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    La meta di un progetto



    Animatore che progetta /4

    Domenico Sigalini

    (NPG 1992-07-41)


    Il nostro progetto procede: nelle puntate precedenti avevano visto finalmente d'accordo tutti nell'iniziare seriamente a progettare. Psicologia, sociologia, antropologia, bibbia, ecclesiologia: così, per darci un po' di importanza, possiamo chiamare i punti di vista analizzati per arrivare a definire la meta.

    La meta di un progetto

    Per questa avventura erano nate strane ma importanti qualificazioni.
    Uno si era scoperto psicologo; è uno che ha del mago, sa stare con gli adolescenti sempre, senza tanti problemi. Con due battute li fotografa, li indovina, li sa prendere per i fondelli quanto basta per ridare serenità a drammi da «giovane Werther», li smonta e, quel che più conta, riesce a far desiderare un colloquio a quattr'occhi.
    Un altro si scopre sociologo. A scuola lo hanno sempre impiegato a fare sondaggi di opinione; ha passato la vita a fare istogrammi; adesso, lavora all'ospedale e deve limitarsi a una variazione sull'asse delle Y da 35 a 40 per via della febbre di qualcuno che vuol rimanere in vita. Riprende libri classici come quelli di Milanesi, Mion; ha studiato a memoria «L'età negata» sui preadolescenti e sa interpretare il mondo giovanile.
    Una terza fa l'antropologa; ha fatto il liceo classico, poi ha studiato filosofia all'università, è innamorata della natura umana in senso filosofico e aiuta ad andare oltre le domande giovanili per capirne il significato. Per la Parola di Dio regna incontrastato il presbitero che ha fatto il Biblico a Roma, insegna in Seminario e soprattutto, beato lui, fa qualche trimestre in Terra Santa con pellegrinaggi vari per, dice lui, tornare sempre alle sorgenti.
    La specializzazione ecclesiologica se la contendono a pari merito la suora che ha fatto più di un corso in città per tutti i sabati della sua vita pastorale, è stata promossa a segretaria dell'USMI, una specie di Conferenza episcopale delle suore, e una ragazzina di fresco nominata insegnante di scuola materna, dopo aver rallegrato con la sua affascinante presenza, oltre che con un brillante risultato, l'istituto di scienze religiose.

    La formulazione della meta

    Il punto più difficile è stato stendere in poche parole una meta precisa, quell'obiettivo che riusciva a motivare tutti e che soprattutto poteva diventare un impegno capace di far crescere i giovani. Per dovere di cronaca dobbiamo dire che si sono fatte varie edizioni, perché l'una riduceva gli adolescenti a bambini in cerca di soddisfazione, tipo: aiutare l'adolescente a vivere spontaneamente l'amicizia; l'altra puntava su livelli altamente teologici, tipo: aiutare l'adolescente a donarsi fino alla morte come Gesù Cristo in un contesto trinitario; un'altra ancora cercava di mediare, ma scontentava tutti. Se non altro si capiva che era importante tener legata strettamente la fede e la vita, senza adattare la prima e senza lasciare sola la seconda. Si doveva mediare inoltre tra l'impazienza dei concreti, le disquisizioni degli intellettuali, l'esigenza di contenuti dei catechisti e la voglia di cominciare seriamente di tutti.
    Una volta decisa la meta, non senza aver sbirciato qualche sussidio LDC, EDB, EP, UCN, sigle notissime agli addetti ai lavori, qualcuno sogna di scriverla su targhe di metallo o lapidi di marmo a scritte cubitali, tanto ora ne sono convinti e sostenitori.

    E adesso?

