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    Pastorale giovanile e famiglia


     

    Editoriale

    Alberto Martelli

    (NPG 2016-04-3)


    Amoris Laetitia: è di questi giorni la pubblicazione ufficiale della Esortazione Apostolica di Papa Francesco sulla famiglia, che conclude un lungo percorso di riflessione e di verifica pastorale che ha coinvolto l’intera Chiesa e ha avuto il suo culmine in ben due Sinodi dei vescovi.
    Un tema certamente attuale, pieno di polemiche, aperture, crisi, litigi e discussioni, ma anche prospettive e speranze inedite, che il Papa ha cercato di raccogliere.
    Non è questo il luogo per fare una sintesi e nemmeno un commento dell’Esortazione, che nella sua complessità merita di essere letta e meditata lungamente. Ma certo non possiamo esimerci dall’apprezzare come ancora una volta il Santo Padre ci aiuti in un tema e una progettazione pastorale che non può oggi trovarci impreparati o in ritardo con i tempi: la relazione tra pastorale giovanile e famiglia.
    Ci pare che, almeno in prima battuta Amoris Laetitia ci aiuti a riflettere sul tema della famiglia con alcuni tratti distintivi che ci preme in qualche modo annunciare affinché siano poi ripresi con calma in futuro.
    In primo luogo la famiglia non è un "valore", né un ideale, ma vita concreta.
    In tutto il documento Francesco insegue una prospettiva realmente pastorale. La verità della famiglia nella sua essenza e nella sua natura è sempre intrecciata alla concretezza storica della sua incarnazione nella cultura contemporanea, sia quella ecclesiale, che quella extraecclesiale. Ecco perché ci permettiamo di dire che finalmente la famiglia non è un "valore", perché ognuno di noi e ognuno dei giovani con i quali lavoriamo ha una esperienza concreta della famiglia, che è contemporaneamente svelamento della sua natura, così come Dio l’ha pensata, e concretizzazione di essa, colpita e ferita dal peccato e dalla caducità della natura umana.
    Così Francesco fa compiere una rivoluzione pastorale ai nostri pensieri. Non ci costringe a guardarci in uno specchio bello quanto rarefatto, preciso e pulito (inapplicabile però alla nostra concreta vita quotidiana), ma fa un’operazione di teologia pastorale profonda, intravedendo nella storia il valore dell’eterno, ma senza illudersi di poter tralasciare tutto ciò che è cammino quotidiano e diuturno sforzo di incarnazione della verità.
    La famiglia è realtà storica e proprio in essa Dio si rivela e con essa occorre che facciamo i conti, per far sì che il nostro progetto pastorale non si debba misurare con una essenzialità che non esiste, costringendoci tra l’idealismo rigido e cieco, e il prassismo lassista e scoraggiato.
    In secondo luogo: la famiglia è realmente il centro.
    Pur nella consapevolezza dei suoi limiti, Francesco non rinuncia a riportare la famiglia alla sua verità più profonda: essere nel mondo il rispecchiamento di Dio Trinità.
    La famiglia è dunque il centro anche della pastorale giovanile. Non si tratta infatti di mettere in concorrenza pastorale giovanile e pastorale famigliare, ma di rimettere al centro anche della pastorale giovanile ciò che è il centro della vocazione dell’uomo: essere una famiglia.
    Non è una concorrenza tra progetti o - ancora peggio - tra uffici di curia, ma la rilettura della realtà a partire dal suo centro e dal suo fine, pur nella sua concretezza storica.
    Il Papa insiste in maniera forte e decisa sul fatto che «nella stessa natura dell’amore coniugale vi è l’apertura al definitivo» (AL 123), proprio all’interno di quella «combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri» (Al 126) che è appunto il matrimonio.
    La pastorale giovanile non può esimersi dal proporre questo definitivo ai giovani e a partire da esso deve rileggersi. Porre al centro la famiglia è una questione teologica e antropologica che deve far riscrivere i progetti pastorali da una prospettiva più umana e più evangelica, più “definitiva”.
    Infine, come terzo punto, fra i tanti che si potrebbero citare, scegliamo di porre in evidenza la responsabilità che il Papa affida all’accompagnamento personale e al discernimento delle comunità cristiane.
    Nell’alternativa tra chi desidera applicare alla famiglia delle leggi astratte e preordinate, pur congruenti con il magistero ecclesiale, e chi invece è per lasciare alla coscienza personale la decisione finale, ma in una autodeterminazione senza riferimenti e senza regole, Francesco sceglie la via dell’accompagnamento e del discernimento della comunità cristiana.
    Tutte le difficoltà, le crisi, le situazioni irregolari, i dubbi sulla famiglia, non vengono ricondotti né ad una legge senza vita né ad una vita senza legge. La comunità cristiana, la Chiesa locale con i suoi vescovi, ma anche ogni comunità sul territorio viene invece responsabilizzata, ricollocando la questione del peccato e del perdono nel suo alveo più autentico.
    Chi si trova in situazioni di difficoltà non è un estraneo, e come fratello e sorella va accompagnato. La comunità deve prendersi la responsabilità di conoscerlo, di seguirlo, di capirlo, di amarlo e soltanto a questo patto può permettersi di giudicarlo evangelicamente.
    Non esiste più l’alternativa tra dentro e fuori, ma esiste la difficile ed evangelica situazione di una Chiesa santa, ma fatta di peccatori che quindi hanno di fronte a sé non l’alternativa tra santità e peccato, ma il lungo, bello e pieno di speranza cammino della conversione, della testimonianza quotidiana, della misericordia che fa ricominciare e a volte anche del castigo, ma sempre nell’ottica di potersi rialzare e camminare ancora.
    Questa storia di accompagnamento e di discernimento comunitario deve coinvolgere e segnare anche la pastorale giovanile. I giovani non sono “dentro” o “fuori”, sono sempre come noi adulti e forse più di noi in cammino e in bilico, bisognosi di essere accompagnati, di essere indirizzati e a volte di essere riaccolti.
    Perché allora NPG si occupa di famiglia? Non solo perché per molti giovani è la meta che verrà e comunque l’origine da cui provengono, ma soprattutto perché la riflessione su di essa alla luce della Bibbia, del Magistero e della storia, è occasione di un profondo ripensamento della comunità ecclesiale, nelle sue responsabilità e nei suoi progetti. È una questione teologica, antropologica e pastorale che ci stimola ad una pastorale giovanile più incarnata, più misericordiosa, più orientata al definitivo evangelico della santità nella conversione e nel cammino quotidiano.


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