Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    La Madre di Gesù era invitata. Da Cana a Gerusalemme: Madre, Sposa e Discepola (cap. 4 di: Nato da donna. Maria, la Madre di Gesù)


    José Miguel Nuñez, NATO DA DONNA. Maria, la Madre di Gesù, Elledici 1998



    Dopo la morte di Giovanni Battista, molto presto si unì al Maestro galileo un buon gruppo di seguaci, povera gente, anawim - poveri di Dio - che anelavano al futuro messianico ravvivato nella loro memoria profetica dal nuovo messaggio di Gesù di Nazaret. Per le strade della Galilea si incominciava a udire, potente, la voce del profeta Giovanni: È giunta l'ora! Una voce grida... Nel deserto preparate una strada al Signore!
    Di Giovanni, il precursore - assassinato da Erode - zittirono la voce, ma non il messaggio. La breccia era aperta e tutto era pronto per l'irruzione in scena di colui di cui Giovanni aveva detto: «Dopo di me viene uno che vi battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco; egli è più potente di me, e io non sono degno neppure di portargli i sandali» (Mt 3,11).

    «CHI È MIA MADRE E CHI SONO I MIEI FRATELLI?»

    È interessante e affascinante scoprire la presenza discreta di Maria di Nazaret nel gruppo di seguaci del figlio. Percorrendo il cammino della fede, la madre accompagna i passi di quel profeta galileo potente nelle opere e nelle parole scrutando in ogni avvenimento il progetto nascosto di Dio di cui lei stessa fa parte in modo rilevante. L'oscurità e l'inquietudine sono parte del bagaglio anche quando sono sostenute da una fiducia indistruttibile in colui che le parlò al cuore e la abbracciò nel soffio dello Spirito.

    «... Pensavano che fosse diventato pazzo»

    Il Vangelo più antico, quello attribuito a Marco, omette i racconti dell'infanzia. È curioso che, inoltre, l'evangelista non ci presenti un'immagine troppo positiva dei «parenti di Gesù» che vennero a cercarlo, quasi all'inizio della sua predicazione, perché pensavano: «È diventato pazzo» (Mc 3,21). Accanto ad essi, poco dopo, Marco colloca i parenti più stretti, comprendenti anche la madre: «La madre e i fratelli erano venuti dove egli si trovava, ma erano rimasti fuori e lo avevano fatto chiamare. In quel momento molta gente stava seduta attorno a Gesù. Gli dissero: "Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e ti cercano". Gesù rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?"» (Me 3,31-35). Ci saremmo aspettati un'altra risposta, non è vero? Il contesto è, naturalmente, poco favorevole alla famiglia di Gesù che risponde un po' disorientato ai suoi parenti. Che significato ha il racconto? Che cosa vuole dirci Marco con tutto ciò?
    È vero che Gesù provoca qualche rottura, ma per comprendere meglio abbiamo bisogno di sollevare lo sguardo e cercare una prospettiva un po' più ampia. L'evangelista vuole aiutarci a capire che Gesù, in effetti, rompe col mondo chiuso e patriarcale degli ebrei, relativizza i legami della carne e del sangue ed esce per incontrare una «nuova famiglia», i dispersi, gli ultimi, che nelle piazze e nelle strade - ci dice il testo - lo circondano chiedendo anelanti una parola nuova che li curi e li guidi, che li sostenga e li incoraggi, che li umanizzi e li liberi. Questa è la nuova famiglia di Gesù, i destinatari del Regno preparato fin dai tempi antichi, oltre i legami della carne e del sangue: coloro che ascoltano la parola e la mettono in pratica. Alcuni versetti più avanti, all'inizio del quarto capitolo, la parabola del seminatore dà la chiave giusta con cui interpretare anche questo testo: «I semi caduti nel buon terreno indicano quelli che ascoltano la Parola, l'accettano e la fanno fruttificare molto» (Mc 4,20).

    «Beata la donna che ti ha generato...»

