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    10. Essere e vivere in famiglia, «chiesa domestica»


    Dalmazio Maggi, EDUCAZIONE E PASTORALE. Una scelta di Chiesa, Elledici

     

    Capitolo 10
    Essere e vivere in famiglia, «chiesa domestica»


    Alla luce del cammino della Chiesa

    È necessario rileggere le indicazioni della Chiesa, frutto di esperienze vissute e riflessioni convinte, a partire dalla situazione del “ministero-servizio” originale degli sposi proprio in forza del sacramento che hanno ricevuto, cioè in quanto coppia e fami­glia.
    Il matrimonio significa e attua una nuova e parti­colare forma del continuo rinnovarsi dell’alleanza nella storia; specifica la comune e fondamentale vocazione battesimale e ha una diretta finalità di costruzione e di dilatazione del popolo di Dio. Proprio per questo viene chiamato “sacramento sociale”. Il sacramento del matrimonio è ordinato alla salvezza degli altri. Se contribuisce alla salvezza personale, questo avviene attraver­so il servizio degli altri. Esso conferisce una missione particolare nella Chiesa e serve all’edificazione del popolo di Dio.
    È necessario esplicitare il ministero coniugale e rendere più cosciente la famiglia dei suoi compiti. Gli sposi, in quanto ministri del sacramento sono porta­tori di una specifica ministerialità, che si manifesta nella vita della fami­glia (nella fedeltà, fecondità, comunione, educazione) e che li rende vero soggetto protagonista della vita ecclesiale e sociale, in quanto dotati di un carisma particolare.
    La famiglia è il luogo naturale di vita, di nascita, di crescita e di sviluppo della persona umana. È la casa in cui si realizza quell’esperienza vitale specifica che è fondamentale per la strutturazione dell’individuo umano come persona, cioè individuo-in-relazione.
    In ogni giorno di vita, ci si sveglia in casa e in famiglia; poi si parte da casa per andare in altre case, in altri ambienti e luoghi di vita, di studio, di lavoro, di incontro, di svago, di impegno sociale e civile a contatto con tante altre persone, conosciute e sconosciute.
    Al pomeriggio o alla sera si ritorna a casa, per stare in famiglia, con le persone con le quali si ha più intimità, affetto, condivisione di ciò che si è e di ciò che si ha. La famiglia e la casa è lo spazio privilegiato del dialogo su quanto si è vissuto “fuori” di casa; un tempo di riflessione e ripensamento su tutte le voci ascoltate, su tutte le situazioni vissute, su tutte le esperienze fatte.
    La molteplicità delle varie dimensioni in cui si struttura la persona (e cioè quella affettiva, intellettiva, sessuale, morale, sociale e religiosa) costituisce per ogni persona un appello alla ricerca di sintesi e di unità, che garantisca l’adeguata maturità personale, in base al proprio progetto di vita.
    La famiglia è il luogo della verifica, della concretezza degli impegni, la cui solidità è provata nel quotidiano. Quanto più si vive “a gomito a gomito”, quanto più concreto è il ritmo della vita, tanto più grandi sono le esigenze e le difficoltà della vita in famiglia. C’è bisogno di imparare ad accogliere ogni persona, ascoltarla, incoraggiarla, perdonarla e non solo verificare gli orari e programmi di studio e di lavoro, adattare i ritmi di realizzazione degli impegni assunti, ricercare altre possibilità di incontro e di vita.
    L’amore in famiglia è un’arte che si impara alla scuola gli uni degli altri, ma soprattutto alla scuole della “santa famiglia”, alla scuole di Gesù, il Signore.
    Nella concretezza della vita di famiglia si costruisce la comunione, diventando famiglia che ascolta e annuncia la parola del Signore, che prega e celebra le meraviglie del Signore, che condivide e si mette a servizio.

