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    Un faro per la Chiesa di papa Francesco: il fratello universale Charles de Foucauld


    Santi giovani e giovinezza dei Santi /11

    Maria Roher - Tunisi

    (NPG 2021-06-66)



    Nell'antichità il Nord Africa, conosciuto oggi come il Maghreb, era una sorta di Mecca del cristianesimo con una potente e cosmopolita città commerciale, come Cartagine, che sembra sia stata la patria della prima comunità cristiana. Il Nord Africa ha dato al cristianesimo tre grandi figure: Tertulliano (155-220), San Cipriano (210-258), Sant'Agostino (354-430), così come tre papi, Vittore I (189-199), Milziade (311-314) e Gelasio I (492-496). Dal 646 sono iniziate le invasioni arabo-musulmane. A poco a poco, nel corso di diversi secoli, il Maghreb si è arabizzato, islamizzato. Dal VII al XII secolo, il sempre difficile rapporto musulmano-cristiano, costituito principalmente da reciproche esclusioni, ha però vissuto alcuni eventi fraterni. Il periodo coloniale ha poi permesso una nuova presenza cristiana che, prima di Nostra Aetate, ha risvegliato il rapporto islamico-cristiano.
    Il beato Charles de Foucauld
    (1858-1916) seguì le orme delle grandi figure magrebine come apostolo dei "semi del Vangelo nella terra dell'Islam" attraverso la sua eccezionale vocazione di "fratello universale", come ricordato nella Populorum Progressio e, possiamo ben dirlo, in piena sintonia con la recentissima enciclica Fratelli tutti di papa Francesco. Ne facciamo un profilo, servendoci soprattutto di alcuni suoi scritti.

    Una giovinezza senza Dio

    Nato nel 1858 in una famiglia cristiana, Charles perse i genitori all'età di cinque anni. Fu accolto e molto amato da nonno e dalla sua famiglia. Ma da giovane, lasciato a se stesso, dimenticò la fede e non credeva più in nulla. Il gusto dello studio si cambiò in quello di una vita facile: "Sono rimasto 12 anni senza negare nulla e senza credere a nulla, disperando della verità, e nemmeno credendo in Dio, nessuna prova mi sembrava abbastanza ovvia… a 17 anni dentro di me vi era solo egoismo, vanità, cattiveria e desiderio di male, ero come impazzito… Mi trovavo nel buio della notte. Non vedevo più né Dio, né gli uomini: vedevo solo me stesso”.
    Entrato in una scuola militare, nonostante un’espulsione per cattiva condotta, ne uscì a 20 anni come ufficiale, ma l'ultimo della sua classe. Sarà un soldato disilluso, ribelle, spendaccione: "Dormo a lungo. Mangio molto. Non penso molto”. Faceva collezione di cuori femminili.
    Nell’ottobre del 1880 fu inviato in Algeria, paese che gli piacque molto e i cui abitanti suscitarono il suo interesse. Dopo un’altra esperienza militare in Tunisia, nel gennaio 1882 si ritrovò di nuovo in caserma. “Detesto la vita in guarnigione… preferisco di gran lunga approfittare della mia giovinezza viaggiando”. Nel gennaio 1882 si dimise o, forse meglio, venne radiato per disobbedienza, vista anche la sua inaccettabile convivenza con una donna.

    Esploratore segreto in Marocco (1882-1886)

    Lo stesso anno in accordo con la Società geografica francese esplorò le terre sconosciute del Marocco. Il contatto quotidiano con le persone durante questo viaggio di 3.000 km diventò il catalizzatore del suo futuro. La fede dei credenti musulmani gli risvegliò una fonte della sua spiritualità sepolta: "L'Islam ha prodotto in me un profondo sconvolgimento”.
    Si stabilì ad Algeri per preparare i suoi viaggi. Imparato l’arabo e l’ebraico, partì per il Marocco in compagnia di un ebreo: “Nelle terre del sultano l’europeo può muoversi liberamente e senza pericoli, ma nel resto del Marocco non può entrare se non travestito e mettendo in pericolo la sua vita… mi sono fatto passare per un ebreo… Per il musulmano ero un rabbino mendicante che chiedeva di città in città; per l’ebreo ero un rabbino pio venuto in Marocco… per informarsi sulla condizione dei suoi fratelli”.
    Durante il cammino segretamente scriveva tutto ciò che vedeva: “Appena arrivavo in un villaggio in cui era possibile avere una camera appartata, completavo i miei appunti e li ricopiavo su dei taccuini, che formavano il mio diario di viaggio. Dedicavo le notti a questa occupazione”. Per 11 mesi Charles ricevette spesso ingiurie e sassate. Più volte rischiò la pelle. Finalmente a fine maggio 1884 arrivò al posto di frontiera con l’Algeria a piedi nudi, magro e sporco. Il mondo scientifico dell’epoca esultò per il successo dell’impresa: una vera esplorazione per migliaia di km. in un paese pressoché sconosciuto.