    Anche Matteo e Luca raccolgono questa tradizione, ma entrambi ammorbidiscono molto la durezza del testo di Marco. È significativo che Matteo, per esempio, non ripeta nella sua catechesi l'indicazione che Gesù «era diventato pazzo», cercando inoltre di eliminare qualunque tensione tra i parenti di Gesù e la comunità cristiana. Nonostante tutto, l'evangelista ripete il riferimento - simile a quello di Marco - ai nuovi legami familiari tra i discepoli del Maestro (Mt 12,46-50): vi è un nuovo tipo di rapporto, quello di coloro i quali - senza avere lo stesso sangue - vivono la parola e seguono le orme di Gesù di Nazaret.
    Anche in Luca, la tradizione sulla famiglia di Gesù ha perso qualche connotato negativo (Le 8,19-21). Fedele ai capitoli precedenti, la figura di Maria viene esaltata anche in questa occasione dalle labbra di una donna del popolo la cui lode sposta l'attenzione dell'evangelista su Maria: «Una donna alzò la voce in mezzo alla folla e gli disse: "Beata la donna che ti ha generato e allattato!". Ma Gesù rispose: "Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica"» (Lc 11,27-28). Come ha meritato la lode di Elisabetta quando, dopo il saluto di Maria, il bambino esultò di gioia nel suo grembo, anche in questa occasione si guarda alla vera grandezza della madre di Gesù: il suo essere credente e discepola. Grembo e seno sono quelli di Maria, la madre che ha generato e nutrito colui che nacque dall'alto. Lei ha ascoltato la Parola, credente e beata, madre e discepola, resto fedele e Figlia di Sion che invita la Chiesa a portare in grembo la Parola in ogni tempo e a darla alla luce «perché abbiano la vita, una vita vera e completa» (Gv 10,10).

    «FATE QUELLO CHE VI DIRÀ»

    «Ci fu un matrimonio a Cana, una città della Galilea...» (Gv 2,1-12). Sicuramente già conosci il testo. Si è soliti proclamarlo nelle celebrazioni mariane. Tanto che quasi non gli prestiamo attenzione perché lo consideriamo «risaputo». È curioso, tuttavia, che si tratti di un testo di marcato accento cristologico. Per Giovanni, la figura di Maria è significativa, soprattutto, per il suo legame col figlio e, pertanto, per interpretare il testo di Cana di Galilea si dovrà tenere presente il continuo intrecciarsi delle due dimensioni - quella cristologica e quella mariologica - nell'elaborata teologia del quarto Vangelo.
    Probabilmente l'autore del testo - a detta di alcuni esegeti - ha ripreso il racconto da una raccolta di miracoli di Gesù. L'evangelista avrebbe dato all'episodio il suo particolare inquadramento teologico apportando elementi caratteristici del suo pensiero. Siamo, quindi, di fronte a un testo assai elaborato e con una finalità teologica ben chiara. Proviamo a cercare le giuste chiavi di interpretazione.
    Ricordi quanto affermato all'inizio del nostro cammino? Il mistero di Maria si comprende solo partendo dal mistero di Cristo. Questa è, giustamente, la prospettiva di Giovanni. La sua preoccupazione nei confronti di Maria è centrata a chiarire il posto che questa donna occupa nel piano di salvezza di Dio. Nel racconto delle nozze di Cana non si può perdere di vista questa prospettiva: Giovanni ci parla del «primo segno» di Gesù in queste «nozze messianiche» in cui Maria, la donna, svolge un ruolo fondamentale.
    Ma di quali nozze si tratta? Sembra chiaro che Giovanni non voglia concentrare la nostra attenzione sulle nozze in sé, sulle quali ci dice molto poco: della sposa non si sa nulla, dello sposo si parla solo in occasione del vino nuovo, degli invitati sono nominati soltanto Gesù, sua madre e i discepoli... a lui infatti interessa poco riferire sulle circostanze dell'avvenimento. L'esegesi più attuale ha puntualizzato in effetti con chiarezza che dalla struttura del testo si può dedurre che i personaggi centrali non sono sicuramente gli sposi, bensì Gesù e sua madre.
    E in più non hanno vino... Che razza di nozze sono queste? D'altro canto, risulta misteriosa la risposta di Gesù a sua madre: «Donna, che vuoi da me? L'ora mia non è ancora giunta» (Gv 2,4).
    Dovremmo studiare a fondo la teologia del quarto evangelista per comprendere bene il complesso vocabolario che appare nel testo: vino, nozze, sposo, ora, segno, gloria, credere... temi importanti nel pensiero di Giovanni, a cui è necessario accostarsi, seppur brevemente, per scoprire l'enorme ricchezza del racconto e il suo legame col mistero di Cristo e di sua madre. La comprensione del segno di Cana di Galilea dirige i nostri passi verso il Calvario e fa fissare il nostro sguardo sulla croce. Anche lì, come qui, incontriamo la madre, testimone del primo segno e addolorata spettatrice degli ultimi momenti. Tutto un arco di fedeltà - seguendo il figlio - che culmina nell'attesa ai piedi della croce, fiduciosa del fatto che Dio non ha ancora detto la sua ultima parola.

