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    Basta con la logica mercantilistica...



    Riccardo Tonelli

    (NPG 1996-06-3)

    I padroni di questo mondo si fanno pagare per concedere i loro favori. Poco o molto, non conta, l'importante è pagare, per mostrare con i fatti chi comanda e da chi si deve dipendere. Poi, alla fine, hanno la spudoratezza di farsi chiamare «benefattori», convinti che sia più basso del dovuto.
    Dio non è così. Gesù l'ha dichiarato in tutti i toni. Lui ci ama per primo. Esistiamo per il suo amore. Non ci propone delle condizioni da concordare. Ci ama; per primo e gratuitamente. Per il suo amore siamo liberi, capaci di accogliere il suo dono, pronti a rispondere o a rifiutare. Non si può pensare di comprare Dio con parole e azioni né possiamo contrattare con lui un prezzo sopportabile, tentando magari di giocare al ribasso.
    Gesù non l'ha mai sopportato il modo mercantilistico di pensare e progettare il proprio rapporto con Dio. Il Vangelo è pieno di storie di un'attualità provocante per il nostro modo di parlare di Dio e di progettare l'incontro con lui. Qualcuna la racconto, per far venire la voglia di meditare il Vangelo anche da questo punto di vista.
    Un ragazzo, serio e bravo, si è avvicinato un giorno a Gesù. La domanda se l'era coltivata dentro, mentre con cura preparava l'incontro. Purtroppo, la vecchia logica, tanto radicata nell'esperienza religiosa del suo popolo, affiora anche in questo momento tanto decisivo per la sua vita. «Gesù, cosa mi costa avere la vita eterna? Fammi una proposta e io mi impegno ad accettarla». Gesù risponde a puntate, come faceva di solito. Vuole educare il suo interlocutore, guidandolo per mano dall'osservanza della legge alla libertà dell'amore.
    «Osserva i comandamenti». «Gesù, li ho osservati fin da piccolo. Lo possono testimoniare quelli che mi conoscono. Mi sento tranquillo. Non mi basta, però. Per questo ti ho cercato. Che cosa devo fare in più?». Gesù lo abbraccia con il suo sorriso profondo e caldo. È davvero un ragazzo bravo. Cambia tono. «È vero: sei un bravo ragazzo. Sei capace di un salto di qualità. Smettila di fare i conti con Dio e la tua coscienza. Buttati nella generosità dell'amore». «Che cosa devo fare»: continua la logica del contratto a partita doppia. Gesù spara grosso. Vuol fare capire che non c'è un prezzo giusto. L'amore è senza prezzo: pazzo e generoso nello stesso gesto.
    «Questa è la mia proposta: vendi tutto e vieni con me. Non ci guadagni nulla... non è vero che se mi segui avrai cento volte quello che hai abbandonato. Lo farebbero tutti... Non so cosa ci si guadagna. So però che possiamo restituire vita e speranza a tutti. Vieni con me. Coraggio... lascia tutto e vieni con me».
    Quel ragazzo era bravo e generoso. Ma aveva un grosso difetto: aveva paura del rischio. Così, ha risposto di no a Gesù, per non rischiare. È andato via, triste e sconfitto. Se Gesù gli chiedeva un prezzo alto, poteva starci. Sapeva che Dio è esigente e si faceva pagare salato. E lui l'avrebbe sfidato. Gesù gli chiede un atto d'amore gratuito, nella stessa logica dell'amore di Dio. Non può rischiare: è troppo fuori dei suoi schemi.
    Pazienza nei confronti di un ragazzo, formato alle scuole rabbiniche. Ma con i discepoli, quelli che Gesù aveva scelto e formato personalmente, proprio non ci voleva...
    Anche loro, purtroppo, ragionavano nella stessa logica del «quanto mi costa» e «cosa ci guadagno».
    Ne avevano parlato un po' tra loro. Avevano ripensato alle parole di Gesù, quando li aveva chiamati dalle loro case e dal loro lavoro, per vedere se, almeno implicita, nell'invito non c'era una tariffa di compenso. Non si ricordavano niente di significativo. Le battute di Gesù erano tutte in un'altra prospettiva.
