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    La fede giovane dei giovani



    Il dialogo tra Giovanni Paolo II e i giovani

    Riccardo Tonelli

    (NPG 1999-01-42)


    Una premessa è d’obbligo per dichiarare il limite e il significato di queste brevi note. Una fonte autorevole del dialogo tra Giovanni Paolo II e i giovani è costituita, in termini sicuri, dai suoi interventi magisteriali, destinati ai giovani. Li ho raccolti e studiati. La prima cosa che salta agli occhi è la vastità di questo materiale, anche solo dal punto quantitativo. Sono oltre 5.000 i brani in cui è esplicito il riferimento del Santo Padre nei confronti dei giovani. Un’analisi sui contenuti affrontati in questi interventi pone davanti all’attenzione dello studioso un quadro vastissimo di temi. La vita concreta e quotidiana, gli interessi giovanili i più diversi, le esigenze della vita cristiana e lo spettro dei suoi significati, gli impegni più alti che scaturiscono dalla fedeltà al progetto evangelico nella Chiesa… tutto questo ritorna con espressioni, particolari, suggerimenti sempre nuovi ed originali.

    IL PUNTO DI PROSPETTIVA

    Di fronte ad un repertorio tanto vasto confesso di aver sofferto lo stesso smarrimento che prova il pellegrino che è costretto ad affrontare le incertezze di un lungo viaggio in territori lontani da quelli in cui si distende la sua esistenza quotidiana.
    Mi sono anche reso conto che la mia poteva essere un’inutile e improduttiva concorrenza alle strumentazioni informatiche di cui oggi disponiamo. Esse ci permettono un accesso rapido e sicuro alle informazioni… basta interrogare la raccolta dei discorsi del Santo Padre con appropriate chiavi di lettura.
    Se cercare la voce «giovane-i» può dare risultati poco utilizzabili, l’incrocio con variabili tematiche restituisce immediatamente un quadro assai significativo di annotazioni.
    Ho scelto una prospettiva di lavoro leggermente diversa, più praticabile per me e, mi auguro, più funzionale per il lettore.
    La premessa ha l’obiettivo di giustificare e ricordare la mia scelta.

    Una eccezionale capacità propositiva

    Il dialogo di Giovanni Paolo II con i giovani si realizza in un contesto culturale segnato da un indice molto alto di complessificazione sociale. Il dato riguarda decisamente i paesi del primo mondo; ma sta influenzando non poco anche quelli degli altri mondi. Siamo ormai in grado di constatare direttamente quanto, oltre trent’anni fa, la Gaudium et spes proponeva con sorprendente determinazione: «Le condizioni di vita dell’uomo moderno, sotto l’aspetto sociale e culturale, sono profondamente cambiate, così che è lecito parlare di una nuova epoca della storia umana» (GS 54).
    Uno dei segni di novità – forse quello più diffuso e appariscente – è dato appunto dalla larga e insistita complessità.[1]
    Come tutti noi sappiamo, spesso d’esperienza diretta, il clima di complessità culturale rende difficile la comunicazione tra generazioni e persone. A differenza dell’esperienza vissuta dalle generazioni passate che ricevevano il senso dell’esistenza attraverso processi trasmissivi abbastanza tranquilli, la cui eventuale conflittualità era solo congiunturale, oggi assistiamo ad una larga crisi di trasmissione culturale.
    Coloro che hanno la responsabilità di affidare ad altri le ragioni per credere alla vita e alla speranza, non sanno più bene cosa trasmettere e come trasmettere. D’altra parte, è scarso anche l’interesse a ricevere qualcosa da altri, se questo soggetto non è sperimentato appartenente al proprio ristretto gruppo.
    Anche le agenzie, tradizionalmente incaricate di questa responsabilità, recuperano credibilità e consenso solo quando sanno presentarsi come luogo di relazioni primarie soddisfacenti. In fondo, esse funzionano solo quando, rinunciando alla loro specificità, delegano ad altri la trasmissione dei «contenuti», per riappropriarsi quella di assicurare interazioni.
    La constatazione non vale per il dialogo tra Giovanni Paolo II e i giovani.
    Essi lo cercano con un entusiasmo che supera ogni più rosea previsione. Lo ascoltano con una passione forte, capace di far superare disagi non piccoli e difficoltà che in altre circostanze sarebbero capaci di scoraggiare ogni entusiasmo.
    Molto spesso dall’incontro nasce il bisogno di approfondimento: l’esistenza personale e il suo senso restano tanto segnati da produrre spesso conversioni e decisioni coraggiose.
    La domanda che ogni educatore attento si pone è: cosa capita? perché, in un caso come questo, si invertono radicalmente le linee di tendenza?

    Alla ricerca di risposte

    La questione è impegnativa. Afferra, nel profondo della responsabilità educativa e pastorale, ogni adulto, capace di amare i giovani e preoccupato della loro esistenza.
    I modelli interpretativi che faticano a prendere atto della situazione di complessità diffusa, cercano una risposta nelle cose dette.
    In questa prospettiva, l’innegabile forza comunicativa del Santo Padre è facilmente legata al messaggio offerto dai suoi interventi magisteriali. Di qui l’interesse prioritario per la loro analisi.[2]
    Non nego affatto l’importanza di questo tipo di ricerca. Sono convinto però che la ragione stia soprattutto altrove, in quella capacità di interazione e nella conseguente qualità relazionale che la persona del Santo Padre sa consolidare nel suo dialogo verso i giovani.[3]
    Consapevole di questo dato di fatto, la mia attenzione corre verso la qualità della relazione. Mi chiedo, in concreto, quali atteggiamenti del Santo Padre colpiscono in modo speciale i giovani; quali tratti della sua figura li affascinano e li rendono attenti alla sua proposta, interessati seriamente al suo messaggio, nonostante il clima di complessificazione in cui essi vivono.

