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    Come interpretare la Bibbia (cap. 9 di: Una Bibbia sempre giovane)


    Cesare Bissoli, UNA BIBBIA SEMPRE GIOVANE. Tracce per un incontro, Elledici 1998



    Una ricerca appassionata e mai finita

    Questo è il traguardo desiderato di ogni studio della Bibbia: poterla capire come Parola di Dio ed illuminare e animare con la sua verità la nostra vita come una grande «benedizione». Ma come fare una «ermeneutica», cioè «un'interpretazione» giusta?
    Qui si apre il panorama di una ricerca intensissima lungo tutti i secoli (come potrebbe essere diverso trattandosi della Parola dello stesso Dio?), con particolare coscienza nell'età moderna, da Cartesio, a Kant fino ad oggi, perché più acuto si è reso il problema della conoscenza, ossia del confronto tra la propria soggettività e quella espressa dall'autore nel testo. La Nota della Pontificia Commissione Biblica lo mette molto bene in rilievo.
    Qui ci dobbiamo limitare a toccare i nodi maggiori. Dobbiamo distinguere:
    - qual è (o sono) il senso (o i sensi) della Bibbia, data la sua natura di Parola di Dio in linguaggio umano in una comunità vivente;
    - con quali criteri cogliere questo senso complesso globale;
    - come fare una correlazione vitale tra Parola di Dio e vita.

    Il senso della Bibbia e i criteri per coglierlo

    La via è in sé semplice: bisogna tener presente il volto reale della Bibbia, opera che ha per autore Dio ed uomo e che è stata affidata alla Chiesa, alla sua Tradizione vivente, per la salvezza delle persone.
    Di qui sgorgano tre criteri «ermeneutici» principali.

    Punto di partenza è il senso letterale o storico

    - È quello che l'autore sacro - e con lui il Signore - ha come «messo nel testo». È il punto di avvio, indispensabile, primario di quanto Dio mi vuole comunicare, anche se può andare oltre tale senso letterale. È come le ringhiere di una scala che impediscono di cadere, ma non di camminare. Uscire da queste ringhiere significa cadere nelfondamentalisruo, fare una lettura arbitraria!
    Così nel brano dell'annunciazione a Maria (Le 1,26-38), il senso del testo sta in ciò che Luca ha scritto, che appare dai i termini, dal genere letterario usato, dallo sfondo culturale proprio del III Vangelo...
    - La scienza che ricerca questo senso è l'esegesi, o indagine del senso letterale, mediante le risorse della «critica» scientifica bene inteso stimolata dalla fede, ma non deformata da questa. Nel paragrafo precedente abbiamo indicato il vasto campo di impiego di questa critica scientifica alla luce della già citata Nota della Pontificia Commissione Biblica.

    Punto conclusivo è il senso spirituale o pieno

    - Ma non basta conoscere il senso letterale. Tutti i vari passi biblici sono come momenti di un'unica sinfonia di cui Dio stesso è il grande direttore di orchestra, il regista, e che porta per titolo: sinfonia della storia della salvezza in Gesù. Cristo. Ecco allora che il senso letterale possiede una risonanza più profonda, che si rivela man mano che Dio realizza il suo piano nella storia, giungendo a pienezza con Gesù Cristo. È il cosiddetto «senso spirituale» (in quanto inteso dallo Spirito di Dio), profondo o intimo o pieno della Bibbia.
    Così la forte esaltazione biblica del Tempio di Gerusalemme (ad esempio 1 Re 6-9) tende ad esprimersi, in bocca a Gesù e agli Apostoli nel senso spirituale più elevato clic è lo stesso «corpo di Gesù» (cf Gv 2,19-22).
    L'annunciazione a Maria sopra citata appare come il vertice dei tanti annunci messianici di Dio nell'AT (i rimandi a fianco del testo lucano dicono chiaramente l'enorme spessore di questo testo).
    - Il senso spirituale non va inventato da una devozione a tavolino, ma va ricercato mettendo a confronto i risultati dell'esegesi dell'AT con quelli più illuminanti ancora del NT. Allora apparirà come l'AT sia un'immensa «biografia» di Gesù e della Chiesa in anteprima: le vicende, i personaggi, gli insegnamenti... sono una «profezia» di cui il «mistero di Cristo e della Chiesa» è l'adempimento. La teologia biblica fa questo discorso.

