondamentali per rigenerare la società e per l'educazione delle nuove generazioni.
    La preventività esprime oggi le istanze che seguono.
    Anzitutto è necessario scegliere di far crescere le persone attraverso proposte che indirizzino tutte le loro potenzialità e risorse a esperienze positive di bene, in modo da prevenire esperienze deformanti.
    Inoltre occorre preparare i giovani per il loro futuro, anticipando i tempi in profondità, mediante lo sviluppo di quegli atteggiamenti che permetteranno loro di superare positivamente i rischi e le difficoltà.
    E infine preventività significa aiutare a cogliere il significato della loro giovinezza e a viverne in pienezza le aspirazioni, i dinamismi e le spinte da protagonisti intelligenti.
    Ci si appella e ci si rivolge dunque alle forze interiori più profonde che il giovane porta in sé: la ragione, l'affetto, il desiderio dell'Assoluto. Si cerca di costruire la persona su queste risorse fondamentali piuttosto che su condizionamenti e costrizioni.
    Per svegliare e sviluppare questo centro di vita personale, il progetto educativo punta, sotto il profilo del metodo, su tre elementi.
    Il primo è l'ambiente educativo formato dallo spazio di creatività, libertà e partecipazione cordiale, dal clima che emerge dai rapporti interpersonali, dal tono d'impegno e da una convergenza di attività e di proposte che rispondono agli svariati interessi e alla domanda dei giovani.
    Il secondo è il rapporto personale. L'azione educativa non si basa su proposte collettive, ma riconosce il carattere «peculiare» e la storia «singolare» di ciascuno. La scelta educativa guarda alla persona più che alla promozione di una particolare attività. Non è interessata tanto alla organizzazione o diffusione di iniziative sociali o culturali (sport, teatro, turismo) quanto a far crescere le persone attraverso di esse. Attorno agli interessi cresce l'«amicizia costruttiva», maturano gli impegni e si va plasmando l'identità.
    E infine, il terzo elemento è la presenza animatrice degli adulti tra i giovani. I tratti caratteristici dello stile di educazione incarnato si appoggiano sulla presenza-convivenza degli educatori tra i giovatfi: partecipano alla vita dei giovani, animano le loro iniziative, offrono elementi di maturazione e aprono costantemente a una visione matura e integrata dell'esistenza.


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