    Il limite di una risposta

    Le riflessioni che seguono tentano una risposta, concreta e puntuale, a questo interrogativo.
    Riconosco il limite che attraversa la mia riflessione.
    Mi muovo infatti in un terreno di ricerca molto più discutibile e inverificabile di quello che si apre all’analisi dei documenti scritti.
    Lo riconosco e lo dichiaro con forza. Non intravedo però particolari correttivi. In questa prospettiva poi la mia modesta riflessione può suggerire qualcosa a tutti coloro che, come me, si interrogano sui modi attraverso cui trasmettere anche ai giovani di oggi (a tutti i giovani, proprio come fa il Santo Padre nei suoi ripetuti incontri) quell’esperienza di fede che ci è stata consegnata e che è la ragione della nostra speranza.
    In questo modo, il confronto con l’esperienza affascinante di Giovanni Paolo II può diventare scuola efficace di «nuova evangelizzazione» per tutti coloro che sono impegnati nell’ambito dell’educazione e della pastorale dei giovani di oggi.

    I GIOVANI «VERSO» IL PAPA

    Dalla prospettiva appena delineata posso finalmente entrare nel merito della mia riflessione. Dedico il primo momento al tentativo di verificare i tratti più significativi, dal punto di vista dei giovani, della figura carismatica di Giovanni Paolo II.
    Non posso di certo dire, in modo documentato, come i giovani vedono il Santo Padre. Per farlo, avrei bisogno di fare riferimento a ricerche di respiro internazionale. Posso però sottolineare gli atteggiamenti con cui il Santo Padre si presenta ad essi. Tra i tanti che potrebbero essere ricordati, sottolineo quegli atteggiamenti che, dal filtro della mia sensibilità, mi sembrano tanto influenti da stimolare, nei giovani di questa nostra stagione culturale, quella relazione di qualità alta che li rende disponibili alla sua persona e al suo messaggio.

    Una fede adulta e matura, che sa vibrare con forti note giovanili

    Lo sappiamo bene: purtroppo molti giovani, anche vicini all’ambiente ecclesiale, non hanno una stima eccessivamente alta della fede dei cristiani adulti. Spesso hanno l’impressione di entrare in contatto con un mondo che non è più il loro, segnato da modelli di esistenza in cui faticano a riconoscersi e da cui prendono volentieri le distanze.[4] Certo, la constatazione non può essere generalizzata: le molte e felici eccezioni documentano però la linea di tendenza e gli interventi necessari per invertirla.
    Nei confronti del Santo Padre il processo corre però in direzioni opposte. Colpisce i giovani la forza della sua fede: fondata su una esperienza sicura e stabile, il Cristo Signore, sa spalancarsi verso una speranza oltre ogni misura. I giovani lo riconoscono con gioia e lo gridano forte. Loro se ne intendono… visto che sanno immediatamente prendere le distanze nei confronti di coloro le cui parole risuonano vuote, lontane dalla vita, di circostanza.
    Il Papa lo riconosce e lo dice ripetutamente. Colpisce la sincerità di fede profonda della riflessione proposta in Varcare la soglia della speranza: «Ogni parroco di Roma sa che la visita alla parrocchia deve concludersi con l’incontro del Vescovo di Roma con i giovani. E non soltanto a Roma, ma ovunque il Papa si rechi, cerca i giovani e ovunque dai giovani viene cercato. Anzi, in verità non è lui ad essere cercato. Chi è cercato è il Cristo, il quale sa quello che c’è in ogni uomo (Gv 2, 25), specialmente in un uomo giovane».[5]

    Una vicinanza oltre le necessarie distanze

    L’attenzione e l’ascolto verso il Santo Padre è altissimo perché i giovani lo sentono vicino, amico, compagno di cammino nella vita, nella trascendenza della sua figura. Un documento che certamente molti giovani hanno letto con crescente commozione, come ho fatto anch’io, è il bellissimo capitolo sui giovani di Varcare la soglia della speranza. Ad anni di distanza, risuona attualissima la confessione del Santo Padre: «Il giorno dell’inaugurazione del pontificato, il 22 ottobre 1978, dopo la conclusione della liturgia, dissi ai giovani in piazza San Pietro: ‘Voi siete la speranza della Chiesa e del mondo. Voi siete la mia speranza’. Quelle parole vengono costantemente ricordate».[6]
    Il Papa veramente «è vicino» ai giovani. Lo avvertono tutti, anche quando nei raduni oceanici la sua figura è solo un punto bianco sull’orizzonte e la voce arriva rotta dalla stanchezza e dai mille disturbi di rilancio. Corrono pronti ai suoi appuntamenti, come risposta necessaria ad una presenza continua, attenta, preoccupata. Quella del Papa è una vicinanza tutta speciale. Le distanze istituzionali sono, per necessità di cose, alte e, spesso, insuperabili. Non sono però un ostacolo, anzi descrivono meglio la vicinanza orizzontale. Molti adulti stanno bruciando la loro relazione educativa verso i giovani perché vorrebbero rinunciare al ruolo che loro compete, per cercare una impossibile compagnia. Non sanno che l’adulto che gioca di ribasso, perde ulteriore ascolto.