    Famiglia che ascolta e annuncia il vangelo

    L’annuncio del Vangelo è affidato alla coppia e alla famiglia cristiana.
    Le modalità di annuncio sono straordinarie. Con il sacramento del matrimonio gli sposi partecipano del vissuto di Cristo e lo possono esprimere mediante le loro persone nelle loro vicende nuziali/familiari; possono dare volto e storia alla parola del Signore nella loro vita quotidiana e concreta.
    Nella “Lettera alle famiglie” il Papa afferma che la famiglia stessa è il grande mistero di Dio. Come “chiesa domestica” essa è la “sposa di Cristo”. La Chiesa universale, e in essa ogni Chiesa particolare, si rivela più immediatamente come sposa di Cristo nella “chiesa domestica” e nell’amore in essa vissuto: amore coniu­gale, amore paterno e materno, amore fraterno, amore di una comunità di persone e di generazioni.
    È un evangelizzare a livello di “essere” prima ancora che dell’“operare”. La vita cristiana degli sposi deve perciò essere un’evangelizzazione cre­dibile ed efficace. Essa si pone nella lunghezza d’onda del vissuto di tutti gli uomini e donne, parla con la vita e il linguaggio della sponsalità e della famiglia comprensibile a tutti. E per questo che la parola centrale della rivelazione, “Dio ama il suo popolo”, viene pronunciata anche attra­verso le parole vive e concrete con cui l’uomo e la donna si dicono il loro amore coniugale (cf FC 12).

    Famiglia che prega e celebra le meraviglie del Signore

    Il Papa ricorda che “anche la famiglia cristiana è inserita nella Chiesa, popolo sacerdotale: mediante il sacramento del ma­trimonio, nel quale è radicata e da cui trae alimento, essa viene continua­mente vivificata dal Signore Gesù, e da lui chiamata e impegnata al dialogo con Dio mediante la vita sacramentale, l’offerta della propria esistenza e la preghiera. È questo il “compito sacerdotale” che la famiglia cristiana può e deve esercitare in intima comunione con tutta la Chiesa, attraverso le realtà quotidiane della vita coniugale e familiare: in tal modo la famiglia cristiana è chiamata a santificarsi cd a santificare la comunità ecclesiale e il mondo” (cf FC 55).
    Bisogna fare attenzione ad una espressione illuminante della “Familiarisi Consortio”: “Il matrimonio cristiano… è in se stesso un atto liturgico di glorificazione di Dio in Gesù Cristo e nella Chiesa” (cf FC 56). In quest’ottica prende significato particolare educare alla pre­ghiera e trasformare tutta la vita in sacrificio spirituale.

    Alcune convinzioni di fondo

    * Tutti i momenti della vita sono importanti
    Per la spiritualità cristiana, basata sul movimento dell’Incarnazione di Dio in Gesù, fatto sconvolgente nella storia dell’umanità, tutti i momenti della vita sono importanti perché rispondono in modi diversi alle esigenze e ai bisogni fondamentali di crescita sul piano fisico, sul piano intellettuale, affettivo e sociale e sul piano spirituale e religioso.
    Gesù con la sua vita ci ha insegnato che il luogo principale per incontrare il Signore della vita è incontrarlo in ciò che è vita, in ciò che umano, in ciò che pensa, dice, ama e fa l'uomo, nella sua vita quotidiana, che è tensione a crescere in armonia con se stessi, con gli altri, con le cose e quindi con il Signore creatore delle cose e Padre degli uomini.
    Ecco il modo cristiano di fare esperienza di Dio, perché Dio in Gesù si è fatto "il Dio con noi" ed è presente e si “manifesta” nelle persone, nei piccoli e negli ultimi, cioè in tutti. Chi allora vuol fare esperienza di Dio è chiamato a fare anzitutto esperienza dell'uomo. Di Gesù è stato affermato che "ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo". Ciò significa che tutto ciò che appartiene autenticamente all'uomo e alla sua vita è luogo di incontro con il Signore.
    È possibile capire la portata di questa affermazione se si è disponibili a fare un passaggio da una visione della vita fatta a compartimenti stagno e di momenti separati, con tanti intervalli, a una visione della vita animata dallo Spirito del Signore, che è unità e integralità.
    Tutti i momenti della giornata, dal mattino fino alla sera: di vita familiare, di socializzazione, di studio, di riflessione, di spiritualità, di celebrazione... vanno collegati esplicitamente tra di loro da un filo conduttore, che serve da punto di riferimento ideale: vivere la vita in pienezza!

