Giovanni Fedrigotti, NUOVA EVANGELIZZAZIONE CON LO STILE DI DON BOSCO, Inedito 1999
Una semplice parola sulla presente traccia di riflessione. Ne evidenzio semplicemente la struttura che, in qualche modo, raccoglie una esperienza di vita.
Quando ho cominciato a parlare agli educatori - e sono ormai quasi trent’anni - mi sono trovato imbarazzato. Le cose da dire erano sempre molte. Mi sforzavo di fondarle con una sufficiente teologia. Di esprimere una corretta pedagogia salesiana. Di non ignorare alcune acquisizioni psicologiche essenziali, e di non restare all’oscuro di ciò che la sociologia va investigando e proponendo sui giovani. Dio sa se questo mio sforzo sia servito a qualcosa. Io non lo so. Lungo la strada, mi sforzavo di verificarne l’esito. Mi pareva di dire cose vere, che potevano toccare i cuori, ma non ne coglievo il frutto. Mi sembrava di trovare dell’entusiasmo, ma non potevo verificarne la durata. Io stesso mi trovavo in sintonia profonda con le cose, che andavo dicendo, ma in difficoltà a trasmetterle vitalmente. Si sa che “fra il dire e il fare c’è di mezzo… il mare”.
Ma, mi domandavo, non ci sarà un rimedio? Non potrei fare meglio? Lungo la strada, ho cominciato a coltivare alcune attenzioni, che, a mano a mano che procedevo, si confermavano valide. Così, almeno, mi sembrava. Meno scienza e più sapienza. Meno parola dell’uomo e più parola di Dio.
L’esito fu la sempre maggiore e contemporanea presenza dei fili principali, che tessono l’unica storia di salvezza, ed esprimono una particolare grazia di unità.
C’è la “grande storia della salvezza cristiana” - che fonda tutte le altre piccole storie (se mai si può definire “piccola” una storia di salvezza) - che rivela il piano di Dio su tutti gli uomini e ha nella Bibbia il suo documento base. Per essa siamo cristiani.
C’è la “storia salesiana”, che esprime un particolare lineamento della storia della salvezza. Quello per cui il Signore ha suscitato don Bosco, come Padre di un popolo, dandogli una discendenza (di laici e di consacrati, di donne e di uomini) e indicando attraverso di lui - a tutti coloro che sono chiamati a questo cammino - una famiglia di appartenenza, una collocazione nella Chiesa, una precisa missione per la salvezza dei giovani, dotata di una spiritualità, una pedagogia, uno stile pastorale, che è dono dello Spirito Santo alla sua Chiesa. Per essa siamo salesiani e membra vive della Famiglia Salesiana.
C’è la storia viva della Chiesa d’oggi, segnata dal Concilio Vaticano II e da tutto ciò che esso ha messo in movimento nella teologia, nella vita cristiana, nell’impegno laicale, nella visione del mondo e della storia…
Infine c’è la “storia personale” di ciascuno di noi. È l’epifania di una grazia, che ha segnato la storia della nostra famiglia e della sua genealogia. Che s’è fatta grazia matrimoniale nell’amore dei nostri genitori, che ci hanno comunicato la vita del corpo e della fede. E - sotto l’aspetto di molte contingenze apparentemente casuali, di cui solo poco a poco scopriamo l’intimo disegno provvidenziale - ha accompagnato, infine, con una pioggia di doni, la nostra esistenza fino ad oggi.
Le quattro storie sono un’unica storia - così come i quattro Vangeli sono un unico Evangelo - perché uno è lo Spirito che le anima, una è la Chiesa che le celebra, uno è il soggetto che le vive, una è la santità che da esse viene originata.
Le meditazioni che seguono cercano di riproporre questa impostazione. Precede il confronto diversificato con l’uno o l’altro passo biblico. Segue la contemplazione di don Bosco e della sua storia di grazia. Quindi si accenna a un approfondimento teologico-spirituale, in sintonia con la Chiesa d’oggi.
Infine - attraverso una semplice invocazione, che intende far zampillare la vena della preghiera di ciascuno - si suggerisce un’assimilazione personale, pregata davanti al Signore, della intera meditazione. Essa si fa allora contemplazione, rendimento di grazie, richiesta di perdono, proposito e impegno di vita, domanda di fedeltà…