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    Davide: un ragazzo tra amicizia e potere


    I giovani nella Bibbia /5

    Raffaele Mantegazza

    (NPG 2018-01-70)

    L’idea di predestinazione non è mai stata predominante nel pensiero biblico, dal momento che essa rischia di cancellare o comunque annebbiare il libero arbitrio che dovrebbe permettere all’uomo e alla donna di scegliere correttamente, una volta posti di fronte al bivio tra peccato e salvezza. Ma nel testo biblico compaiono alcune figure per le quali si può in un certo senso dire che il destino, se non già scritto in anticipo, è comunque ampiamente tracciato fin dalla loro gioventù.
    Davide è certo una persona non comune: già da ragazzo è oggetto di una scelta da parte di YHWH, una di quelle scelte divine che sono incomprensibili a chi ragiona con le categorie umane. Dopo la disfatta di Saul, Samuele deve ungere uno dei figli di Iesse per designarlo successore dello sfortunato re. Il primo è alto e possente, potrebbe dunque essere un valido successore, ma YHWH dice: “Non guardare al suo aspetto né all'imponenza della sua statura. Io l'ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l'uomo.”[1]. Uno a uno tutto i figli di Iesse vengono presentati al profeta che però li scarta. Solo il giovane Davide è a pascolare il suo gregge e nessuno ha pensato di convocarlo: Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo che ora sta a pascolare il gregge». Samuele ordinò a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui»[2]
    L’incontro del profeta con il ragazzo occupa solo un versetto, uno di quei versetti folgoranti di cui la Bibbia non è avara: “Era fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto. Disse il Signore: «Alzati e ungilo: è lui!»”[3] Samuele, grazie a YHWH, ha visto qualcosa in quel ragazzo; ha visto il suo possibile futuro ma soprattutto ha visto la possibilità di scommettere su di lui, proprio su quel giovane pastore che nemmeno era stato convocato davanti a chi doveva scegliere il futuro re. Samuele è dunque il primo mentore di Davide; e se sarà un altro profeta di corte, Natan, a svolgere questo delicato compito durante il regno, ci sembra che Samuele occupi il posto di chi, per ispirazione divina, legge nel corpo e nello sguardo del ragazzo un possibile, straordinario futuro. Quanti nostri giovani avrebbero bisogno di un intervento del genere per trovare la loro strada nella vita? Quanti ne perdiamo per strada perché noi adulti non abbiamo avuto la forza o la voglia di interpretare questo ruolo?
    Davide ha più fortuna, ed entra alla corte di Saul. E la fortuna continua ad accompagnarlo quando viene identificato come abile suonatore di cetra (ricordiamo che per la tradizione biblica Davide ha composto il Salterio) e assunto come musico per calmare i nervi scossi di re Saul: “Allora i servi di Saul gli dissero: «Vedi, un cattivo spirito sovrumano ti turba. Comandi il signor nostro ai ministri che gli stanno intorno e noi cercheremo un uomo abile a suonare la cetra. Quando il sovrumano spirito cattivo ti investirà, quegli metterà mano alla cetra e ti sentirai meglio”[4] 
    Ma è nello scontro con il filisteo Golia, il prototipo del nemico arrogante e violento, vero e proprio miles gloriosus dell’esercito opposto a Israele, che si decide il futuro del ragazzo. Golia è il campione del filistei (un ruolo che richiama l’epica greca), e la Bibbia lo descrive con abbondanza di particolari: “dall'accampamento dei Filistei uscì un campione, chiamato Golia, di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo. Portava alle gambe schinieri di bronzo e un giavellotto di bronzo tra le spalle. L'asta della sua lancia era come un subbio di tessitori e la lama dell'asta pesava seicento sicli di ferro; davanti a lui avanzava il suo scudiero”[5]. Un nemico del genere è difficile da affrontare e l’esercito di Israele fatica a trovare qualcuno da contrapporgli nella singolar tenzone che il filisteo propone. Per caso però giunge sul campo di battaglia il giovane Davide, inviato dal padre a rifornire i fratelli arruolati. Il ragazzo è in un certo senso affascinato dalla figura di Golia e si informa presso i soldati che lo trattano male, compresi i suoi fratelli: “Lo sentì Eliab, suo fratello maggiore, mentre parlava con gli uomini, ed Eliab si irritò con Davide e gli disse: «Ma perché sei venuto giù e a chi hai lasciato quelle poche pecore nel deserto? Io conosco la tua boria e la malizia del tuo cuore: tu sei venuto per vedere la battaglia». Davide rispose: «Che ho dunque fatto? Non si può fare una domanda?». Si allontanò da lui, si rivolse a un altro e fece la stessa domanda e tutti gli diedero la stessa risposta.”[6]