    * La preghiera cristiana è un incontro attraverso i “segni”
    Il Signore è invisibile, non lo si incontra mai "a tu per tu", ma solo attraverso i "sacramenti, "segni visibili ed efficaci della grazia", che non sono solo i "sette" sacramenti. Il primo sacramento è Gesù. L'uomo Gesù è il sacramento in cui Maria, Giuseppe, Pietro, Giovanni e altri apostoli hanno incontrato Dio invisibile. Quando facciamo esperienza di Dio nel fratello, questo è per noi "sacramento" di Dio.
    La preghiera cristiana è il prolungamento della spiritualità della passione per la vita; è una preghiera del quotidiano. Ognuno è chiamato a scoprire il suo modo personale di rapportarsi con se stesso, con gli altri e quindi con il Signore, di riflettere sul perché delle cose, di contemplare le persone alla luce di un Creatore che è Padre. In questo rapporto personale "a tu per tu" con il Signore noi siamo aiutati dai santi che hanno inventato modi originali di pregare.
    La fantasia del cristiano, che prega, è senz'altro "ripiena di Dio", ma proprio per questo è piena anche dei suoi problemi, delle persone che incontra, che ama, con le quali vive. E' anche vero la controparte: il lavoro, le discussioni, la scuola, lo stare con le persone, giovani e adulte, è la manifestazione di questa pienezza di Dio. Il cristiano prega e studia, prega e lavora, prega e gioca, perché lo muove dal di dentro una forza di amore, che è l'anima sia della preghiera (un segno di croce, una invocazione...) sia dell'azione (una lezione, un lavoro, una partita...)

    * Una dinamica: dalla vita... a confronto con il Signore della vita… alla vita
    Ogni momento della giornata, anche se limitato nel tempo (per es. stare insieme in famiglia, giocare e riflettere insieme, un incontro con gli amici, un allenamento, una celebrazione...) viene sempre vissuto e animato con una dinamica basata su tre passaggi.
    - dalla vita: si parte sempre tenendo presente ciò che si sta facendo e vivendo, quanto si sta sperimentando. Cioè si parte sempre dalla vita, fatta anche di piccole cose, che non sempre sono condivise da tutti, ma sempre sono fondamento di quel che diciamo e facciamo.
    - a confronto: poi ci si confronta con un patrimonio di vita, quanto ha fatto e detto Gesù, le esperienze di altri, che prima di noi hanno affrontato gli stessi problemi e li hanno risolti in modi vari, alcuni più riusciti altri meno. Punto fondamentale su cui poggia questo confronto è la persona dell'adulto, del genitore e dell'educatore, che ha il compito di inserire la situazione presa in considerazione in una storia che viene da molto lontano e di cui è narratore entusiasta. È importante stimolare le persone a scoprire in sé stessi capacità e potenzialità non ancora completamente conosciute e riconosciute e che sono doni da valorizzare.
    - alla vita: infine si ritorna alla vita, ad altri momenti della giornata, ma con più convinzioni e motivazioni, con una carica in più che favorisce incontri, riflessioni ed esperienze da vivere con più coscienza e partecipazione.
    Tra le situazioni che cambiano profondamente la vita degli uomini, è bene ricordare quelle che ognuno incontra e che lo obbligano a “voltare pagina”. La realizzazione di una vita più volte esige di abbandonare ciò che si era. Solo a questo prezzo si delinea un nuovo orizzonte, l’avvenire si apre a nuove possibilità sia sul piano fisico che su quello psicologico, sociale e spirituale.
    Gli appuntamenti della vita che sono tenuti presenti sono: la nascita di un bambino, il battesimo, l’ingresso nella scuola, la riconciliazione e l’eucaristia, la fine dell’infanzia, l’adolescenza, la cresima: sono avvenimenti che contrassegnano i primi anni di vita. Occorre saper passare dall’avvenimento umano al mistero pasquale.

