Virginia Di Cicco
(NPG 2003-03-2)
Ho voglia di scrivere di pace. Una cosa scontata, la pace, se non si è combattuto per averla, se non l’abbiamo nutrita con la nostra fame e cullata con le notti insonni nella paura e stretta nel cappotto liso dalla povertà che non riscalda più. Una cosa scontata la pace, come è scontato mangiare quando si ha appetito e coprirci quando il freddo aumenta e dormire quando il sonno ci chiama e nessuna sirena ci farà alzare nella notte col cuore nelle orecchie che rimbomba più degli scoppi e degli spari. E mia suocera mi racconta degli allarmi che strappavano a quel po’ di cibo che si riusciva a mettere insieme alla fine della giornata e poi una volta tornata mangiare con soddisfazione quello stesso cibo condito con i calcinacci del soffitto. Lei lo racconta sorridendo e io mi domando come si faccia a superare tutto questo e non solo.
Forse è per questo, perché tanto ho letto e sentito raccontare e visto sulla guerra che adoro questa pace. Mi alzo al mattino davvero ringraziando il cielo e gli uomini di buona volontà che la difendono. Io adoro questa pace e le resto avvinghiata con le unghie perché chi conosce la pace non ha bisogno di avere paura. Andrebbe detta alle nuove generazioni la verità, quella che invece i vecchi tacciono per non annoiare o per non turbare le anime innocenti. Così si cresce convinti che la disgrazia più grande che ci possa accadere è la sconfitta della nostra squadra di calcio al derby. La gioventù va risvegliata da quello stato di anestesia morale in cui è caduta perché circondata solo da balletti e stupidi ritornelli.
I giovani sono i polmoni dell’universo, il grande respiro, sono il coraggio del mondo, la ragionevolezza che cerca di sciogliere i nodi e il sorriso che non incupisce. Raccontare ai giovani gli orrori della guerra è l’unico modo perché crescano con anticorpi naturali verso il razzismo, i pregiudizi e il disprezzo dei diritti umani. Non serve la guerra per difendere la pace. Questa affermazione è un bluff e deve essere smascherata. Cristo non aveva armi quando ha rivoluzionato i cuori. Gandhi non aveva armi quando ha liberato l’India dagli Inglesi. Per difendere la pace servono la giustizia sociale e l’equa distribuzione delle ricchezze. Serve un mondo che non sia diviso come un campionato di calcio in mondo di serie A e di serie B. Ovunque gli uomini hanno bisogno di speranza e di qualcuno che non abbia paura di chiamare le cose con il proprio nome, qualcuno come la gioventù.
Cercano di convincerli che da qualche parte del mondo ci sono uomini malvagi che mettono in pericolo le nostre ricchezze, il calcetto, l’unico modello di telefonino e la macchina nuova. Mostriamogli questo popolo terribile, i bambini che muoiono di influenza perché non ricevono da anni le medicine, le più elementari ma anche essenziali, con il visino fatto solo di occhi sgranati, e i gesti da grandi che neanche comprendono. La povertà rende brutti e antipatici, a volte perfino cattivi. Ecco il nemico è lì, gente che non ha acqua potabile né luce in casa, gente che non conosce lo svago, la spensieratezza e la gita al mare quando comincia a fare caldo. Bimbi che diventano grandi in città distrutte, senza altalene. Per gli uomini politici più potenti del mondo e per i mezzi di comunicazione al loro servizio è facile nascondere il diavolo con un gioco di specchi e farlo apparire da una parte mentre è dall’altra. È facile ma i giovani hanno occhi per scovare le menzogne se li aiuteremo ad accendere la fiaccola della verità. Così quando qualcuno cercherà di fargli sembrare ragionevole lo scoppio di una guerra “preventiva”, la loro risata scuoterà il mondo.