    Una mediazione vitale: il senso biblico nel seno della Chiesa

    - Finalmente, ricordando bene che la Bibbia è la codificazione scritta della Tradizione vivente iniziale che è la Chiesa, frutto del carisma dello Spirito Santo a servizio della comunità ecclesiale in cui questo stesso Spirito fa da «respiro vitale», ecco che la Bibbia va letta costantemente nella Chiesa, cioè secondo la «mente» sua, in rapporto alla sua fede (quindi secondo la sua dottrina e la sua prassi), in rapporto alla sua liturgia, in ascolto docile dei «pastori della comunità», in relazione alle risonanze nella vita del popolo credente.
    - Questa via ecclesiale viene chiamata anche via di «analogia della fede», per somiglianza e coerenza di contenuti tutti voluti dallo stesso Spirito, ove chiaramente è la Bibbia matrice di tanti effetti, ma questi a loro volta in certo modo decifrano l'inesauribile ricchezza di quella.
    Così ad esempio l'annunciazione a Maria di Luca si arricchisce della comprensione che ne ha la Chiesa con la dottrina sulla identità divina di Gesù, nel magistero del Papa e dei Vescovi, ma anche grazie alle sue feste mariane, come pure tramite la testimonianza di tante persone consacrate a Dio come Maria, ed ancora nelle stesse splendide «Annunciazioni» del Beato Angelico o nel testo «Annuncio a Maria» di P. Claudel.
    - In questo modo il Libro sacro posto nella comunità ove il Signore è vivente perde la freddezza e la estraneità di uno scritto lontano e diventa - miracolo permanente! - che continua a «parlare» con il suo popolo, per fare insieme - come ieri con Israele, con la comunità cristiana delle origini - la «grande marcia» verso la salvezza definitiva.
    Una eccellente affermazione: «Non c'è vangelo senza Chiesa. Il vangelo vivente è la Chiesa. Fuori di essa si possono avere le pelli o la carta, l'inchiostro o le lettere, i caratteri nei quali è stato scritto il vangelo; è in essa che si ha l'autentica comprensione del vangelo: o piuttosto è essa stessa il vangelo scritto non con inchiostro, ma dallo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne del cuore» (card. Hosius, 1579).

    Imparare a leggere la Bibbia con la vita e la vita con la Bibbia (C. Mesters)

    Verità che si faccia valore

    Varrebbe ben poco conoscere la «dottrina dei sensi» e la tecnica per trovarli, se la correttezza della verità non diventa valore significativo, se il senso non si fa Parola di Dio per me, se la Bibbia restasse un dizionario di studio e non un discorso che mi interpella.
    È il problema più sentito oggi nel mondo degli adulti e dei giovani.
    Questo vuoi dire che il brano di Caino ed Abele (Gn 4,1-16) non è pienamente Parola che Dio mi dice quando conoscessi a fondo il testo ebraico, la genesi del testo, la collocazione nella tradizione jahvista, ma quando tutto questo diventa luce per i rapporti tra persona e persona, rientra nel circuito della conflittualità e violenza, anima l'attesa, (livelli risposta/proposta di senso... La moltiplicazione dei pani di Gesù (Mc 6,34-44) assume senso vitale quando il suo gesto di dare il pane si incrocia con l'enorme e variegata fa me liti mondo e produce qualcosa di «miracoloso» come il suo gesto

    Incontrarsi sulla vita delle persone

    - Vi risponde «una ermeneutica esistenziale» per cui la Bibbia e il lettore si incontrano sull'area della vita e si fanno dialogo e dono della reciproca umanità: io presento la mia domanda (e trovamento) di ricerca di verità e di felicità; l'uomo biblico, al centro Gesù, fa la sua risposta-proposta schietta, positiva, libera.
    - Si stabilisce così un circolo ermeneutico o correlazione tra la Bibbia e il lettore, tra la sua concezione di valori voluta da Dio e la mia ricerca. In questo circolo merita di introdurre un terzo polo, la storia postbiblica, ossia come tante persone lungo il tempo hanno interpretato e vissuto la relazione Bibbia ed esperienza che in questo momento riguarda me, noi.
    Così ad esempio attorno al problema del male, del dolore innocente, del destino dell'uomo, si prospetta un cammino con tre passaggi decisivi:
    - cogliere anzitutto per sé il senso profondo di tale problematica, coscienti che la superficialità o la fretta svuotano ogni possibilità di incontro con la Parola di Dio;
    - incontrare la Bibbia non come testo e quindi frasi più o meno staccate, ma ritrovare gli abitanti del testo, penetrare come gli uomini biblici, da Giobbe a Geremia, al Servo sofferente, a Gesù in croce, a Maria, a Paolo prigioniero di Cristo... hanno vissuto questo mistero di buio nella luce della fede, nel coraggio della speranza, nella solidarietà della carità;
    - entrare in dialogo (è bello farlo) anche con l'esperienza di altre persone, come Francesco di Assisi, P. Kolbe, i padri trappisti uccisi in Algeria, l'esperienza vissuta più che espressa di una madre che vede morire suo figlio... ma anche, alla rovescia, le voci opposte di Nietzsche, Gabriele d'Annunzio, fino alle scene di crocifissione disperata dipinte da Breton...
    Qui ha soprattutto rilievo che la Messa sia intesa come partecipazione al sacrificio di Gesù, che esista la Caritas parrocchiale al servizio dei poveri, che i cristiani visitino i malati, che i giovani entrino nel volontariato, che la comunità sia come la fontana del villaggio dove tutti, noti e ignoti, vicini e lontani possano attingere...
    Merita considerare quanto a questo proposito sanno realizzare le comunità ecclesiali di base in America Latina, nell'esposizione che ne fa un leader, C. Mesters. Le sue opere, tradotte presso l'editrice Cittadella di Assisi offrono dei modelli stimolanti.

    «E il Verbo si fa carne»

    Se uno arriva, per grazia di Dio, con la sua preghiera e la sua meditazione a questa contemporaneità esistenziale, per cui cioè la Parola biblica attraverso la Chiesa (in particolare la liturgia e la carità) entra nella sua esistenza, nella sua mentalità, nella sua azione, ebbene solo allora egli ha veramente capito, «interpretato» la Bibbia. Al Padre che gli viene incontro per parlare a lui come ad un figlio corrisponde lui che come figlio entra in dialogo con il Padre (cf DV, 21). Assieme alla S. Vergine, egli può «umilmente» ma sinceramente dire: «La Parola si è fatta carne» in me (cf Lc 1,21; Gv 1,14), o con S. Paolo: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20).


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