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    I giovani e la speranza: qualche testimonianza


    Dal numero di approfondimento della proposta pastorale MGS per il 2024-25 sul tema della SPERANZA

    (NPG 2024-04-41)


    NB. Le testimonianze non sono propriamente di "giovani", ma di persone che sono state coordinatori del Movimento Giovanile Salesiano a livello nazionale. E l'ultima, una che lavora nella progettazione sociale di "Salesiani per il sociale".


    La speranza è nel presente: il centuplo quaggiù
    Emanuele Bonazzoli *

    Riflettere sulla speranza quando si è giovani e si sta guardando alla vita è un discorso: apre orizzonti, sentieri di vita, esperienze, ampi respiri e audaci scommesse. Ho vissuto tutte queste fasi nei miei vent’anni trascorsi attivamente all’interno del MGS: lo sguardo locale, ispettoriale, nazionale ed europeo hanno aperto panorami via via più ampi che hanno interrogato e plasmato la mia vita.
    Riflettere sulla speranza a metà vita, da marito e papà, da adulto lavoratore con le incombenze del quotidiano, la routine che ritma le giornate, in un mondo con un suo contesto socio-economico-culturale che preoccupa, è un’altra cosa… Le difficoltà della gestione di ogni giorno, il mutuo da pagare, le scadenze e i ritmi dell’agenda, le incertezze del lavoro, tolgono smalto alla speranza.
    Nel corso della vita, il valore che diamo alla speranza può assumere sfumature variabili, influenzate dalle nostre esperienze e convinzioni personali. Per lungo tempo ho interpretato la speranza come “l'attesa del futuro”, un desiderio di realizzazione che trova compimento in un domani migliore: certo, per il cristiano, ho costantemente pensato che la speranza assumesse il valore della certezza, ma l’ho sempre relegata nel tempo non ancora compiuto. La speranza nella vocazione, nel diventare insegnante, nel vivere pienamente il mio essere cristiano e salesiano cooperatore. La delusione della situazione attuale, mescolata al desiderio di qualcosa di nuovo, mi ha portato anche a pensare che inseguire la speranza fosse fuggire dal presente e dalla realtà. Tuttavia, il tempo, le esperienze e il confronto con mia moglie mi hanno condotto a una nuova consapevolezza: la speranza è innanzitutto la ricerca della presenza del Signore nel momento presente. La sua promessa è “la gioia piena” non domani, ma oggi. Ed è stato un cambio di prospettiva!
    Spesso, infatti, ci concentriamo sul futuro, proiettando desideri e aspettative che, se realizzati, ci renderanno felici: investiamo tempo ed energie a dare forma a sogni che vogliamo inseguire. Se però non viviamo il nostro sogno già ora, lasciando aperte le strade alla Provvidenza e concentrandoci solo su quanto ancora ci manca per raggiungere il nostro scopo, questa prospettiva può condurci a trascurare il valore del presente, ricco di opportunità e benedizioni da apprezzare. La speranza, dunque, cessa di essere solo nell’attesa, ma diventa consapevolezza di una promessa già mantenuta, che si manifesta nei doni quotidiani e negli incontri che arricchiscono la nostra vita: non si tratta di vivere da ingenui, ma di dare la giusta dimensione alla realtà. Quante volte ci troviamo a ringraziare per ciò che abbiamo ricevuto e che viviamo? Quante volte diamo per scontati doni che viviamo quotidianamente? Quante volte ci lasciamo sopraffare dalle ansie che ci portano ad affannarci e preoccuparci come Marta, tralasciando ciò che è importante e presente? Quante volte mi è sembrato di avere sprecato una giornata in presenza di mia moglie, dei miei figli, dei miei allievi, dei miei cari, perché ho inseguito altro?
    Ho scoperto che la gratitudine è il vero strumento prezioso per coltivare la speranza nel momento presente. Per fare questo devo fermarmi e rileggere il mio oggi, quotidianamente, dedicandomi dei momenti di meditazione durante i quali lascio parlare il quotidiano facendo emergere ciò che dà senso e gioia alla mia vita. Quando impariamo a riconoscere e apprezzare le piccole gioie e le benedizioni che ci circondano, ci rendiamo conto che il futuro non è il vero luogo in cui potremo trovare felicità e realizzazione; e soprattutto, il futuro non dipende (solo) da noi! Vivere il presente ci riporta alla nostra dimensione umana, di uomini amati e ci permette di ridonare a Dio il suo ruolo di Padre che si prende cura perfino degli uccelli del cielo e dei gigli dei campi. L’istante presente, quindi, diventa l'opportunità per incontrare il Signore, per percepire la sua presenza nella bellezza del creato, nelle relazioni con gli altri e nei momenti di serenità interiore.
    Abbracciare il valore della speranza significa per me oggi imparare a vivere pienamente il momento presente, con gratitudine e consapevolezza. Significa riconoscere che la promessa di una vita piena e significativa è già qui, nel centuplo di gioia e benedizione che possiamo sperimentare nel nostro quotidiano. Quando impariamo a guardare oltre le nostre preoccupazioni e ansie, scopriamo che la presenza del Signore è sempre con noi, pronta a sostenerci e guidarci lungo il cammino della vita.

