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    Etica dell'azione politica (cap. 4 di: La sfida dell'azione)


    Guido Gatti, LA SFIDA DELL'AZIONE, Elledici 1996


     

    LO STATO E IL BENE COMUNE

    La dimensione sociale della vita umana trova attuazione concreta, come si è visto, in ambiti di convivenza diversi, con diversa ampiezza e diversa intensità di coinvolgimento.
    Si passa così dalla convivenza della famiglia, più di ogni altra intensamente coinvolgente, poiché fondata sui vincoli di una affettività spontanea e profondamente radicata, alle comunità locali, alle libere forme di associazione spontanea, alla convivenza civile a livello nazionale per giungere alla comunità mondiale.
    La dimensione sociale della vita umana trova la più ampia e più comprensiva attuazione concreta nella società civile, sia a livello nazionale che a livello di comunità mondiale.
    La società civile si struttura politicamente nello Stato, che ha la finalità di coordinare, sorreggere, orientare e integrare tutte le altre comunità minori che vivono al suo interno.
    Oggetto specifico della sollecitudine dello Stato è il «bene comune», cioè la realizzazione di quell'insieme di condizioni strutturali della convivenza, che permettano a ogni cittadino la più ampia possibile esplicazione delle proprie qualità e attività umane.
    Fanno parte del bene comune non soltanto il rispetto dei diritti di libertà individuale e l'accesso equo di tutti i cittadini ai beni economici e culturali prodotti dalla comune collaborazione, ma anche la promozione dell'iniziativa autonoma dei singoli, delle famiglie e delle società intermedie: lo Stato non deve sottrarre agli individui e alle società intermedie quei compiti e quegli ambiti di autonomia che esse possono gestire con pari efficacia 'e beneficio sociale.
    Il bene comune peraltro non consiste soltanto nella somma dei beni che ogni singolo cittadino ottiene come quota-parte dalla divisione dei vantaggi prodotti dalla collaborazione sociale, e neppure dal fatto che questa divisione (come pure quella degli oneri richiesti da questa collaborazione) sia equa: tutti questi beni, per quanto importantissimi per la realizzazione di un autentico «bene comune», sono ancora di naturale premorale.
    Il bene comune ha come suo nucleo centrale un bene in qualche modo direttamente morale: la fiducia reciproca e la collaborazione volonterosa tra tutti i cittadini e tra tutti i corpi intermedi della società civile.
    Questa fiducia reciproca può nascere solo dal senso morale di tutti i cittadini e dalla collaborazione volonterosa di tutti i ceti sociali che nessun potere politico e nessuna struttura sociale è capace di produrre e di garantire da sola: l'autorità e le strutture della società avranno il compito di assicurare le condizioni che la rendono possibile, ma essa è il prodotto della qualità morale di tutta la società e dell'impegno di tutti i cittadini.
    Il bene comune è tale non solo perché ricade su tutti i membri della società, ma anche perché è il prodotto del loro impegno comune.
    La promozione di questo bene incombe quindi su ogni cittadino e su ogni corpo intermedio della società civile, come dovere in certo qual modo comprensivo di tutti gli altri doveri sociali.
    Promuovere il bene comune comporta adempimenti molto diversi, che vanno dal rispettare le leggi al praticare la giustizia, dal pagare le tasse all'assumere con onestà e gestire con sollecitudine tutte le eventuali responsabilità civiche, affidate al singolo dalla situazione concreta in cui viene a trovarsi o dalla fiducia delle autorità e dei cittadini. Ma il significato di tutti questi adempimenti è sempre uno solo e consiste nel considerare come bene proprio il bene di una convivenza sociale giusta e pacifica.
    Promuovere il bene comune può richiedere il superamento del proprio interesse immediato. Ma è della natura del bene comune di ricadere, almeno come bene morale della propria autorealizzazione, su coloro stessi cui richiede sacrifici e rinunce.