    «Donna, la mia ora non è giunta»

    Non è facile trovare delle interpretazioni esaustive di tutti gli elementi del racconto, continuamente studiato da esperti esegeti. Sarà importante, per la nostra comprensione, non soffermarci su elementi «esterni» e cercare di leggere il testo secondo la giusta interpretazione dell'autore: il segno di Gesù Messia e le nozze messianiche.
    Senza dimenticare questa ottica, l'intervento di Maria: «non hanno vino», non è altro che la constatazione - e al tempo stesso un discreto suggerimento - di un fatto che la preoccupa e che attende una risposta. Non avrebbe niente a che vedere con la richiesta di un miracolo da parte di Maria, come se lei fosse al corrente della sua missione messianica, né con un'espressione della sua carità o di qualcosa di simile. Ci sono stati padri della Chiesa che hanno interpretato il testo in chiave allegorica e hanno creduto di vedere in Maria il popolo di Israele che manifestava il suo desiderio di ricevere il vino dei doni messianici. Al di là di queste interpretazioni, crediamo semplicemente che l'intervento di Maria non sia altro che un ponte tracciato verso la risposta di Gesù, centro del racconto, nel tentativo che l'evangelista compie di evidenziare l'importanza del segno e con esso l'arrivo di un ordine nuovo, l'arrivo del Regno.
    Il termine «donna» col quale Gesù si rivolge alla madre va interpretato alla luce dell'uso che l'evangelista fa di questa stessa parola in tutta la sua catechesi. Si riferisce a Maria con lo stesso termine alla fine del libro, nel momento supremo della croce. Unanimi sono le voci che affermano che la parola «donna» ha qui la stessa risonanza che in Gv 19,26: «Donna, ecco tuo figlio». Così da Cana occorre guardare lontano, al Calvario, perché soltanto alla fine il segno di Cana di Galilea potrà essere compreso. Allo stesso modo, la parola «donna» dovrà essere letta con riferimento alla croce, come chi guarda indietro dopo un lungo cammino ed è in grado di scoprire quanto ha camminato. Solamente alla fine si scopre che quei primi passi affaticati hanno avuto un senso.
    Il tema giovanneo dell'«ora» rimanda ed esprime il momento della passione e della resurrezione di Gesù. Ad esso tendono tutti i suoi segni, tutti gli avvenimenti, come il vertice di un cammino che si stringe all'orizzonte e verso il quale convergono tutti i suoi passi. La teologia di Giovanni accentua l'elemento dell'«ora» come il momento supremo dell'itinerario di Gesù, il grande segno, l'unico segno col quale poter interpretare tutti gli altri. In qualche modo già a Cana di Galilea, dove Gesù «fece il primo dei suoi segni», si fissa un appuntamento con la croce quando «giungerà l'ora».
    Perché la risposta inaspettata di Gesù a sua madre? È la domanda che continuano a porsi gli studiosi della Scrittura. La maggior parte degli esegeti attuali sono d'accordo sul fatto che gli interventi di Maria e di Gesù sono su due piani diversi. Maria pensa, da una parte, al vino delle nozze e vuole semplicemente informare Gesù della situazione, con la speranza che possa fare qualcosa. Gesù invece con la sua risposta passa a un altro livello, un livello simbolico. È il passaggio dalla realtà di tutti i giorni alla realtà della fede, del progetto di Dio, della storia della salvezza. Gesù si riferisce a un altro vino e ad altre nozze. L'evangelista colloca Gesù su di un piano superiore, oltre l'episodio in sé: nell'ambito del rivelare, del portare a conoscenza, dello svelare la missione che ha davanti e per la quale è stato mandato: il compimento del tempo, l'arrivo dei doni messianici.

