Perché tutti valgano
alla stessa maniera
Adele Raia
Ho un legame strano con la comunicazione. Il saper comunicare è per me un aspetto certamente importante che ha assunto ruoli e caratteristiche sempre diverse nel corso della mia breve vita. Ho un caratteraccio e per questo ho dovuto esercitarmi molto prima di riuscire a non urlare mentre difendo con forza le mie cause. Mi ricordo una volta, all’inizio del liceo, mentre tornavo a casa con uno pseudo-amico iniziai a piangere e urlare, quasi ad alzargli le mani, infuocata dalla rabbia per le sue “argomentazioni” fasciste e discriminatorie. Il punto è che sono sempre stata sensibile e vulnerabile a certi discorsi e il mio carattere impulsivo non mi ha mai aiutato. Adesso sto finalmente migliorando e nel mezzo di un discorso riesco a raccogliere tutta la calma, a metterci tutta la mia passione senza lasciarmi ferire. Non so in realtà se ci riesco sempre e non so nemmeno a cosa sia dovuta questa novità. A volte ho paura per colpa di una speranza che via via sembra rassegnarsi, ma preferisco pensare che ho conosciuto le giuste persone e ho fatto esperienze in cui l’essere “diplomatici” rende la discussione più proficua. “Diplomatici” per me non vuol dire sofisticati. Credo, infatti, che il mondo non si cambi con paroloni incomprensibili, pronunciati e soprattutto capiti solo da chi ha una grande preparazione alle spalle. Se voglio davvero parlare di concetti semplici e lineari, quasi basilari, che possono essere ad esempio il rispetto e l’empatia, è inutile usare paroloni e citazioni di giganti, piuttosto è preferibile raccontare storie vere. Ovvio che il linguaggio deve anche essere consono in base al contesto, ma come potrà una persona totalmente disinteressata o al contrario ferma nei propri principi cambiare idea a sentire solo grandi parole prive di storie e di sentimenti? Come dovrebbe una persona acquisire speranza solo a sentir nominare grandi autori e concetti a loro sconosciuti? Forse anche con mille accortezze il mondo non cambierà mai, forse anche con mille accortezze gli ultimi resteranno sempre ultimi, ma se almeno volete giovani con un forte e vero pensiero critico e con una forte speranza, non ci bloccate le ali con un “ancora siete troppo giovani” o “ancora sapete poche cose, pensate a studiare”! Perché così mandate solo a quel paese la nostra curiosità, la nostra passione e la nostra possibilità di fare qualcosa per cambiare il mondo nel nostro piccolo. Il mondo non è fatto di sofismi o di chi fa a gara per impressionarti con la sua cultura e le sue parole, ma di persone vere che vivono vite reali, non storie inventate. La comunicazione, un buon linguaggio, è uno strumento che va certamente coltivato e migliorato, ma resta uno strumento per lasciare qualcosa di te agli altri. Non è una gara e, quando lo diventa, entriamo solo in un circolo vizioso di arroganza, entriamo nell’élite di chi ha tanti strumenti e li usa solo per innalzarsi e non invece per comprendere. Ho ancora tanto da imparare in questa vita, ho ancora mille strumenti da acquisire, ma spero di usarli sempre con rispetto della me di ora che crede in un cambiamento vero e sostanziale nel mondo. Voglio farlo con umiltà e con passione.