    In ascolto sincero dei giovani

    Colpisce constatare come il Santo Padre, nell’esercizio della sua responsabilità apostolica, ci tenga a dichiarare la sua disponibilità ad accogliere e ad ascoltare i giovani: «Non è affatto più importante ciò che vi dirò: importante è ciò che mi direte voi. Me lo direte non necessariamente con le parole, me lo direte con la vostra presenza, con il vostro canto, forse anche con la vostra danza, con le vostre rappresentazioni, infine con il vostro entusiasmo».[7]
    Spesso noi adulti lo diciamo in tutti i toni: l’ascolto dei giovani è uno dei ritornelli più ripetuti. I fatti però documentano che affermazioni del genere sono poco sincere. In fondo, noi sappiamo troppe cose per dedicare tempo ad ascoltare altri o, nel migliore dei casi, stentiamo a riconoscere quanto i giovani ci propongono perché ignoriamo i codici linguistici di cui essi si servono.
    Il Papa propone e chiede il coraggio dell’ascolto sincero dei giovani, anche nei casi in cui la loro voce risulta di difficile interpretazione, perché è disturbata e inquietante. Giovanni Paolo II motiva frequentemente questo suo atteggiamento. Riporto, come esempio, le espressioni di grande coraggio di Varcare la soglia della speranza: «Non è vero che è il Papa a condurre i giovani da un capo all’altro del globo terrestre. Sono loro a condurre lui. E anche se i suoi anni aumentano, essi lo esortano ad essere giovane, non gli permettono di dimenticare la sua esperienza, la sua scoperta della giovinezza e della grande importanza che essa ha per la vita di ogni uomo. Penso che questo spieghi molto».[8]
    Per il Papa i giovani sono un frammento del futuro di Dio nelle incertezze dell’oggi, un segno, da raccogliere con disponibilità e interpretare nella fede, per cambiare la storia nella direzione del Vangelo.

    Una presenza capace di provocare, esigendo e sollecitando con decisione

    Giovanni Paolo II riafferma la centralità del Vangelo, annunciato nella Chiesa. È caratteristico il tono, sempre dolce e carico di stima e amore, anche quando è impegnativo e provocatorio.[9] La sua parola assume frequentemente i toni della denuncia coraggiosa e della provocazione.
    Riafferma, per esempio, la necessità di superare le frontiere dei nazionalismi e i conflitti che vengono dall’egoismo, rilancia la libertà dalle prigionie ideologiche e consumistiche…
    I giovani più sensibili colgono nelle parole del Papa espressioni irrinunciabili di quel progetto di vita nuova nel Signore della vita, al cui servizio si pone la parola stessa del Santo Padre. Per questo, reagiscono con l’applauso sincero, quello stesso applauso che invece negano a coloro che cercano di affascinarli con i toni della lusinga. Essi avvertono che la sua parola nasce da una passione fortissima per la vita e la felicità dei giovani e, soprattutto, dalla vicinanza del mistero di Dio, di cui il Papa è testimone convinto e autorevole.
    Un entusiasmo oltre ogni difficoltà.
    L’ultimo atteggiamento che voglio sottolineare, l’abbiamo continuamente sotto lo sguardo, soprattutto in questi ultimi anni.
    Fatica, sofferenza, spossatezza anche fisica non spengono mai l’entusiasmo di Giovanni Paolo II. L’aveva dichiarato, quando le forze lo reggevano ancora: «Abbiamo bisogno dell’entusiasmo dei giovani».[10] Ora lo documentano i fatti.
    Lo sa raccogliere dal cuore dei giovani che incontra. Lo fa proprio e ne rimane profondamente segnato. Ci contagia davvero tutti: i giovani, che ricevono in dono il contraccambio di quello che sanno offrire, e noi adulti, spesso scoraggiati e affaticati da una lettura rassegnata dell’esistente.

    IL PAPA «VERSO» I GIOVANI

    In questo paragrafo sottolineo alcune delle tante iniziative, scaturite dal cuore del Papa, per coinvolgere i giovani del mondo nella sua passione apostolica. L’elenco si farebbe lungo… Ricordo solamente qualche nota, che seleziono perché mi sembra particolarmente urgente per una evangelizzazione che sa farsi nuova.

    Dalla parte dei giovani

    La vicinanza del Santo Padre nei confronti dei giovani, intessuta di affetto, stima, accoglienza, si traduce immediatamente, quasi come reazione spontanea, in una preoccupazione pastorale che tutti li abbraccia. Vorrebbe coinvolgere tutta la comunità ecclesiale in questa sua passione apostolica. Per questo chiede ai responsabili, ai differenti livelli, un’attenzione rinnovata e coraggiosa e, con l’ardire che proviene dalla sua alta responsabilità, sollecita i diversi episcopati a progettare un’azione pastorale speciale verso i giovani. Una citazione, tra le tante: «I giovani! Mi manca il tempo per dedicare il discorso ai vari piani, a cui si rivolge in questi giorni la vostra attenzione. Ma non posso far mancare almeno una parola proprio al problema della gioventù, che richiede da voi pastori le cure più assidue e generose. Pensate a loro! Non si possono certamente dimenticare le altre età, nell’insieme di una pastorale attenta e finalizzata. Ma sono i giovani che devono attirare prima di ogni altro l’attenzione, anche perché il maturare delle generazioni è sempre più rapido, e si rischia di arrivare perennemente in ritardo se non si orientano tutti gli sforzi sulla formazione globale degli strati giovanili che, incessantemente, si affacciano alla società umana ed ecclesiale, e vogliono prendervi il loro posto di presenza e di responsabilità. Seguiteli con i vostri sacerdoti migliori, non lasciate che le forme associative, in cui amano organizzarsi, siano dei fuochi di paglia che subito si spengono, disperdendo energie preziose, né tanto meno che si sviluppino ai margini della Chiesa o, Dio non voglia, in contrapposizione con essa. Nel rispetto delle legittime forme pluralistiche di associazionismo, di spiritualità, di apostolato, sappiate incanalare rettamente le straordinarie energie della gioventù di oggi, che sa ancora guardare alla Chiesa come all’autentica forma di vita ove vi è la garanzia, incontrando Cristo, da spendersi generosamente per ‘qualcosa che vale’. Raccomando a ciascuno di voi la pastorale giovanile, come il punto più prezioso del proprio ministero».[11]

