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    Il Cantico dei cantici: l’amore adolescente


    I giovani nella Bibbia /7

    Raffaele Mantegazza


    (NPG 2018-03-62)

    L’inserimento del Cantico dei cantici nel canone dell’Antico Testamento non è stata cosa facile: la straordinaria materialità delle immagini presenti nel testo e l’appassionata descrizione dell’amore carnale tra un giovane e una giovane - nonostante le letture allegoriche - costituirono problema per alcuni tra i redattori della Bibbia ebraica. Eppure siamo di fronte a uno dei più straordinari testi biblici. Anche a proposito del titolo, la traduzione più corretta, dato l’uso ebraico del superlativo relativo, dovrebbe essere La Canzone tra le Canzoni, o più liberamente, La più bella canzone, un segno del carattere straordinario del testo in questione.
    Cercheremo di leggere questo libro come la storia di amore di due ragazzi; questa operazione non solo non si contrappone alle letture simboliche o allegoriche, ma anzi le potenzia. Il simbolo biblico non è mai infatti qualcosa di astratto o di disincarnato, è estremamente carnale e fisico; parlare dell’amore di YHWH per il suo popolo o della Chiesa per Cristo presentando una forma di amore meno appassionata di quella tra due esseri umani avrebbe significato sminuire il primo e tradire la seconda.
    Che cosa è dunque l’amore adolescente?
    È un amore anzitutto che si mette in caccia dell’amato o dell’amata, che ne legge le tracce, che ricerca i segni del suo passaggio. Per l’innamorato o l’innamorata il paesaggio non è mai neutrale; come le “chiare fresche dolci acque” sono rese tali dalle “belle membra” dell’amata “che sola a me par donna”, così per l’innamorato il paesaggio inizia a parlare. E il suo è un linguaggio di sfida, di nascondimento e ricerca, di invito a mettersi in cammino, in una sorta di nascondino amoroso:

    Dimmi, o amore dell'anima mia,
    dove vai a pascolare il gregge,
    dove lo fai riposare al meriggio,
    perché io non sia come vagabonda
    dietro i greggi dei tuoi compagni.
    Se non lo sai, o bellissima tra le donne,
    segui le orme del gregge
    e mena a pascolare le tue caprette
    presso le dimore dei pastori.[1]

    E la natura è chiamata a godere dell’amore tra gli innamorati anche perché presta loro le più dolci metafore per descriverlo vicendevolmente. La bellezza del mondo naturale, la sua freschezza, la sua seduzione sono dunque utilizzate per alludere all’amato; l’amore tra i due ragazzi è una festa alla quale tutto gli esseri viventi partecipano perché essi stessi assomigliano alle fattezze fisiche dell’amato o dell’amata:

    Come un giglio fra i cardi,
    così la mia amata tra le fanciulle.
    Come un melo tra gli alberi del bosco,
    il mio diletto fra i giovani[2]

    Chi ama intensamente sa quanto siano lunghe le ore dell’attesa e conosce il raggrumarsi del tempo negli attimi immediatamente precedenti l’appuntamento. Il tempo letteralmente sta sospeso e l’apparizione dell’amato o dell’amata è una sorpresa; arrivare leggermente in ritardo a un appuntamento amoroso aumenta l’attesa e la voglia di vedersi, spiare l’amato che sta attendendo è una ulteriore mossa nel gioco amoroso:

    Una voce! Il mio diletto!
    Eccolo, viene
    saltando per i monti,
    balzando per le colline.
    Somiglia il mio diletto a un capriolo
    o ad un cerbiatto.
    Eccolo, egli sta
    dietro il nostro muro;
    guarda dalla finestra,
    spia attraverso le inferriate.[3]

    L’amore è gioia ma anche pena, fiduciosa attesa ma anche angoscioso senso di perdita. Il Cantico non tralascia di narrare anche queste dimensioni negative del rapporto amoroso. L’idillio amoroso si nutre anche di sentimenti negativi, di una ricerca che potrebbe al limite non avere esito: ad essere in gioco è la libertà dell’altro e dell’altra, che, se si concede al gioco d’amore, è anche libero di sottrarvisi. L’amore adolescente non ha nulla della certezza (a volte fiducia ben riposta ma a volte anche semplice routine) dell’amore adulto: è portato ad amare proprio perché sa di poter perdere l’oggetto d’amore, come ben sa ogni quindicenne che si prepara per il primo appuntamento e che teme che la persona amata semplicemente non si presenti:

    Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato
    l'amato del mio cuore;
    l'ho cercato, ma non l'ho trovato.
    «Mi alzerò e farò il giro della città;
    per le strade e per le piazze;
    voglio cercare l'amato del mio cuore».
    L'ho cercato, ma non l'ho trovato.
    Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda:
    «Avete visto l'amato del mio cuore?».[4]

    L’amore può anche essere negato da circostanze esterne, anche legate, ieri come allora, al colore della pelle o ad altre caratteristiche fisiche:

    Sono scura ma bella, o figlie di Gerusalemme,
    come le tende di Chedar, come i padiglioni di Salomone.
    Non guardate se sono scura;
    è il sole che mi ha abbronzata;
    i figli di mia madre si sono adirati contro di me;
    mi hanno fatta guardiana delle vigne,
    ma io, la mia vigna, non l'ho custodita.[5]

