Cesare Bissoli, UNA BIBBIA SEMPRE GIOVANE. Tracce per un incontro, Elledici 1998
NOMI CHE SONO PRESAGI
I nomi non sono segni inutili, quando si vuol definire una realtà importante, tanto più presso gli antichi.
Tre sono i titoli abitualmente usati per dire Bibbia.
Bibbia, anzitutto
Vuol dire comunemente libro, ma nel greco originale (neutro plurale) significa «libretti», in quanto la Bibbia è composta di più libri di piccola mole, ben 73, tanto da formare una specie di biblioteca. Il termine, già usato dagli uomini biblici per i loro libri sacri (cf 1 Mac 12,9), si trasferì tal quale in latino (Biblia) e poi in italiano e in diverse lingue moderne (Bibbia, I3ible, Bibel, Biblia...). È il termine oggi più usato e riveste un rilievo singolare: in certo modo avoca a sé il titolo di libro, quasi «libro per eccellenza». E le culture dell'occidente, lungo i secoli, glielo hanno volentieri riconosciuto.
Scrittura/e
Più abituale nella Bibbia stessa e nella prima Chiesa è il termine Scrittura/e. Gesù stesso l'adopera (cf Gv 10,35; Mt .21,42). Anche qui si sottolinea l'eminenza del testo, tenuto conto che un cosa scritta nell'antichità (ad esempio il decreto di un re, o 10 comandamenti, cf Es 32,15-16) aveva valore decisivo. Ebbene questa Bibbia è stata scritta per volere stesso di Dio. È Scrittura santa o sacra.
Antico e Nuovo Testamento
Od anche antica o prima alleanza e nuova o seconda alleanza, sono termini abitualmente usati per indicare la parte di Bibbia prima di Gesù (AT) e la parte che riguarda Gesù e la prima chiesa (NT). Chiaramente i termini di AT e NT sono di origine cristiana, ma non senza riferimento nel NT (cf Eb 8-9).
In verità il significato di tutti questi termini attinti dalla Bibbia stessa rivestono per l'uomo biblico un senso ben più profondo che una pura titolazione pratica: rivelano la sua convinzione assoluta, secondo cui Dio stesso ha voluto la Bibbia, come memoriale della sua relazione salvifica o alleanza con l'uomo e testimonianza inviolabile della sua volontà.
Di qui deriva quel quasi monopolio del termine «libro», «scrittura» attribuito alla Bibbia, e il fatto soprattutto che sia stato e sia ancora oggi il testo più tradotto e diffuso nel mondo. Lo facciamo un po' anche noi: quando una persona cara ci dona qualcosa di suo, come un testo o una lettera, essa diventa «il libro», la «lettera» nostra fra tutti gli altri libri e le altre lettere che pure possediamo.
QUALI SONO I LIBRI CHE COMPONGONO LA BIBBIA
È la questione del canone (= criterio di misurazione), ossia della lista ufficiale dei libri biblici, detti per questo libri «canonici» o normativi.
È in sé una domanda facile a rispondersi: sono i libri adoperati dagli ebrei e dai cristiani nella loro vita quotidiana, nella preghiera, nella scuola, nella predicazione, nel culto. Senza nemmeno bisogno di farne l'elenco. E di fatto bastava l'uso di essi per capire quali erano i testi validi.
Però la questione si è fatta storicamente complessa da quando sorsero nelle comunità libri non autorizzati, detti «apocrifi», ed anche per le tensioni che nacquero tra ebrei e cristiani e tra cristiani stessi lungo il tempo. In verità le differenze nella conta dei libri sacri non sono notevoli: l'amore per la Bibbia come Parola di Dio è comune, ma è vero che non vi è unanimità di visione, con degli accenti specifici da parte dei singoli gruppi che pure accettano la Bibbia.