    L’attenzione ai gruppi e ai movimenti

    Nelle parole e nei gesti del Santo Padre ritorna con frequenza l’invito a fare dell’attenzione ai gruppi e ai movimenti ecclesiali un modo concreto e preciso per realizzare l’impegno pastorale verso i giovani.
    Le affermazioni su questo tema nei diversi interventi magisteriali sono notevolissime. La sua preoccupazione di tradurre in fatti ciò che viene affermato a parole è sotto lo sguardo di tutti. Si tratta di un dato insolito ed originale, segno della sensibilità del Santo Padre verso uno dei segni della presenza dello Spirito nella Chiesa e nella storia, come lui stesso riconosce.
    Tre indicazioni percorrono le moltissime pagine dedicate a questo tema: il riconoscimento del fatto, che diventa subito affermazione di una stima ampia e riconoscente, e una serie di «raccomandazioni», che hanno tutte il respiro di un affetto paterno. Cito alcuni testi a commento delle tre note.
    Di fronte al fatto, ampiamente documentabile, del moltiplicarsi di esperienze associative, soprattutto a livello giovanile, il Papa non si limita a prendere atto. Reagisce, mostrando il suo compiacimento e rilanciando quello che altri gli hanno manifestato. «Questi movimenti, come sottolineano spesso i Vescovi durante le loro visite ‘ad limina’, sono molto importanti per sostenere la vita cristiana e l’apostolato. Nella loro diversità, essi portano un prezioso contributo alla realizzazione della missione della Chiesa. Sono un luogo in cui giovani e adulti fanno esperienza della Chiesa, si aiutano a vivere da cristiani in un mondo poco credente e, fortificando la loro fede e la loro appartenenza ecclesiale, si preparano ad un dialogo apostolico. Perché essere apostoli oggi suppone un’identità cristiana solida».[12]
    Parlando ai Vescovi del nord della Francia sottolinea quanto la sua stima per gruppi e movimenti ecclesiali sia molto ampia: «Avete sottolineato l’importanza di gruppi per sostenere la vita cristiana e l’apostolato, e meglio ancora di ‘movimenti’, organizzati per educare i laici cristiani, giovani e adulti, alle loro responsabilità. Condivido completamente questa convinzione in ciò che concerne la necessità dei movimenti, soprattutto per i giovani, perché è specialmente lì che essi fanno esperienza di Chiesa e si aiutano insieme a vivere come cristiani in un mondo in cui vige l’incredulità.
    Nella società francese, che voi considerate ancora molto segnata dalla diversità degli ambienti di vita, avete puntato soprattutto sui movimenti di azione cattolica specializzati, adatti alla mentalità di questi ambienti e che procedono mediante una riflessione cristiana e una azione a partire dalle realtà della vita».[13]
    La stima del Santo Padre per gruppi e movimenti nasce anche dalla constatazione che, in molti casi, la grande esperienza religiosa, vissuta in essi, diventa sorgente e stimolo per maturare scelte vocazionali impegnative: «Questi gruppi sono anche dei vivai di vocazioni sacerdotali, religiose e laiche. Nel rispetto delle intuizioni particolari di ogni movimento, con il necessario discernimento che spetta a voi, essi verranno associati alla missione diocesana».[14]
    Non mancano, come dicevo, le raccomandazioni, espressione di preoccupazioni pastorali non indifferenti e, in qualche modo, eco di riflessioni che si rincorrono nei diversi continenti. Le raccomandazioni del Santo Padre sono però sempre un incoraggiamento: l’invito a porre in atto tutto quello che è necessario per portare a buon frutto una esperienza ricca e significativa. «So che i movimenti che praticano questo hanno bisogno di essere fortemente incoraggiati, perché la tendenza oggi è piuttosto quella di un difetto di stabilità negli impegni, o negli impegni meno esigenti, e non si tratta di rinunciare a ciò che già è stato sperimentato per rincorrere ciò che non esiste ancora o che a mala pena si sta delineando. Questo non impedisce di essere elastici, e di accogliere ‘nuove forme di raggruppamento’, anzi nuovi movimenti, che possono nascere nella Chiesa, soprattutto presso i giovani, e in cui essi cercano spontaneamente una espressione comunitaria del loro desiderio di approfondire la fede, della loro preghiera, della loro amicizia vissuta, della loro volontà di incontro, della loro testimonianza missionaria. Gli scambi di esperienza tra paesi possono essere molto benefici a questo riguardo. Come dite anche voi, bisogna riconoscere ciò che lo Spirito Santo può suscitare in funzione dei bisogni attuali, evidentemente con la simpatia e soprattutto il discernimento che occorrono».[15]
    È interessante, anche dal punto di vista strettamente educativo, il tono con cui viene affrontato uno dei problemi più seri che possono investire l’esperienza associativa. Per altri è una minaccia, che spesso porta a concludere sulla opportunità di ridurre al minimo questa esperienza. Per il Papa è una situazione «normale», da controllare e portare a maturazione: «Certo è normale e può essere tonificante riunirsi per affinità tra giovani che condividono lo stesso ideale, lo stesso modo di pregare, lo stesso dinamismo per l’azione: è l’interesse di molti movimenti di giovani cristiani di oggi, con il loro particolare accento, la loro spiritualità; si tratti di movimenti apostolici, educativi, o di diversi gruppi di preghiera. Ciò costituisce spesso un ricambio necessario. Ma voi comprendete il rischio, e volete evitarlo, di vivere ripiegati sul proprio gruppo, sulla propria opzione, sulla propria sensibilità. Non ci potrebbe essere una ‘Chiesa’ di una certa categoria di età, di classe, di razza».[16]