    La conversione (1886-1890)

    Sfidato dall'Islam, tornò in famiglia a Parigi nel 1886, alla ricerca della religione cattolica del suo battesimo. Venne conteso dai salotti dei ricchi, ma si rifiutò: “Dopo 6 mesi trascorsi a stampare gli scritti del mio viaggio in Marocco… ho cominciato ad andare in chiesa, senza credere, trovarmi bene solo lì e passare lunghe ore ripetendo questa strana preghiera: «Mio Dio, se esisti, fammi sapere»”.
    Si rivolse all’abate Huvelin per chiedergli lezioni di religione: “mi ha ordinato di mettermi in ginocchio e di confessarmi, di andare a ricevere la Comunione seduta stante... Se c’è gioia in cielo per un peccatore che si converte, ce ne è sicuramente stata quando sono entrato nel confessionale”. Nella chiesa di Sant'Agostino a Parigi, l'abate gli rivelò quel Gesù Cristo che aveva cercato invano per tanto tempo: "Non appena ho pensato che ci fosse un Dio, ho capito che non potevo fare altro che vivere per lui".
    Come non essere toccati dalla somiglianza con Sant'Agostino convertito a Milano: "Eri più intimo dell'intimità di me stesso, e superiore alle vette di me stesso"? Come non ricordare un’altra conversione, lo stesso anno, ancora a Parigi, il giorno di Natale a Notre Dame, quella di Paul Claudel: "In un istante il mio cuore è stato toccato e ho creduto!"?
    Con il consenso dell’abate, dopo tre anni, Charles andò in pellegrinaggio in Terra Santa e ne rimase affascinato: “Ho voglia di condurre la vita che ho intravisto, percepito camminando per le vie di Nazareth, dove Nostro Signore, povero artigiano perso nell’umiltà e nell’oscurità, ha appoggiato i piedi”.

    Monaco Trappista (1890-1897)

    Si sentì chiamato a lasciare tutto per seguire Gesù e nel gennaio 1890 entrò in un’abbazia trappista in Siria. Era felice, imparava molto, riceveva molto. Ma gli mancava qualche cosa: “Mi sono chiesto se non ci fosse un modo di cercare qualcuno con cui formare un inizio di piccola congregazione… Lo scopo sarebbe quello di condurre il più fedelmente possibile la vita di Nostro Signore, vivendo soltanto del lavoro manuale e seguendo alla lettera tutti i suoi consigli... Aggiungere a questo lavoro molta preghiera, formare solo dei piccoli gruppi, espandersi ovunque, ma soprattutto nei paesi infedeli, così abbandonati”.

    Eremita nella terra di Gesù (1897-1900)

    Nel gennaio 1897 il Superiore Generale dei Monaci Trappisti gli annunciò che poteva andare a Nazareth, dalle suore Clarisse come ortolano e giardiniere. Vi andò, ma i suoi interessi erano la preghiera: “Il buon Dio mi ha fatto trovare ciò che cercavo: l’imitazione di ciò che fu la vita di Nostro Signore Gesù nella stessa Nazareth... In questa capanna di legno, ai piedi del tabernacolo delle Clarisse, nelle mie giornate di lavoro e nelle mie nottate di preghiera ho così tanto di quello che cercavo che è chiaro che il buon Dio mi aveva preparato questo posto”.
    Si mise a redigere “una regola molto semplice proprio per dare a qualche persona pia il desiderio di una vita di famiglia attorno all’Ostia Consacrata… La mia regola è così strettamente legata al culto della Santa Eucarestia che è impossibile che molti la osservino senza che ci siano un prete e un tabernacolo; solo quando sarò diventato prete sarà possibile avere un oratorio attorno al quale riunirsi e solo allora potrò avere qualche compagno“.

    Sacerdote in Francia (1900)

    Nell’agosto del 1900 rientrò in Francia per studiare e in un anno si fece sacerdote: “Mi sono sentito chiamato ad andare verso le «pecore perdute»… Sapendo per esperienza che nessun popolo è più abbandonato dei musulmani del Marocco, del Sahara algerino, ho chiesto e ottenuto il permesso de venire a Béni Abbès, piccola oasi del Sahara algerino ai confini con il Marocco”. Voleva "piangere il Vangelo per tutta la mia vita" piuttosto che declamarlo sui tetti: "Voglio che tutti gli abitanti mi guardino come il loro fratello, il fratello universale".