    Una domanda, però, a lungo tenuta sotto controllo, viene alla ribalta: «Abbiamo fotografato bene l'adolescente, siamo stati attenti alle sue domande, ci siamo posti in attento ascolto della Parola e del magistero, e adesso? come si fa ad avviare gli adolescenti, i giovani, gli educatori su un percorso che permetta di raggiungere la meta?»
    Si para davanti a tutti il pittoresco mondo giovanile che popola la parrocchia: i ragazzi buoni buoni, che fanno vita di gruppo da una vita e che sono abituati a lavorare per progetti; gli adolescenti pescati l'estate scorsa al campeggio estivo riuscito felicemente, i patiti della madre superiora che lei pazientemente ha strappato dalla strada dopo ore e ore di appostamenti, di dialoghi, di chiacchiere sui cancelli del convento; i lavoratori che sono riusciti a esprimere appartenenza al mondo giovanile della parrocchia dopo la partecipazione al pellegrinaggio a Czestochowa; senza parlare di quelle ragazze che da quando hanno messo assieme una squadra o due di pallavolo non si fanno più vedere alle riunioni, e di quelli che frequentano la parrocchia solo per gli allenamenti.
    Sono persone diverse, ma anche con cammini di fede diversi, punti di maturazione umana e cristiana molto distanti tra loro.
    Non solo, ma per arrivare a quella meta così solenne che è stata finalmente fissata, si intravvede che vi si può arrivare da parecchie strade; esistono tante dimensioni della vita che vi possono essere interessate non necessariamente nello stesso tempo.
    C'è una maturità umana e una struttura di personalità da acquisire, una adesione a Gesù Cristo da chiarire e rendere personale, una appartenenza alla Chiesa da riscrivere, una scelta vocazionale da fare.
    Sono dimensioni della vita credente secondo cui sviluppare una crescita globale e possono essere utilmente distinte.
    È in poche parole il problema degli itinerari e delle dimensioni in cui si distribuiscono.
    L'itinerario, in prima approssimazione, è un percorso particolare, con un suo obiettivo e che permette per gradi di giungere alla meta. Fa attenzione ai destinatari, tiene conto di dimensioni particolari della vita cristiana, sviluppa dei temi generatori, cioè evocatori di tutta l'esperienza cristiana, riscrive l'obiettivo di un progetto per alcune situazioni, alcuni punti di partenza, alcune specifiche esigenze.
    Sono tante le variabili che vanno tenute presenti e che determinano la necessità di percorsi diversificati, le situazioni antropologiche, il livello di maturazione di fede, le forti caratterizzazioni culturali e ambientali della comunità cristiana e dei destinatari, esigenze formative particolari.
    Spesso si giunge a costruire un serio progetto educativo per giovani partendo da alcuni percorsi (itinerari, appunto) semplici che lentamente domandano di essere inscritti in un progetto più ampio.

    UN'ESPERIENZA

    Presento di seguito una ricerca per costruire un piccolo progetto di intervento educativo sugli adolescenti sulla tematica abbastanza ampia e centrale della vita cristiana che è la vocazione.
    Come facilmente si vedrà, segue il vecchio schema di cui si diceva nell'articolo precedente (cf NPG '91 n. 10 pag. 62) e qui ripreso nelle sue implicanze organizzative degli animatori.
    19927-43
    I materiali che seguono (per un itinerario vocazionale per adolescenti a partire del capitolo V del catechismo degli adolescenti) sono frutto di una esercitazione fatta al campo di Sasso- ferrato con catechisti-animatori di adolescenti, ulteriormente ordinati e rielaborati in un convegno e da me completati.
    Il primo lavoro da compiere nel comporre un itinerario è di costruire in maniera corretta la meta generale; per questo la prima parte della raccolta di materiali segue uno schema di lettura comparata da vari punti di vista: psicologico, sociologico, antropologico, biblico, teologico, ecclesiologico. Solo alla fine di questo studio è possibile stabilire la meta generale.
    Fa da guida a questa ricerca l'ultima stesura del capitolo V del catechismo, che qui viene smontato secondo le fa- scie in cui è composto e riscritto in termini più operativi, da sussidio, da ricerca; le varie fascie di cui è composto il capitolo devono essere sempre aggiornate e attualizzate. L'itinerario quindi è il tentativo di dare gambe, dinamica e vita al capitolo, non prima di aver capito che cosa esso si propone ultimamente.
    Questo materiale non serve direttamente alla conduzione concreta dei vari itinerari, ma aiuta i catechisti-animatori a operare la sintesi educativa esigita dal Documento Base come integrazione tra la fede e la vita, evitando operazioni deduttivistiche (verità astratte da insegnare) o riduttivistiche (bisogni da accontentare in verità addomesticate).

    1. L'esperienza dell'adolescente

    Si tratta di vedere da quali situazioni emerge il fatto vocazionale, quali bisogni veicolano la ricerca di una realizzazione di sé, quali comportamenti o esperienze-simbolo esprimono la ricerca vocazionale dell'adolescente. Occorre fotografare i modi di fare, di pensare, le opinioni correnti, le aspettative e le involuzioni.
    È una lettura angolata, che parte da una precomprensione, non però da pregiudizi. Atteggiamento di fondo è la valorizzazione e attenzione a ogni domanda, senza preoccuparsi di incasellarla in un giudizio spesso preconfezionato, sfiduciato o ingenuo a seconda dell'ideologia «vocazionale» dell'animatore.
    - L'adolescenza è caratterizzata dalla scoperta di sé e di una propria nuovissima interiorità cui tutto lentamente viene a far capo;
    - esistono alcune scelte obbligate che innescano problemi vocazionali: la scuola e una eventuale professione, il lavoro e un certo modo di darsi prospettive future;
    - prevale la tendenza a vivere la giornata entro una esplosione di desideri spesso spenti dal consumismo;
    - la cura televisiva, come rifugio nella assenza di possibilità di fare gruppo, compagnia, crocchio, mette a contatto di innumerevoli modelli, spesso esaltanti e non sempre criticamente valutati;
    - tenacia nell'inseguire mete impossibili o altalena di gioie e frustrazioni nel seguire la via ordinaria;
    - sfiducia nelle proprie capacità e difficoltà a leggere con continuità e collegamento le varie esperienze anche positive della vita;
    - esplosione di vocazioni (ad esempio animazione, carità, ruoli educativi...) con difficili e equilibrati itinerari per servirle.