    Il «vino buono» e le «nozze messianiche»

    Il termine «vino» nella tradizione biblica è carico di simbolismo. Un dettagliato studio di A. Serra sul simbolismo del vino nel testo delle nozze di Cana ci fa comprendere che si tratta del simbolo dei beni messianici e, in alcune occasioni, della stessa manifestazione messianica.
    Nella Scrittura troviamo ampi riferimenti a questo dato. Basta che ci avviciniamo ai testi profetici per scoprire che il vino è uno degli elementi più importanti del festino messianico (Am 9,13-14; G12,24; 4,18; Is 25,6); nel Cantico dei Cantici (Ct 1,2.4: 4,10; 5,1) il vino è strettamente legato alla celebrazione dell'unione sponsale, e nella letteratura dei libri sacri si stringe il rapporto tra il vino e la sapienza che lancia il suo invito esclamando: «Venite e mangiate il mio pane, bevete il mio vino aromatizzato» (Prv 9,5). Già nel Nuovo Testamento Matteo si riferisce esplicitamente al vino della nuova alleanza (Mt 9,17). Ricca simbologia, dunque, che ci parla della profezia messianica, orizzonte escatologico, promessa di Dio, doni di pienezza.
    Applicando questa simbologia alle parole di Gesù nel testo di Cana, il «vino buono» non può essere altro che i beni messianici di cui Gesù è portatore e che inaugurano i tempi nuovi. Le vecchie giare di pietra che erano lì per la purificazione dei giudei simbolizzano - d'altra parte - la legge antica, caduca e vuota, e devono essere colmate col vino nuovo del Vangelo, della buona notizia del Messia di Nazaret. È il passaggio dalla legge antica, ormai senza senso nei tempi nuovi, alla Verità che è Gesù (Gv 14,6).
    Già abbiamo sottolineato che l'attenta analisi del testo ci consente di affermare che i due protagonisti del racconto non sono gli sposi, ma Gesù e Maria. Alcune parole di S. Agostino in uno dei suoi trattati che commentano il racconto di Cana lo esprimono alla perfezione: «Lo sposo di queste nozze rappresentava la persona del Signore; è a lui che si dice: "Tu hai conservato il vino buono fino ad ora". Questo vino buono, Cristo lo ha conservato fino ad ora: è il suo Vangelo». Le nozze, simbolo dell'unione sponsale del Signore col suo popolo, acquistano valore simbolico e nuovo nel racconto di Cana. Come dicono alcuni esegeti, Giovanni realizza nella sua costruzione teologica una «trasposizione» di personaggi in queste particolari nozze in cui Gesù è il vero sposo della Nuova Alleanza.

    ... E credettero in lui

    Ma per Giovanni il racconto delle nozze ha anche un altro significato fondamentale: il segno di Gesù per il quale i suoi discepoli «credettero in lui». A Cana Gesù «fece il primo dei suoi segni». Alla luce di quanto abbiamo appena commentato, possiamo capire meglio cosa significa questo inizio dei segni. Cana è il simbolo della nuova alleanza che Dio rinnova con Israele in Gesù di Nazaret, lo sposo del nuovo popolo, che ora incomincia e che arriverà alla pienezza nel mistero pasquale, l'ora che sta per arrivare e che viene anticipata a Cana di Galilea.
    I suoi discepoli credettero in lui. Il segno è stupefacente: il vino è buono e abbondante. Alcuni «non sapevano da dove veniva» (Gv 2,9), ma coloro che «videro il segno» e credettero sapevano da dove viene: viene dall'alto, viene da Dio che attua la salvezza in mezzo al suo popolo e rinnova la sua alleanza in Gesù di Nazaret, l'unico segno.

