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    Il tempo vuoto del futuro



    Mario Pollo

    (NPG 1995-02-03)

     

    Il futuro è il tempo che l'uomo può solo sognare ma non controllare. Nonostante questo, il futuro è un tempo che l'uomo non può ignorare, perché in qualche modo, per molti versi misterioso, i suoi sogni intrecciandosi con il suo passato e il suo presente contribuiscono a disegnarlo anche se non lo possono determinare.
    L'uomo, quindi, non può affrontare il futuro, perché se lo fa riconduce la sua vita in quelle paludi nebbiose della non coscienza, in cui lo stesso presente perde il suo senso e non svela più la sua direzione e il passato perde la sua trama e non è più in grado di raccontare nulla di sé al presente. Il futuro è una dimensione fondamentale per la vita umana al pari del presente e del passato, pur con il suo carattere di ambiguità e di indeterminatezza.
    Nell'attuale momento storico dominano due atteggiamenti contrastanti verso il futuro. Da un lato per la maggioranza delle persone esso è solo un tempo vuoto, da cui al massimo può provenire un senso angoscioso di impotenza, per la sua assoluta opacità; dall'altro lato, per un gruppo di specialisti, esso è un tempo da programmare e determinare nel modo più preciso possibile proiettando verso di esso la presenza della scienza e della tecnica del presente.
    Sembra quasi che la vita quotidiana delle persone sia stata espropriata del futuro che è stato consegnato alla esclusiva competenza di un gruppo di specialisti: programmatori, futurologi, maghi e indovini: così come d'altronde è avvenuto e sta ancora avvenendo per il passato, la cui memoria non attraversa, che per rapidi barlumi, la coscienza della maggioranza delle persone e che è diventato un compito per alcune categorie di specialisti: storici, museografi, archivisti, bibliotecari, ecc.
    Questo fa sì che la maggioranza delle persone viva rinchiusa nel presente disegnando la propria vita solo attraverso le scelte contingenti frutto della necessità o del desiderio a corto raggio.
    Questa caratteristica della cultura sociale odierna ha dei riflessi profondi sulla condizione umana in quanto la priva del senso storico, riduce la dimensione progettuale che la caratterizza e la espone all'esperienza dell'angoscia quando, oppressa dall'infelicità o dal non senso del presente, volge il suo sguardo e interroga il futuro che gli appare come un orizzonte vuoto.
    L'uomo privo dei sogni del futuro e della memoria del passato perde la sua identità individuale più profonda e riduce la sua diversità a quella che gli deriva dall'esercizio delle sue funzioni sociali e dai suoi tratti psicologici. L'uomo non riconosce più la sua diversità per mezzo della sua storia e dei suoi progetti di futuro, ma solo dal suo essere nel presente.
    Questo uomo ha perciò una identità debole tutta costruita sui suoi ruoli sociali, ed il senso del suo esistere è quasi completamente legato a quello del sistema sociale al quale appartiene. Il risultato, oltre a quello della fragilità esistenziale dell'uomo, è la sua riduzione a parte, a molecola del sistema sociale.
    La massificazione in fondo non è che questo: l'assoluta prevalenza del presente, ovvero delle necessità connesse all'agire della persona in sincronia con gli altri membri del gruppo sociale rispetto a quelle dell'affermazione della sua originalità di una parte che è anche un tutto.
    Non è un caso che oggi per molti giovani una delle fonti da cui zampilla l'acqua amara del loro disagio esistenziale sia costituita dall'angoscia che il futuro percepito come tempo vuoto, come orizzonte indeterminato genera. Angoscia che legandosi con le difficoltà del giovane di percepire la originalità della propria storia e della propria identità al di fuori dell'appartenenza al gruppo sociale, lo spinge a ricercare nelle occasioni del presente o, al massimo, nella sfida distruttiva al tempo vuoto del futuro con comportamenti di rischio, la ricerca della felicità e del senso della propria esistenza.
    Per quasi la metà dei giovani italiani il futuro è il tempo vuoto dell'incertezza che per alcuni di essi, in seguito ad accadimenti particolari della loro vita, si trasforma in angoscia. Occorre infatti tenere conto che l'incertezza verso il futuro è uno dei più potenti generatori di angoscia. Infatti l'angoscia è diventata una componente fondamentale della vita umana dal giorno in cui l'uomo ha abbandonato il riparo delle foreste pluviali per affrontare, dall'alto della sua posizione eretta, l'esplorazione dello spazio segnato dai confini indefiniti dell'orizzonte.
    Per l'uomo primitivo, costretto ad affrontare un mondo sconosciuto, l'orizzonte è divenuto rapidamente il luogo da cui possono sopraggiungere pericoli ed eventi distruttivi imprevisti ed imprevedibili.
    L'angoscia nasce perciò dalla indeterminatezza di ciò che può sopraggiungere, mentre quando il pericolo diventa noto, determinato, l'angoscia si trasforma in paura.
    Per fronteggiare i pericoli indeterminati e l'angoscia che deriva da loro l'uomo arcaico si è avvalso di interposizioni di tipo simbolico costituite dai nomi dati all'innominabile, dalle spiegazioni dell'inspiegabile, dalle cause attribuite ai vari fenomeni, dalle potenze arcane e dalle varie divinità.
    Attraverso queste interposizioni simboliche l'uomo cercava di rendere determinato l'orizzonte indeterminato delle possibilità e, quindi, di vincere l'angoscia. Il dare cause, spiegazioni e interpretazioni è ancora oggi il modo principale attraverso cui l'uomo cerca di trasformare l'angoscia in paura.
    Se si osserva bene questa dinamica che l'uomo, sin dalle sue origini, ha elaborato per vincere l'angoscia e per affrontare le minacce alla sua esistenza, si può notare che esso è di fatto il modello fondante ogni attività progettuale umana. Ogni progetto, ogni sogno di futuro, infatti, si basa sempre sul tentativo, preventivo, dell'uomo di evitare, da un lato, l'accadere degli eventi infausti e, dall'altro lato, di favorire il manifestarsi di quelli fausti per la sua vita.
    L'interpretazione simbolica è necessaria, perché altrimenti la vita rischia di lasciarsi sopraffare dall'angoscia, perdendo l'opportunità di utilizzare l'attesa del futnro in senso evolutivo o, perlomeno, di contrastare efficacemente le potenzialità regressive e involutive presenti nell'oggi.
    L'incertezza verso il futuro che molti giovani vivono è perciò un sintomo dell'assenza di un progetto e di un sogno nel loro orizzonte esistenziale. È quindi urgente che gli educatori raccolgano la sfida e aiutino i giovani a riscoprire il tempo della storia radicando il loro presente nella memoria e nel sogno del futuro.


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