Riccardo Tonelli
(NPG 1997-04-05)
C’era una gran folla, quel giorno. Gesù c’era finito proprio in mezzo. I poveri discepoli faticavano come forsennati per lasciar respirare Gesù. Ma non ci riuscivano. Gesù era strattonato da tutte le parti. Tutti volevano vederlo da vicino, toccarlo, dirgli qualcosa a tu per tu.
All’improvviso Gesù ha un attimo di smarrimento. Sembra concentrato altrove. Poi sussurra: «Chi mi ha toccato?». Lo guardano... tra il serio e il divertito. Pietro fa la battuta: «Gesù... vuoi sapere chi ha toccato? Guardati d’attorno. Ti toccano tutti. E tu vuoi sapere chi ti ha toccato? Per favore, usciamo da questa bolgia. Mandali via, più in fretta possibile, altrimenti impazziamo tutti».
Gesù insiste: «Qualcuno mi ha toccato... ho sentito un brivido. Ho visto la morte fuggire, sconfitta dalla vita».
Dal fondo, una donna alza la voce. Gli altri fanno silenzio e allentano un pochino la morsa. «Gesù, sono stata io. Non ti ho toccato, perché non ci sono riuscita. Ma l’ho desiderato fortemente. Sapevo che se riuscivo a sfiorare il lembo del tuo mantello potevo guarire. Sono ammalata. Non ho più speranza. Tu eri l’ultima mia speranza. Adesso lo so: sono guarita. Lo sento. È cambiato tutto. Gesù, mi hai guarita. Grazie, Gesù».
Voleva toccare Gesù per avere quella vita che le stava fuggendo. Non c’era riuscita. Ma Gesù si è accorto e l’anticipa. Accoglie la mano che si tende verso di lui, senza farsi pregare. Indovina il grido, anche quello soffocato. Interviene.
La vita non lo lascia indifferente. Ne ha la passione. Non può farci niente: è fatto così. Anche i suoi amici dovrebbero essere fatti come lui: la stessa passione per la vita e la stessa capacità di notare subito ogni mano alzata che cerca conforto.
Non è facile però raccogliere il grido che sale dalla vita. Spesso è soffocato e indebolito; qualche volta è disturbato da segnali strani, che portano altrove l’attenzione.
La passione di Gesù per la vita, quella che consegna ai suoi amici, parte proprio dalla necessità di rimettere le cose apposto, chiamando per nome i problemi piccoli e quelli grandi, superando la tentazione di far diventare enormi quelli piccoli e sciocchi, per chiudere gli occhi, in santa pace, di fronte ai più gravi e inquietanti.
Lo insegna, ancora una volta, Gesù stesso.
Quel giorno, Gesù si era trascinato i discepoli davanti al tesoro del tempio, nel momento in cui le persone dal portafoglio gonfio venivano per mettere la loro elemosina nella cassetta delle offerte.
A quell’ora, davanti alla cassa del tesoro, c’era lunga fila. Tutti deponevano qualcosa. Lo facevano con un’ostentazione che riscuoteva consenso e meraviglia. Infilavano le monete, una dopo l’altra, attentissimi a far risuonare bene la cassa di bronzo. I discepoli strabuzzavano gli occhi... e Gesù non faceva una piega. Strano, pensavano, ha sempre qualcosa da dire su tutto... e questa volta non dice nulla. Accidenti, la dovrebbe ben dire una parola di commento positivo. Sono bravi, osservanti e generosi. Amano il tempio e lo sostengono di tasca propria.
Gesù continuava a parlare delle sue cose. Sprecava il fiato. Nessuno dei discepoli lo ascoltava più, concentrati ormai in quello spettacolo di altissima religiosità. Finalmente, la fila si esaurisce. Arrivano gli ultimi ritardatari, tutti impegnati a riconquistare l’attenzione con la dolce melodia della propria offerta.
Ritorna il silenzio.
I discepoli si ricompongono e Gesù riprende il filo della conversazione.
Poi, all’improvviso, s’interrompe. «Scommetto che non avete notato nulla?». «Che cosa dovevamo notare?» chiedono stupiti i buoni discepoli.
A Gesù cadono le braccia. Aveva fatto di tutto per costringere i discepoli a cambiare mentalità. Non era andato per il sottile. «Se cerchi i primi posti, farai una brutta fine. Ti prenderanno per il bavero e ti cacceranno agli ultimi, perché, presto o tardi, arriverà uno più importante di te. Dovrai cedergli il posto... e tutti ti rideranno dietro». «Volete diventare importanti? Chi è più importante: il padrone che se ne sta seduto comodamente a tavola con gli amici o il servo che si affanna al suo servizio?». La risposta era facilissima: scontata. Tra il servo e il padrone non c’è paragone: il padrone è più importante. Gesù ribatte, con un tono secco che li lascia senza fiato: «Giusto, il padrone è più importante... Mi spiegate allora perché io ho deciso di fare il servo di tutti? Io mi sono messo il grembiule e ho incominciato servire: non solo a mensa, ma nella vita. Il mio servizio arriva fino a sacrificare la vita».
Purtroppo, tutto da rifare. La verifica ha dato risultati sconfortanti. La mentalità vecchia resiste.
L’attenzione di Gesù era stata rapita da qualcosa che nessuno aveva notato: una vecchietta, arrivata di nascosto, per dare, anche lei, la sua elemosina per il tempio. Purtroppo era alla fame. Ha trovato solo pochi spiccioli. Se li è tolti di bocca. Li ha fatti scendere nella cassa del tesoro, tutta vergognosa, attentissima a non farsi notare. Del resto... pochi spiccioli non fanno davvero molto rumore. Li noterà solo l’incaricato di svuotare la cassa del tesoro, a fine celebrazione. «Oggi è andata bene: una giornata memorabile... questo cos’è? Quattro soldi... Roba da matti... Chi sarà quel morto di fame che offre ancora dieci lire per elemosina... Per fortuna che c’è ancora spirito religioso e i conti tornano. Se fosse per la generosità di questi poveracci, dovremmo chiudere bottega».
La povera vecchietta l’ha notata solo lui. Lui la pone davanti ai discepoli distratti, catturati dalle logiche delle offerte con molti zeri. Adesso, finalmente, dà la sua valutazione. «Fate attenzione: quella vecchietta ha messo più di tutti». Lo correggono: «Lo diciamo noi... i fatti sono diversi. Alla resa dei conti, lei ha messo meno degli altri. Solo che ci ha messo amore e impegno. Facciamo finta che sia più degli altri». Gesù non ci sta, assolutamente. Questa non è la sua logica. Se fosse questa, per essere più forte degli altri, dovrebbe batterli nella potenza e farsi riverire da tutti. Per Gesù i conti sono diversi: «Ha messo più di tutti: l’unità di valutazione non è quella economica. Si misura sull’amore e sulla disponibilità. Il regno dei cieli ha questa logica. Chiamatela strana finché volete, ma è così».
Solo in questa prospettiva possiamo metterci al servizio della vita: per scoprire dove stanno veramente i problemi, quelli veri, e per decidere il modo attraverso cui promuovere la vittoria della vita.
«Se il seme di frumento non finisce sottoterra e non muore, non porta frutto. Se muore, invece, porta molto frutto. Ve l’assicuro. Chi ama la propria vita, la perderà. Chi è pronto a perdere la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12, 24-25).