    Lo stile del “passaggio” in famiglia

    La vita in famiglia è un continuo “passaggio”: passare dall’essere coppia “sola” a quello del papà e della mamma con “un” figlio, che viene battezzato “figlio di Dio”; passare dal mondo familiare del bambino a quello della scuola e della comunità credente, celebrando la riconciliazione e l’eucaristia; passare dalla fanciullezza all’adolescenza, celebrando la confermazione; passare dalle elementari alle medie e da queste al liceo; entrare nella vita studentesca e professionale con l’autonomia che comporta; integrarsi a una società; cambiare professione, mondo sociale; celebrare il matrimonio; vivere un momento di sofferenza e assistere un malato; andare in pensione…: sono altrettanti rischi di rinunciare a vivere, di ripiegarsi nelle proprie nostalgie sia umanamente che spiritualmente…
    Aiutati dall’annuncio del Vangelo, in queste situazioni i cristiani scopriranno momenti “forti” per vivere la comunione con il Signore morto e risorto. Faranno molto di più che voltare le spalle a un passato, con tutte le fedeltà e rotture che ne conseguono. Vivranno un momento intenso di culto spirituale con cui si donano al Signore perché si compia in essi e, in un certo modo, nelle loro famiglie o nel loro ambiente, il mistero pasquale.
    Aperto dall’annuncio evangelico a queste grandi prospettive, il cristiano ha una necessità particolare della celebrazione: anche se illuminate dalla fede, queste cose non si vivono per forza di volontà, ma si ricevono come un dono. La celebrazione rende possibile tutto ciò.

    Benedire il Signore nella vita quotidiana in famiglia

    Sull’esempio dei credenti della Bibbia, i cristiani sono invitati a rendere grazie per tutte le cose e a benedire il Signore in ogni circostanza. Anche se non si devono ritualizzare i singoli gesti della giornata, è conveniente però guardare tutta la realtà e ogni persona con gli occhi della fede. A questo scopo, alcune benedizioni quotidiane esprimono in modo esplicito il rapporto che tutte le cose hanno con il Signore.

    Famiglia che condivide e si mette a servizio

    La dimensione di servizio è segnata per il sacramento del matrimonio da una modalità e da un contenuto specifico nel loro essere dono per la Chiesa e la società.
    È interessante notare che la famiglia, fonte e luogo di comunione è chiamata a svolgere il suo compito simultaneamente nella comunità ec­clesiale e civile esprimendo così la coincidenza perfetta tra identità (cristiana, ecclesiale) e la missione (l’essere nel mondo, nel territorio). In questo suo compito la famiglia non ha bisogno di tempi o di ruoli partico­lari, ma è “missione” semplicemente manifestando e partecipando ciò che è.
    Nel Direttorio di pastorale familiare si afferma che per la famiglia cristiana la partecipazione alla vita della società affonda le sue radici nella stessa grazia del sacramento del matrimonio, il quale, assumendo pienamente la realtà umana dell’amore coniugale, abilita e impegna i coniugi e i genitori cristiani a vivere la loro vocazione di laici, e pertanto a cercare il “regno” di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Di conseguen­za il compito sociale e politico della famiglia cristiana rientra in quella missione di servizio, alla quale gli sposi cristiani partecipano in forza del sacramento del matrimonio, ricevendo a un tempo un comandamento ai quali non possono sottrarsi e una grazia che li sostiene e li stimola (cf n.163).
    È bene tener presente un altro elemento, che può diventare strumento di pastorale, luogo di condivisione e di servizio: la casa.
    Le case delle famiglie cristiane dei primi secoli erano il luogo dell’incontro, della costruzione di relazioni cristiane, di conversione di pa­renti e amici, fino alle celebrazioni dell’eucaristia. Oggi le case rischiano di essere supercurate per se stesse e non per la preziosità del sacramento che vi “abita”. Vengono benedette, sono talora incontro per gruppi fami­liari ma raramente sono il luogo della “buona notizia”, della comunicazio­ne e testimonianza di fede, della dimostrazione di fraternità e amicizia.
    La casa, pur piccola, va riportata nel vissuto della famiglia cristiana e della comunità parrocchiale ad essere “strumento pastorale”, mezzo per l’edificazione del “regno” di Dio. “Nel nostro tempo, così duro per molti, quale grazia essere accolti in questa piccola Chiesa, secondo le parole di San Giovanni Crisostomo, entrare nella sua tenerezza, scoprire la sua maternità, sperimentare la sua misericordia, tant’è vero che un focolare cristiano è il volto ridente e dolce della Chiesa!” (Paolo VI).

     


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