    AZIONE POLITICA COME PARTECIPAZIONE

    La dignità della persona umana e la natura del bene comune, così come lo abbiamo descritto, esigono che il potere politico all'interno dello Stato sia gestito con la più ampia partecipazione possibile di tutti i cittadini.
    Tutti i membri della società hanno il diritto-dovere di partecipare alla formazione della volontà politica collettiva e alla definizione della concrete esigenze del bene comune.
    Ma questo significa per ogni cittadino il dovere correlativo di partecipare alla vita della società civile, di contribuire a orientare le scelte collettive e a migliorare la qualità umana e il livello di giustizia della convivenza sociale.
    Questo non significa necessariamente la sacralizzazione di una qualche forma di sistema politico a preferenza di altri; ma certo comporta l'affermazione di una istanza di democrazia sostanziale, che deve ispirare le strutture di ogni concreta organizzazione politica dello Stato.
    Del resto la sostanza della democrazia non è garantita in partenza da nessun tipo di istituzione, da nessuna costituzione e da nessuna legge elettorale: la democrazia sostanziale non si esaurisce nel gioco delle maggioranze che prevalgono sulle minoranze, magari in una specie di alternanza reciproca: la democrazia sostanziale consiste nella ricerca dialogale, portata avanti con pazienza e con rispetto reciproco del vero bene comune, al di là degli interessi particolaristici volta per volta prevalenti.
    E questo esige una grande maturità etica collettiva che può essere solo il risultato di una adeguata educazione morale e sociale. Proprio anche in forza della loro fede, i cristiani si sentono chiamati a partecipare responsabilmente allo sviluppo della vita della società civile e alla gestione democratica dello Stato; entrano nelle strutture di partecipazione politica; assumono con onestà e disinteresse i compiti e le funzioni pubbliche che le circostanze concrete in cui vivono affidano loro.
    L'impegno politico del credente non potrà tuttavia ridursi a una forma di militanza politica assorbente, totalitaria fino al punto da esautorare il compito critico della sua coscienza, tanto più che nessuna forma di movimento, azione, progettazione politica può essere fatta valere come immediatamente dedotta dalla fede.
    L'impegno politico esige una sua specifica competenza, la conoscenza delle compatibilità reali che condizionano il successo dell'azione politica. Ma il credente ispira la sua azione politica, oltre che a questa necessaria competenza, soprattutto alle indicazioni della sua fede e della sua coscienza morale.
    Questo non significa che il credente possa dedurre in modo diretto e immediato le scelte politiche contingenti richieste dal suo impegno nella vita sociale e politica dalla visione dell'uomo e del mondo che egli attinge dalla propria fede.
    Tra questa visione di fede (con le indicazioni etiche generali che essa comprende) e le scelte politiche particolari si interpongono le mediazioni necessarie, costituite da analisi storiche, dati delle scienze dell'uomo, ideologie politiche e scelte di movimenti che ne promuovono la realizzazione concreta.
    Il fatto che normalmente operino nel campo dell'azione politica soggetti molto diversi, portatori di
    prospettive politiche ideali e di interessi non facilmente compatibili, comporta la possibilità di conflitti.
    Il credente porterà coraggiosamente avanti i suoi progetti e perseguirà lealmente i suoi ideali; ma terrà nello stesso tempo equamente conto della pluralità delle vedute e degli interessi che entrano di fatto a costituire il tessuto sociale, rispettando queste diversità e utilizzandone tutta la ricchezza e gli aspetti positivi.
    La complessità del tessuto sociale in cui i credenti sono chiamati a operare, la diversità delle loro condizioni sociali e culturali, delle loro particolari appartenenze e solidarietà di gruppo li potranno portare a scelte politiche che, nonostante la comune ispirazione di fondo, risulteranno divergenti (Gaudium et spes 43).
    Questo pluralismo di scelte politiche contingenti sarà compatibile con l'unità della fede solo se queste scelte saranno veramente ispirate al perseguimento del bene comune di tutti gli uomini e coerenti con i valori e i comportamenti richiesti dal Vangelo e dall'insegnamento dei pastori della Chiesa.
    Saranno proprio tali condizioni a reclamare in determinati contesti storici il grave dovere morale dell'unità dei cattolici nelle scelte di fondo, cioè in quelle scelte che mettono in questione principi decisivi e norme portanti della morale umana e cristiana.

    LA COMUNITÀ POLITICA INTERNAZIONALE

    Per molti secoli lo Stato ha rappresentato il vertice della socialità umana organizzata ed è stato perciò a lungo considerato sovrano nel suo ordine, tale cioè da non ammettere altro potere politico al di sopra del suo.
    Oggi i confini fra gli Stati sono sempre più intensamente attraversati dalla circolazione di un flusso di informazioni, influssi culturali, merci, capitali e uomini; l'interdipendenza economica e politica degli Stati si fa ogni giorno più forte e i confini che li separano diventano sempre più labili e anacronistici.
    Molti uomini di buona volontà sognano per un futuro non troppo remoto una comunità politica di dimensioni planetarie, dotata di un unico potere sovranazionale e capace di amministrare una giustizia di dimensioni mondiali e di provvedere al bene comune di tutta l'umanità.
    Forse questo futuro non è ancora così vicino, ma già fin d'ora si impone a tutti gli uomini di buona volontà il problema di una concertazione seria e giusta dei rapporti tra gli Stati sovrani. E un problema reso acuto dai conflitti locali che insanguinano ancora l'umanità, dai rischi connessi alle tensioni tra le grandi potenze e dalle sperequazioni evidenti e crescenti tra i diversi paesi nello sviluppo economico e nella fruizione dei beni della terra.
    Come esiste una giustizia tra le persone, all'interno delle singole comunità nazionali, così esiste e va considerato altrettanto urgente il problema di una giustizia e di una solidarietà tra i diversi popoli e Stati nell'ambito della famiglia umana.
    La fede impegna il credente a vedere un suo fratello in ogni uomo, a qualsiasi popolo appartenga. Egli vive l'impegno politico con una apertura di carità universale, che lo porta a superare ogni confine nazionale e a perseguire obiettivi concreti di bene comune di dimensione mondiale.


    T e r z a
    p a g i n A


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