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    Tra potere e utopia


    Mario Pollo

    (NPG 1995-04-03)


    Il precedente editoriale, dedicato alla politica e alle sue regole, termi- nava con l'indicazione della necessità di un'azione educativa che promuova la rifondazione etica della politica. Perché il discorso sul rapporto tra educazione e politica non è fatta solo di valori ma anche, ed oggi forse soprattutto, di potere. Infatti la politica è il risultato, come ricordava Max Weber, dell'incontro di due morali: quella di responsabilità e quella di convinzione.
    L'espressione «morale di responsabilità» indica la morale che nasce dall'esigenza di tenere conto dei vincoli, dal punto di vista del potere, che l'azione politica incontra per realizzarsi. In altre parole essa è la responsabilità che chi la promuove si assume in ordine alla sua realizzazione concreta. L'espressione «morale di convinzione» indica, invece, la necessità che chi promuove l'azione politica ha da mantenersi fedele ai valori e agli ideali in cui crede. Ciò significa che l'azione politica deve essere svolta in modo che risulti fedele al sistema di valori e di credenze che scaldano il cuore della persona e, perciò, alla utopia individuale e collettiva in cui si identifica.
    Secondo Weber la politica per essere efficace deve essere un delicato punto di equilibrio tra i valori del potere e quelli dell'utopia. Se l'utopia non fa i conti con il potere genera una pericolosa e illusoria forma di integrismo. Allo stesso modo se il potere non fa i conti con l'utopia, dà vita ad un pragmatismo privo di senso che non sia quello di un mortifero utilitarismo. La politica è un fatto etico globale perché sollecita la persona a giocarsi in tutte le dimensioni in cui si articola la sua responsabilità di essere cosciente e perciò libero ed autonomo. La politica non è né il sognare ad occhi aperti, né la sola azione tesa ad acquisire, conservare ed aumentare il potere. È invece vera politica sognare una realtà che è concretamente realizzabile nel dominio dello spazio-tempo della storia.
    Ciò che consente la realizzazione degli ideali è l'esercizio del potere, che è nient'altro che la capacità di un soggetto, individuale o collettivo, di raggiungere i propri fini in una sfera specifica della vita sociale, nonostante la volontà contraria di altri. L'educazione alla politica per essere efficace deve perciò vedere accanto all'azione finalizzata alla sua rifondazione quella che mira all'abilitazione del giovane a individuare i percorsi attraverso cui il potere viene esercitato nella realtà sociale complessa, alla elaborazione delle strategie necessarie alla sua acquisizione legittima e democratica ed infine al suo esercizio corretto e non idolatrico.
    Per quanto riguarda l'individuazione dei percorsi attraverso cui il potere agisce, occorre tenere conto che le forme in cui esso si manifesta nella nostra società sono almeno quattro. La prima forma è quella in cui l'esercizio del potere è fondato sul possesso, da parte di chi lo esercita, di un insieme di informazioni e conoscenze superiori a quelle degli altri e sulla capacità di utilizzare questa superiorità «tecnica» per imporre la propria volontà agli altri. La seconda forma è quella fondata sul possesso, da parte di chi esercita il potere, del controllo di risorse che sono necessarie agli altri per raggiungere i propri fini. La terza forma è quella fondata sulla coercizione, ovvero sulla possibilità che ha chi esercita il potere di danneggiare gli altri. La quarta forma è quella fondata sulla manipolazione o sul cosiddetto controllo ecologico, ovvero sulla possibilità di chi esercita il potere di controllare, modificandolo, l'ambiente degli altri in modo che questi non possano che agire nel modo voluto. Tutte le società si fondano sull'esercizio di queste forme di potere, che appare, almeno per ora, un dato non eliminabile dalla storia umana.
    Oltre che alla sua individuazione, si è detto che l'educazione politica deve mirare ad abilitare i giovani alla elaborazione di strategie per l'acquisizione legittima e democratica del potere. A questo fine occorre tenere presente che nella società complessa l'azione politica non può essere semplicisticamente intesa come la partecipazione dei singoli cittadini alla vita della Polis, ma che essa richiede che chi vuole legittimamente acquisire potere promuova movimenti, organizzazioni sociali in grado di intervenire nella produzione e distribuzione del sapere e dell'informazione, nella formazione e nell'accumulazione delle risorse, oltre che nel contrasto delle forme di coercizione e di condizionamento che limitano la possibilità delle persone di vivere una condizione umana più libera e compiuta. L'esperienza dell'associazionismo, se correttamente sviluppata in senso politico, può dare un notevole contributo a questa educazione.
    Per quanto riguarda, infine, l'educazione ad un esercizio corretto del potere, è necessario che per prima cosa gli educatori siano consapevoli che non è proponibile, a livello educativo, un atteggiamento puramente negativo nei confronti del potere o, peggio, un atteggiamento che ne ignori la reale presenza nella realtà del mondo. Un atteggiamento di questo genere, infatti, seppure ispirato da nobili motivi, di fatto priverebbe il giovane della possibilità concreta di agire sulle condizioni storiche e sociali che influenzano la sua vita e quella degli altri. Rischierebbe poi, soprattutto se ha sviluppato una forte idealità politica, di rinchiuderlo in quel mondo di sogni ad occhi aperti che è la ideologizzazione della realtà. E questo è un grave pericolo perché, come la storia ha dimostrato, dalla ideologizzazione nasce sempre la violenza sulla realtà. La violenza, in questi casi, è un tentativo estremo di rendere la realtà coerente ai propri sogni, o deliri, ad occhi aperti. Dalla ideologizzazione può però anche generarsi una sorta di rinuncia radicale ad intervenire sulla realtà del mondo, percepito come irredimibile. Questi due atteggiamenti opposti alla fine non sono che la manifestazione della incapacità di avere un rapporto corretto con il potere. Il rapporto corretto con il potere a cui occorre educare i giovani nasce sia dall'accettazione della sua esistenza, sia dall'azione per la sua trasformazione nella direzione di una maggior giustizia e rispetto della libertà delle persone, nell'intima consapevolezza che il potere potrà essere definitivamente superato solo con l'avvento definitivo del Regno dell'Amore. L'incapacità di un rapporto corretto con il potere nasce perciò da un lato dal rifiuto di accettare la sua realtà, dall'altro lato da una sua eccessiva accettazione, ovvero dalla sua idolatria.
    Questo discorso sul rapporto potere-politica vuole indicare agli educatori che l'azione politica per essere efficace richiede che le persone sappiano rinunciare alla loro purezza ideale per incarnarla nella loro finitudine e in quella della società in cui vivono. La vera scommessa che l'educatore deve proporre è quella che la finitudine non segni la sconfitta dell'utopia ma anzi la sua, parziale, comparsa nell'orizzonte della storia.


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