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    Percorsi di catechesi con i giovani: contenuti, proposte, prospettive


    CATECHESI CON I GIOVANI /2

    Marcello Scarpa

    (NPG 2019-07-56)


    Siamo nani sulle spalle dei giganti. La felice e saggia espressione attribuita a Bernardo di Chartres[1] può applicarsi anche alla catechesi con i giovani. Non è possibile volgere lo sguardo all’orizzonte senza avere i piedi saldamente poggiati sul terreno della storia. È noto che oggi la storia non gode di grande fama, non è ritenuta degna di considerazione. Il passato, a chi interessa? Importa vivere il presente, nulla di più. Eppure, non possiamo tagliare le nostre radici che parlano a tal punto di noi che anche i nostri volti sono segnati dai lineamenti dei nostri genitori. Per tale motivo, volendo offrire alcune indicazioni per degli itinerari di fede, da un lato faremo riferimento, seppure in maniera non esaustiva, ad alcuni guadagni maturati nel corso degli anni sulla catechesi con i giovani in termini di contenuti di fede, di criteri di azione, di scelte metodologiche,[2] dall’altro, guarderemo in avanti, scrutando gli orizzonti pastorali che stanno emergendo dal documento finale del Sinodo che «sarà una mappa per orientare i prossimi passi che la Chiesa è chiamata a muovere».[3]

    I contenuti della fede

    Qual è il contenuto originale della fede cristiana da proporre ai giovani? Papa Francesco ci ricorda di mettere sempre al centro dell’attenzione pastorale «l’amore personale di Dio che si è fatto uomo, ha dato sé stesso per noi e, vivente, offre la sua salvezza e la sua amicizia. È l’annuncio che si condivide con un atteggiamento umile e testimoniale di chi sa sempre imparare, con la consapevolezza che il messaggio è tanto ricco e tanto profondo che ci supera sempre» (EG 128). Alle nuove generazioni bisogna annunciare che Dio ama immensamente ogni giovane, personalmente, così come è, nel punto esatto in cui si trova, con le sue certezze e i suoi dubbi, i suoi slanci e le sue mancanze, il suo entusiasmo e le sue ferite.
    Inoltre, da cristiani, crediamo che Dio Padre ha talmente amato il mondo da dare il Suo unico Figlio (Gv 3,16). Dio nessuno l’ha visto, ma Gesù l’ha rivelato (Gv 1,18). Qualsiasi itinerario catechistico non può prescindere dal riferirsi alle parole di Gesù: «Se per molti giovani Dio, la religione e la Chiesa appaiono parole vuote, essi sono sensibili alla figura di Gesù, quando viene presentata in modo attraente ed efficace. In tanti modi anche i giovani di oggi ci dicono: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21)» (DF 50). L’annuncio del Vangelo non è distante dalle sensibilità dei giovani, anche i più lontani dalla fede, perché tutta la creazione è stata creata in Cristo (Col 1,16-17). Pertanto, ogni giovane è segnato in profondità dalla sua radice cristologica, possiede un istinto di fede[4] che lo rende capace di riconoscere come vere le Parole del Vangelo.
    Infine, in un’epoca di analfabetismo religioso,[5] all’interno di una cultura liquida, refrattaria al concetto di verità e allergica ad ogni forma di autorità istituzionale, diventa urgente annunciare che Gesù è la Verità, custodita dalla Chiesa: «È solo attraverso la mediazione della Chiesa e della sua tradizione di fede che possiamo accedere all’autentico volto di Dio che si rivela in Gesù Cristo» (DF 109).
    È bene sottolineare che per Verità non s’intende un concentrato di definizioni dogmatiche perché la Verità è Gesù stesso (Gv 14,6). La Verità è vivente, è Gesù-maestro, è Gesù-Parola di Dio che vive nel Corpo di Cristo che è la Chiesa. Della Verità si fa esperienza, la Verità si ascolta, si accoglie. La Verità si svela progressivamente lungo un percorso che chiama in causa sia la libertà dell’uomo nel recepirla, sia la sua responsabilità nel custodirla e farla fruttificare. Della Verità ci si nutre, perché Gesù non ci ha lasciato solo una preghiera da recitare, il Pater noster (cfr. Mt 6,9-13; Lc 11,2-4), ma addirittura il Suo stesso Corpo e Sangue che ci purificano e sostengono nel cammino (cfr. Gv 13,1-15). La Verità è eucaristica e viene ad abitare non solo in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14) ma addirittura dentro di noi. Ogni percorso catechistico deve tenere conto della verità di Dio-Trinità, di Gesù e del suo Vangelo, della Chiesa e dell’uomo, non come entità separate, ma come realtà viventi, in relazione tra di loro.