    Donna, Figlia di Sion, madre e sposa

    Forse ora, dopo aver compreso meglio il testo di Giovanni, siamo in grado di domandarci: che posto occupa Maria nel racconto? Che senso ha per la fede della prima comunità cristiana?
    In primo luogo dovremmo sfatare un equivoco comunemente accettato. Sono numerosi i testi che nella pietà popolare presentano Maria come «intercessore» nel racconto di Cana, vale a dire come colei che ottiene o «strappa» il miracolo a Gesù. Non è questa l'interpretazione che l'esegesi attuale dà al testo di Giovanni. Già si è detto che non è verosimile che Maria chiedesse a Gesù un miracolo e che sembra più probabile l'interpretazione dell'intervento di Maria come «ponte» verso la risposta di Gesù, che è ciò che realmente interessa l'evangelista. È vero che l'intervento di Maria provoca la risposta di Gesù e, di conseguenza, il segno, ma da qui a dedurre la funzione di intermediaria di Maria forse è forzare troppo l'intenzione teologica dell'autore.
    È preferibile cercare di capire la figura di Maria secondo le chiavi teologiche che abbiamo prima descritto e che probabilmente rendono più giustizia al testo. Si tratta, in definitiva, di collocare la figura della madre in un orizzonte più ampio di quello meramente soggettivo e di situarla nell'ambito globale della storia della salvezza.
    Gesù chiama sua madre «donna». Non vi è dubbio che un simile appellativo stupisca in bocca a un figlio che si rivolge alla madre. Ma se proviamo a superare l'aspetto negativo che sembra suggerire questa specie di «rimprovero» di Gesù, forse possiamo vedere con più chiarezza che nuovamente il suo intervento si colloca su un piano diverso. Il contesto è quello della manifestazione del messianismo del figlio, ed è come se l'evangelista ci volesse far capire che il rapporto con sua madre comincia a essere diverso. Non si tratta più soltanto di un legame tra madre e figlio ma, al di là del sangue, Maria svolge un ruolo importante nella storia della salvezza.
    L'esegesi attuale offre due possibili interpretazioni teologiche del termine «donna» in tale contesto. C'è chi identifica senz'altro il termine «donna» con Eva, e pertanto non gli è difficile accedere alla feconda tradizione ecclesiale di «Maria, nuova Eva» per spiegare il significato dell'espressione. Ma sembra che né il contesto di Cana né quello della croce - in entrambi i racconti Gesù si rivolge alla madre con questa parola - ci consentano di dare fondamento a questa spiegazione.
    Al contrario, è preferibile tornare alla categoria «Figlia di Sion» che abbiamo già commentato precedentemente. Infatti, la Sion dei tempi escatologici nella tradizione biblica è stata rappresentata da una donna. Ci sembra più prudente interpretare l'uso dell'espressione «donna» da parte dell'evangelista a partire da questo sfondo storico-salvifico. Così Maria, la donna, sarebbe da identificarsi, nella teologia di Giovanni, con la realizzazione storica della «Figlia di Sion» dell'Antico Testamento, resto fedele, erede delle promesse messianiche e destinataria del «vino nuovo» della nuova alleanza.
    Se accettiamo questa interpretazione teologica, non avremo difficoltà ad accettare anche che in Maria si fondono due piani distinti nel racconto di Giovanni: il piano storico, perché Maria è madre di Gesù, e il piano simbolico, perché la madre è, inoltre, simbolo della «donna», la Figlia di Sion, il nuovo popolo.

    «ECCO TUA MADRE»

    Una conoscenza più approfondita del pensiero teologico di Giovanni ci permette, a questo punto, di capire meglio il filo conduttore che sostiene e orienta tutta la riflessione del quarto Vangelo. Così non sarà possibile, per esempio, interpretare isolatamente l'episodio di Maria e del discepolo amato ai piedi della croce senza considerare lo stretto rapporto di questi versetti (Gv 19,25-27) con alcuni dei temi chiave della struttura teologico-letteraria proposta dall'evangelista, quali l'«ora», la «donna», il «nuovo popolo» o le «nozze messianiche».
    Infatti, la scena ai piedi della croce risulta «parallela» - come abbiamo detto - al testo delle nozze. Già allora abbiamo osservato che Cana era un appuntamento con la croce e che tra Cana e Gerusalemme si tendeva l'arco della fedeltà del Messia di Dio al suo progetto di liberazione. Primo segno, quello delle nozze, comprensibile solo in rapporto al monte e al segno definitivo: la croce. Giunse l'ora decisiva, il momento supremo di dare la vita e di darla completamente. Questo è l'unico segno alla luce del quale dobbiamo interpretare tutta la storia di quel galileo che porta con sé, in abbondanza, un vino nuovo.

    «Tutto è compiuto»

    Due espressioni, in modo particolare, ci aiutano a vedere con maggiore chiarezza il parallelismo tra il racconto delle nozze e l'episodio ai piedi della croce. Infatti, in entrambi i testi appaiono due degli «enigmatici» termini utilizzati dall'evangelista: la «donna» e l'«ora».
    Come l'espressione «donna» applicata a Maria nel testo delle nozze va capita tenendo presente le antiche profezie che facevano riferimento alla Figlia di Sion, allo stesso modo, ai piedi della croce, Gesù chiama Maria «donna». Questa coincidenza, certamente non casuale, ci dice che bisognerebbe interpretare anche questo testo in una prospettiva chiaramente messianica.
    In questo senso, al di là di una lettura semplicemente «misericordiosa» o «filiale» delle parole del crocifisso che affida sua madre ai discepoli, si dovrebbe insistere - soprattutto - sul compimento della missione messianica di Gesù che raggiunge la sua pienezza nell'«ora» segnalata.
    «Gesù, sapendo che tutto era compiuto...» (Gv 19,28). Come è lontano - e allo stesso tempo vicino - quel primo segno a Cana! Il contesto messianico di allora prevale anche in questi versetti nei quali l'evangelista costruisce il suo racconto intorno all'«ora della croce», fonte inesauribile di salvezza da cui sgorga il «vino buono». Ebbene, in questo momento supremo, in cui tutto sembra essere compiuto, Giovanni colloca le parole di Gesù a sua madre e al discepolo amato. In entrambi i personaggi, ai piedi della croce, è rappresentato il nuovo popolo che nasce dalla Pasqua. Letto in questa chiave, è come se il testo ci svelasse che solo dopo questa scena la missione messianica del profeta galileo si può considerare definitivamente completata.