    * 45 anni, marito e papà… e cerca di vivere al meglio questa sua vocazione. Docente di italiano per stranieri in università e insegna storia dell’arte alle scuole superiori: questo gli permette di incontrare giovani e di parlare con loro di vita e bellezza. È molto felice di fare parte di una comunità parrocchiale viva nella periferia di Milano.


    La pazienza della speranza
    Cristiana Calogiuri *

    “La speranza ha bisogno di pazienza” sono le parole di Papa Francesco che mi portano a riflettere su questa virtù che sembra non riuscire a pareggiare la velocità a cui corriamo la nostra vita.
    Come uomini e donne non possiamo fare a meno della speranza per guardare al domani, per muoverci verso il futuro, anche quando questo futuro sembra pieno di incognite e di difficoltà, per vivere. Però la speranza diventa faticosa se non le si offre il tempo di compiersi.
    I tempi della speranza si scontrano con la necessità di soddisfare nell’immediato bisogni e desideri e con l’urgenza di vedere subito i risultati di ogni nostra azione.
    I tempi della Speranza vanno declinati al futuro, ma i suoi segni si rivelano delicatamente nel quotidiano. Mi permetto di dire che sono come i tempi dell’Educazione. Quante volte nella nostra azione educativa quotidiana ci sembra di non andare da nessuna parte, di non avere risultati immediati…poi alzando un po’ lo sguardo, ci accorgiamo che nulla si perde, che un animatore, un educatore, non è mai solo e che ogni passo compiuto è un passo in più verso qualcosa di meraviglioso che pazientemente accade nei giovani.
    Sostenuta dalla pazienza la speranza ha una chance ancora oggi. Lo dobbiamo capire per primi noi adulti, dobbiamo praticare la pazienza nella nostra vita per comprendere gli orizzonti della speranza e per accompagnare i giovani che ci vengono affidati.
    Nella mia esperienza personale, l’insegnamento più importante lo ricevo dai bambini che mi sono affidati. I bambini spontaneamente immagino il loro futuro, sognano ad occhi aperti, disegnano usando i pennelli e i colori della fantasia. Per loro tutto è possibile e il tempo scorre ad un ritmo che non coincide con il nostro. Allora per stargli accanto provo a rallentare e sintonizzarmi. Se rallenti non è necessario tenere lo sguardo sempre in basso per evitare di cadere, ma puoi alzarlo per guardare lontano.

    * Del 1975, animatrice e salesiana Cooperatrice dell’OCG di Lecce. Coordinatrice Nazionale del MGS dal 2004 al 2007. Laureata in Scienze dell’Educazione e in Scienze della Formazione Primaria. Docente di Scuola Primaria, presidente di StradeGiovani APS che opera nell’ambito dell’animazione culturale, e vicepresidente della Coop. Don Bosco che gestisce il DB d’Essai Cinema e Teatro di Lecce.


    Un’ancora sicura
    Michele Zecchin *

    Sentiamo dire spesso che la speranza sia “l’ultima a morire”, ma come ben sappiamo non sempre è un motto che riusciamo a fare nostro. Dipende dal motivo o dalla cosa per la quale stiamo sperando, da quanto ci è vicina, dal periodo della vita che stiamo attraversando, dalla probabilità più o meno alta che riteniamo possa accadere/realizzarsi ciò in cui speriamo, ecc. E la speranza diverse volte è anche inconscia, non la esprimiamo e/o non la diciamo nemmeno a noi stessi: ma sotto sotto “speriamo” che qualcosa vada come desideriamo…
    Eh già, perché si spera per le più disparate situazioni che per noi, in quel momento, sono tutte importanti: per il compito in classe o il lavoro, per una persona cara che sta male, di non essere ripresi se facciamo qualche errore, perché vada bene l’incontro con la persona amata…
    La speranza non è una cosa tangibile, non la possiamo toccare con mano, non è una certezza… e questo ci crea magari ancora più scompiglio tra i vari pensieri: e, come si dice, se le cose poi non vanno come speriamo “ci crolla il mondo addosso”. Ma è umano e naturale, anche per le persone cosiddette “più forti”, aver bisogno di sperare in qualcosa, di potersi “aggrappare” per sentirsi stabili, coraggiosi, sostenuti, amati: “da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano”…
    Per fortuna, nella mia esperienza di vita e di fede, sono riuscito a capire (anche se non sempre è facile ricordarlo o metterlo in pratica, lo ammetto!) che ci sia un punto comune, un’ancora sicura, Qualcuno su cui possiamo sempre fare affidamento qualsiasi siano le condizioni tra quelle sopra citate (e molte altre): Dio. Lui è sempre con noi, ovunque siamo e qualunque sia la nostra preoccupazione: Lui la conosce senza vederci, senza che gli parliamo, senza che la pensiamo… Lui vede dentro il nostro cuore e sa già ciò che speriamo. E allora quale miglior “Amico” su cui poggiare i nostri sentimenti, le nostre paure, i nostri dubbi e le nostre richieste? Ecco, spero davvero che ognuno possa fare questa esperienza di fiducia e affidamento a Chi ci ama sopra ogni cosa e ci vuole felici!!