    Le grandi convocazioni giovanili

    Chi si interroga sul rapporto di Giovanni Paolo II con i giovani pensa, spontaneamente, alle grandi convocazioni giovanili, da lui programmate e sempre personalmente da lui animate. Sono convinto che sia davvero una delle intuizioni più alte, scaturite dal suo cuore di pastore, carico di attenzione e di affetto verso i giovani.
    In queste realizzazioni, fatti tipici della nostra stagione culturale (segnata da grandi incontri, soprattutto giovanili, nel segno del convergere festoso, al di sopra di ogni differenza) si intrecciano con preoccupazioni educative e pastorali davvero speciali. Il fatto spontaneo diventa occasione di incontro, confronto, verifica, progettazione, attraverso le mille attenzioni di cui sono punteggiate. Anche la fatica e gli innegabili disagi, di cui spesso i giovani hanno perso l’abitudine e il senso, diventano momento prezioso nell’unico progetto. «Come non rendere grazie a Dio per i frutti di autentico rinnovamento prodotti da queste Giornate Mondiali?».[17] E aggiunge, in un’altra circostanza: « Non abbiate paura! Quella di Denver, come le precedenti Giornate Mondiali della Gioventù, è un tempo di grazia: un grande raduno di giovani, che parlano diverse lingue, ma tutti uniti nel proclamare il mistero di Cristo e della nuova Vita che egli offre. Ciò è particolarmente evidente nella catechesi che ogni giorno viene offerta in varie lingue. Nella preghiera e nel canto, molte lingue diverse risuonano nella lode a Dio. Tutto ciò fa di Denver un riflesso di ciò che accadde a Gerusalemme durante la Pentecoste (cf At 2,1-4). Al di là di tutte le diversità dei giovani riuniti qui – diversità di origine, di razza e di linguaggio – lo Spirito della Verità creerà una profonda e vincolante unità di impegno e di nuova evangelizzazione, in cui la difesa della vita umana, la promozione dei diritti dell’uomo e di una civiltà dell’amore sono compiti urgenti».[18]
    In molte espressioni del Santo Padre ritornano, in modo esplicito, le dimensioni pastorali che gli permettono quella valutazione larghissimamente positiva, documentata nella citazione precedente. Queste convocazioni giovanili sono preparate con cura nelle parrocchie e nelle diocesi, offrendo così occasioni preziose per rivitalizzare l’azione pastorale verso i giovani. «Questi raduni biennali sono indubbiamente occasioni di grazia per la Chiesa Universale. Essi generano anche le energie per il rinnovamento spirituale nei paesi dove vengono celebrati».[19] Quello che è stato vissuto nel contesto della celebrazione della giornata diventa poi motivi di ritorno, di approfondimento e di rilancio, non solo per i giovani che hanno avuto la fortuna di essere presenti, ma anche per gli altri, attraverso la carica di contagio che ogni esperienza forte porta in sé.
    Per il Papa poi le «giornate mondiali della gioventù» sono un’occasione specialissima per vivere e sperimentare quella sua vicinanza ai giovani, di cui ho parlato prima. Non solo egli ricorda che «nessuno ha inventato le Giornate mondiali dei giovani. Furono proprio loro a crearle».[20] Riconosce il protagonismo giovanile e l’esito prezioso da esso scaturito: «Io sono sempre più convinto che la riuscita di questi incontri è dovuta ai giovani. Sono loro che guidano questi incontri, li guidano attraverso la loro preparazione, attraverso questo seguire Gesù, attraverso una scuola della vita cristiana che si fa in diversi ambienti nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle associazioni, nei movimenti».[21]
    I ripetuti incontri con i giovani, soprattutto in occasione delle grandi convocazioni giovanili, permettono al Santo Padre di esprimere una valutazione sul mondo giovanile, preziosa per chi è impegnato nell’azione pastorale con essi, rilanciando, nello stesso tempo, la responsabilità della comunità ecclesiale: «I giovani sono una potente forza di evangelizzazione! La loro incessante ricerca di senso e di verità, il loro desiderio di una stretta comunione con Dio e con la comunità ecclesiale e il loro entusiasmo nel servire fratelli e sorelle sono una sfida per tutti noi».[22]

    I luoghi della vita quotidiana come occasione d’incontro

    Desidero aggiungere un’ultima nota su un aspetto che mi ha particolarmente colpito, studiando gli interventi del Santo Padre verso i giovani.
    Gli strumenti informatici che possediamo ci permettono, con precisione e rapidità, di verificare quali siano i temi più ricorrenti nella mole impressionante degli interventi di Giovanni Paolo II che riguardano il mondo dei giovani. È interessante constatare come i temi più ricorrenti, con un indice molto alto rispetto a quello raccolto dagli avvenimenti speciali, sono quelli della vita quotidiana dei giovani: lavoro, sport, tempo libero, scuola, musica…
    La stessa impressione riguarda il rapporto tra azione pastorale nei luoghi comuni, popolari e tradizionali (come è, per esempio, la parrocchia e la famiglia) e il richiamo ai gruppi e movimenti ecclesiali.
    Questa constatazione mi porta a sottolineare l’attenzione costante ai ritmi dell’esistenza concreta dei giovani: alla loro vita quotidiana, come luogo in cui essi giocano la loro maturazione umana e cristiana. Anche questo richiamo è espressivo davvero di un’amore che si allarga verso tutti. Nelle manifestazioni più eccezionali e nelle attività maggiormente impegnative c’è, infatti, il rischio incombente di emarginare, in modo progressivo, proprio i più poveri e i meno sensibili. Sulla misura del lavoro, della scuola, del divertimento e nell’ambito istituzionale della parrocchia il dialogo si apre invece, almeno potenzialmente, verso tutti.
    L’attenzione alla vita quotidiana dei giovani rappresenta il luogo privilegiato in cui gli interventi del Santo Padre assicurano quella doppia convergente preoccupazione, già ricordata. Da una parte, il Papa desidera collocare il suo affetto paterno nel cuore delle grandi domande che salgono dall’esistenza dei giovani.
    Le sollecita in occasione dei suoi viaggi, le interpreta nella sua parola, le raccoglie con attenzione dai frammenti del loro concreto vissuto.
    Dall’altra, la centralità del Vangelo e la sua proposta salvifica globale viene riaffermata proprio dentro queste domande. Esse danno al Santo Padre la possibilità di annunciare il Vangelo con quel tono, sempre nuovo e originale, che gli proviene dall’attenzione alla vita dei giovani.[23]