    In Algeria (1901-1904)

    A fine ottobre 1901 arrivò a Béni Abbès: “Gli indigeni mi hanno accolto benissimo; entro in relazione con loro cercando di far loro un po’ di bene…I militari hanno iniziato a costruire per me una cappella, tre stanzette e una camera per gli ospiti… Voglio abituare tutti gli abitanti della terra, a considerarmi come loro fratello, il fratello universale… Iniziano a chiamare la mia casa la “Fraternità».… Ad ogni istante qualcuno bussa alla porta…Dalle 4.30 del mattino alle 20.30 della sera, non smetto di parlare, di vedere gente: schiavi, poveri, ammalati, soldati, viaggiatori, curiosi”.
    In questa regione Charles scopre la schiavitù e ne è scandalizzato. Cercò di opporsi al fenomeno, ma poté liberare solo pochi di quelli che arrivavano a scavalcare il muretto dell’eremo.
    Nel 1902 portò a compimento una Regola per quegli uomini e quelle donne che avrebbero unirsi a lui e secondo la quale egli viveva: “Pregate Dio perché io faccia qui l’opera che mi ha chiesto di fare: che io vi stabilisca un piccolo convento di monaci ferventi e caritatevoli, che amano Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi...”. Ma i fratelli non arrivavano: troppo pericoloso per gli europei. Sentire il richiamo di dover essere un fondatore e non poterlo essere, aspettare compagni di una vita intera senza vederne uno: quale prova per Charles!

    Fra i Tuareg (1904-1916)

    Nel giugno del 1903, il vescovo del Sahara trascorse qualche giorno a Béni Abbés. Arrivava da sud, dove aveva reso visita ai Tuareg. Charles si sentì attratto da questo popolo che viveva nel cuore del deserto. Non c’erano preti disposti a recarsi laggiù e lui invece lo era.
    Nel 1905 fratel Charles di Gesù, come aveva iniziato a firmarsi, si trasferì a Tamanrasset, a sud dell'Algeria: “Risiedo qui, solo europeo… Felice di essere solo con Gesù, solo per Gesù… Risiedere solo in questa terra è cosa buona; si fanno delle attività, ma senza fare grandi cose, perché si diventa «del luogo» … Oggi provo la gioia di riporre – per la prima volta nella terra dei Tuareg – la Santa Eucarestia nel Tabernacolo… Che sia il preludio di molti altri. Il tempo che non trascorro a camminare o a pregare, lo dedico a studiare la loro lingua… Ho appena terminato la traduzione dei Vangeli in lingua Tuareg. E’ per me una grande consolazione che il loro primo libro siano i Vangeli”.
    Lavorava molto con la penna: “Il Dizionario abbreviato è terminato e la stampa inizierà fra qualche giorno. Il Dizionario dei nomi propri dovrebbe essere finito per il 1914 insieme al Dizionario Tuareg-Francese più amplio. Penso di terminare nel 1916 la raccolta di Poesie e Proverbi e nel 1917 i testi in Prosa. La grammatica sarà per il 1918”
    Dovette lottare contro lo scoraggiamento: “Domani, dieci anni da quando celebro la Messa nell’eremitaggio di Tamanrasset! E non un solo convertito! Bisogna pregare, lavorare e avere pazienza…Sono persuaso che ciò che dobbiamo cercare per gli indigeni delle nostre colonie non sono né una rapida assimilazione, né una semplice associazione, né una loro unione sincera con noi, ma il progresso…: il progresso deve essere intellettuale, morale e materiale”.
    Si ammalò per la siccità che colpì la zona nel 1907: furono gli abitanti a prendersi cura di lui. L’anno seguente tornò per poco tempo in Francia, allo scopo di trovare persone con cui condividere il suo ideale. Non trovò ascolto e così riprese la sua vita di lavoro, preghiera e ascolto in Africa. Gli mancava solo un compagno per celebrare l'Eucaristia in comunità.
    Gli echi della prima guerra mondiale, intanto, cominciarono a farsi sentire anche laggiù. Fratel Charles, alla proposta di allontanarsi, rispose negativamente. Accettò piuttosto di trasferirsi in un fortino più sicuro. Ma il 1° dicembre 1916 sequestrato fu ucciso (quasi per errore).
    Charles de Foucauld: ancora una volta un santo la cui giovinezza scapestrata non lasciava presagire che Dio l’avrebbe chiamato a farsi santo… e santo da altare! La sua influenza è cresciuta costantemente nel corso degli anni. In tutto il mondo, gruppi di suore, sacerdoti e laici vivono dello spirito di Nazaret. "Nazareth può vivere con tutti e ovunque". Quasi un secolo dopo, i cristiani del 2020, abitanti nei paesi del Maghreb, vivono di questa spiritualità di presenza, visita, relazione, testimonianza di vita, motivati dalla loro fede in Gesù Cristo.


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