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    Come utilizzare il sussidio «Con Maria alla scoperta della mia fede»



    Riccardo Tonelli

    (NPG 1969-05-71)

    Note di Pastorale Giovanile, 1968/5, presentava e lanciava un sussidio per «il mese di maggio»: 24 celebrazioni, condotte lungo una linea di riflessione sul significato della propria risposta cristiana.
    Nonostante un certo distacco dalla linea tradizionale delle celebrazioni mariane, il testo ha ottenuto quasi unanime consenso di valutazioni.
    Sono state però raccolte alcune perplessità e soprattutto sono affiorati alcuni interrogativi, sulla metodologia e sulla tecnica di conduzione. Per questo, pare opportuno sottolineare indicazioni, maturate nell'ascolto delle osservazioni che ci sono pervenute. Sono proposte orientative, per ovviare le difficoltà e per cogliere i valori di cui ci sembra portante questo sussidio.

    PERCHÉ RELEGARE LA MADONNA AL SECONDO POSTO?

    Qualche voce, allarmata, ha interpretato il sussidio in chiave di... demitizzazione: una scorsa veloce alle pagine del libretto, ha evidenziato la carenza di tante cose a cui eravamo abituati. Una valutazione quantistica dello spazio riservato alla Madonna, può facilmente indurre la constatazione... di un tentativo di mettere al margine la Madonna, di ridurla al «secondo posto».
    Non è stata di certo l'intenzione dei compilatori.
    Credo sia importante, allargare, leggermente, il discorso.

    ♦ Un atteggiamento indispensabile per l'educatore (Gaudium et Spes, n. 26; Gravissimum educationis, n. 5) è il rispetto per la realtà. Un rispetto critico, per vagliare continuamente situazioni e persone, ma «devoto», disponibile alla rivoluzione interiore, per non fare un cammino veloce ma isolato e possibilista, per incontrare il giovane d'oggi, lungo le strade del 1969.
    Ora la realtà «mese di maggio» sta cambiando, è tormentata da una crisi di verifica, di autenticità, di essenzialità: lo dimostra lo studio con cui si è aperto questo numero della Rivista.
    Non possiamo, mi pare, non tenerne conto, nelle nostre proposte educative: non certo per rinunciare a strutture di grande carica spirituale (Lumen Gentium, n. 67), ma per operare scelte programmatiche, coraggiose e concrete.

    ♦ La religiosità oggi, quella dei nostri giovani, in primo luogo, sta vivendo un periodo di punta, è in stato di ricerca, ansiosa e trepida.
    In questi momenti, tutti sentiamo l'urgenza di afferrare l'essenziale, rinunciando al marginale.
    Il mese di maggio – nonostante tutto – esercita ancora un fascino notevole: ha la forza di strappare la gente di casa e di renderla disponibile ad incontri moltiplicati. Non pare costruttivo indulgere alla tentazione, per il ripetersi di un ritmo abituale, di fare un discorso generico, di vago sapore mariano, lontano da un preciso impegno di riflessione cristiana.
    Le celebrazioni presentate nel sussidio, propongono di cogliere l'opportunità favorevole per una meditazione personale e comunitaria sulla fede; di concentrare lo slancio e l'entusiasmo per una presa di coscienza della propria risposta cristiana.
    La crisi di testimonianza esige di convogliare tutti gli sforzi per integrare il fascio dei contenuti cristiani a livello personale: un impegno legato contemporaneamente al processo di «ripulitura» di ogni elemento inautentico, non pienamente «pasquale», ed alla scelta di priorità oggettive, nelle proposte (nella possibilità di fare un discorso ai giovani, non potrò afferrare il primo stimolo che vibra nell'aria, ma dovrò scegliere ciò che è più importante, in questo preciso momento concreto, riservando a «dopo», l'altro, forse più poetico, più consono alla «mia» spiritualità già formata, ma meno urgente per chi ascolta).