    IL MESSAGGIO DEL PAPA AI GIOVANI

    È possibile tentare una sintesi del vastissimo dialogo realizzato tra il Santo Padre e i giovani? Immagino di essere avvicinato da un giovane. Conosce il tempo che ho dedicato allo studio di quello che il Papa ha voluto comunicare ai giovani. E mi chiede: In poche parole, il Papa cosa si attende da noi giovani? Non posso passargli questi appunti. Devo rispondere con poche battute, capaci di rilanciare l’affetto, la vicinanza, le preoccupazioni del Santo Padre.
    Riconosco che l’impresa è difficile (per la vastità di materiali disponibili) e discutibile (perché fortemente condizionata dalla sensibilità di chi la realizza). Credo però doveroso tentare l’operazione, citando alcune espressioni del Santo Padre, tratte dal suo dialogo con i giovani.
    * I giovani vivono una stagione specialissima della loro esistenza. Questo tempo privilegiato va compreso, accolto, interpretato: «Io penso che si deve comprendere l’importanza della giovinezza: che cosa è la giovinezza? Giovinezza è questa epoca della vita umana, dove si progetta tutta la vita. Il giovane comincia a progettare la sua vita e vive con questo progetto e cerca di realizzare questo progetto, di prepararsi alla sua realizzazione.
    In altre parole, questo si chiama anche vocazione, perché quel progetto che tu, cara ragazza, caro ragazzo, trovi come tua proprietà viene anche nello stesso tempo da Dio, viene suggerito dallo Spirito Santo, e ci vuole una collaborazione con lo Spirito Santo per identificare questo progetto, approfondirlo, e poi per realizzarlo bene, per trovare la felicità, perché il progetto realizzato porta con sé questa felicità, questa felicità a cui Dio ci chiama. Noi siamo tutti chiamati alla felicità in Dio, attraverso questo nostro progetto che viene anche da Lui. Viene accettato da noi, viene realizzato da noi e poi trova la sua ultima tappa in Dio stesso».[24]
    * I discepoli di Gesù riconoscono nel profondo delle attese dei giovani un anelito mai spento di senso e di speranza: di Vangelo.
    «C’è bisogno di un annuncio evangelico che si faccia pellegrino accanto all’uomo, che si metta in cammino con la giovane generazione. Un simile bisogno non è già in se stesso un sintomo dell’anno duemila che si sta avvicinando?».[25]
    * La risposta è una, forte e coraggiosa: il Vangelo di Gesù, la sua persona e la sua parola. «Giovani, dico a voi, Cristo vi aspetta a braccia aperte; Cristo conta su di voi per costruire la giustizia e la pace, per diffondere l’amore. Come a Torino, dico ancora oggi: Dovete tornare alla scuola di Cristo... per ritrovare il vero, pieno, profondo significato di queste parole. Il necessario supporto per questi valori non sta che nel possesso di una fede sicura e sincera, di una fede che abbracci Dio e l’uomo, l’uomo in Dio... Non c’è una dimensione più adeguata, più profonda da dare a questa parola ‘uomo’, a questa parola ‘amore’, a questa parola ‘libertà’, a queste parole ‘pace’ e ‘giustizia’: altra non c’è, non c’è che Cristo» (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III,1, [1980] 905s)».[26]
    * L’annuncio del Vangelo è impegnativo ed esigente. «Sempre e dappertutto il Vangelo sarà una sfida per la debolezza umana. Ma proprio in questa sfida sta tutta la sua forza». Solo così possiamo davvero spalancare le porte della nostra vita a Gesù, il Signore della vita e della storia: «Cristo […] sa veramente quello che c’è in ogni uomo. Con il suo Vangelo egli ha toccato l’intima verità dell’uomo. L’ha toccata prima di tutto con la sua croce. Pilato che, indicando il Nazareno coronato di spine dopo la flagellazione, disse: Ecco l’uomo, non si rendeva conto di proclamare una verità essenziale, di esprimere ciò che sempre e dappertutto rimane il contenuto dell’evangelizzazione».[27]
    * Chi ha sperimentato tutto questo, è disponibile a farsene carico con tutta la propria vita, per portare a tutti il Vangelo di Gesù. Questo è il grande desiderio e la grande speranza del Papa: «Spero che molti ragazzi e ragazze, animati da sincero zelo apostolico, vorranno consacrare la propria vita a Cristo e alla sua Chiesa, come sacerdoti, religiosi e religiose, oppure come laici disposti anche a lasciare il proprio paese per accorrere là dove scarseggiano gli operai della vigna di Cristo. Ascoltate, dunque, con attenzione la voce del Signore, che anche oggi non cessa di chiamarvi, così come chiamò Pietro ed Andrea: ‘Seguitemi, vi farò pescatori di uomini’ (Mt 4,19).[28]
    Lo ripete in mille circostanze: «Mettetevi al servizio della Chiesa e collaborate rispondendo alla chiamata di Gesù Cristo! Seguite Gesù Cristo! Mettete la vostra vita al suo servizio! Ciò darà alla vostra vita il più profondo significato e il più alto contenuto.
    Non esitate a lasciare ogni cosa e a seguirlo, se egli si rivolge a voi come al giovane ricco: ‘Vendi tutto ciò che hai, regala il denaro ai poveri, e avrai la ricchezza eterna nel cielo; dunque vieni e seguimi!’ (Lc 18,22). Mettete quindi a disposizione della Chiesa i vostri giovani talenti senza alcuna riserva! La Chiesa ha bisogno di voi in molti settori, soprattutto nel sacerdozio. Voi siete il futuro della Chiesa. Vostra è la responsabilità che la Chiesa sia giovane e lo rimanga sempre».[29]


