Juan E. Vecchi
(NPG 1998-02-3)
A Gesù piacevano i simboli e le parabole della vita: la gestazione, il bimbo che nasce, il seme che germoglia, il tralcio che cresce vitalmente unito alla vite, l’albero che produce frutto, il fico che diventa sterile.
Adoperò una di queste parabole per spiegare a Nicodemo gli effetti della presenza dello Spirito: «Nessuno può entrare nel regno di Dio se non nasce da acqua e Spirito. Dalla carne nasce carne, dallo Spirito nasce spirito» (Gv 3, 5-6).
La vita ha un principio interno di sviluppo, non rigido e deterministico, ma certamente coerente. Dai rovi vengono rovi, dai fichi si raccolgono fichi.
San Paolo ha una visione simile dell’esistenza umana: chi nasce «dalla carne» si sviluppa nella sua direzione e produce i suoi frutti. Ma il cristiano rinasce dallo Spirito che gli è donato nel battesimo. In lui lo Spirito agisce non solo come «suggeritore», «ispiratore» «compagno» o «maestro», ma come principio generatore della forma che prende la vita ed energia per arrivarci.
La vita cristiana ha, come ogni forma di vita, una legge: quella dello sviluppo dall’interno. Inizia nel battesimo come un seme, cresce nel tempo e arriva al suo compimento. C’è uno stato germinale e c’è una maturità: «Io, fratelli, finora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma ho dovuto farlo come chi parla ad esseri carnali, a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non nutrimento solido, perché non eravate capaci» (1 Cor 3, 1-2). San Paolo parla di bambini e di adulti, di imperfetti e perfetti, di ignoranti riguardo alla fede e di sapienti, di carnali e spirituali.
Ma che cosa «crea» lo Spirito e di che cosa è principio, seme ed energia di sviluppo?
Lo Spirito dà origine nel cristiano a una nuova coscienza: quella di figlio di Dio, che si è manifestata in Gesù. Egli sempre, persino nel momento di maggiore apparente solitudine, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Si è affermato che Cristo non ebbe mai il sentimento dell’orfano. Abbandonato da tutti, si sentì sempre accolto dal Padre. La medesima coscienza affiora, si sviluppa progressivamente e si manifesta anche a livello psicologico nel credente: in qualsiasi frangente, sente la presenza ed esprime la fiducia in Dio suo Padre.
Lo Spirito Santo genera nel cristiano una nuova intelligenza: è l’intelligenza della fede, capace di percepire il mistero di Dio, e di scoprire alla sua luce il senso che hanno il mondo e gli avvenimenti della storia. Spesso la fede è stata considerata una saggezza che viene dallo Spirito. Chi vede la propria vita e la storia senza Dio non è animato dallo Spirito. Chi scorge Dio nella storia propria e dell’umanità è guidato dallo Spirito, perché Dio si è manifestato nell’avvenimento principale della storia, quello di Gesù.
Lo Spirito genera un nuovo rapporto umano, al di sopra della nazionalità, razza, cultura, religione, stato economico: è l’amore, partecipazione a quello di Dio; per cui non si fa differenza tra connazionali e stranieri, credenti e non credenti, ricchi e miseri, maschi e femmine..., ma tutti sono un’unica creatura (cf Gal 3,28). È il superamento delle discriminazioni, del senso di superiorità, del desiderio di sfruttamento.
Lo Spirito ci insegna un linguaggio nuovo che ci consente di rivolgerci a Dio esprimendo i sentimenti filiali e ci ispira quello che dobbiamo dire. Egli ci dà anche il contenuto e il vocabolario per l’annuncio del Vangelo e apre alla sua comprensione chi parla e chi ascolta. È il comunicatore invisibile tra i due. Per questo si parla tanto dello Spirito nel contesto dell’evangelizzazione (cf EN 75).
In breve. Lo Spirito ricrea la struttura interiore della persona: le dà il senso della sua identità, la possibilità di operare nel mondo con la visione e l’energia di Cristo, di andare oltre l’immediato e il materiale attendendo la grande manifestazione per la quale tutta la creazione raggiungerà la sua condizione perfetta (cf Rom 8,19-22).
Chi è nato dallo Spirito è chiamato a svilupparsi secondo lo Spirito. Non ha ricevuto soltanto alcune qualità fisse, esterne e transitorie, quasi fossero vestiti, gioielli o regali di anniversario. Possiede invece una specie di codice genetico conforme al quale e per forza del quale egli va crescendo.