    I giovani vogliono confrontarsi con proposte cristiane dense di significato

    Da quali criteri lasciarsi guidare nella formulazione di un itinerario catechistico da proporre ai giovani?[6] È esperienza comune notare come con la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, che dovrebbero dare l’avvio alla vita di fede, si verifichi, invece, il fenomeno dell’addio alla Chiesa e alla pratica religiosa e sacramentale. Lo stesso «Sinodo è consapevole che un numero consistente di giovani, per le ragioni più diverse, non chiedono nulla alla Chiesa perché non la ritengono significativa per la loro esistenza». Nel Documento si evidenzia proprio «il ruolo passivo assegnato ai giovani all’interno della comunità cristiana» (DF 53).
    La proposta cristiana, per essere significativa, deve far leva non solo sul protagonismo dei giovani,[7] ma anche sulle loro potenzialità di fede.[8] Essi, infatti, «non sono meramente destinatari dell’azione pastorale, ma membra vive dell’unico corpo ecclesiale, battezzati in cui vive e agisce lo Spirito del Signore» (DF 54). Bisogna credere con maggiore coraggio che «Il desiderio di vita nell’amore e quella sana inquietudine che abita il cuore dei giovani sono parte del grande anelito di tutto il creato verso la pienezza della gioia. In ognuno di loro, anche in quelli che non conoscono Cristo, lo Spirito Creatore agisce per condurli alla bellezza, alla bontà e alla verità» (DF 59).
    Pertanto, bisogna prendere sul serio le domande dei giovani. Invece, paradossalmente, nell’era della comunicazione, la Chiesa da un lato non offre sufficienti piattaforme di condivisione e dialogo, dall’altro essa stessa evita di affrontare argomenti all’ordine del giorno nel dibattito pubblico. Nel Documento si evidenzia proprio «la fatica della Chiesa di rendere ragione delle proprie posizioni dottrinali ed etiche di fronte alla società contemporanea» (DF 53). La fede, invece, si propaga per “contatto”, da cuore a cuore, pertanto è necessario mettersi in gioco di fronte alle inquietudini[9] giovanili: «Le fatiche e fragilità dei giovani ci aiutano a essere migliori, le loro domande ci sfidano, i loro dubbi ci interpellano sulla qualità della nostra fede. Anche le loro critiche ci sono necessarie, perché non di rado attraverso di esse ascoltiamo la voce del Signore che ci chiede conversione del cuore e rinnovamento delle strutture» (DF 116).
    Inoltre, la proposta di fede per essere significativa deve innestarsi nel tessuto di relazioni viventi che è la Chiesa Corpo di Cristo; se pensiamo, infatti, alle nostre esperienze personali dobbiamo sinceramente riconoscere che ricordiamo con affetto e gratitudine quelle persone di “relazione” (maestri, animatori, catechisti, etc…) che ci hanno accolto, ascoltato e compreso senza giudicarci, ma amandoci. La fede non va solo annunciata-seminata ma va anche “accompagnata” in una comunità relazionalmente “calda”, in cui si rendano visibili le dinamiche di ascolto, vicinanza e prossimità, affinché possa delicatamente germogliare.
    La proposta di fede per portare frutto non deve essere solo razionale, ma deve toccare anche la sfera della corporeità: «Oggi assai più di ieri il lato estetico della verità, il “sentire Gesù”, il provare gioia, piangere di commozione, abbracciarsi e danzare…quindi la potenza dei segni espressivi e la fantasia o creatività nell’elaborarli (canto, gestualità corporale…) sono un’esigenza assai sentita, da non sottovalutare»[10] con i giovani.
    Infine, con molto realismo, dobbiamo riconoscere che «La vita dei giovani, come quella di tutti, è segnata anche da ferite. Sono le ferite delle sconfitte della propria storia, dei desideri frustrati, delle discriminazioni e ingiustizie subite, del non essersi sentiti amati o riconosciuti. […] Ci sono poi le ferite morali, il peso dei propri errori, i sensi di colpa per aver sbagliato» (DF 67). Ascoltare i giovani è ascoltare le membra del Corpo di Cristo che continua a portare in sé i segni delle ferite a tal punto che Gesù stesso, da Risorto, disse a Tommaso di mettere il dito nel suo costato (Gv 20,24-29). E se la Parola per portare frutto va seminata in un campo ben arato, cosa sono i solchi del terreno se non le ferite procurate dall’aratro? Le domande dei giovani sulla ricerca del senso della vita, i loro dubbi, le loro attese, speranze, desideri sono i solchi, le ferite esistenziali, attraverso cui rendere accessibili i contenuti della fede.