    NOTE

    [1] È definita complessa quella situazione sociale e culturale in cui si passa da un sistema sociale unificato, in cui le diverse istanze sono organizzate in un unico centro ordinatore, ad un sistema sociale raccolto attorno a diversi riferimenti, in cui convivono differenti e molteplici principi organizzatori.
    [2] I molti interventi di Giovanni Paolo II che riguardano i giovani sono organizzabili facilmente su quattro riferimenti principali:
    – interventi rivolti a Conferenze episcopali: in essi esprime la sua preoccupazione nei confronti dei giovani e rilancia l’invito ad interessarsi esplicitamente di essi;
    – interventi «diretti» ai giovani, soprattutto in occasione delle sue visite pastorali (nella diocesi di Roma e in tutto il mondo);
    – le «giornate mondiali della gioventù», luogo privilegiato del dialogo del Papa con i giovani;
    Varcare la soglia della speranza: una specie di punto d’arrivo e di convergenza del pensiero e del cuore del Santo Padre verso i giovani.
    [3] Come sappiamo, ogni comunicazione intersoggettiva è costituita da due elementi, strettamente interdipendenti: il «contenuto» e la «relazione». L’oggetto scambiato è il «contenuto» della comunicazione; il rapporto che lega i due interlocutori si definisce di solito come la «relazione comunicativa». Quando comunichiamo qualcosa ad altri, il secondo elemento (la relazione) classifica il primo, offrendo una serie di «istruzioni per l’uso».
    Esse definiscono il modo corretto con cui vanno assunti i contenuti e manifestano il modo con cui chi parla considera la sua relazione con l’interlocutore.
    [4] Molte ricerche sulla situazione dei giovani documentano un atteggiamento critico nei confronti della Chiesa proprio su questi indici. Cito, per esempio, quella realizzata solo due anni fa dall’Istituto di Teologia pastorale della Università Pontificia Salesiana: Midali M. – Tonelli R. (edd.), L’esperienza religiosa dei giovani. 2/3. Approfondimenti, Elle Di Ci, Leumann 1996; Pollo M., L’esperienza religiosa dei giovani. 2/1 e 2/2. I dati, Elle Di Ci, Leumann 1996. Si veda anche Tonelli R., La responsabilità della comunità cristiana verso i giovani, in «Note di pastorale giovanile» 32 (1998) 6, 7-25.
    [5] Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, Mondadori, Milano 1994, 139.
    [6] Varcare 139.
    [7] Varcare 139-140.
    [8] Varcare 140.
    [9] Questo stesso stile il Papa propone a tutti gli educatori dei giovani, in modo speciale a coloro che sono impegnati nell’ambito dell’educazione alla fede. Uno dei documenti più significativi è dato dalla Lettera ai sacerdoti del giovedì santo 1985. Riporto un brano di grande respiro pastorale (anche se tutto il documento andrebbe citato alla lettera): «Nella redazione evangelica della conversazione di Cristo col giovane c’è un’espressione che dobbiamo assimilare in modo particolare. L’evangelista dice che Gesù ‘fissatolo lo amò’ (Mc 10,21). Tocchiamo qui il punto veramente nevralgico. Se si interrogassero coloro che, tra le generazioni dei sacerdoti, hanno fatto di più per le giovani esistenze, per i ragazzi e per le ragazze – a coloro che hanno portato maggiormente un frutto duraturo nel lavoro con i giovani –, ci convinceremmo che la prima e più profonda fonte della loro efficacia è stata quel ‘fissare con amore’ di Cristo. Bisogna identificare bene quest’amore nel nostro animo sacerdotale. Esso è semplicemente l’amore ‘del prossimo’: l’amore dell’uomo in Cristo, che riguarda ognuno e ognuna, che concerne tutti. Quest’amore non è – nei riguardi della gioventù – qualcosa di esclusivo, come se dovesse non riguardare gli altri e, dunque, per esempio gli adulti, gli anziani o gli ammalati. Sì, l’amore per la gioventù possiede il suo carattere evangelico solo quando scaturisce dall’amore per ciascuno e per tutti. Al tempo stesso, esso, in quanto amore, possiede la sua caratteristica specifica e, si può dire, carismatica. Quest’amore scaturisce da un particolare prendersi a cuore ciò che è la giovinezza nella vita dell’uomo. I giovani indubbiamente possiedono molto fascino, proprio della loro età, ma hanno anche a volte non poche debolezze e difetti. Il giovane del Vangelo, con cui Cristo parla, si presenta da un lato come un israelita fedele ai comandamenti di Dio, ma in seguito appare come un uomo troppo condizionato dalle sue ricchezze e troppo attaccato ai suoi beni. L’amore per i giovani – quest’amore che è un attributo indispensabile di ogni onesto educatore e di ogni buon pastore – è pienamente consapevole sia dei pregi sia dei difetti, propri della giovinezza e dei giovani. Al tempo stesso, quest’amore – così come l’amore di Cristo – attraverso i pregi e i difetti raggiunge direttamente l’uomo: raggiunge un uomo, che si trova in una fase della vita estremamente importante. Sono veramente molte le cose che si formano e si decidono in questa fase (a volte in modo irreversibile). Da come è la giovinezza dipende in grande misura il futuro dell’uomo, cioè il futuro di una concreta ed irripetibile persona umana. La giovinezza, dunque, nella vita di ogni uomo è una fase di particolare responsabilità. L’amore per i giovani è, prima di tutto, consapevolezza di questa responsabilità e disponibilità nel condividerla. Un tale amore è veramente