    2. L'ambiente sociale

    La ricerca vocazionale va collocata entro una realtà sociale che sviluppa, risponde o provoca la vita dell'adolescente. È importante allora cogliere quali risposte dà la società ai bisogni espressi, quali occasioni propone per una ricerca positiva della propria realizzazione, verso quali prospettive orienta le energie, che strumenti mette a disposizione perché un adolescente sia in grado di proiettarsi verso un suo futuro, una sua scelta globale di vita.
    Diventa spesso naturale in ogni educatore un atteggiamento manicheo, che divide subito il mondo in due zone: quella del bene: il gruppo, la comunità cristiana, l'oratorio... e quella del male: la società, la scuola, la strada...
    È un atteggiamento ingiusto e semplificatore che in fase di progettazione è del tutto errato perché fa scattare pregiudizi che impediscono la formulazione di una meta generale obiettiva. In pratica nella mente del catechista funziona già da criterio, come se fosse stato dedotto da una meta prefissata da cui non ci si riesce inconsciamente a liberare. In altre parole significa che in questo modo facciamo finta di andare alla ricerca di una meta generale, ma in verità essa lavora già dentro di noi come verità stabilita, al di fuori di ogni circolo educativo. L'analisi in questo caso è un pretesto.
    - L'esperienza scolastica diffusa e attrezzata spesso aiuta a conoscere meglio le proprie capacità e doti;
    - la mobilità e l'accostamento di tante esperienze permette di confrontarsi e di non indebolire immancabili fissazioni e plagi;
    - presenza di varie forme di professioni e di indirizzi scolastici che ad esse preparano;
    - mentalità del successo con indebolimento del senso critico;
    - esistenza di zone a rischio che non permettono di prevenire proposte devianti;
    - omogeneizzazione culturale che appiattisce gli ideali al livello più basso;
    - l'alternativa tra essere e sembrare che non permette di costruire su elementi di sostanza la propria identità;
    - la facilità di accostare modelli diversificati, senza l'imposizione ideologica;
    - la presenza di strutture anche civili di sostegno alle scelte di vita.

    3. La visione antropologica

    Cercare chi diventare, dove orientare la propria vita, quale persona costruire non è operazione esteriore. Le domande e la ricerca, i bisogni e le aspirazioni sono radicate in uno statuto interiore dell'uomo. Il bisogno di modelli è segno di una sete più profonda del gusto di un momento. Si tratta allora di vedere quale domanda di vita sta alla base di tali bisogni.
    Esistono delle qualità e delle costanti irrinunciabili dell'essere uomo che vengono veicolate da queste domande. Un educatore che ritiene chiusa la lettura delle domande al censimento di esse e che crede di educare ponendo una botola (leggi = risposta) alla domanda non educa, ma spegne i desideri. Occorre invece vedere che significato hanno per la vita dell'uomo le domande sul suo futuro, sul chi diventare, sulla ricerca del modello. Di quale sete e di quale fame sono segno tali comportamenti?
    - Qualifica l'uomo proprio la capacità di inventarsi il suo futuro. Rispetto a esso l'istinto lo abbandona; l'uomo non è programmato come una macchina;
    - la convivenza e il confronto con gli altri deve essere fatto da una percezione della propria unità e identità interiore;
    - esiste nell'uomo una necessità di sicurezza, di unità, di punto di vista personale da cui guardare la vita;
    - l'attrazione dei modelli o la risposta a una esplicita proposta (che noi diciamo chiamata) esprime la necessità di essere con gli altri entro una condivisione, compagnia e solidarietà umana;
    - la stessa crescita ha bisogno di poli di attrazione per svilupparsi, di mete percepibili per dare unità alle varie doti e possibilità che ogni uomo possiede;
    - l'energia della affettività si scatena su mete sperimentabili;
    - la possibilità di relazione con gli altri esige di non essere un fascio di richieste, ma una unità.