Passiamo dall’immaturità allo stato adulto per l’illuminazione progressiva e l’adesione gioiosa alla verità. Esse ci aiutano a vedere il senso della nostra vita e del mondo, con sempre maggior convinzione e profondità alla luce dell’avvenimento di Cristo.
Cammino verso la «forma perfetta» è la purificazione da dipendenze e schiavitù, egoismi, passioni distruttive, fino a raggiungere la libertà interiore. Conversione, riorientamento, rotture, nuove solidarietà vengono stimolate quasi come da «un istinto» in colui che è guidato dallo Spirito.
Strettamente collegato, anzi come causa di questo, c’è il desiderio, il gusto, lo sforzo di conformare la nostra vita a quella di Cristo inserendoci nel suo mistero, attraverso l’ammirazione, l’adesione, l’attenzione, il rapporto, l’amore. La finalità e il percorso dell’iniziazione cristiana consiste nel portare «a conformarsi a Cristo, a vedere la storia come lui, a scegliere e ad amare come lui, a sperare come insegna lui, a vivere come lui la comunione col Padre» (cf DCG 38).
Il risultato è il cristiano «adulto», l’uomo «spirituale». Nel linguaggio cristiano «spirituale» ha un significato peculiare. Non si oppone a materia, come pensavano alcuni filosofi, ma a «carne» cioè chiuso all’oltre, alla grazia salvatrice di Dio e all’amore. Non vuol dire dunque immateriale, ma pervaso da Dio e ordinato a Lui, qualunque sia la sua natura fisica. Spirituale non è dunque colui che rinnega, fugge o ignora la sua parte corporea, ma colui che assume e ordina tutto nella carità. Difatti è la «carità che si è diffusa nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è stato dato», investendo la totalità della persona, corpo e coscienza, progetto temporale e speranza definitiva.
È illuminante ascoltare da San Paolo le manifestazioni della fase infantile della nostra vita nello Spirito o del livello «carnale» della nostra mentalità.
Una di queste manifestazioni è l’incapacità di accettare il Vangelo nella totalità delle sue esigenze e nella sua originalità. San Paolo chiama immaturi i Corinzi perché si perdono dietro l’eloquenza umana e le spiegazioni complicate e non colgono la sapienza semplice ispirata da Dio, che c’è nell’evento di Cristo (cf 1 Cor 2,1 ss).
È segno dello stato infantile l’essere trascinato da motivi umani come la gelosia, la voglia di eccellere nella comunità con carismi vistosi. Così come lo è il pensare che la libertà consista nel realizzare i propri comodi, il «libertarismo senza finalità», o il non essere capaci di superare i conflitti anche con sacrificio da parte nostra, e dunque, la rottura dell’armonia nella comunità umana o cristiana. Soprattutto lo è l’instabilità e la volubilità della fede, non saldamente ancorata alla parola di Dio, che si lascia trascinare o dalle mode secolari o dalle fantasie religiose o dalle dottrine transitorie.
Ci sono d’altro canto pagine incomparabili sulla maturità della persona nello Spirito. Essa è purificazione dal male e superamento di quello che è imperfetto, ma anche fioritura massima delle potenzialità che ci sono in noi. Segni della maturità sono, in primo luogo, la sicurezza o evidenza dell’amore che Dio ha per noi e, quindi, la pace e la serenità interiore, per cui sappiamo che «né la morte, né la vita, né gli angeli né alcuna creatura potrà separarci dall’amore di Cristo» (cf Rom 8,38-39); la generosità per cui non ci si limita a quello a cui ci obbliga la legge, ma ci si dona con libertà e gioia; l’impegno radicale e totale per il Vangelo; l’amore ai fratelli come regola per operare, in ogni circostanza, al di sopra di calcoli e convenzioni, al di sopra dei nostri diritti e dello stesso culto.
Quando questi dinamismi e atteggiamenti crescono, si raggiunge la statura di Cristo: lo Spirito dà unità ai pensieri, agli affetti, ai desideri, alle azioni; si manifestano nella persona i suoi frutti maturi: l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la benevolenza, la bontà, la fedeltà, la mitezza, il dominio di sé (cf Gal 5,22-23).
Così vediamo i giovani in umanità e fede. E ci colpisce come la vita di Cristo va prendendo forma in loro. Scorgiamo in loro un principio misterioso di vita, oltre il fatto biologico e le capacità razionali, una sorgente che nel corso degli anni va creando le «differenze» del cristiano, cioè la sua identità. Egli è un «tempio vivo dello Spirito».