disinteressato. Esso desta fiducia nei giovani. Questi, anzi, ne hanno un enorme bisogno nella fase della vita che attraversano. Ognuno di noi, sacerdoti, dovrebbe essere in maniera speciale preparato ad un tale amore gratuito. Si può dire che tutta l’ascesi della vita sacerdotale, il quotidiano lavoro su di sé, lo spirito di preghiera, l’unione con Cristo, l’affidamento alla sua Madre trovano proprio su questo punto la loro quotidiana verifica. Le giovani menti sono particolarmente sensibili. Le giovani menti sono a volte molto critiche. Per questo è importante nel sacerdote la preparazione intellettuale. Al tempo stesso, però, l’esperienza conferma che ancor più importanti sono la bontà, la dedizione ed anche la fermezza: le qualità del carattere e del cuore» (Lettera del Papa Giovanni Paolo II a tutti i sacerdoti della Chiesa in occasione del Giovedì Santo 1985).
    [10] Varcare 140.
    [11] Alla XVII assemblea dei Vescovi italiani (Città del Vaticano – 29 maggio 1980). Aggiungo, sullo stesso tono, la raccomandazione rivolta ai Vescovi dello Zimbabwe in visita «ad limina»: «Voi siete vivamente consapevoli delle vostre responsabilità in un altro campo dell’attività pastorale: l’evangelizzazione e la cura pastorale dei giovani, in un Paese in cui la maggior parte della popolazione è sotto i vent’anni di età. Ho grande desiderio di incontrare rappresentanti dei giovani dello Zimbabwe nel corso della mia visita. Desidero ricordare loro che Gesù Cristo offre loro la libertà che li farà liberi davvero (cf Gv 8,36) e la vita che è più del cibo e dei vestiti (cf Mt 6,25-33). I giovani sono il futuro della Chiesa e della società civile. Purtroppo molti dei vostri giovani sono oppressi dai gravi problemi morali e sociali legati alla diffusa disoccupazione. E molti si sono allontanati dalla fede a causa di esperienze di guerra e di indottrinamento politico e ideologico, o a causa dell’attrattiva sempre crescente di un approccio materialistico della vita che è totalmente estraneo ad una autentica cultura africana. Dall’altra parte, mi consola la notizia che il convegno nazionale cattolico dei giovani è impegnato per rispondere a queste provocazioni. Posso solo incoraggiare la comunità cattolica nello Zimbabwe a continuare ed ampliare il suo impegno e a cercare una migliore comprensione e collaborazione con i funzionari governativi e i rappresentanti di altre religioni che si occupano di questi problemi».
    [12] Essere apostoli oggi presuppone una ferma identità cristiana – All’assemblea plenaria del Pontificio consiglio per i laici – Città del Vaticano (Roma) (Sabato 9 Ottobre 1982).
    [13] Il messaggio cristiano ha forza quando viene messo in pratica – Ai Vescovi del nord della Francia in visita «ad limina» – Città del Vaticano (Roma) (Giovedì 7 Ottobre 1982).
    [14] Per affrontare i flagelli dei tempi moderni i giovani hanno bisogno di riscoprire la grande eredità dei valori evangelici (Giovedì 5 Marzo 1992).
    [15] Il messaggio cristiano ha forza quando viene messo in pratica – Ai Vescovi del nord della Francia in visita «ad limina» – Città del Vaticano (Roma) (Giovedì 7 Ottobre 1982).
    [16] La gioia di camminare insieme sulla via della riconciliazione – Ai giovani europei partecipanti all’incontro di preghiera in san Pietro promosso dalla Comunità di Taizé – Città del Vaticano (Mercoledì 29 Dicembre 1982).
    [17] Il Viaggio Apostolico in America – Catechesi all’udienza generale – Città del Vaticano (Roma) (Domenica 15 Agosto 1993).
    [18] Cristo manda coloro che sono giunti a conoscere il mistero della sua persona – Messa per i delegati del Forum dei Giovani a Denver – Colorado (Venerdì 13 Agosto 1993).
    [19] Nel Regno di Dio i più grandi sono i santi – Ad un gruppo di Vescovi statunitensi – Città del Vaticano (Roma) (Venerdì 2 Luglio 1993).
    [20] Varcare 139.
    [21] Un progetto di vita basato su Cristo per offrire una risposta alle sfide del secolarismo – Le parole rivolte alle migliaia di ragazzi e di ragazze convenuti presso il Palazzetto dello Sport – Asti (Domenica 26 Settembre 1993).
    [22] Nel Regno di Dio i più grandi sono i santi – Ad un gruppo di Vescovi statunitensi – Città del Vaticano (Roma) (Venerdì 2 Luglio 1993).
    [23] È tipica, a questo proposito, la rilettura dell’episodio evangelico del «giovane ricco», ripetuta in frequenti contesti. Per esempio: In occasione della Prima Giornata mondiale della gioventù – Omelia nella Domenica delle Palme – Città del Vaticano (Roma) (Sabato 22 Marzo 1986).
    [24] Il progetto di ogni giovane per la realizzazione della propria vita ha un solo nome: vocazione – La consegna di Giovanni Paolo II alle nuove generazioni dell’Arcidiocesi – Lecce (Domenica 18 Settembre 1994).
    [25] Varcare 131.
    [26] Il cammino della Chiesa tra gli uomini per la costruzione di un mondo più giusto – Il discorso al sacro collegio dei Cardinali – Città del Vaticano (Roma) (Sabato 20 Dicembre 1980).
    [27] Varcare 118-119.
    [28] «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo» – Messaggio per la VII Giornata Mondiale della Gioventù (Sabato 23 Novembre 1991).
    [29] Dire sì a una vita alternativa, significa essere cristiani – Ai giovani – Einsiedeln (Svizzera) (Venerdì 15 Giugno 1984).


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