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    Da chi andremo?

    José A. Pagola

    dachiandremo

    In quel tempo, molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
    Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
    Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
    Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».(Giovanni 6,61-70)

     

    Perché restiamo?

    In questi anni si sono moltiplicati gli studi sulla crisi della religione cristiana nella società moderna. Tale lettura è necessaria per conoscere meglio alcuni dati, ma risulta insufficiente per discernere quale debba essere la nostra reazione. L'episodio narrato da Giovanni ci può essere di aiuto per interpretare e vivere la crisi con profondità più evangelica.
    Secondo l'evangelista, Gesù riassume così la crisi che si sta creando nel suo gruppo: «Le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». È vero, Gesù infonde in coloro che lo seguono uno spirito nuovo: le sue parole comunicano vita, il programma che propone può generare un movimento capace di orientare il mondo verso una vita più degna e piena.
    Non è però per il semplice fatto di essere nel suo gruppo che è garantita la fede. Ci sono quelli che oppongono resistenza al suo spirito e alla sua vita. La loro presenza nel movimento di Gesù è apparente; la loro fede in lui non è reale. La vera crisi all'interno del cristianesimo è sempre quella: crediamo o non crediamo in Gesù?
    Il narratore dice che «tornarono indietro e non andavano più con lui». Nella crisi si rivelano quelli che sono i veri discepoli di Gesù. L'opzione decisiva è sempre la stessa: chi torna indietro e chi resta con lui, identificandosi con il suo spirito e la sua vita? Chi è a favore e chi è contro il suo progetto?
    Il gruppo comincia a farsi più esiguo. Gesù non si irrita, non giudica nessuno, pone solo una domanda a quelli che sono rimasti con lui: «Volete andarvene anche voi?». È la domanda che oggi viene fatta a noi, che continuiamo a rimanere nella Chiesa: che cosa cerchiamo? Perché siamo rimasti? È per seguire Gesù, accogliendone lo spirito e vivendo secondo il suo stile? È per lavorare al suo progetto?
    La risposta di Pietro è esemplare: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna». Quelli che restano devono farlo per Gesù, solo per Gesù, per nient'altro. Si impegnano con lui. L'unico motivo per restare nel suo gruppo è lui, non ce ne sono altri.
    Per quanto dolorosa possa sembrarci, la crisi attuale sarà positiva se noi che restiamo nella Chiesa, molti o pochi, diverremo discepoli di Gesù, vale a dire, uomini e donne che vivono delle sue parole di vita.

    Parole piene di spirito e vita

    Nella società moderna viviamo assillati da parole, comunicati, immagini e notizie di ogni tipo. Non è più possibile vivere in silenzio. Annunci, pubblicità, notiziari, discorsi e dichiarazioni invadono il nostro mondo interiore e il nostro ambito domestico.
    Questa «inflazione della parola» è penetrata anche in alcuni settori della Chiesa. Oggi noi ecclesiastici e teologi parliamo e scriviamo molto, forse più che mai in precedenza. La domanda che dobbiamo farci è semplice: che cosa coglie la gente in quello che diciamo? Parole «piene di spirito e vita», come erano quelle di Gesù, o parole vuote?
    Nel corso degli anni ho sentito molte critiche alla predicazione della Chiesa. Siamo accusati di poca fedeltà al van-
    gelo, di mancanza di attenzione al magistero, di essere alleati dell'ideologia politica di questo o di quel segno, di poca apertura alla modernità... Immagino che non pochi che si allontanano oggi dalla Chiesa vogliano sapere se, almeno per noi, le nostre parole significano qualcosa.
    La parola di Gesù era diversa, nasceva dal suo stesso essere, scaturiva dal suo amore appassionato per il Padre e per gli uomini. Era una parola credibile, piena di vita e di verità. La reazione spontanea di Pietro è comprensibile: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna».
    Molti uomini e molte donne di oggi non hanno mai avuto la fortuna di ascoltare con semplicità e in maniera diretta le parole di Gesù. Il suo messaggio è giunto loro molte volte sfigurato da troppe dottrine, formule ideologiche e discorsi poco evangelici.
    Uno dei servizi più grandi che possiamo offrire nella Chiesa è quello di mettere la persona e il messaggio di Gesù alla portata degli uomini e delle donne dei nostri giorni, di metterli in contatto con la sua persona. La gente non ha bisogno di ascoltare le nostre parole, ma le sue: solo esse sono «spirito e vita». È sorprendente vedere che, quando ci sforziamo di presentare Gesù in modo vivo, diretto e autentico, il suo messaggio risulta più attuale di tutti i nostri discorsi.

    Volete andarvene anche voi?

    Il mondo in cui viviamo non può più essere considerato cristiano. Le nuove generazioni non accettano facilmente la visione della vita che prima era trasmessa dai padri ai figli per via di autorità. Le idee e le tendenze predominanti nella cultura moderna sono molto lontane dall'ispirazione cristiana. Viviamo in un'epoca «post-cristiana».
    Ciò significa che la fede non è più «qualcosa di evidente e naturale». Ciò che è cristiano è sottoposto a un esame critico sempre più implacabile. Sono molti quelli che in un simile contesto si sentono scossi dal dubbio, e molti altri, lasciandosi trasportare dalle correnti del momento, abbandonano tutto.
    Una fede combattuta su tanti fronti non può essere vissuta come alcuni anni fa. Il credente non può più far leva sulla cultura circostante o sulle istituzioni. La fede dipenderà sempre più dalla decisione personale di ognuno. Sarà cristiano chi assume la cosciente decisione di accettare e seguire Gesù Cristo. È questo il dato forse più decisivo nel momento religioso che vive oggi l'Europa: si sta passando da un cristianesimo per nascita a un cristianesimo per decisione.
    Ebbene, l'uomo ha bisogno di appoggiarsi a un qualche tipo di esperienza positiva per prendere una decisione così importante. L'esperienza sta diventando una specie di criterio di autenticità e un fattore fondamentale per decidere l'orientamento della propria vita. Questo significa che, in futuro, l'esperienza religiosa sarà sempre più importante per fondare la fede. Sarà credente chi sperimenta che Dio gli fa bene e che Gesù Cristo lo aiuta a vivere.
    Il racconto evangelico di Giovanni risulta oggi più significativo che mai. A un certo punto, molti discepoli di Gesù dubitano e tornano indietro. Allora Gesù dice ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Simon Pietro gli risponde a nome di tutti a partire da un'esperienza basilare: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto». Molti oggi si muovono in uno stato intermedio tra un cristianesimo tradizionale e un processo di scristianizzazione. Non è bene vivere nell'ambiguità, è necessario prendere una decisione fondata sull'esperienza personale. E tu, vuoi andartene anche tu?