    * Michele Zecchin, Coordinatore Nazionale Movimento Giovanile Salesiano dal 2007 al 2009 e membro della Segreteria Europea dal 2009 al 2011.


    Una luce fioca che non si spegne
    Micaela Valentino *

    Quando mi è stato chiesto di scrivere alcune riflessioni sulla Speranza, ho un po’ traballato e ho pensato: “ma io spero veramente?”, “ho mai sperato?”, “cosa è per me la speranza?”.
    E qui ho vacillato ancora di più, perché interrogarsi su cosa sia la Speranza, non è cosa semplice, non è come affrontare un problema e risolverlo con le armi della riflessione e dell’esperienza, magari con una chiacchierata tra amici. Qui si tratta di un atteggiamento complessivo, che investe la vita: è in effetti riflettere sul senso della vita, è fermarsi e guardarsi dentro, e contemplare anche il mistero della vita, la grandezza dell’Universo e la nostra piccolezza.
    È lo stesso procedere incessante della vita quotidiana che nasconde in sé il seme di una speranza intrinseca, di cui quasi non ci si accorge, che vive con noi, di cui non possiamo fare a meno, che permea ogni aspetto di noi stessi.
    Ma allora cosa è la speranza?
    Ho cercato di rintracciare nella mia vita le mie personali “esperienze di speranza”, piccole cose forse ma per me illuminanti, che mi hanno permesso di elaborare un senso positivo di me e dell’esistenza, e di procedere nonostante le disillusioni… e di far sì almeno che le disillusioni non si tramutassero in disperazioni.
    Ho riflettuto su tutte quelle volte in cui ho sperato ardentemente di farcela (e di metterci il coraggio per farcela) nelle piccole e grandi scelte della mia vita, nei passaggi fondamentali, gli esami, i colloqui di lavoro, nell’esprimere un sentimento e un’emozione taciuta, in quelle sfide in cui credevo di mollare, e per tutte le volte in cui effettivamente ho mollato, ma in cui non ho mai smesso profondamente di sperare in una seconda occasione per me, per gli altri.
    Ma mentre vivevo questa mia speranza quotidiana, avvertivo che c’era in gioco qualcosa di più che non veniva solo da me, a cui nella fede davo il nome di Dio. Sì, ho desiderato – sperato - che Dio potesse illuminare i miei passi e quelli delle persone che mi accompagnavano. Anche se la presenza di Dio nella mia vita, per un momento non l’ho percepita, ho compreso successivamente che Lui continuava a sperare per me, proprio quando io non speravo più, regalandomi delle persone speciali nel mio cammino, una parola di incoraggiamento, una frase ispiratrice, un viaggio inaspettato, occasioni di confronto e stimoli spirituali. L’esperienza del volontariato mi ha aperto la strada alla comunicazione, al confronto con gli altri, alle amicizie sane, al senso di comunità. Avere profonda speranza nel futuro, avere speranza che il Bene attorno si realizzi, è il motore della vita e delle scelte di ogni giorno e non può essere così distante dall’avere fiducia in Dio e dalla percezione della fiducia che Dio ha in noi, nonostante le fragilità.
    Credo che la Speranza debba essere un esercizio costante, di pazienza, di passione, di dedizione, di attesa e di preghiera: una luce, seppur a volte apparentemente fioca, che non si spegne mai.

    * Nativa di Roma, appassionata di musica e danza. Si interessa fin da subito dello studio di altre culture, soprattutto gli aspetti religiosi e spirituali. Lavora da vari anni nell'ambito della progettazione sociale, dopo diverse esperienze di volontariato che l'hanno aiutata a crescere e formarsi.


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