Diamo qui un prospetto comparativo del canone ebraico e cristiano, ricordando che ogni singolo libro viene citato con una sigla (ad esempio Genesi = Gen o Gn; Matteo = Mt). Tali sigle, ed altre ancora, appaiono all'inizio di ogni Bibbia, cui occorre fare riferimento.
Facciamo qualche puntualizzazione prestando attenzione al grafico (cf pp. 34-35) rivelativo di come ebrei e cristiani intendono l'AT (si vedano ulteriori informazioni al capitolo 9).
Il canone ebraico
Esso riguarda evidentemente soltanto i libri che i cristiani chiamano Antico Testamento; viene siglato con la parola «Tanak», dall'abbreviazione delle tre parti del Canone: Torah o Legge, Nebiim o profeti, Ketubim o scritti. La lingua è l'ebraico, con qualche traccia di aramaico. La fissazione canonica definitiva avviene nel I sec d.C., con l'esclusione però di sette libri (Tobia, Giuditta, 1-2 Maccabei, Baruc, Sapienza, Siracide) riconosciuti invece nel canone cristiano, e sono quindi detti «deuterocanonici» (= riconosciuti in un secondo momento).
Si noteranno tre particolari significativi:
- la Torah, detta anche Legge o libri di Mosè, e che noi chiamiamo Pentateuco, è per l'ebreo credente, ma anche per noi cristiani, la parte più importante della Bibbia, perché racchiude la suprema rivelazione di Dio e dunque costituisce la carta di salvezza del popolo di Dio. Mosè è la figura centrale. La Torah è paragonabile ai nostri Vangeli, in cui invece Gesù diventa la figura centrale con ben altri titoli.
- Nebiim o profeti è il nome cumulativo dato anche ai libri che noi diciamo libri storici, e più giustamente, in quanto si tratta di una storia fatta da uomini (Giosuè, Giudici, Samuele...) guidati da Dio come i profeti e dunque scritta nella stessa ottica religiosa. Nel canone ebraico così come è, i «Profeti» hanno il compito di conservare l'eredità mosaica attualizzandola nel tempo più che parlare dei tempi nuovi.
- Ketubim: gli «Scritti», che devono mantenere il popolo nella fedeltà alla Legge.
Il canone cristiano
Più precisamente cattolico, è riscontrabile già nei primi secoli della Chiesa ed è stato definitivamente fissato al Concilio di Trento (1546) a seguito della disputa con i protestanti: questi infatti non accettano tutti i libri dell'AT e del NT accolti dai cattolici, ma in realtà se ne servono almeno come indispensabile documentazione delle origini.
Comprende 46 libri per l'AT e 27 per il NT.
La lingua originale del NT è il greco ellenistico. Ma la massima espansione della Bibbia cristiana è stata data dalla lingua latina con la traduzione della Volgata ad opera di S. Girolamo (sec. IV d.C.), e successivamente con le versioni nazionali.
Viene opportuna una annotazione: il criterio di accertamento per porre un libro nel canone, sia presso gli ebrei che presso i cristiani, consiste ultimamente nell'uso che i padri nella fede facevano di esso, dunque in forza della sua presenza nella tradizione delle origini, come si ricava da testimonianze storiche.
Cosa di non poco rilievo: significa che solo facendo la lettura del libro sacro nella tradizione della vita di fede, di preghiera, di prassi religiosa in cui esso nacque e visse, la lettura stessa diviene significativa e aiuta a comprendere e superare certe lacunosità degli scritti.
E i libri apocrifi?
Apocrifo (= cosa nascosta) vuol dire libro non riconosciuto nella lista del canone. Sono stati composti da giudei e da cristiani a fianco della Bibbia ufficiale, ora per colmare con dati per lo più fantasiosi la lacuna di informazioni (ad esempio circa l'infanzia di Gesù o la vita degli apostoli), ora per diffondere errori (sono spesso opera di eretici). Sono quindi utili non tanto ad incrementare la fede, quanto a conoscere i contesti reali, talora difficili, del cammino della fede.
Ne sono rimasti tanti, quasi per ogni categoria dei libri biblici: per l'AT, abbiamo soprattutto apocrifi del genere apocalittico; nel NT, prevalgono apocrifi dei vangeli, come Vangelo di Tommaso, Protovangelo di Giacomo, Vangelo di Pietro...
Tutt'altra cosa sono libri sacri non biblici, dottrinali e spirituali, di cui è pieno sia l'ebraismo, ad esempio il Talmud, come il cristianesimo (opere dei Padri, Imitazione di Cristo...).
COME È STATA TRASMESSA LA BIBBIA ED È GIUNTA FINO A NOI?
Anche quelle che riguardano la trasmissione sono informazioni importanti: per rispetto dell'intelligenza che vuol sapere come in un mondo senza stampa e senza carta poterono trasmettersi libri così importanti senza errori di sostanza; in secondo luogo ci vengono date ulteriori informazioni per il nostro lessico biblico.
Dobbiamo partire da un punto assodato: proprio il valore enorme riconosciuto dalla fede ai libri biblici come Parola di Dio, faceva sì che quando venivano fissati e poi quando si giunse alla collezione finale, fossero soggetti a due tensioni: venir continuamente usati, quindi trascritti e trasmessi (= tensione centrifuga), ma contemporaneamente vi fosse una forte sollecitudine ed anzi un vero e proprio controllo per restare fedeli al testo originale (= tensione centripeta).
La diffusione (tensione centrifuga)
E in effetti le dinamiche funzionarono bene. La tensione centrifuga si manifestò subito: prima tramite la materia del papiro (giunco fibroso tipico delle paludi) e poi delle pergamene (pelle di animali), i testi sacri furono copiati da scribi o amanuensi, alla luce del sole o delle candele, nelle scuole dei monasteri o delle corti, con penna ed inchiostro, producendo migliaia e migliaia di manoscritti, a formato di rotolo o di codice, fino alla venuta della stampa, alla quale Gutenberg nel 1452 riservò come primo libro proprio la Bibbia.
Fin dall'inizio dunque la Bibbia conobbe una corsa trionfale con milioni e milioni di copie in tutte le nazioni e le lingue del mondo. Ne è nato uno spettacolo grandioso di manoscritti di tutte le forme e scritture (se ne calcolano 5000 per il NT!), alcuni di tempi antichissimi. Ora sono custoditi come pezzi pregiati nelle principali biblioteche del mondo (ad esempio il Codice Vaticano o Codice 13 in Vaticano, il Codice Sinaitico o Codice 5 al British Museum di Londra), con un tasso di antichità e abbondanza di copie, che nessuna opera classica può rivendicare.
La fedeltà (tensione centripeta)
Di tutto questo si occupano delle scienze, come la storia e la critica del testo biblico, dimostrando che a tanta tensione centrifuga (sono state calcolate a 200.000 le varianti per il NT), non mancò fin dall'inizio la tensione centripeta, ossia la cura costante di espungere gli sbagli dei copisti, sia quelli dovuti ad una inevitabile disattenzione umana sia a quelli introdotti, ma sono pochissimi, per cambiare il senso.
Il testo ebraico poté avvalersi del lavoro minuzioso di studiosi come i «masoreti» e trovare conferma regale dai manoscritti trovati a Qumran, monastero giudaico presso il Mar Morto, risalenti al II-I secolo a.C.
Altrettanto per il NT, possiamo assicurare che vi fu sempre una cura vigilante, tanto da determinare una imponente operazione di purificazione o recensione critica da parte di eminenti studiosi cristiani dei primi tempi come Origene già nel sec. III e IV d.C.
Di fatto oggi le edizioni critiche o scientifiche della Bibbia ci confermano la sostanziale fedeltà sia dell'AT che del NT agli originali ebraico e greco, e nei loro minuziosi apparati diventano testimoni eloquenti di un amore immenso e dunque fedele al testo primitivo.
Bisognerà arrivare a movimenti settari ampiamente scoperti, come i Testimoni di Geova per veder cambiare le carte in tavola.
Il modo di citare
Gli antichi scrittori biblici, lo stesso Gesù, citavano rifacendosi al contesto (ad esempio Me 12,26). Poi si perfezionò la modalità mettendo punti e virgole (sec. IX d.C), facendo la divisione in capitoli (da parte di S. Langton, lettore all'Università di Parigi, 1214), finalmente introducendo capillarmente la numerazione in versetti (S. Pagnini, R. Stefano, 1555). Sono divisioni utili, non scientifiche.
Il modo abituale di citare è di porre la sigla del libro, il numero del capitolo e poi dopo la virgola il versetto o i versetti. Esempio Mt 5,3-12 = Matteo e. 5, versetti compresi fra 3 e 12 (sono le Beatitudini).
Riportiamo qui sopra una siglatura tra le più comuni, ricordando però che ogni edizione della Bibbia al suo inizio presenta la propria.
Le traduzioni
Un capitolo da ricordare sono le traduzioni o versioni nelle lingue nazionali, la via necessaria e maestra per un contatto universale con la Bibbia. Sono numerosissime. Alla vigilia del Duemila si calcolano 2500 tra lingue e dialetti che dispongono di una Bibbia o parte di essa.[1]
Ricordiamo le principali:
- nell'antichità, già nel sec. III a.C. l'AT viene tradotto in greco per gli ebrei residenti fuori della Palestina. Si chiama Bibbia dei Settanta (LXX), per il leggendario numero di traduttori. È attraverso i LXX che i primi cristiani praticarono l'AT e lo congiunsero con i libri del NT che stavano producendo;
- merito di S. Girolamo, nel IV sec. d.C., è di aver tradotto in latino sia l'AT che il NT, dando origine alla versione più diffusa nel mondo, da cui il nome di Volgata (o divulgata), praticamente usata fino al Vaticano II;
- con la nascita degli stati moderni, appaiono le traduzioni nazionali. In Italia, ricordiamo la Bibbia Diodati (tra i protestanti) (1607) e la Bibbia Martini (per i cattolici) (1781), tradotta però dalla Volgata. Nel 1971, la Conferenza Episcopale italiana ha prodotto la traduzione italiana ufficiale (La Sacra Bibbia), ora in fase di revisione.
Come strumento di lavoro, vanno ricordate due Bibbie che adottano la traduzione CEI: la citata e ormai celebre Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna (corredata di introduzioni e note della prestigiosa Ecole Biblique della Città Santa) e la Bibbia TOB, LDC, Leumann (ad opera di un valente gruppo ecumenico francese). Una nuova traduzione dall'originale, più vicina al popolo è la Parola del Signore o TILC (= Traduzione interconfessionale in lingua corrente, LDC-ABU, Leumann-Roma, 1976-1985) (è opera in collaborazione ecumenica tra cattolici e valdesi). Sono le tre edizioni più utilizzate in Italia.
Ne aggiungiamo una quarta per chi volesse avere almeno il NT nella lingua originale greca e nella traduzione italiana: MERK A.-BARBAGLIO G., Nuovo Testamento. Greco e italiano, EDB, Bologna 1990; NESTLE-ALAND, Nuovo Testamento. Greco-Italiano, Società Biblica forestiera e britannica, Roma 1997.
NOTA
[1] Merita di essere ricordato il rilevantissimo lavoro di traduzione e diffusione mondiale della Bibbia realizzato dalle Società Bibliche (protestanti) ora in proficua collaborazione con i cattolici (Federazione Biblica Cattolica). La Bibbia diventata segno della nostre divisioni al tempo della Riforma (XVI sec.) diventa oggi provvidenzialmente grazia per la nostra unità. L'incontro con la Bibbia ha di per sé una apertura ecumenica.