    ♦ Il Concilio ha indicato (Lumen Gentium, cap. VIII) il ruolo di Maria nella vita personale e comunitaria del popolo di Dio, con le due funzioni di madre e modello.
    Maria è colei che ha vissuto per prima, in pienezza, nei termini storici della sua esistenza, il nostro cammino di fede.
    La risposta di ciascuno di noi, per diventare afferrabile con le mani concrete del nostro entusiasmo, ha bisogno di constatarne la traduzione esistenziale in «modelli di comportamento». Ci riscalda più un esempio vissuto di mille belle parole. Maria è dei nostri, ce la sentiamo su nostra misura mentre la vediamo aprire la faticosa marcia di ritorno verso la casa del Padre.
    E questo tanto più, quanto è viva, calda, la certezza che colei che cammina davanti, ci è madre: non fa un passo senza voltarsi indietro, per confortare il nostro respiro affannoso; è pronta a chinarsi, con un sorriso, sul nostro quotidiano incespicare.
    Non addita freddamente la strada, ma la fa con noi. Da mamma.
    Le celebrazioni tentano di dare questo ritratto di Maria: di farci vedere la devozione alla Madonna soprattutto nella testimonianza di una vita cristiana integrale e Maria come la realizzazione piena della risposta umana alla iniziativa di Dio.
    Non... l'abbiamo relegata quindi ai margini: le abbiamo riservato il suo posto, di madre.
    I compilatori hanno tentato di farla concreta, vicina, di incarnare in Lei i contenuti di fede proposti alla comune meditazione: di parlare con i fatti, con le persone, prima di usare le parole (ci viene spontaneo pensare, se non fosse presuntuoso, alla metodologia di Dio, nella storia della salvezza).

    QUALCHE CRITERIO DI UTILIZZAZIONE

    Tutto il lungo discorso introduttivo sarebbe pienamente suadente, se il testo fosse... totalmente riuscito e immediatamente utilizzabile, così com'è. Ma è solo un tentativo, ricco di buona volontà e affidato alle capacità concrete degli operatori pastorali.

    1. Il testo desidera soltanto essere una guida

    Non lo si può certamente trasportare di peso in tutte le situazioni.
    È stato costruito apposta scheletrico e simmetrico, per facilitare la traduzione ambientale continua.
    Ogni pastore deve necessariamente calarlo nella sua realtà.

    2. Largo spazio va riservato alla spontaneità

    Le monizioni soprattutto, e qualcosa del ritmo, ne devono risentire.
    Se viene ripetuto 24 volte in un mese che «la parola di Dio è tagliente come una spada a doppio taglio»... evidentemente, dopo le prime attenzioni, la forza d'urto si disperde nel banale, e la spada diventata spuntata e dentata.
    Il presidente o l'animatore dell'assemblea dovrà adattare il saluto iniziale e le diciture della guida, alla situazione concreta, agli stimoli presenti in quel determinato momento, alla frequenza o meno della ripetizione: alla sua assemblea, in una parola.
    Il testo fornisce una traccia. E nulla più. È una palina segnaletica, non una comoda automobile.

    3. Le letture sono difficili

    Il linguaggio della Scrittura e quello dei Documenti conciliari (da cui sono tratte) non è certo il nostro comune modo di conversare. D'altra parte, le letture sono state scelte con particolare cura, per la loro densità, per i valori di cui sono pregnanti.
    È compito soprattutto del presidente, curarne l'adattamento concreto.
    Per un pubblico preparatissimo può essere sufficiente l'attualizzazione che ne farà l'omelia.
    Per la stragrande maggioranza delle nostre assemblee, l'omelia minaccia di tentare l'aggancio... con una realtà inesistente (tutt'altro che preesistente). L'omelia può diventare invece un tutt'uno con le letture.
    Se è lo stesso presidente a proclamarle, può eventualmente evitare qualche espressione troppo dura e sproporzionata alle possibilità di ascolto. Può soprattutto farle precedere da qualche parola di spiegazione; può anche intercalare la spiegazione alla letttura.
    La parola di Dio è efficace non per se stessa, ma condizionatamente alla sua comprensione.
    Questa è la prima realtà da ricercare.
    Il resto ne consegue.