    L’orizzonte della donazione reciproca

    A quale metodo fare riferimento per proporre significativamente i contenuti di fede ai giovani? Non è questa la sede per elaborare teorie o processi metodologici,[11] ci limitiamo invece ad indicare un orizzonte di riflessione senza entrare nel merito di questioni di ordine pratico. Nelle nostre attività catechistiche offriamo con generosità i contenuti di fede (dottrinali, kerigmatici, iniziatici, etc…) preoccupandoci di porre attenzione alle dinamiche pedagogiche dei destinatari (sviluppo, apprendimento, etc..), di ricercare le modalità comunicazionali più efficaci per l’annuncio del messaggio di salvezza, di richiedere qualità testimoniale alle comunità ecclesiali. Il documento finale del Sinodo invita a rileggere questi processi all’interno di un orizzonte di reciprocità: «È nelle relazioni – con Cristo, con gli altri, nella comunità – che si trasmette la fede. Anche in vista della missione, la Chiesa è chiamata ad assumere un volto relazionale che pone al centro l’ascolto, l’accoglienza, il dialogo, il discernimento comune in un percorso che trasforma la vita di chi vi partecipa. Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, […] un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare» (DF 122). Pertanto, non si tratta solo di fare qualcosa per gli altri ma di crescere «insieme nella comprensione del Vangelo e nella ricerca delle forme più autentiche per viverlo e testimoniarlo» (DF 116).
    La strada è tracciata: accogliere e integrare le prospettive di fede in un cammino comune di donazione reciproca, con la consapevolezza che gli itinerari catechistici sono perfetti solo quando sanno aprirsi al primato della Grazia che illumina e riscalda, convertendo mente e cuori. Vivere la catechesi alla luce del dono reciproco di sé dischiude scenari di fede guidati dallo Spirito del Risorto che, come ad Emmaus, si rende presente come «primo evangelizzatore» (EG 12) a quanti riflettono e si vanno interrogando nel suo Nome.
    Nei prossimi numeri della rivista, alla luce di queste riflessioni, rileggeremo le esperienze di catechesi con i giovani in termini di “Primo annuncio” (Pietre vive, Luci nella notte), Iniziazione cristiana (Passi di Vangelo, Taizé), Catechesi permanente (I Dieci Comandamenti, Gruppo Samuele) e Catechesi in “uscita” verso il mondo del disagio e della disoccupazione giovanile (Progetto Policoro).


    NOTE

    [1] Giovanni da Salisbury nell’opera Metalogion (III, 4) attribuisce la paternità della frase a Bernard de Chartres, cfr. G. Ruta, Catechetica come scienza. Introduzione allo studio e rilievi epistemologici, Coop. S. Tommaso - LDC, Messina – Leumann (TO) 2010, 39.
    [2] Cfr. C. Bissoli, Giovani e catechesi. Spunti per animatori giovanili, in: http://notedipastoralegiovanile.it/index.php? option=com_content&view=article&id=13335:giovani-e-catechesi-spunti-per-animatorigiovanili&catid=347: questioni-catechetiche&Itemid=1(29 novembre 2018).
    [3] Sinodo dei Vescovi – XV Assemblea Generale Ordinaria, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Documento Finale (= DF), Città del Vaticano, (27 ottobre 2018), n. 3.
    [4] Cfr. Francesco, Evangelii Gaudium (= EG). Esortazione apostolica sull’annuncio del vangelo nel mondo attuale, LEV, Città del Vaticano 2014, n. 119.
    [5] Cfr. A. Melloni (ed.), Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, Il Mulino, Bologna 2014.
    [6] Per approfondimenti su alcuni fattori-guida per l’elaborazione di itinerari di fede con i giovani, cfr. C. Bissoli, Giovani e catechesi. Spunti per animatori giovanili.
    [7] «Di fronte alle contraddizioni della società, molti giovani desiderano mettere a frutto i propri talenti, competenze e creatività e sono disponibili ad assumersi responsabilità» (DF 52).
    [8] Cfr. M. Scarpa, Catechesi con i giovani. Un quadro di riferimento teorico, in: “Note di Pastorale Giovanile” 52 (2018/4) 49-53.
    [9] I giovani manifestano «l’inquietudine della ricerca spirituale, l’inquietudine dell’incontro con Dio, l’inquietudine dell’amore» (DF 50).
    [10] C. Bissoli, Giovani e catechesi. Spunti per animatori giovanili.
    [11] Per approfondimenti su alcune scelte metodologiche per l’elaborazione di itinerari di fede con i giovani, cfr. ibidem.


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