    Da chi andremo?

    Chi si avvicina a Gesù, ha spesso l'impressione di incontrarsi con un uomo stranamente attuale e più presente ai nostri problemi di oggi rispetto a molti nostri contemporanei.
    Ci sono gesti e parole di Gesù che ci colpiscono ancora oggi perché toccano il nervo dei nostri problemi e delle nostre preoccupazioni più vitali. Sono gesti e parole che resistono al trascorrere dei tempi e al cambiamento delle ideologie. I secoli passati non hanno spento la forza e la vita che si celano in essi, basta che siamo un po' attenti e apriamo sinceramente il nostro cuore.
    Tuttavia, nel corso di duemila anni è molta la polvere che inevitabilmente si è accumulata sulla sua persona, la sua azione e il suo messaggio. Un cristianesimo pieno di buone
    intenzioni e venerabili fervori a volte ha impedito a molti semplici cristiani di incontrarsi con la freschezza piena di vita di colui che perdonava le prostitute, abbracciava i bambini, piangeva con gli amici, infondeva speranza e invitava la gente a vivere con libertà l'amore dei figli di Dio.
    Quanti uomini e donne hanno dovuto ascoltare le disquisizioni di moralisti benintenzionati e le esposizioni di predicatori illustri senza riuscire a incontrarsi con lui!
    Non ci deve meravigliare la provocazione dello scrittore francese Jean Onimus: «Per quale motivo diventi proprietà privata di predicatori, dottori e di alcuni eruditi, tu che hai detto cose tanto semplici, tanto dirette, parole che sono tuttora parole di vita per tutti gli uomini?».
    Se molti cristiani che in questi anni si sono allontanati dalla Chiesa conoscessero in modo diretto i vangeli, tornerebbero a sentire ciò che Pietro ha detto un giorno: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto».

    Vivere i dubbi con sincerità

    Non pochi cristiani oggi sentono nascere nel loro intimo dubbi, non su questo o quel punto particolare del messaggio di Cristo, ma sulla totalità della fede cristiana. Ciò che li preoccupa non sono i dogmi, ma qualcosa di più fondamentale e che li precede: perché devo orientare la mia vita seguendo le formule ingenue di Cristo che trovo in alcuni documenti così arcaici e, apparentemente, tanto leggendari? Perché il mio desiderio di vita, di piacere e di libertà deve essere subordinato a una morale rigorosa e quasi impossibile?
    Molte volte, pur senza formularla in maniera precisa, sperimentano nel loro intimo una divisione profonda: «Vorrei credere, ma mi sento incapace di aderire con sincerità al cristianesimo». «Sento che non posso o non devo abbandonare la mia fede cristiana, ma allo stesso tempo, mi trovo sempre più lontano ed estraneo a tutto ciò».
    È facile, allora, sentirsi colpevoli di qualcosa, pur senza sapere con sicurezza di cosa: che mi è successo? Che cosa ho fatto nel corso degli anni per arrivare a una tale situazione? È possibile, certo, che ci sia una parte di responsabilità personale in tutto ciò, ma ora l'importante è vivere in modo positivo questa esperienza di dubbio religioso. Una siffatta mancanza di certezza interiore può essere una vera e propria occasione per superare l'immobilismo e l'abitudine, per liberarsi da una religione eccessivamente infantile e scoprire Gesù Cristo in modo nuovo.
    Forse, per la prima volta, scopro di essere libero di credere o di non credere. Certamente è più comodo non pormi nessuna domanda e vivere tranquillo, ma è più dignitoso mettermi di fronte alla mia libertà e sapere per quale motivo abbandono la fede o perché mi impegno a seguire Cristo.
    Se continuo a cercare la verità, presto mi accorgerò che non sono io solo a fare domande. Ora è lo stesso Gesù a mettermi in questione: «Vuoi andartene anche tu?». E ci' si vede obbligati a introdurre nuovi interrogativi nell'impostazione della propria vita: perché oppongo resistenza a un riorientamento della mia vita basato sulla chiamata di Cristo? Posso rispondere sinceramente perché?
    Prima o poi arriva il momento di fare una scelta: o metto Gesù sullo stesso piano di altre grandi figure dell'umanità, oppure mi decido a sperimentare personalmente che cosa c'è di unico nella sua persona e nel suo messaggio.
    L'importante è la sincerità del cuore. Non ci si deve fidare delle certezze e delle sicurezze del passato, né scoraggiarsi quando cominciano i dubbi. La vera fede non sta nelle nostre spiegazioni ben fondate né nei nostri dubbi, ma nella sincerità di un cuore che cerca Dio.
    Quando si cerca con onestà, forse non si trova una risposta immediata a tutti i propri interrogativi, ma è facile avvertire in fondo al proprio cuore la stessa cosa che ha sentito Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna».


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