    4. Bisogna evitare le omelie formalizzate

    Non esistono tecniche da suggerire. L'affiatamento presidente-assemblea, il rispetto delle disposizioni sposato con il rispetto della realtà, elimina ogni formalismo esteriorizzante.
    Con giovani più maturi e con maggior disponibilità di tempo, la riflessione può essere fatta comunitariamente: l'omelia fiorisce dal contributo di tutti.

    5. L'«esempio» della Madonna forma, con la Parola di Dio, il centro della celebrazione

    Non può essere banalizzato a livello di episodio o di riempitivo obbligatorio. Basta richiamare quanto è stato ripetuto sopra, a proposito della importanza educativa dei «modelli di comportamento».
    È in questo momento, che la celebrazione diventa immediatamente parlante, attraverso i fatti, la storia, le cose.
    Perché la testimonianza di Maria diventi ancora più affascinante e attuale, può essere opportunamente arricchita di «testimonianze conosciute», vicine per mentalità e tempo, all'assemblea.
    Penso alla carica che la celebrazione può rivestire se integrata:
    – da citazioni di frasi o presentazione di personaggi attuali
    – da documentazione di immagini (anche eventualmente per la forza dei contrari)
    – da descrizioni corali
    – da interventi spontanei dell'assemblea.

    6. La preghiera dell'assemblea e l'impegno comunitario

    Il tradizionale «fioretto» ha assunto, in queste celebrazioni, il ritmo della preghiera dell'assemblea.
    È un momento in cui il formalismo può spezzare un clima di impegno e tradursi in esteriorismo, con gravi (immediate) conseguenze.
    Perché l'impegno sia davvero comunitario, deve essere sentito da tutta la comunità, dalla parte più sensibile e disponibile, almeno. Un impegno deciso e imposto dall'alto, trova e crea un vuoto assenteismo. Non è certo motivo sufficiente lo scegliere il fioretto in base alle scadenze del testo...
    Le intenzioni possono essere aumentate, arricchite da interventi dell'assemblea: devono profumare di quotidiano, per essere credute e pregate.
    Se la celebrazione sostituisce altre tradizionali pratiche (anche per non moltiplicarle inutilmente), l'aggiunta di qualche specifica intenzione può dare immediatamente il tono del rito omesso (un ricordo della giornata che si apre, per la preghiera del mattino; un'invocazione di perdono, la riflessione su qualche avvenimento, per le preghiere della sera, ecc.).

    7. Ancora sui canti

    Tutti siamo consapevoli della loro importanza.
    Il canto crea immediatamente comunità, favorisce l'intesa, quando è significativo (per le parole) e sentito (nel tipo di melodia); altrimenti produce freddezza e strascico annoiante.
    Deve quindi nascere spontaneo (con una spontaneità guidata, attenta e intelligente) dal contesto della celebrazione.
    L'«Ecco, ora cantiamo», perché il libretto richiede un canto, può facilmente raggelare e indisporre, chi, magari, attendeva con ansia il termine della celebrazione, perché la vita, quella a cui crede di più, l'aspetta, fuori, a braccia aperte.

    LA SPONTANEITÀ: DENOMINATORE COMUNE

    Le molte indicazioni, frammentarie e parziali, hanno un denominatore comune: il largo spazio lasciato alla spontaneità. Essa ha la capacità di rendere facilmente attuale, personale, denso di valori condivisi, ogni incontro di preghiera.
    Alcune celebrazioni possono essere molto più costruite su misura dell'assemblea di altre a struttura determinata, per la loro funzione ed ecclesialità anche esteriore (pensiamo, per esempio, alla Messa). Sarebbe diseducativo usare una misura uniforme; le une anzi preparano e dispongono il clima alle altre.
    Con Maria alla scoperta della mia fede, per poter diventare costruttivo e funzionale, deve, credo, essere continuamente ricondotto «a misura d'uomo» (di quello storico che ci sta seduto di fronte), dalla sensibilità del pastore che ha deciso di servirsene.

    Il testo che raccoglie le 24 celebrazioni è in vendita presso L.D.C. 10096 Torino-Leumann a L. 400

    CON MARIA ALLA SCOPERTA DELLA MIA FEDE 
    24 celebrazioni per il mese di maggio


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