    E l’amore negato fa soffrire, fa desiderare una vicinanza fisica che sarebbe permessa se tra i due amanti ci fosse una relazione differente; sarebbe bello che l’amato fosse un fratello in modo da poterlo baciare e abbracciare:

    Oh se tu fossi un mio fratello,
    allattato al seno di mia madre!
    Trovandoti fuori ti potrei baciare
    e nessuno potrebbe disprezzarmi.
    Ti condurrei, ti introdurrei nella casa di mia madre;
    m'insegneresti l'arte dell'amore.
    Ti farei bere vino aromatico,
    del succo del mio melograno.[6]

    Ma, come è noto, i versi più alti del Cantico sono quelli che descrivono il corpo dell’amata. Ogni sostenitore del carattere sessuofobico dell’ebraismo o della mortificazione del corpo nella cultura biblica dovrebbe leggere con attenzione i versi che seguono (il che non significa che soprattutto nella storia della Chiesa non vi siano state posizioni come quelle sopra evocate). Il corpo è creato da YHWH, e dunque è tov, bello buono e giusto: è l’abuso, anche della sessualità, a condannarlo, non certo il corpo in sé ad essere negativo o addirittura demoniaco.
    E il corpo dei giovani innamorati è bello; bello perché corpo giovane e dunque nella primavera della vita, in un momento in cui tutto ancora sembra possibile e questa infinita possibilità esistenziale si manifesta nella straordinaria plasticità del corpo dei giovani; ed è bello perché innamorato, e dunque al contempo si vela e si svela, si presta e si cela alla contemplazione:

    Come sei bella, amica mia, come sei bella!
    Gli occhi tuoi sono colombe,
    dietro il tuo velo.
    Le tue chiome sono un gregge di capre,
    che scendono dalle pendici del Gàlaad.
    I tuoi denti come un gregge di pecore tosate,
    che risalgono dal bagno;
    tutte procedono appaiate,
    e nessuna è senza compagna.
    Come un nastro di porpora le tue labbra
    e la tua bocca è soffusa di grazia;
    come spicchio di melagrana la tua gota
    attraverso il tuo velo.
    Come la torre di Davide il tuo collo,
    costruita a guisa di fortezza.
    Mille scudi vi sono appesi,
    tutte armature di prodi.
    I tuoi seni sono come due cerbiatti,
    gemelli di una gazzella,
    che pascolano fra i gigli.[7]

    Il corpo è narrato, detto, descritto, in modo plastico e carnale, ma anche dentro una rete di metafore e allusioni che evita un riferimento troppo diretto, mantenendo la poesia in un chiaroscuro che, come sa ogni amante, è più amico dell’amore che ogni eccesso di luce, In un passaggio nel quale le metafore carnali sono perturbanti quanto ad ardimento, recuperiamo però anche tutta la straordinaria poesia della metafora e dell’allusione. Spiegare a un gruppo di ragazzi a cosa si riferiscono carnalmente i seguenti versi, o meglio confermare quanto essi hanno già intuito, è già una lezione di educazione sessuale in un mondo come il nostro nel quale l’anatomia maschile e femminile è esibita impudicamente e volgarmente nelle immagini come nel linguaggio.

    Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio
    e un fremito mi ha sconvolta.
    Mi sono alzata per aprire al mio diletto
    e le mie mani stillavano mirra,
    fluiva mirra dalle mie dita
    sulla maniglia del chiavistello.[8]

    Ma l’amore adolescente ha un compito: crescere. E non è un caso che nel Cantico si evochi la morte, perché è proprio nel confronto con la morte che l’amore diventa adulto. Quel desiderio di possesso totale, quell’ideale di azzeramento del tempo, di sfida all’eternità che è fisiologico nell’amore dei ragazzi si trasforma in accettazione della morte nell’amore adulto: l’amore è forte “come” la morte, non “più” della morte. E se il percorso verso l’adultità matura passa attraverso la consapevolezza della morte come morte propria, allora anche l’amore ne esce rafforzato:

    Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
    come sigillo sul tuo braccio;
    perché forte come la morte è l'amore,
    tenace come gli inferi è la passione:
    le sue vampe son vampe di fuoco,
    una fiamma del Signore!
    Le grandi acque non possono spegnere l'amore
    né i fiumi travolgerlo.
    Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
    in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.[9]

    Il Cantico narra l’amore adolescente perché allude all’amore adulto; non si tratta di un modo di amare che sia migliore o peggiore di un altro, si tratta invece di un unico amore che si declina con il volgere degli anni; e che lascia dietro di sé, sempre, la stessa traccia di profumi e aromi che sono così carnalmente presente in questo straordinario testo biblico.


    NOTE

    [1] Can 1, 7-8.
    [2] Can 2, 2-3.
    [3] Can 2, 8-9.
    [4] Can 3, 1-3.
    [5] Can 2, 5-6.
    [6] Can 8, 12.
    [7] Can 4, 1-5.
    [8] Can 5, 4-6.
    [9] Can 8, 6-7.


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