Interpellati da Gesù /3
Rossano Sala
(NPG 2013-02-47)
Il secondo aspetto che vorrei trattare in questa rubrica dedicata al modo in cui Gesù ci coinvolge e ci interpella personalmente, è quello della decisione: Gesù domanda di decidersi, di prendere la propria vita e orientarla in una determinata direzione, di fare scelte concrete e di prendere determinate strade, abbandonandone altre. Anche in questo campo fa domande, perché è pronto a tutto, ma non può prendere il nostro posto nella decisione, che in questo senso mostra il rispetto di Dio nei nostri confronti. Il discorso del pane di vita è uno dei più ampi di tutti e quattro i vangeli: occupa nel vangelo di Giovanni un intenso e interminabile capitolo, il sesto. Esso, partendo dalla deliziosa scena di disponibilità di un giovane, che offre generosamente i suoi cinque pani e due pesci, permettendo a Gesù di compiere il segno della moltiplicazione dei pani a favore della folla, passando per un denso e penetrante discorso circa la sua identità di «pane del cielo» per la vita del mondo, giunge all’amara conclusione della defezione di molti dei suoi discepoli, che ritengono l’annuncio eucaristico troppo duro e impegnativo. Risentiamo la drammatica conclusione della narrazione, per poi concentrarci sulla domanda che Gesù pone a i suoi più stretti collaboratori:
60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». 70Gesù riprese: «Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». 71Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo, e era uno dei Dodici.
Di fronte alla verità dell’annuncio Gesù non appare come il maestro pronto a fare degli sconti. La vita piena e abbondante che è venuto ad portare in nome del Padre suo non è a buon mercato: implica la necessità per lui di offrire la sua vita, che deve, come ogni seme, morire per poter germogliare. È la verità eucaristica per cui ogni dono deve essere offerto perché possa portare frutto: tale verità non riguarda solo l’esistenza del Signore tra noi, ma la vita di ogni suo discepolo, che sarà chiamato ad essere memoria e attualizzazione del suo stile di vita. Queste sono le esigenze del regno che viene, e non è possibile eluderle.
Qui si vede chiaramente come Gesù sia uno che non fa campagna elettorale, che non è in giro a cercare consensi da nessuno. Nessuno ha mai ricevuto bustarelle di sottobanco per seguire il Signore. Di fronte alla defezione di «molti dei suoi discepoli» si potrebbe immaginare un Gesù che abbassi il tiro e le esigenze della chiamata per ritrattare il loro abbandono o per trattenersi almeno quelli della cerchia più intima. Invece avviene esattamente il contrario. Non trattiene quanti se ne vanno, perché se qualcuno vuole stare con Lui deve essere lì in piena e assoluta libertà. Gesù non può arrischiare di avere con sé persone che non accolgano la pienezza della sua rivelazione, le cui esigenze non sono nemmeno fissate da Lui, ma gli vengono dal Padre suo che è nei cieli. Gesù non ha la possibilità di indietreggiare di un millimetro dalla sua pretesa inaudita: quella di rappresentare il Padre suo e portare la sua volontà, costi quel che costi, perché non è il padrone della sua missione, non la possiede come sua proprietà. Egli stesso è disponibile ad essa e alle sue esigenze: egli non è un libero battitore, ma possiede un’autorità verso di noi perché ne riceve l’autorizzazione dal Padre suo.
E allora ne viene logicamente la domanda ai suoi: «volete andarvene anche voi?». Gesù conosce nell’intimo i suoi discepoli, quelli che lui si è scelto e che deve formare e forgiare per la missione a cui saranno chiamati: la loro fede sincera ma ancora debole, il loro amore generoso ma certamente problematico, le loro speranze limpide ma troppo umane; conosce addirittura chi lo tradirà. Rivolge loro una domanda piena di rispetto nei loro confronti, che li coinvolge in una scelta chiara: non si sta con Gesù superficialmente, ma decidendo personalmente di stare accanto a Lui, condividendo la sua missione, con tutto ciò che comporterà. Domandando ai suoi se anche loro vogliono andarsene, li attiva in una presa di posizione personale.
Una domanda liberante
Questa domanda è davvero liberante, perché non costringe alcuno alla sequela. Insieme è provocante, perché ci indica che le esigenze che egli ci propone non dipendono dalle nostre voglie del momento, ma rispondono ad una oggettività che viene dal suo messaggio.
Si tratta di prendere una decisione: non c’è nessun Dio che mi vuole trattenere. Tutt’al più c’è un Dio che desidera sopra ogni cosa che io mi decida per Lui in maniera piena, essendo ben cosciente che devo seguire Lui, che devo andargli dietro da umile discepolo che non conosce la strada ma si affida giorno per giorno alla Sua parola e alla Sua guida.
La risposta di Pietro, in nome dei dodici, è davvero una professione di fede valida per tutti i tempi: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Essa riconosce che intorno a noi ci sono tante parole, ma nessuna ha a che fare con la vita eterna, che Gesù, il santo di Dio, ci porta attraverso l’offerta della nostra vita.
Ma questa è la risposta di Pietro, non la nostra, perché ognuno di noi è insostituibile nella presa di posizione personale. In questo senso è proprio vero che nessuno può credere al posto nostro. Gesù il «grande traghettatore», colui che ci porta da questo mondo al Padre; nella stessa direzione si muove la sua Chiesa, che è assolutamente necessaria e insieme relativa, perché essa può e deve accompagnarmi, sostenermi, sorreggermi, ma non può rispondere al mio posto, che è unicamente mio. Ognuno di noi, è bene ribadirlo, si trova personalmente al cospetto di Dio e deve rispondere alle domande del Vangelo, che ci sono assolutamente contemporanee ed esigono una presa di posizione personale e non cedibile.
La provocazione di Gesù è più attuale che mai, perché la Chiesa diviene sempre di più una minoranza all’interno di un mondo globalizzato le cui leggi sono la concorrenza spietata, il godimento illimitato e la frenesia esistenziale. Minoranza numerica che però è chiamata ad essere significativa, creativa e più vivace che mai. Nella logica qualitativa del sale, della luce e del lievito, che, pur in modestissime quantità, fanno la differenza perché offrono sapore, chiarezza e digeribilità alla vita di un mondo che appare sempre più nauseante, oscuro e indigesto.