    Prendono il coraggio a due mani e affrontano di petto la questione. «Senti, Gesù», parte Pietro, che era stato incaricato di aprire la conversazione su questo problema scottante, «lo devi dire chiaro. Fanno tutti così i maestri nei confronti dei loro discepoli. Noi abbiamo lasciato tutto per venire con te. Ci siamo fidati di te. Adesso però... è tempo di fare quattro conti. Cosa ci guadagneremo?». La battuta è uscita... un po' sofferta e con un pizzico di vergogna. Ma non ne potevano più. Al primo che ha parlato, fanno eco gli altri: «Cosa ci guadagniamo, Gesù, a stare con te?». Speravano in una ricompensa alta. Avevano persino esagerato l'elenco di quello che avevano lasciato per seguire Gesù. Lo volevano commuovere, spingendolo ad alzare la ricompensa. Gesù, come il solito, risponde ad ondate successive.
    Già la prima battuta va giù dura. Sperava che fosse sufficiente. E invece...
    «Ascoltate bene perché la faccenda è seria. Avete abbandonato fratelli, sorelle, madre e padre per stare con me. D'accordo: vi assicuro una ricompensa cento volte superiore. Però, capiamoci bene... i miei discepoli devono essere disposti ad odiare il padre, la madre e i fratelli per servire la causa del Vangelo. E la casa... cento case, vi bastano? Io non ho neppure una pietra dove posare il capo di notte. Vi assicuro la stessa cosa anche per voi. Il Regno è una causa che toglie il respiro. Per questo, chi mi segue, avrà tribolazioni e sofferenze per annunciare il Vangelo. Però, una cosa è certa: avrete un posto speciale nella casa del Padre».
    La risposta di Gesù non consola davvero molto, nella logica del «cosa ci guadagno» e del «cosa mi costa».
    Ritornano alla carica. Ormai volevano andare a fondo della questione. Li dobbiamo ringraziare questi amici di Gesù, cocciuti e poco intuitivi. Ci hanno regalato il pensiero e il cuore di Gesù in una questione tanto importante.
    «Vada per la vita eterna. Lì almeno avremo un posto speciale: i primi posti, a destra e a sinistra... Se ne devono accorgere quelli che ci ridevano dietro». Fanno bene i conti e si organizzano: un primo posto a te e uno a me. La divisione non è facile. Litigano e poi mettono di mezzo anche le rispettive madri, con la speranza di commuovere Gesù.
    L'interrogativo è sempre lo stesso: abbiamo lasciato tutto... cosa ci guadagneremo, almeno nella vita eterna?
    Gesù non ne può più. Un posto nella casa del Padre non è come un posto allo stadio. Non si compra il biglietto, a nessun prezzo. Non ci vogliono né pochi né molti soldi e non ci sono posti di prima e di seconda fila. Lì, nella casa del Padre, comanda la logica dell'amore. Il Padre apre la sua casa perché ama i figli suoi. Spalanca le porte a tutti, in un amore che ha l'iniziativa, che accoglie tutti allo stesso modo. L'amore del Padre è così grande e imprevedibile che se anche il nostro cuore ci rimprovera qualcosa (e guai a chi non si lascia rimproverare dal suo cuore...), Dio è più grande del nostro cuore.
    «La volete sapere tutta?», finisce deciso Gesù, «se si devono fare delle prenotazioni, queste sono per gli ultimi, i poveri, i peccatori... persino le prostitute. Gli ultimi sono i primi, nella casa di mio Padre».
    La logica del «cosa mi costa» l'avevano nel sangue coloro che ascoltavano Gesù. Per questo, non riuscivano a capirlo quando parlava di Dio. Si arrabbiavano se tentavano di entrare nel suo mondo, tanto diverso dal loro. Persino in molti di quelli che ce la mettevano tutta per accoglierlo, rispuntava, ogni tanto, il vecchio modello religioso del «cosa mi costa?» e «cosa ci guadagno?».
    Penso a certi modelli di pastorale, purtroppo ancora tanto diffusi, e, per la ragione opposta, mi arrabbio anch'io, in quella piega del proprio cuore in cui nessuno ci può togliere il diritto di arrabbiarsi. Chissà se, un giorno o l'altro, finirà la stagione delle tangenti... almeno nell'ambito della pastorale giovanile?


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