    4. La parola di Dio

    Dopo aver analizzato le domande, occorre porsi in serio ascolto della Parola.
    Dio non è la conclusione dei nostri sforzi di cercare risposte alla vita, non è una conferma a quanto abbiamo intuito; non è un complemento doveroso di una vita che si riscopre una domensione religiosa, ma una Parola viva, provocatoria, più avanti di quanto a noi è possibile immaginare. È capace di continuità e di rottura con la nostra esperienza, ne ha distribuito nella nostra vita già la sete, ma si pone come acqua per arsure impensate; non è risposta, ma scommessa; accoglie i nostri desideri, ma non li spegne; è al fondo di ogni invocazione, ma la oltrepassa. L'ascolto della Parola non chiude il problema, ma nemmeno si fa misurare da esso. Nella ricerca della meta generale di ogni cammino di fede offre un'anima, ma ha bisogno di una carne in cui essere riscritta in maniera originale.
    Con questo atteggiamento ricerchiamo nell'esperienza codificata della fede del popolo d'Israele (Antico Testamento) e nelle parole e fatti di Gesù e nelle esperienze dei discepoli come ce li hanno tramandati le prime comunità cristiane (Nuovo Testamento) che cosa propone Cristo o indica la Parola sull'esperienza della vocazione.
    - La storia della salvezza è la storia di una continua chiamata: chiama l'uomo, chiama il popolo, chiama i vari personaggi della storia del popolo ebreo, chiama i profeti, chiama Giovanni il Battista, chiama Maria;
    - in questa chiamata si coinvolge dentro la storia dell'uomo in Gesù, che diventa colui che chiama definitivamente nel Regno: chiama tutti quelli che incrocia nel suo cammino, chiama gli apostoli, chiama i peccatori, chiama a tutte le ore;
    - alla sua morte e risurrezione lo Spirito continua nella Chiesa la chiamata; chiama alla testimonianza fino al martirio, chiama alla missione, formula un mandato;
    - c'è chi accetta e sperimenta la gioia, chi rifiuta e se ne va via triste;
    - non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi: andate in tutto il mondo...

    5. L'esperienza della Chiesa

    La Parola di Dio è compresa a fondo e pienamente solo se accolta dalla viva voce di una comunità cristiana, che, illuminata dallo Spirito, si fa continuamente chiamata attuale per ogni uomo; la comunità cristiana riflette e si lascia trasformare dalla Parola e elabora proposte precise di sequela di Gesù. La saggezza della Chiesa, la sua Tradizione, i suoi modelli eccezionali e quotidiani, riconosciuti o sconosciuti, le riflessioni colte o popolari ci aiutano a rivivere in maniera originale oggi il rapporto chiamata-risposta.
    Non è possibile educare gli adolescenti alla vocazione se non si interroga la vita della Chiesa e non si approfondisce ciò che essa ci propone e come risponde alle domande di reali77azione, di identità e di futuro dell'adolescente.
    - La Chiesa esprime una prima fondamentale chiamata alla vita, all'amore, alla santità e alla sequela di Gesù;
    - la Chiesa presenta i vari carismi e vocazioni, ciascuno con la sua dignità: fedele laico, presbitero, religioso o religiosa;
    - ogni santo è una storia di chiamata e risposta, di ricerca appassionata e di incontro sorprendente;
    - riporta alla famiglia come a luogo primario di educazione della domanda e della risposta, del rendersi conto dei doni e del metterli a disposizione.
    A questo punto siamo in grado di stabilire una meta.
    Abbiamo analizzato la realtà, ci siamo posti in ascolto della Parola di Dio nella Chiesa, abbiamo letto il capitolo del catechismo, che ha già percorso per noi tutte queste tappe: ora descriviamo in maniera sintetica che cosa vogliamo comunicare agli adolescenti, quale è il traguardo di un cammino sulla vocazione fatto con loro attraverso la catechesi.

    Meta generale

    Aiutare l'adolescente ad aprirsi positivamente alla ricchezza delle scelte che la vita, la comunità cristiana e il mondo gli propongono, mentre scopre in sé i doni e le qualità che Dio gli ha dato, e a sentire in ogni slancio, propensione, desiderio di dono, attrazione verso modelli, profonde convinzioni interiori, provocazioni della vita, una chiamata da discernere in un rapporto personale e coinvolgente con Gesù e un invito a assumere responsabilità e ruoli precisi nella Chiesa e a spendersi per il Regno di Dio.
    In questo insieme di parole risaltano alcune convinzioni che faranno da guida nell'itinerario:
    - la necessità di restare aperti (l'attenzione ai molti modi interiori e esteriori coi quali ogni adolescente gioca la sua vita, in cui va letta in profondità la chiamata di Dio);
    - la consapevolezza che è la chiamata di Gesù che è scritta nei fatti grandi e piccoli della vita;
    - il pensare alla Chiesa come luogo in cui assumere un ruolo e un posto non contingente, ma necessario per vivere da cristiani;
    - la decisione di spendersi comunque attraverso ogni scelta per il Regno di Dio.
    Per concludere.
    Provati a ripetere lo stesso lavoro (cf tavola alla pagina seguente) per un'altra tematica caratteristica, per esempio la carità.
    In seguito ci potremo confrontare su di essa.


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