    «Donna, ecco tuo figlio...»

    Ma soffermiamo un po' la nostra attenzione sulle parole di Gesù nei versetti 25-27. Recenti interpretazioni concordano nell'osservare che Giovanni ha usato uno schema teologico- letterario già ripetuto in altri punti del suo Vangelo. È uno schema che è stato chiamato «di rivelazione», e che consiste nel fatto che una persona ne vede un'altra e rivolgendosi ad altri dice a proposito di quella: «ecco...», rivelando a coloro che ascoltano qualcosa relativa a quella persona. Ammettendo questa interpretazione nell'episodio della croce, capiremo che Gesù vuole rivelare al discepolo amato che sua madre sarà anche la madre del discepolo: «Ecco tua madre... Ecco tuo figlio». Chiaramente il termine usato dall'evangelista nel riferirsi a Maria e chiamarla «donna» conferisce al testo una ricchezza ancora maggiore, se consideriamo le forti risonanze che il termine possiede nel contesto storico-salvifico in cui ci muoviamo.
    Così, Giovanni vuol mettere in evidenza un nuovo rapporto tra «madre» e «figlio», rapporto segnato dal sorgere del tempo nuovo, del tempo messianico. Effettivamente, entrambi i personaggi non solo figurano nella riflessione di Giovanni a titolo personale, ma, svolgono una funzione chiaramente rappresentativa. Da una parte il «discepolo amato» - che la tradizione ha abitualmente identificato in Giovanni, sebbene non manchino altre interpretazioni in merito - rappresenta, ovviamente, ogni seguace di Gesù che con fedeltà segue le orme del Maestro per sentieri di verità; nel discepolo amato sono rappresentati tutti coloro che vivono alla luce dello Spirito e hanno accolto con gioia la Buona Notizia del Regno.
    Dall'altra parte Maria, la «donna», nella linea interpretativa che abbiamo seguito, è l'immagine della Figlia di Sion secondo la tradizione profetica. Sulla croce Gesù inaugura la nuova Sion, il nuovo popolo personificato ora dalla Madre del Signore in cui nascono nuovi e numerosi figli. Il contesto si riferisce alla profezia di Isaia a proposito della Sion che eredita le promesse messianiche: «Ascoltate invece questo rumore: viene dalla città, anzi dal tempio, è il Signore che punisce i suoi nemici, come si meritano. Gerusalemme ha fatto nascere un figlio prima ancora di avere i dolori del parto. IIa messo al mondo un bambino prima ancora di avere le doglie» (Is 66,6-7).
    Maria, madre dei discepoli del Figlio, è quindi immagine della Chiesa. Senza dimenticare il significato tipologico che indubbiamente ha la figura di Maria, allo stesso tempo la riflessione ecclesiale fonderà su questi versetti il titolo di «Madre della Chiesa» attribuito a Maria. Vale a dire, da un punto di vista personale - non soltanto tipologico - Maria è Madre di Gesù ed è vista dai credenti come madre di tutta la Chiesa. Secondo la riflessione di Giovanni, Maria sarà, ad un tempo, immagine e madre della Chiesa.
    Ma a questa riflessione, approfondendo il testo biblico, dedicheremo la nostra attenzione più avanti. Dopo esserci soffermati sui principali dati che la Scrittura ci offre su Maria di Nazaret, iniziamo un nuovo passaggio nel cammino che stiamo percorrendo, svelando la riflessione che - sempre approfondendo la Scrittura - la comunità credente ha fatto nel corso dei secoli sulla Madre del Signore; riflessione che - non priva di difficoltà, d'altra parte - è andata configurando la tradizione e articolando la fede dei credenti.


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu