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    Da “Messer lo Papa” per il cammino più antico


    I CAMMINI /7

     

    La Via Amerina da Assisi a Roma

    (NPG 2018-08-60)

     

    1. Il percorso
    Giancarlo Guerrini

    Un percorso antichissimo
    La Via Amerina è la sintesi di percorsi arcaici, che collegavano Veio con Ameria (Amelia): da qui il nome “Amerina”. Il tracciato attraversava il territorio dei Falisci, di cui toccava i principali centri: Nepi, Falerii, Fescennium (Corchiano), Orte... A nord di Amelia percorreva il territorio degli Umbri, attraverso la media e alta valle del Tevere, fino alle terre dei Galli Senoni, sull’Adriatico. Tutte queste genti a partire dal V secolo a.C. vennero interessate dal processo di “romanizzazione”: la conquista graduale da parte di Roma e l’imposizione delle sue leggi e della sua organizzazione politica, civile, militare e religiosa. Tale processo si concluse con la promulgazione della Lex Iulia, nel 90 a.C., che estese la cittadinanza romana a tutti gli abitanti della penisola.
    Con la presa di Veio (396 a. C.) l’inizio della via venne presumibilmente portato a Roma e dopo la sconfitta dei Falisci (241 a.C.) i Romani costrinsero gli abitanti di Falerii (attuale Civitacastellana) a costruire la nuova città di Falerii Novi circa 5 km ad ovest di quella antica su quell’ asse viario già esistente che ne costituì il cardo; in quell’occasione la Via venne ristrutturata e basolata, come ancora oggi si vede per lunghi tratti nel Lazio. Da ponte Milvio, attraverso Nepi, Falerii Novi, Corchiano, Orte giungeva ad Amelia e proseguiva per Todi, Perugia e Gubbio, fino all’Adriatico. Più tardi, quando si costruirono le vie consolari Flaminia (220 a.C.) e Cassia (154 o 127 a.C.) la Via Amerina andò a confluire su entrambe: da Perugia, sulla Flaminia nei pressi di Luceoli (l’attuale Cantiano) e sulla Cassia a Chiusi; mentre il primo tratto della Cassia da Ponte Milvio alla valle del Baccano (Mansio ad Vacanas), situata nei pressi dell’attuale Campagnano, andò a ricalcare proprio il tracciato della Via Amerina. La distanza totale da Roma ad Amelia era di 56 miglia, come ci riferisce Cicerone nella famosa Oratio pro Sexto Roscio Amerino (80 a.C.). Tale distanza viene pressoché confermata dalla Tabula Peutingeriana, che segna 21 miglia da Roma alla Mansio ad Vacanas (Cassia) e altre 34 fino ad Amelia (Amerina).
    Della Via Amerina si servirono i Galli di Brenno (390 a.C.) - battaglia del lago Vadimone, presso Orte, dove poi vennero combattute anche altre famose battaglie tra i Romani e la lega delle città etrusche nel 309 e nel 282 a.C. - i Cartaginesi di Annibale dopo la battaglia del Trasimeno (217 a. C.), i Visigoti di Alarico (408/410 d.C.) i Goti di Totila (548).
    In epoca Longobarda (VI secolo) la Via Amerina diventa l’asse portante del “Corridoio Bizantino”, un insieme di città, fortificazioni e territori posti tra gli stati longobardi, che congiungeva i territori bizantini di Roma e di Ravenna. Nel 742, a Terni, il Re longobardo Liutprando donò a Papa Zaccaria un gruppo di città strappate ai Bizantini (Ameria, Orte, Bomarzo, Gallese e Blera), primo nucleo del futuro Stato della Chiesa e radice del potere temporale del Papato.
    Al tempo del Sacro Romano Impero, percorrono la Via Amerina le truppe degli Imperatori Sassoni che si recavano a Roma per la loro incoronazione. I pirati Saraceni se ne servirono intorno al 915 per saccheggiare l’Italia centrale. Verso il 1100 passarono i Normanni, che distrussero Falerii Novi, sulle cui rovine verrà costruita, entro l’antica cerchia di mura romane, tuttora visibili, l’Abbazia Cistercense di Santa Maria in Falleri. Nel 1242 è la volta di Federico II e il suo esercito. Da ultima scese l’armata di Carlo V con i Lanzichenecchi che nel 1527 si resero responsabili del famoso sacco di Roma.

    Un itinerario della fede
    La Via Amerina ebbe un ruolo primario anche nella diffusione del Cristianesimo: lo testimoniano le numerose memorie dei martiri e gli antichi luoghi di culto dislocati lungo la via. Nel 1209 la percorse San Francesco d’Assisi, diretto con i primi compagni da “Messer lo Papa”; al ritorno soggiornarono presso Orte.
    Lungo la Via Amerina, al pari delle altre strade che venivano dal Nord, si sviluppò nel Medio Evo il Pellegrinaggio verso Roma e le tombe degli apostoli e dei martiri, con un significativo incremento in occasione dei Giubilei, a partire da quello indetto da Bonifacio VIII nel 1300.
    Con la concessione dell’indulgenza detta “Perdono di Assisi” da parte di Onorio III nel 1216 e dopo il transito di san Francesco nel 1226, iniziò un flusso di pellegrini verso la Città serafica, che si è rafforzato nei secoli a seguire.
    Il passaggio dei pellegrini è attestato da numerosi toponimi riferiti ad ostelli, ospedali e osterie
    nonché da numerose chiese, eremi e conventi, che oggi ci aiutano a ricostruire i tratti del tracciato
    originario andato in disuso in epoca moderna.

    Camminare per tornare alle radici
    La Via Amerina è il più antico dei cammini, ricchissimo di testimonianze archeologiche e storiche e di memorie spirituali, in una cornice naturalistica di grande bellezza, dalle verdi colline dell’Umbria, alla Valle del Tevere, alle profonde forre del Lazio, fino ai colli dell’Urbe. Il tratto oggi percorribile, da Perugia-Assisi a Roma (e vice versa) dà l’opportunità di tornare alle radici della civiltà italiana e della fede cristiana, costituendo tra l’altro il più diretto collegamento tra Assisi e Roma, due centri antichi e sempre attuali di irradiazione del Vangelo.

    2. Da “Messer lo Papa” per il cammino più antico
    Emanuele Poletti

    Sono tante le ragioni che oggi spingono un giovane a mettersi in cammino “fisicamente”. Tra tutte, spicca in maniera evidente il fatto che in questi tempi il pellegrinaggio appare come uno dei grembi più capaci di generare risposte significative alle tante domande che ciascun credente porta nell’intimo, a maggior ragione se giovane.
    Oltre a questa motivazione, ogni pellegrinaggio porta con sé anche alcune ragioni particolari. Non vi sono dubbi per esempio circa i cammini più illustri: il Cammino di Santiago, così come la Via Francigena, vengono percorsi da secoli perché ciascun pellegrino, giunto alla tomba del santo cui il cammino stesso conduce, può chiederne l’intercessione ed essere sostenuto nel suo cammino di conversione.
    La Via Amerina, che da Assisi conduce a Roma, non rientra in maniera altrettanto precisa in questa tipologia di cammino. Sappiamo che essa è una strada molto antica e che già in epoca romana era importante e proprio per questo ampiamente battuta. Ma con la caduta dell’Impero, anche questa “via” cadde presto in disuso, sia per la costruzione di strade ben più importanti (la Via Flaminia) sia per la perdita di importanza della stessa città di Roma. Quali sono le ragioni per ripercorrerla oggi a piedi? Quali sono le attenzioni profonde perché un giovane pellegrino ne possa cogliere e valorizzare tutto il potenziale culturale e spirituale? Proviamo a condividere alcune traiettorie affinché ogni persona che incrocerà questa via, possa attingervi e uscirne arricchito.

    Quando la strada mette in contatto mondi lontani e diversi
    Nell’alto medio evo, la Via Amerina (divenuta “corridoio bizantino”) favorì il collegamento di Roma con un mondo a quel tempo decisamente lontano - quello orientale -, interprete peraltro di una cultura completamente differente da quella maggiormente diffusa allora in occidente. Senza ovviamente dimenticare i tanti altri motivi che l’hanno fatta nascere in epoca antica, l’esistenza della Via Amerina, mettendo in collegamento due culture diverse, attesta che nessuna delle due parti di mondo a quel tempo voleva sottrarsi ad un possibile incontro. A distanza di quasi quindici secoli, difficilmente riusciamo ad essere consapevoli di questo buon desiderio e delle numerose e preziose contaminazioni culturali che questo contatto ha generato. Percorrere oggi a piedi la Via Amerina potrebbe essere l’occasione per lasciarsi provocare da questo antico ma sapiente approccio culturale in cui il diverso non fa paura, riuscendo magari a promuovere nel pellegrino il desiderio di conoscere, apprezzare e quindi accogliere l’altro. Da sempre, l’incontro di mondi che non hanno avuto paura del “diverso”, è diventato possibilità concreta di vita nuova e buona: che possa esserlo anche oggi?

    Quando la strada porta tracce di incontri sacri
    La fede non è mai solo un’idea da trasmettere teoricamente. Più propriamente, essa è esperienza di ascolto, di cammino insieme e di incontri significativi che provocano la vita di ciascuno ad un “di più”. Che noi cristiani riconosciamo nel Vangelo di Gesù. Dalla storia, sappiamo che la Via Amerina ha certamente contribuito alla diffusione e al radicamento di questo “di più”, nel centro e nel nord dell’Italia e anche dell’Europa di allora. Contemporaneamente l’Amerina è stata strumento prezioso per chi proveniva dall’oriente e desiderava raggiungere la Città Eterna con tutto ciò che essa significava dal punto di vista spirituale. Tante sono le testimonianze che lungo il cammino attestano di questo suo “sacro” servizio: le catacombe paleocristiane di Santa Savinilla presso Nepi oppure i diversi luoghi di culto legati ad alcuni santi e martiri dei primi secoli della cristianità. Solo per citarne alcuni: i santi Tolomeo e Romano di Nepi, il molto venerato san Famiano di Gallese oppure i santi Fermina, Olimpiade e Secondo di Amelia. Con l’indizione del primo Giubileo nel 1300, la Via Amerina divenne anche una delle principali strade percorse dai pellegrini desiderosi di arrivare a Roma: sono ancora molti i resti delle osterie e degli ospedali costruiti per accogliere i viandanti in cammino. Alcuni su tutti sono il famoso Ospedale di San Giacomo a Deruta oppure l’ospedale di Santa Maria dei Laici ad Amelia. La Via Amerina può allora essere occasione di riflessione - e perché no?, anche di preghiera - che non solo conferma la fede di chi la percorre ma permette anche di abbeverarsi a quella sorgente di acqua viva che è la tradizione dei santi e che da sempre disseta gli uomini che vi approdano con le loro domande di senso.

    Quando la strada racconta un pezzo significativo di storia della Chiesa
    Più volte nella vita San Francesco d’Assisi ebbe modo di andare a Roma. Tra i suoi viaggi, ve ne è uno che certamente lo segnò in maniera indelebile: quello fatto nel 1209 per ottenere l’approvazione della sua prima regola da parte di Papa Innocenzo III. Nella “Vita prima”’ scritta da fra’ Tommaso da Celano si racconta in modo particolare del viaggio di ritorno, avvenuto proprio in quell’occasione sulla Via Amerina, e di una sosta che il Poverello fece ad Orte. Una sosta “anomala” poiché durò quindici giorni, ma che proprio per questa sua anomalia ci comunica il suo particolare significato. Si dice infatti che in quei giorni di sosta prolungata, i primi francescani fecero un ulteriore discernimento su come continuare il loro cammino, pur avendo in mano la regola appena approvata: dedicarsi completamente alla contemplazione, oppure impegnarsi anche nell’azione di evangelizzazione?
    Orte quindi, ma anche e soprattutto Assisi, che è punto significativo della Via Amerina, evocano fortemente la figura di Francesco. Una figura che non ha bisogno di molte presentazioni e che già di per sé è capace di comunicare la bellezza di una vita vissuta secondo il Vangelo. A patto che il cammino sia visto come l’occasione non solo per muovere passi fisici, ma anche per frequentare quelle testimonianze scritte (i documenti su San Francesco si sprecano) che ci mettono in contatto con la rivoluzione spirituale che proprio in quelle terre prese forma nel corpo di un semplice uomo e di alcuni suoi compagni. Se di cammino spirituale si tratta, allora non possono certamente mancare un piccolo Vangelo ma anche alcuni passi delle Fonte Francescane.

    Quando la meta permette la conferma della fede
    Tra le caratteristiche particolari della Via Amerina vi è certamente il fatto che, come tante altre strade, essa conduce a Roma, una delle principali mete della cristianità occidentale. Compiere un pellegrinaggio necessita sempre di un chiaro punto di partenza – Assisi - ma al contempo di un altrettanto chiaro punto di arrivo: Roma. Come per San Francesco, anche la Città Eterna non ha bisogno di particolari presentazioni. Giungere a Roma significa ritrovarsi sulla tomba di San Pietro ricordando la sua vita e tutto ciò che l’ha resa importante per i cristiani di sempre: la sua professione di Fede (“Signore, tu lo sai che ti amo” - Gv 21, 17) che si è stata testimonianza di vita fino all’effusione del sangue. Pregare sulla sua tomba nell’omonima basilica, può diventare allora l’occasione per provocare ogni pellegrino al confronto con la vicenda spirituale del nostro primo papa. Una provocazione che ancora di più, può trasformare il cammino fisico in un cammino anche spirituale, una strada che porta a “sentire” e a professare la fede proprio come fece San Pietro nel corso della sua vita. E se la conferma della fede avviene davanti a Papa Francesco - che pare non sottrarsi mai a richieste di questo genere, anche se si tratta di uno sparuto numero di pellegrini - meglio ancora!

    3. La testimonianza
    Da Francesco a Francesco: l'esperienza di un giovane pellegrino

    Fare un pellegrinaggio di 122 km è una fatica: fisica e mentale. Come per tutte le cose belle e complicate della vita, non sai quello che ti aspetta. Cerchi di prepararti, di allenarti, di immaginare per filo e per segno quello che accadrà. Presto ti rendi conto che le tue attese sono destinate a naufragare. Non hai davanti semplicemente una strada, magari panoramica o in mezzo ai boschi; ti metti di fronte alla vita, rimetti nelle mani di un altro le tue insicurezze, la paura di cambiare. Ma hai deciso di affidarti. Hai scelto di non mollare. Perché non sei solo e puoi contare sull’appoggio degli amici dell’oratorio che hanno deciso di trascorrere quei pochi giorni di vacanza a spasso sulle orme di San Francesco. La meta è la capitale, e quando arriva a stagliarsi il Cupolone all’orizzonte, sai di aver raggiunto la meta, di aver portato a compimento quanto ti eri prefissato. Quel punto che, all’inizio, sembrava irraggiungibile. E ti accorgi nel frattempo di essere riuscito a cambiare qualcosa in te stesso, nella tua esistenza: hai abbandonato le tue certezze e le tue comodità, per avere una visione nuova e più ampia della tua esistenza.
    È chiaro, tutto questo non avviene per caso. Necessita di spazi e tempi precisi, che vanno curati per bene. San Francesco scrisse con parole semplici una formula di vita nella quale pose una regola assoluta: l’osservanza del Vangelo. Io l’ho vissuta come il bisogno interiore di darsi delle regole, di credere che c’è qualcosa che conta più di tutto e che la felicità passa dal sapersi donare agli altri. La meta del pellegrinaggio è diventata l’immagine della direzione e del senso che voglio dare alla mia vita; non è un semplice gironzolare senza senso: ho contato i passi, la fatica, le ore sotto il sole, le sorgenti di acqua. Ho amministrato le mie forze e cercato di gestire tutti i dolorini e gli acciacchi che si presentavano giorno dopo giorno. Il mio mettermi in cammino non era la semplice fuga dalle comodità: era l’attesa per qualcosa di unico. L’incontro a Roma con il Santo Padre: da Francesco… a Francesco. Per questo motivo ho deciso di accettare tutti i rischi del cammino. Ad attendermi c’era qualcosa che ha cambiato la mia vita, che ha lasciato un segno, qualcosa di buono.
    Ha ragione San Francesco: “Fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e, all’improvviso, vi sorprenderete a fare l’impossibile”. È il grande grazie che dico dal profondo per l’esperienza vissuta.
    (Marcello Mossali, 34 anni)

    4. Informazioni aggiuntive
    - Giancarlo Guerrini, amerino sulla soglia dei 70, pensionato, è stato consigliere comunale della sua città dal 2006 al 2011. Da 50 anni è coinvolto nell'associazionismo e nel volontariato, soprattutto in ambito parrocchiale. Appassionato di storia e di archeologia, si deve soprattutto a lui la riscoperta e la valorizzazione della Via Amerina, cui si dedica con impegno da almeno vent’anni. Ha pubblicato la prima guida della Via, in edizione fuori commercio. Sta lavorando per una prossima edizione con Terre di Mezzo. È sempre disponibile a offrire consigli e assistenza a chi intenda percorrere l’Amerina. Appartiene alla Confraternita perugina di San Jacopo di Compostella.
    - Don Emanuele Poletti, classe 1975, è dal 2012 incaricato della Diocesi di Bergamo per la pastorale giovanile (Ufficio Pastorale Età Evolutiva). È cresciuto nella Parrocchia di Osio Sotto ed è stato ordinato prete nel 2001. Successivamente è stato vicario parrocchiale e direttore dell'oratorio di Ponte San Pietro, quindi vicario parrocchiale a Grassobbio. Nell’estate del 2014 ha guidato 600 giovani bergamaschi da Assisi a Roma, lungo la Via Amerina. Per quell’esperienza è stato prodotto un interessante sussidio, che si può richiedere all’UPEE.
    - Non esiste ancora in commercio una guida per percorrere la Via Amerina. Si può richiedere a Giancarlo Guerrini una copia del suo libro Il Cammino della Luce. A piedi sulla Via Amerina sul tratto Perugia/Assisi Roma, edito nel 2016 dalla Fondazione per il Cammino della Luce.
    - Ulteriori informazioni sulla Via possono essere ottenute anche attraverso i siti:
    www.camminodellaluce.it: sito ufficiale della Fondazione per il Cammino della Luce;
    www.viaamerina.eu: sito del Consorzio della Via Amerina.
    Informazioni e tracciato sono anche riportati nell’app Francesco’s Ways disponibile per IOS e Android.


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