    A sbloccare la situazione di questo ragazzino che rischia di prendere qualche sberla se continuerà con la sua curiosità pensa Saul, con un colpo di scena assolutamente imprevisto e altrettanto assolutamente paradossale: lo sceglie come campione del popolo di Israele. Il dialogo tra il ragazzo e il re probabilmente doveva risultare comico agli ascoltatori dell’epoca, tanto è evidente l’ingenuità del giovane nel presentare credenziali assolutamente inadatte per la battaglia: “Saul rispose a Davide: «Tu non puoi andare contro questo Filisteo a batterti con lui: tu sei un ragazzo e costui è uomo d'armi fin dalla sua giovinezza». Ma Davide disse a Saul: «Il tuo servo custodiva il gregge di suo padre e veniva talvolta un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. Allora lo inseguivo, lo abbattevo e strappavo la preda dalla sua bocca. Se si rivoltava contro di me, l'afferravo per le mascelle, l'abbattevo e lo uccidevo. Il tuo servo ha abbattuto il leone e l'orso. Codesto Filisteo non circonciso farà la stessa fine di quelli, perché ha insultato le schiere del Dio vivente». Davide aggiunse: «Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell'orso, mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo”[7] La scena della vestizione del ragazzo è interessante perché mostra in modo comico come le fattezze minute del giovane non gli consentano nemmeno di indossare l’armatura: “Saul rivestì Davide della sua armatura, gli mise in capo un elmo di bronzo e gli fece indossare la corazza. Poi Davide cinse la spada di lui sopra l'armatura, ma cercò invano di camminare, perché non aveva mai provato. Allora Davide disse a Saul: «Non posso camminare con tutto questo, perché non sono abituato». E Davide se ne liberò.”[8]
    I capolavori di Michelangelo e di Donatello ci rendono difficile rappresentarci Davide come un adolescente magro e poco muscoloso che affronta il gigante armato solo di una fionda, cinque ciottoli del fiume e un bastone. Ma fu questa l’immagine che si parò di fronte a Golia, che infatti manifestò immediatamente la sua ironica sorpresa: “Il Filisteo gridò verso Davide: «Sono io forse un cane, perché tu venga a me con un bastone?”[9].
    Sappiamo bene come si concluse la disfida: Davide sconfigge Golia e si legittima in questo modo per il suo futuro ruolo di re. Ma il trionfo per Davide ha anche un’altra conseguenza, l’amicizia tenerissima che lo legherà al figlio di Saul, Gionata, che addirittura gli salverà la vita quando il padre vorrà ucciderlo. Non seconda all’amicizia tra Achille e Patroclo o tra Eurialo e Niso, la storia che lega Davide e Gionata costituisce anche per i giovani di oggi un ritratto della assoluta fedeltà dell’amicizia giovanile e adolescenziale: “l'anima di Giònata s'era già talmente legata all'anima di Davide, che Giònata lo amò come se stesso. Saul in quel giorno lo prese con sé e non lo lasciò tornare a casa di suo padre. Giònata strinse con Davide un patto, perché lo amava come se stesso. Giònata si tolse il mantello che indossava e lo diede a Davide e vi aggiunse i suoi abiti, la sua spada, il suo arco e la cintura. [10]”. Notiamo come per il giudeo che vie a corte il vestito sia parte della persona: Gionata ama Davide come se stesso, rinuncia a una parte di sé per offrirla all’amico.
    La storia di Davide continuerà, il re crescerà si macchierà di un tremendo peccato, perderà un figlio in culla, poi un altro figlio si ribellerà a lui. Un midrash sostiene che quando YHWH rivelò ad Adamo che la sua vita sarebbe durata mille anni, il primo uomo chiede di rinunciare a cento di questi anni perché lesse nel libro delle generazioni che il re Davide sarebbe morto giovane. YHWH dunque allungò la vita di Davide: e conoscendo gli ultimi anni del re, non gli fece un gran favore. Perché a nostro parere la forza della storia di Davide è tutta racchiusa in quei primi anni, che lo hanno condotto dal badare alle pecore al guidare un popolo. E soprattutto in quel pomeriggio nel quale la caduta al suolo di Golia deve avere stupito prima di tutto quel ragazzino un po’ magro e dalle gambe malferme.
    L’età adulta e soprattutto la vecchiaia porteranno al re d’Israele pene, pentimenti e dolori, primo tra tutti la morte dell’amato Gionata al quale Davide dedicherà uno dei più struggenti lamenti funebri della storia dell’umanità Chissà che alla fine della sua vita il re d’Israele non abbia avuto nostalgia di quei pomeriggi con il suo gregge, lontano dal fragore delle battaglie e dai furori della corte, dal potere e dall’amicizia, solo con se stesso e con la propria fanciullezza; quando nulla era predestinato, nulla era profetizzato e tutto, almeno per un momento, pareva ancora possibile.[11]

    NOTE

    [1] 1 Sam 16,7.
    [2] 1 Sam 16, 11.
    [3] 1 Sam 16, 12.
    [4] 1 Sam 16, 15-16.
    [5] 1 Sam 17, 4-7.
    [6] 1 Sam 17, 28-30.
    [7] 1 Sam 17, 34-37.
    [8] 1 Sam 17, 38-39.
    [9] 1 Sam 17, 43.
    [10] 1 Sam 18, 1-4.
    [11] La storia di Davide è romanzata in modo magistrale da Carlo Coccioli (Davide, Rusconi, 1977); una interpretazione interessante dei primi anni di vita e di regno è in Bruna Costacurta, Con la pietra e con la fionda. L’ascesa di Davide verso il trono, Bologna, EDG, 1994.


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